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attualità, politica, cultura

 

 
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Quando un Paese ha una giustizia fasulla

Post n°1044 pubblicato il 13 Marzo 2015 da r.capodimonte2009
 

Non crederete davvero che Renzi abbia passato una legge che preveda sul serio la responsabilità civile dei magistrati! Certo quel che è avvenuto venti giorni fa alla Camera farebbe intendere il contrario, se non altro per il fatto che il ministro della Giustizia Andrea Orlando, questo pupazzetto docile nelle mani di Renzi, come gli altri colleghi che lo circondano, abbia manifestato tutta la sua soddisfazione. E i “giornalai” di Berlusconi abbiano accolto la notizia come una vittoria, sugli appetiti vendicativi e trachant, della signora Boccassini, la quale, subito dopo, è stata punita in ben’altra maniera: niente meno che dalla Cassazione! A proposito pare che lo zio, onnipotente procuratore capo in Basilicata, e famoso delapidatore di fortune al tavolo da gioco, ma “integerrimo castigatore di costumi”, sia stato arrestato, guarda caso, proprio ieri, nel momento stesso in cui la fama della “collega nipote” precipitava nell’abisso!

L’Italia non è un paese all’altezza di detenere una giustizia al di sopra delle parti, dove il cittadino, non solo il politico, possa contare sull’obiettività e sulla capacità discernitoria del giudice. Innanzi tutto perché il giudice è eletto dall’alto e non dal basso, e, quindi è onnipotente. Per cui è impossibile limitarlo, anche per legge, e alla fine non è lui, infatti responsabile delle sue eventuali malefatte, ma lo Stato che lo ha chiamato a ricoprire quella poltrona. Non possiamo dimenticare che la corruzione è alla base della funzione pubblica, e quindi anche della carriera dei giudici, e non ce ne vogliano coloro che hanno le carte in regola. Avere uno zio magistrato non è come non averlo; appartenere ad una loggia massonica non è come non appartenervi; sostenere tesi politiche di parte non è come mantenere equidistanza ideologica. E, alla fine, lo vediamo a fine carriera (a proposito,

perché i giudici non vanno in pensione come tutti gli altri cittadini?), quando in molti finiscono in Parlamento!

Il legislatore, ovviamente, da sessant’anni si nasconde dietro il fatto che la Costituzione abbia decretato come “autonomo” il terzo potere dello Stato, cioè indipendente dagli altri due, l’esecutivo e il legislativo, mentre non lo è e non potrebbe mai esserlo, se non dal punto di vista formale. Perché è lo Stato stesso che lo rende “permeabile” alle condizioni politiche, sociali ed economiche che interpreta: secondo voi i giudici potevano essere obiettivi nei regimi totalitari? E perché dovrebbero esserlo nei regimi democratici! L’unica soluzione sarebbe stata quella di cambiare la Costituzione e rendere il giudice eleggibile dal popolo, come negli Stati Uniti, metterlo alla prova, se fa politica, se è corruttibile, se tende a piegarsi al potere, e bocciarlo o riproporlo in base ai suoi comportamenti.

Lo Stato “democratico” poi tende a fare dei giudici una delle tante lobby che ne sorreggono le fondamenta specie quando queste scricchiolano, perché viene amministrato male e gestito dalla politica, peggio: la più forte e onnipotente, perché non ha controllo, tranne il Consiglio Superiore della Magistratura, una specie di caravanserraglio in cui il gallo del pollaio fa encomi alla faina, perché si pappi le galline! Una faina che ha le spalle coperte proprio dalla politica (e non solo dal gallo, cioè il Presidente della Repubblica), in quanto ben organizzata dietro un sindacato altrettanto onnipotente, l’Associazione Magistrati. Questa lobby inaccessibile, alla fine, dai vertici fino alla base, cioè dalla Corte Costituzionale, fino alle preture, si autogestisce, dal punto di vista delle carriere, degli stipendi, delle pensioni, dei privilegi, ma soprattutto in quella “monovalenza autarchica” di essere l’unico potere intangibile da parte del popolo!

Gli effetti più devastanti si manifestano nel processo, quando il magistrato non solo presiede il dibattimento e ne decide l’epilogo, ma impersona anche la pubblica accusa, relegando la difesa ad una parte riduttiva, sia dal punto di vista della rappresentatività, che dei contenuti: il motivo è semplice. Non solo il procuratore ha dalla sua un’organizzazione investigativa (comprensiva anche di operatività assai invasive, come le intercettazioni) di grande potere e del tutto gratuita, perché a carico dello Stato, ma questa, nel suo complesso, detiene, e spesso a torto, una supposta superiorità tecnica e amministrativa, basata sugli apparati polizieschi, che va a inficiare le potenzialità del difensore, specie se questi rappresenta imputati incapienti. E non ci si venga a dire che ci sono gli avvocati d’ufficio, per questo: un alibi ridicolo!

Si tratta, come si può ben vedere, di un sistema giudiziario nato da un compromesso tra “regimi totalitari”, e che si è riflettuto sui padri costituenti: una parte ex-fascisti e l’altra comunisti.

Il fatto è che un sistema come questo, che poi va a fare la quadra con l’apparato repressivo più potente del mondo occidentale, in cui perfino il fisco si costituisce in apparato militare, fa comodo al potere, che ama definirsi, “democratico”. Quel potere che lo critica, finchè non ne diviene l’operatore primario. Poi lo indossa, come una seconda pelle!

L’esempio classico è il ventennio berlusconiano, che, nonostante la sordida lotta intrapresa con il potere giudiziario, non ne ha mai neppure tentato un ridimensionamento costituzionale, né tanto meno legislativo, se non quello basato su leggi ad personam, ma quasi tutte tese a salvaguardarlo nell’immediato, o a sostenere abusi di tipo fiscale.

Né, ovviamente, ci può fidare di questa “sarrabanda assolutoria” che sta favorendo l’ex-cavaliere, in una specie di “contrappasso dantesco” tra passato e presente. Mentre ascoltiamo, a Grosseto, le concioni morali dei procuratori che distruggono un “piccolo” comandante disgraziato e vile, ma di certo non l’unico responsabile del disastro (tenendo presente che c’è ne un altro di disastro navale, quella della Norman Atlantic che si è perso per strada!); leggiamo quelle della Cassazione, dove l’imputato di concussione e di prostituzione minorile, in qualità di Presidente del Consiglio, non di semplice “lenone”, non viene neppure sfiorato da considerazioni di carattere etico, anche le più elementari!

Per non parlare poi di quanto avviene in altre corti d’assise, in altre indagini, dove la natura efferata dei delitti, compresi quelli a carattere finanziario, viene “palleggiata”, secondo che gli imputati siano “simpatici o antipatici” all’opinione pubblica e ai mass-media, oppure appartengano a quella parte politica o meno, come sta avvenendo con i disastri finanziari e imprenditoriali, dove tutti coloro che la pensano come il Presidente Renzi sono già assolti in partenza, o peggio, messi lì ad aspettare la cosiddetta “prescrizione lunga”, e farla franca!

Sinceramente ci vorrebbe una rivoluzione, azzerare questa giustizia da baraccone, e ricominciare tutto da capo!  (ROBESPIERRE)

 

 

 

 
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