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« La dimostrazione matemat...Messaggio #164 »

Perché Heidegger è meglio di un pompino

Post n°163 pubblicato il 19 Settembre 2005 da john.keating
Foto di john.keating

Un post famoso (ahahah!) di un anno fa. Non l'ho mai postato qui, mi va di conservarlo, e alcuni temi che tratta sono attuali rispetto al discorso che sta affrontando questo blog, come si vedrà in seguito.
E capirai il discorso. 

Heidegger, o un pompino?
Chiesto così, d’amblais, la risposta corre rapida alla bocca… No, meglio un’altra metafora: parlando di pompini, citare cose che corrono rapide alla bocca può risultare di cattivo gusto.
Diciamo che la scelta si impone apparentemente da sé. Al di là del valore pur riconosciuto alla opzione.
Ma insomma, tra un Heidegger in generale, ed un pompino qui ed ora, beh… Se non altro per la logica dell’uovo oggi rispetto alla gallina domani, eccetera.

Tuttavia, il tema si impone. Parlare di Heidegger, o parlare di pompini? L’una cosa beninteso non esclude l’altra. Ma viene fatalmente il momento in cui una scala di valori (termine che peraltro Heidegger fuggirebbe, con ottime ragioni) si impone.

Insomma, cosa è meglio, cosa “vale” di più? Heidegger, o i pompini?

C’è subito un fraintendimento iniziale, di fondo, che va preliminarmente chiarito, onde arrivare ad una piena comprensione del problema.

Heidegger è un filosofo: per metonimia col suo nome s’intende tutto il suo pensiero, la sua produzione; e per sineddoche esso diventa “la filosofia” tutta, pensieri e pensanti.

Insomma, qualcosa di astratto, astruso, del tutto mentale, e nient’affatto pratico, concreto.
Una cosa del tutto diversa, distante, dall’immediatezza fisica di un pompino.

Ora, la cosa buffa è che la grande novità della filosofia di Heidegger è quella di aver rivalutato il “corpo”, inteso proprio come corporeità.
La sua critica alla metafisica ha tra gli altri obiettivi quello di voler eliminare la distinzione tutta moderna tra rex cogitans e rex estensa (come le chiamava Cartesio), cioè la distinzione tra anima e corpo. Tra idea, spirito, e materia. Tra mondo ideale e mondo concreto.
Il suo concetto parla infatti dell’uomo come “ente che è nel modo dell’esistenza”, ossia come di un organismo che è uomo in quanto perpepisce sensorialmente, elabora e interpreta gli stimoli caricandoli di significato, si rapporta col mondo in senso fattuale, cioè compiendo atti concreti dotati di senso e significato.

Da questo, inizia a venir chiaro come la distinzione tra filosofia heideggeriana e pompini sia assai meno capziosa di quanto possa sembrare a tutta prima.
Il tema dell’ “altro” (da sé) è uno dei temi centrali della filosofia contemporanea, e proprio a merito di Heidegger che ha posto con forza il tema dell’alterità nell’esistenza. Senza di lui, è noto, Sartre non avrebbe scritto le sue meravigliose e fondamentali pagine sull’argomento.

Ebbene, che altro è un pompino se non una manifestazione tra le più intime che si diano tra quelle delle relazioni interpersonali?
Le quali relazioni, la loro natura, il loro significato e le loro implicazioni, possono essere indubbiamente meglio comprese alla luce di una indagine come quella fenomenologica dapprima, quindi esistenziale ed infine ontologica, esperita da Heidegger nel suo percorso filosofico.
La dedizione, il darsi cioè, della pompinante; lo sguardo, il piacere che è ben più che meramente fisico, del pompinato, costituiscono una relazione asimmetrica (il lessico sartriano è più chiaro e immediato di quello heideggeriano) che non si risolve nel mero, immediato, piacere fisico. Nessuno può del resto sostenere che la pompinante goda nell’atto dell’ingoiare lo sperma solo “perché è buono”.
Il pompino, cioè, come atto umano, è prima di tutto formazione di significato, e il comprenderne la natura in senso esistenziale e filosofico rende l’atto più vissuto e compreso, cosa questa innegabile.

Si dirà che una brava puttana sa far meravigliosi pompini ignorando di Heidegger persino l’esistenza. Vero. Ma se è per quello, anche i cavalli all’ippodromo sanno correre meravigliosamente, pur ignorando tutto di quote e pronostici.

Ugualmente, non si può negare che il piacere che un pompino può dare ecceda ampiamente, in senso qualitativo, quello che può dare un’altra forma di piacere, poniamo una scopata. Altrimenti non si capirebbe tutto l’insistere sul tema.

Quanto alla “facilità” del pompino, e la difficoltà di Heidegger, c’è una buona parte di leggenda in questo.
Non nel senso che Heidegger sia facile, ma anche farsi fare un pompino (un bel pompino, poi) è tutt’altro che semplice, anche volendo vedere le cose da una ottica prettamente maschile (ma si potrebbe dire lo stesso di una bella e soddisfacente slinguazzata alla fica: quanti uomini hanno la sicura conoscenza, l’intuito, la costanza e la pazienza di praticarla come si deve?).

E che vogliamo dire del significato sociale dei due atti? Non c’è dubbio che entrambi diano molta popolarità, ma è altrettanto indubbio che la stima sociale conseguente sia di natura un po’ diversa, visto che – come dire – nel caso dei pompinanti si tratta di una fama che corre un po’ sotterranea, e mi si consenta, alquanto dubbia circa la reputazione.

Proviamo per un attimo a porre questo dilemma: “è preferibile uscire con chi sa di Heidegger, o chi sa spompinare (o slinguazzare) a dovere”?
Consideriamo che chi scrive nei blogs, come altrove dimostrato, scrive per conseguire riconoscimento ed apprezzamento sociale. Ergo, il fine ultimo, in senso logico beninteso, è la scopata finale. Messa in questi termini, la superiorità pare essere della seconda opzione.
Ma è una falsa questione. Chi sa di Heidegger non necessariamente non sa spompinare o slinguazzare, mentre chi è noto per le sue virtù amatorie (o supposte… ehm, presunte tali) potrebbe anche avere delle conoscenze filosofiche insospettate.
La domanda perciò andrebbe correttamente posta in questi termini: “con chi è preferibile NON uscire?” Qui, ovviamente, ciascuno trarrà la sue conclusioni, ma è chiaro come la domanda suoni ben diversa, e nient’affatto scontata la risposta. Ed è chiaro altresì come si tratti di una questione che già esula dal tema del presente trattato.

C’è però un deciso argomento, di ordine meramente pratico, che depone a favore della superiorità della conoscenza di Heidegger. Ed è precisamente il fatto che, per quanto tempo e fatica ci si possano impiegare, Heidegger lo si impara una volta per sempre, mentre col farsi fare un pompino ogni volta è dura fatica ripartire da zero. E una volta finito l’atto, che resta oltre al piacere di un attimo e di esso il ricordo?
E non vale l’obiezione che col ricordo di un buon pompino ci si posson fare delle pippe a lungo (cosa invero un po’ triste, se protratta oltre ad un tempo ragionevole), visto che è dimostrato che c’è gente che le pippe se le fa anche con Heidegger.
Ci si fa le pippe con qualunque cosa.

Inoltre, Heidegger per così dire, basta da sé, ed anzi è di consolazione nei momenti di difficoltà e di travaglio interiore, di qualsivoglia natura. Mentre il pompino abbisogna sempre, per necessità, di un pompinante e/o di un pompinato, cose non semplicissime da reperire.
Una differenza che certamente questo giova nei tempi di magra e di solitudine. Anche se, mi rendo conto, qui siamo dalle parti di Boezio e della Consolazione della Filosofia.

Insomma, comunque si voglia considerare la faccenda, Heidegger è meglio di un pompino.
Fa stare meglio, dura di più, è più consolatorio e appagante, ed è financo meno faticoso.

 
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