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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 03/05/2017

 

Cambiare la rappresentatività sindacale è un obbligo democratico

Post n°1568 pubblicato il 03 Maggio 2017 da r.capodimonte2009
 

Dopo la catastrofe Alitalia, siamo poco convinti che in Italia si apra finalmente un dibattito serio sul “concetto di rappresentanza sindacale”, visto che ormai la maggior parte dei lavoratori sono da tempo usciti dal controllo delle maggiori centrali, e si sono organizzati per conto loro, come è accaduto, appunto, recentemente, per citare le maggiori vertenze, con Alitalia e Almaviva. La parola “organizzazione”, purtroppo è legata a quel “patto leonino” tra Governo, imprese e CGIL-CISL-UIL, che, alla fine, ha determinato l’esclusività della rappresentanza consentita solo ai sindacati che firmino i contratti, e non a quelli che vi si oppongono. Un’altra dimostrazione di come, esista in Italia una Corte Costituzionale attenta allo “stupro con o senza jeans”, ma disattenta quando si sconquassano gli articoli della Costituzione, come il 39, che prevede la libertà sindacale secondo, ovviamente, la proporzionalità dei rappresentanti e quindi dei rappresentati, ma mai l’esclusione degli stessi. Ovviamente il monopolio che si è venuto a creare nelle aziende, a scapito delle sigle di minoranza, ma anche di quelle che non lo sarebbero se firmassero i contratti (ma evidentemente non lo fanno perché li ritengono negativi per i lavoratori!), alla fin fine distrugge il rapporto democratico tra lavoratori e sindacato, perché questo diventa la ruota di scorta del Governo, e si fa politica, o peggio si traveste da difensore di talune categorie privilegiate (i lavoratori che il lavoro ce l’hanno), e diventa corporazione. Con tanto di cappello per questa “parola” che è stata vituperata, e sottratta al suo significato originario di “ente rappresentativo di lavoratori e datori di lavoro a livello egualitario”. Certo, faceva più comodo opporre al mondo imprenditoriale la lotta di classe, quando alle spalle del sindacato c’erano i partiti del socialismo reale o casalingo, i quali hanno ingannato per quarant’anni le classi operaie, e quando il compromesso storico fu un dato di fatto, hanno trasformato (nel senso di “trasformismo”) le premesse, anche idali e di lotta,  nella “concertazione”, a cui si deve la distruzione progressiva del modello italiano della piccola e media impresa. La concertazione, tra Governi, sindacati padronali e Triplice, ha segnato il periodo più fosco della nostra storia economica: mentre la grande impresa riceveva lauti introiti che spingevano sull’aumento stellare del debito pubblico, e all’ espansione del credito più tossico, e la stessa leva fiscale faceva di tutto per risparmiarla, anche grazie ai potenti agganci con il mondo della politica e della criminalità, la pmi subiva il tracollo, con le banche chiuse ad ogni finanziamento, lo Stato ormai avviato verso la “cancrena delle privatizzazioni selvagge” e quindi privo di risorse, in quanto oberato di debiti e spese, e i Governi votati alla disintegrazione delle imprese non conformisticamente leali.

Il sindacato metteva la firma su questo “omicidio”, ignorando i milioni di lavoratori spinti alla disoccupazione, nonostante la maggior parte fossero specializzati, prima segregandoli in miliardi di ore di cig (quando questa fu allargata alle aziende con il minimo di dipendenti!), poi addirittura trasformandoli in precari, con il Jobs Act. Infine, recentemente, con l’abolizione secca dell’unico strumento regolatore del lavoro minimale, il voucher!

Il problema doveva necessariamente esplodere, ma solo il M5S lo ha posto seriamente sul tappeto, con una completa ristrutturazione delle leggi sul lavoro, che porterà all’attenzione dei cittadini come programma di Governo. E quello della rappresentanza dei lavoratori non è un’opzione.

In realtà, il regime ha solo l’interesse di tenere in piedi questi “carrozzoni” ripieni di cadaveri del tempo che fu. E quindi non solo non muove un dito il c.d. “rottamatore”, cui il sindacato ogni giorno regala finte risoluzioni di vertenze, destinate in breve tempo a fallire, solo per incensarlo; ma le stesse organizzazioni sindacali, ormai più facilmente riconoscibili come “parallele” a quelle datoriali, si rifiutano di mettere i propri panni sporchi a disposizione del popolo: si vergognano di ammettere che, secondo uno studio della UE, il tasso di rappresentatività è del 37% (37 lavoratori su 100 sono iscritti ad una organizzazione, ma non è detto che sia la Quadruplice -nel frattempo al paniere dei sindacati “gialli” (*) si è aggiunta anche il “pesce in barile” UGL!-), sceso in 50 anni di ben 13 punti. Ma quello che è sintomatico è che mentre calano vistosamente i giovani iscritti (ridotti al 17%!) aumentano del 250% i pensionati, il 46% del totale, una massa di 7 milioni di persone ingannate e vilipese, che restano legate al carro sindacale solo perché sperano nei miracoli impossibili! Spesso la tessera sindacale, inoltre è legata a quella del PD, a quella della Coop sotto-casa, a quella dell’Unipol come assicurazione ideologica.

Non concludiamo questo intervento se non ricordando ai tutti quei sindacati che si definiscono “alternativi o di contestazione”, come l’UBS, che sarebbe ora che cominciassero a mobilitarsi sul serio, dopo le batoste subite dai sindacati di regime, invece di fare solo la voce da contralto, e lasciare che la contestazione dura la facciano i centri sociali, e gli anarchici, notoriamente invisi alla maggior parte dei lavoratori. E che, vinta la paura della polizia, si comportino come è avvenuto in Francia, e non solo, perché il momento di abbattere il moloch della rappresentanza dei lavoratori a senso unico è giunto! (ST.JUST)

(*) Il termine deriva da una dizione americana che  definiva così i sindacati dei lavoratori creati dai datori di lavoro negli Anni Venti, e poi proibiti dalla Legge Wagner.

 

 

 
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