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attualità, politica, cultura

 

 
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L'origine del controllo massonico-lobbistico sulla politica, la giustizia e l'imprenditoria italiane

Post n°1461 pubblicato il 15 Novembre 2016 da r.capodimonte2009
 

Siamo all’inizio degli Anni Ottanta del secolo scorso: in Parlamento è già costituita dal 22 maggio 1980, una commissione parlamentare di inchiesta "sul caso Sindona e sulle responsabilità politiche ed amministrative ad esso eventualmente connesse", presieduta da Francesco De Martino (deputato PSI). Terminerà il 25/03/1982. La vicenda del finanziere siciliano sta sconvolgendo l’Italia da otre cinque anni, e sta intersecando, con vicende drammatiche, tutta l’alta finanza italo-americana, grazie al peso esorbitante delle logge massoniche dell'una e dell'altra sponda, che sono intenzionate a controllare, anche attraverso la malavita organizzata, le nazioni, per trarne poteri e benefici. Sindona morirà avvelenato nel 1986, dopo aver disintegrato patrimoni per migliaia di miliardi, assieme al suo braccio destro, Guido Calvi, e il suo braccio sinistro, Paul Marcinkus. Nel 1981, dopo essersi liberato del liquidatore delle sue banche fallite, Ambrosoli, Sindona è in galera, negli Usa, condannato a 25 anni, per aver disintegrato con le sue truffe una serie di istituti di credito. Nessuno sa che egli ha un “terzo braccio” che finora lo ha sorretto, e che vuole salvarlo dalle grinfie della giustizia americana, Licio Gelli, il capo di una loggia massonica, che tutti indicano come “deviata” (invece è puntualmente integrata negli intrecci politici e partitici che dominano l’Italia); un piano che, al contrario, fallirà clamorosamente. Tanto che non solo Sindona non fu mai assolto, ma il suo tentativo di essere da capo estradato negli Usa, fu bloccato, probabilmente, da Giulio Andreotti, che lo fece assassinare in carcere a Voghera. Nel 1981, nella Villa di Castiglion Fibocchi, vicino a Arezzo, fu scoperto dalla GdF tutto il vasto archivio di Licio Gelli, compresi i nominativi degli iscritti alla loggia, con il nome dello stesso Sindona e centinaia di altri personaggi del mondo della politica, della giustizia, delle Forse Armate e dell’imprenditoria e perfino della cultura, molti dei quali non subirono alcuna conseguenza di tipo amministrativo e penale, nonostante Gelli li avesse messi al centro di veri e propri intrighi e corruttele, a cominciare dal dominio sulla stampa, a quello sui grandi appalti, a quello sul finanziamento dei partiti, a quello dei grandi contratti internazionali. Tutto costruito in modo che le banche fornissero i capitali, i capitali diventassero strumenti di potere, e la P2 un immenso serbatoio di voti e di privilegi, a favore delle forze politiche, nessuna esclusa. E coloro che intendessero rivelare queste trame, pur tenute sotto silenzio dai piduisti in uniforme e in toga, divennero le vittime della stagione del “terrorismo di Stato”, attuato dai servii segreti italiani, d’accordo con quelli americani e con il terrorismo internazionale.

La proposta di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività della Loggia Massonica P2 viene presentata alla Camera il 2 giugno 1981, a nemmeno tre mesi dalla scoperta della lista degli iscritti nella fabbrica a Castiglion Fibocchi. Il breve lasso di tempo tra l'esplosione dello scandalo sulla stampa viene giustificato dai proponenti con la gravità dei fatti. "La scoperta", scrivono i proponenti, "non può essere considerata alla stregua di uno dei tanti scandali che hanno punteggiato la vita politica italiana. Il caso è ben diverso".

La proposta viene approvata e promulgata nella legge 23 settembre 1981, n. 527 (Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2), che all'art. 1 dà alla Commissione, presieduta da Tina Anselmi, il compito di accertare "l'origine, la natura, l'organizzazione e la consistenza dell'associazione massonica denominata Loggia P2, le finalità perseguite, le attività svolte, i mezzi impiegati per lo svolgimento di dette attività e per la penetrazione negli apparati pubblici e in quelli di interesse pubblico, gli eventuali collegamenti interni ed internazionali, le influenze tentate o esercitate sullo svolgimento di funzioni pubbliche, di interesse pubblico e di attività comunque rilevanti per l'interesse della collettività, nonché le eventuali deviazioni dall'esercizio delle competenze istituzionali di organi dello Stato, di enti pubblici e di enti sottoposti al controllo dello Stato".

Al termine dei lavori  (10 luglio 1984) la Commissione ha presentato varie relazioni:

Relazione di maggioranza, sottoscritta dai commissari di DC, PSI, PSDI, PRI.

Relazioni di minoranza dei commissari del PCI, del MSI-DN, PLI e del Partito Radicale.

Relazione di minoranza a titolo personale dell'on. Alessandro Ghinami.

Nel frattempo, viene promulgata la legge numero 17 del 25 gennaio 1982 ("Norme di attuazione dell'articolo 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2"), anche nota come legge Anselmi, un atto legislativo approvato dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, promulgato dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 28 gennaio 1982, numero 27.

L’articolo 18 così recita: “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale [cfr. artt. 19, 20, 39, 49]. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.” Niente di più chiaro.

Dall’81 all’84, comunque, avviene l’assalto: migliore cronaca di questo non troverete che nel libro di Massimo Teodori, P2, La Controstoria, Ed. Sugar, 1986, dove il professore radicale, senza peli sulla lingua, e rischiando la pelle, ribalta tutto quel che poi si dirà di “stupefacente” della commissione sulla loggia P2, facendo chiaramente comprendere come, lo sconquasso che aveva investito il Paese per anni, non sarebbe terminato solo perché si stabiliva la "semplice" proibizione delle organizzazioni segrete; che anzi, da allora, in uno sconcertante deja-vu, non solo esse si sono moltiplicate e rafforzate, ma hanno influito sempre di più sulla vita e sulla politica del nostro Paese. Recitava infatti il primo articolo della legge: “Si “considerano associazioni segrete e come tali vietate dall’ articolo 18 della Costituzione quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici, anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”.

In realtà la risposta sarebbe transitata dalla stagione degli orrori, che culminò con la Strage di Bologna, fino, otto anni dopo, alla stagione di Tangentopoli, dove si constatò, appunto, l’assoluto fallimento della legge, visto che i partiti e gli uomini al loro seguito, praticamente gli stessi coinvolti nelle trame di Licio Gelli, avevano continuato, imperterriti, a mestare nel torbido e a svaligiare la repubblica. Lo dovette ammettere la stessa Tina Anselmi, nell’occasione della morte di Gelli, quando dichiarò: “Dall’esplorazione di questo mondo, da questa ricognizione, invero poco edificante dell’altra faccia della luna, possiamo trarre una conclusione principale: che la politica sommersa vive e prospera contro la politica ufficiale; che ogni tentativo di correggere surrettiziamente e per vie traverse il sistema democratico significa in realtà negarlo alla radice dei suoi lavori costitutivi”.

FINE PRIMA PUNTATA

 

 
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