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ESSERE CONSAPEVOLI DI PORTARE ADDOSSO IL PECCATO NEL MONDO E DI CONTRIBUIRVI E' L'INIZIO DEL CAMBIAMENTO

Post n°775 pubblicato il 29 Marzo 2014 da sebregon

III SETTIMANA DI QUARESIMA - SABATO

 


 

 

 


Lc 18, 9-14

 
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». 

 

Questa parabola ci mette davvero in crisi perché sembriamo congegnati per fornire un perfetto meccanismo di adeguatezza tra noi ed il mondo che ci circonda nel senso che se quest'ultimo ci chiede di pagare le tasse lo facciamo, se ci chiede di aiutare qualcuno lo facciamo e cosí via come nell'enumerazione del fariseo. E non ci vuole molto per capire la sua condizione perché é anche la nostra quando per strada incontriamo un povero, uno straccione o un rom : dentro di noi, come un qualcosa iscritto sul tessuto della nostra pelle, scatta il senso della differenza, il rifiuto di quella condizione e la certezza che il nostro modo di vivere sia migliore ed  anche, attaccato a questo, una sensazione, non apertamente confessata a noi stessi, che siamo stati capaci d'essere piú perfetti di coloro che ci troviamo davanti.

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Abbiamo cosí la percezione d'essere giusti in questo mondo come frutto delle nostre azioni. E qui non occorre pensare che la parabola sia rivolta solo agli uomini di potere o a coloro che sono i privilegiati nella società , anche se chi in qualche modo sopravvive in questa società rispetto a chi non ha niente può apparire un privilegiato, no qui il Signore non fa una questione di avere o non avere, ma di modo d’essere rispetto a Dio e noi potremmo aggiungere, come una riflessione laterale ma importante, di fronte agli altri uomini.

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Il modo d’essere del fariseo è quello di affermare d’essere all’origine della sua perfezione e di ostentarla al mondo per farsi ammirare e perché la gente possa dire : “guarda com’è bravo! “. Davanti a Dio egli si permette di fare paragoni con gli altri uomini e di sentirsi ‘il meglio’. Non si tratta qui solo di possedere o no, d’essere un privilegiato da una condizione sociale che l’ha inserito in un determinato contesto di leggi al di là della sua volontà ( come ad esempio se la legge afferma che si va in pensione a 60 anni può succedere che uno non ci va perché per due mesi non entra in quella fascia mentre un altro per due mesi in più ci va) no qui si tratta  di capire che in questo mondo siamo tutti peccatori e che tutti abbiamo bisogno di chiedere perdono a Dio ed ai fratelli per quello che siamo stati, per le aperture che non abbiamo agito, per le ingiustizie che abbiamo accettato passivamente e per quelle che attivamente abbiamo attivato.

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Siamo tutti dentro ma se nessuno di noi è perfetto allora siamo costretti a prendere una mazza e a dare un colpo a questa gabbia di cristallo che ci suggerisce che in qualche modo siamo perfetti o più giusti o migliori nell’interpretazione di questo mondo.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo che tutto hai ricevuto dal Padre e dal Figlio spezza in noi questa illusione d’essere perfetti in qualche campo della nostra mente e del  nostro cuore e dacci la tua luce per prenderne coscienza veramente.

 

Michele Sebregondio

www.montetabor.de

 
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