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La caduta verticale di Matteo Renzi

Post n°1530 pubblicato il 03 Marzo 2017 da r.capodimonte2009
 

Si tratta della più vasta inchiesta penale sulla corruzione mai svoltasi in Italia dai tempi di Tangentopoli. L’ “Affare CONSIP”, che coinvolge da vicino, forse per la prima volta da allora, i vertici del potere politico: l’ex-Presidente del consiglio nonché ex-segretario del PD, gli uomini-guida della sua maggioranza trasformista, impersonata dal faccendiere, nonchè deputato di Ala (ex-F.I.) Dennis Verdini; il padre-lobbista di Matteo Renzi, Tiziano, e tutta una serie di personaggi che vanno dalle pedine del c.d. “giglio magico” la loggia toscana di sostegno a Matteo fin dai tempi remoti del suo lancio, Russo, Gasparri, Marroni, e purtroppo anche i vertici dell’Arma dei Carabinieri, dal comandante in capo Del Sette, al comandante della legione toscana Saltalamacchia; fino al compagno di merende di Matteo, il ministro Luca Lotti. Ci sono ben quattro procure impegnate nelle indagini, e questo a dimostrazione che non è affatto vero, come sostengono alcuni giornalisti foraggiati dalla maggioranza, che c’è più fumo che arrosto: alcune verità sono giù emerse dagli interrogatori dell’a.d. di Consip, Marroni, che quel posto ebbe dallo stesso Renzi, e da Russo, che da faccendiere faceva il tramite con due lobby, all’apparenza concorrenti, entrambe toscane, quella del duo Gasparri-Renzi senior, e quella di Verdini, proprio ieri condannato in prima istanza a 9 anni di reclusione per bancarotta e truffa in merito al fallimento della Banca Cooperativa Fiorentina.

Ora non è neppure credibile che tutta questa storia non vada a inficiare le sorti del PD, dopo la scissione dei DP, checchè ne dicano i vari Guerini, Rosati, Orfini, che, nel frattempo hanno altre e altrettanto gravi “gatte da pelare” con tutti gli scandali che si susseguono nel partito campano, che sta dimostrando quanto la malavita organizzata (da quella romana, a quella campana, a quella calabro-lucana) faccia capo alla piena connivenza del PD locale con le peggiori risme politiche. Se poi allunghiamo lo sguardo verso Milano, ci accorgiamo che le inchieste a carico del neo-sindaco di Milano, Sala, lasciato a concutere in pace nell’Expo, da una stampa che ha preferito di molto fare le pette a Virginia Raggi, che, se è indagata, lo è solo per scelte errate, e non per corruzione, fanno il paio con tutto il resto!

Fare finta di niente, finchè passi la tempesta non vale più: come volevasi dimostrare i turbamenti interni al partito di maggioranza relativa non riguardavano solo, come si voleva sostenere dai “soloni” offertisi per spegnere gli incendi, la decisione della data del congresso o il tipo di legge elettorale, né tantomeno la partecipazione alle primarie: nei meandri più consapevoli della struttura burocratica dell’ex-partito moloch, gente come Massimo D’Alema, da tempo era a conoscenza del cancro letale che stava per sgretolare i “rottamatori”, questo gruppo di giovinastri, con in testa il capo del clan, che avevano deciso niente meno di ripetere le performance che nel 1992 il pool milanese aveva interpretato, abbattendo solo “mezzo regime” e risparmiando le malefatte altrettanto gravi che erano relative al PCI: e, zitti zitti, svaligiare l’Italia, convinti che i magistrati fossero sempre incantati di fronte ai balletti falce e martello! Purtroppo per Renzi & soci, l’errore fondamentale è stato proprio quello di aver iniettato un virus mutageno nel PD, che, in breve tempo, lo ha trasformato nella peggiore DC o nella peggiore Forza Italia, centinaia di spore lobbiste, in crescita nefasta, con la velocità del vento: unica finalità quella di spolpare il più possibile, prima del tracollo finale del Paese, cui, pure costoro l’hanno portato!

Adesso è giunto il momento di fare i conti: o aspettare di quanto la “dignità” di quel che resta dei giovinastri e delle giovinastre piddine il popolo italiano è  disposto a digerire, per dare ad essi un’altra chanche; o farla finita, come hanno previsto “saggiamente” gli scissionisti, e mettersi il cuore in pace, in attesa che il M5S vada al potere. Poi si vedrà.

Matteo Renzi sapeva, e quindi aveva programmato bene: nessun congresso, primarie ed elezioni entro il mese di giugno. Lui da capo col pallino in mano, a costruire la grande coalizione con Berlusconi, benedetta dall’Unione Europea. Gli è andata male: il congresso, pur breve, ci sarà e diventerà, volente o nolente, un atto di accusa nei suoi confronti, da parte di una nuova minoranza interna, capeggiata da Emiliano e da Orlando e in rincalzo, da Cuperlo, forse addirittura più critica di quella già uscita; le primarie potrà anche vincerle, ma sarà una “vittoria di Pirro” perché il partito non sarà più omogeneo, e la base, dopo questo immane scandalo, non si fiderà più di lui e del suo “giglio”. In quanto alle elezioni, esse, qualunque sia la data fissata, saranno sempre troppo lontane per non costituire uno stillicidio per la sua persona e le sue intenzioni. E in mezzo ci sono le elezioni amministrative di primavera, in cui il PD potrebbe diventare l’anatra zoppa di turno.

Auguri Matteo!  (R.Scagnoli)

 
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