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Post N° 475

Post n°475 pubblicato il 06 Gennaio 2009 da quotidiana_mente
 






Questo post parlerà di calcio; io non capisco niente di calcio. Lo so: “c’è molta poesia a stare zitti quando non si ha nulla da dire” (Lucio Dalla, più o meno).

Questo post potrebbe urtare la sensibilità di qualche fede calcistica.

Ho un’unica fede calcistica: il Porto. Il Porto inteso come squadra e non come vino liquoroso. Ogni tanto, un paio di volte all’anno, controllo la sua posizione nella classifica generale, è sempre (o quasi) prima della serie maggiore del mio paese. Sì, potrebbe fare pensare all’Inter oppure alla Juve ma è diverso. Ne sono certa. Non seguendo la cronaca non so se anche il Porto è avvantaggiato da arbitri più o meno condizionati dalla “grandezza” (intesa come potenza finanziaria) della squadra. Ma non voglio parlare di soldi. Non so chi sia l’allenatore del Porto, non so come si comportano i tifosi, non so nulla o quasi. So che è una fede e come tale è dogmatica. Punto.

Una volta che il Porto ha perso il campionato mio padre è diventato tifoso del Boavista. Peggio per lui. Ma mio padre, va precisato, è tifoso della squadra del villaggio dove è nato (e dove sono nata anch’io). E’ l’unica squadra che segue fedelmente da sempre. Persino quando viveva in Francia, telefonava ogni domenica per sapere com’era andata la partita. Quella squadra è stata per anni in serie Z. Che non esista la serie Z lo so anch’io ma mi è sempre piaciuto prendere in giro mio padre. Ora, almeno fino all’anno scorso, era in seconda divisione. A lui sta bene così, perché sostiene che non c’è motivo di rovinarsi economicamente per comprare dei “campioni”, che l’importante è partecipare (e vincere, ovviamente, sempre secondo lui). E’ mio padre. Se il Boavista perde o vince a lui, in fondo, non interessa, lui rimane fedele alla sua unica vera squadra.

L’anno scorso mentre ero in Portogallo per le feste di Natale, lui mi chiese di comprare il giornale e di verificare se la sua squadra aveva vinto. Comprai il giornale e me ne andai in giro, quando mi chiamò sul cellulare, dissi che la squadra aveva vinto. Scherzavo. Quando sono rientrata, lui andò subito alla ricerca delle pagine sportive e si arrabbiò, perché avevo comprato un giornale senza pagine dedicate allo sport. Prese il telefono e chiamò un vicino per sapere com’era andata la partita ed io fu salvata, in corner, perché la squadra aveva vinto.

Ma torniamo alla mia di fede calcistica. Sono tifosa del Porto, una tifosa “sui generis” lo ammetto, ma sono soprattutto tifosa della nazionale del mio paese. Per una sua partita potrei anche inventarmi, finalmente, la madre di tutte le scuse per non andare al lavoro o altrove. Sarà anche perché è piuttosto raro vedere il Portogallo giocare, sarà perché, in fondo, uno “scontro” con l’Italia avviene piuttosto di rado e, in fondo, per mia fortuna così non devo “dividermi” in due, anche se poi, è facile: tifo Portogallo a prescindere. E chiedo scusa al paese che mi ospita. Altresì tifo Italia ogni volta che gioca con qualsiasi paese straniero, nessun problema.

Poi, da brava cittadina di questa capitale sono simpatizzante della Roma, simpatizzante anche qui “sui generis” perché dipende contro chi gioca. Se la partita è contro una squadra più “debole” è piuttosto facile che io inizi a tifare per la squadra avversaria, ma rimango, in fondo, una simpatizzante romanista. Ho anche simpatia per altre squadre, non tante. Ho una simpatia per la Fiorentina e per motivi ben precisi: perché ci ha giocato Batistuta che portò, in seguito, la Roma allo scudetto e che gli ingrati tifosi romanisti hanno dimenticato. Nella Fiorentina ha giocato un mio connazionale, uno dei pochi che mi è sempre piaciuto non solo come calciatore ma per come si comportava fuori dal campo, Rui Costa. Ma soprattutto, ultimamente, per l’allenatore della squadra, perché, per il poco che so, mi è sempre sembrato "umano," di rara umanità per quel settore che è il calcio che ormai macina soldi e poco altro. Ho trovato umano il suo ritirarsi per stare accanto alla moglie ammalata. Potrebbe sembrare, il mio, un atteggiamento sentimentale e forse lo è, ma di calcio non capisco niente.

Ho avuto simpatia per il Chievo, anni fa, quando arrivò alla ribalta dopo una serie di vittorie contro squadre molto più importanti.

Dovrei, ora, parlare dell’allenatore più discusso del momento, anche lui un mio connazionale. Lui ha portato il Porto alle vette di tutte le possibili classifiche, ha fatto vincere di tutto e anche di più, ma lui nonostante tutto questo continua a non piacermi. Non mi piace il suo modo di denigrare l’avversario, non mi piace il suo sentirsi superiore. Avrà anche ragione di essere così, non lo metto in dubbio, ma è un modo troppo distante da me per essermi simpatico. Di sicuro, un suo pregio è quello di non avere “peli sulla lingua” e di essere schietto nel suo parlare. E ribadisco che di calcio non capisco niente.

L’Inter? No, non mi piace (non me ne voglia l’Orso Capo per questa mia affermazione), non mi piace perché è una squadra fatta di stranieri (o quasi) dove girano più soldi che palloni. Però, in fondo, apprezzo la dedizione di Moratti per il suo “giocattolo”, forse farei anch’io come lui pure di vedere una mia passione realizzarsi ogni domenica (o martedì, o giovedì, o venerdì).

La Juventus? Mah. Ho apprezzato il fatto che molti dei suoi campioni abbiano seguito la vecchia signora in serie B, l’ho trovato un gesto davvero nobile, poi… Poi, meglio tifare Toro che Juve, secondo me (me ne vorrà la consorte dell’Orso Capo, questo è sicuro).

Spesso sembra che ci siano due campionati di serie A: le forti, quelle “nordiche” e le altre. Una prima serie A fatta di tre -  quattro squadre e una secondo serie A fatta delle altre.

Tutto questo per dire che mi piace di più il rugby e che preferisco nonostante tutto la Spal.






 
 
 
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