Creato da quotidiana_mente il 17/11/2005

Quotidianamente...

Vita di ufficio... ma quella è un'altra storia...

 

 

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Post n°501 pubblicato il 11 Aprile 2009 da quotidiana_mente
 







La prima volta che l’ho vista era nell’ascensore, lei avvicinò una sua mano alla mia guancia e la pizzicò dicendo: “quanto mi è simpatica questa fanciulla!”.

Quel gesto mi infastidiva un po’, ero una fanciulla, è vero, ma mi sentivo ormai abbastanza adulta per non dover subire gesti simili.

Avevo vent’anni. Lei aveva già più di tre volte i miei venti anni. Era la vicina del piano di sotto.

Abbiamo simpatizzato il giorno che ho avuto il coraggio di dirle che il suo gesto, seppure di affetto, era fastidioso, almeno per me. Lei ha sorriso e ha detto: potrei essere tua nonna. Abbiamo iniziato a frequentarci. Ogni tanto passavo da lei, suonavo al campanello e mi fermavo a parlare con lei. Non che lei avesse bisogno di compagnia, aveva una vita piena fatta di amici. Aveva scoperto un talento: un giovane pittore straniero e voleva a tutti costi farlo conoscere al mondo. Era intenta, in quel periodo a diffonderne le opere perché secondo lei lui meritava davvero. Mi limitavo ad annuire: non ho mai capito molto di arte, mi limitavo a dire che quel quadro mi piaceva e quell’altro meno, niente di più. Lei mi spiegava la luce, i simboli nascosti dietro ogni pennellata e io continuavo ad annuire.

Lei fu molto dispiaciuta quando dissi che stavo per traslocare.

Mi prometti che verrai spesso a trovarmi? Mi chiese ed io promisi che l’avrei fatto.

Come spesso accade, la mia promessa fu a metà. All’inizio andavo spesso a trovarla. Poi, sempre meno. Ci sentivamo per telefono e sentivo ogni volta un rimprovero seppure molto velato. Lei affermava di capire che io non potessi attraversare la città per andare a trovarla; io assicuravo che ci sarei andata quanto prima. E ogni tanto ci andavo.

Ci sono tornata sabato scorso dopo quasi un anno. Il giorno prima, mi sono informata su quanto fosse successo nel mondo, perché lei è ancora molto attenta a quanto avviene intorno a lei. Sono andata a trovarla, l’ho salutata e ci siamo sedute.

Mi ha fatto assaggiare il limoncello fatto da lei, l’estate scorsa, con i limoni che crescono nella sua abitazione estiva in Liguria. Ne era davvero orgogliosa e ne aveva motivo.

Abbiamo parlato della politica interna del paese: ero preparata, sapevo che avrei dovuto sostenere un quasi esame, ha chiesto il mio parere su articoli apparsi durante la settimana su un quotidiano, ero preparata anche su quello. Poi, ha chiesto di me. Era quasi più facile parlare di politica interna ed estera.

Non avevo molto da dire anche se un anno era passato dall’ultima volta. Abbiamo parlato, mi ha descritto come una “originale”: da sabato mi sto chiedendo cosa lei intendesse per quella definizione. Ma, mi è piaciuta.

Mi ha mostrato il lavoro che stava facendo da qualche giorno: fotografie di tanti anni prima, corrispondenza di quando io ancora non ero nata, raccolte di poesie sue, disegni. Mi ha detto che voleva mettere dell’ordine, buttare quello che non aveva più senso tenere e dare una cronologia a tanti anni di vita accumulati. Ho provato un affetto infinito per questa signora, ormai molto più bassa di me. Ho avuto il sentimento che lei avesse perfettamente coscienza del tempo ancora a sua disposizione. E’ stata la prima volta che ho provato un sentimento simile: avere di fronte una persona con la cognizione del tempo rimanente. L’ho abbracciata stretta, ma non troppo per paura di spezzarla. Ho accarezzato il suo viso e mi è sembrato di porcellana, quella fina, quasi diafana. Lei continuava a ripetermi che mi voleva molto bene e che sperava che io lo sapessi. Che dalla prima volta che mi aveva visto aveva provato un sentimento più forte della simpatia. Avrei voluto, finalmente, chiederle il perché di quel sentimento. Da sempre me lo chiedo. Mi chiedo cosa abbia visto in me quella signora milanese trapiantata a Roma da anni per via del marito giornalista. Non ho mai conosciuto suo marito, ho avuto modo, però di sentirla parlare di lui, delle sue dimissioni quando entrò in conflitto con la proprietà del giornale e tutto questo quando io ero poco più che una bambina.

Sì, ancora me ne chiedo il motivo. Poi, come spesso mi accade non ci penso più.

Penso che tornerò a trovarla molto presto, la voglio sentire parlare ancora, e, ora, mi piacerebbe un pizzicotto sulla guancia.





 
 
 
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