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NON E' INDIFFERENTE SAPERE SE IL NOSTRO VIAGGIO SIA SOLO QUI O HA ANCHE UNO SBOCCO ETERNO

Post n°472 pubblicato il 01 Dicembre 2011 da sebregon

 

I SETTIMANA DI AVVENTO - GIOVEDÌ

 

 




 

Mt 7, 21.24-27


 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

 

“Signore, Signore” : dobbiamo cominciare da qui la nostra riflessione perché Gesù va subito a toccare un punto dolente del nostro rapporto con Dio. Quante volte infatti nella vita quotidiana evochiamo il nostro presunto partner divino credendo d’aver effettivamente creato un canale di comunicazione rassicurante e senza spessore di mistero?

 

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Molte volte, soprattutto se si è portati per vocazione di natura o di cultura  verso il mondo trascendente. Sì, perché a parte chi si dichiara ateo, c’è nel fondo dei ‘naturaliter’ credenti il sorgere di una ispirazione invocante che ha come riferimento Dio.

 

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Gesù però ci mette in guardia contro un modo di dire:”Signore, Signore”, che è frutto solo di un orizzonte curvato nei limiti dell’orizzonte umano. Vuole dirci che questo modo, pur rispondente ad un modo vero di porsi, non è sufficiente ad aprire un ponte di comunicazione con il divino. Non basta intenzionarlo occorre che esso sia ascoltato diversamente avremo una ricaduta deformante sul modo di intendere Dio.

 

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Dio infatti non sono le nostre idee su di lui raccolte dal faro dell’intelligenza qui e là nel presente o come frutto di ciò che abbiamo interiorizzato nel passato. Il Padre infatti non è un concentrato di pensieri solo da conoscere ma è il Vivente per eccellenza che ci parla sempre.

 

 

............senza immagine............. 

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La prima conclusione che possiamo trarne è che deve predominare in noi l’ascolto e cioè una disposizione a non riproporre in continuazione pensieri-cerchi su Dio come continue forme che tendono a chiudersi perché non sopportano di rimanere sospesi su ciò che non si conosce.

 

 

 .

Manteniamo invece l’apertura. Gesù ci aiuta a mantenerla aperta indicandoci che cosa vuole da noi il Padre. Egli vuole che facciamo la sua volontà che è quella di entrare in sintonia con il suo Figlio Gesù:  “Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno". “. (Gv 6,40) Ecco dunque che ci si prospetta un piano d’ascolto che può rendere vero e fruttuoso il nostro rapporto con Dio. In questo modo veniamo strappati alle nostre proiezioni per confrontarci con le richieste del Padre e del Figlio che vogliono stringerci in un’alleanza in cui non c’è morte, ma vita. Vita non solo momentanea ma eterna. (da non dprezzare solo perchè non corrisponde ai parametri della nostra materialità)

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Gesù ci offre nel simbolo della roccia l’immagine del raggiungimento  di uno stato di fermezza contro i tentennamenti e le malattie dello spirito che derivano proprio dalle spinte mortifere del nostro orizzonte chiuso.

 

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E a questo proposito possiamo prendere un  altro versetto di Giovanni in cui unendoci alla missione del Figlio possiamo capire come uscire vittoriosi dalle secche del nostro stare al mondo come re che aspettano solo d’essere serviti:  "E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno.(Gv 6, 39).

 

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Ecco dobbiamo considerarci come assistenti del Signore in quest’alta opera di vita in modo che nella coralità dei molteplici piani di vita in cui viviamo possiamo metterci personalmente in mezzo (intercedere) perché nel mondo vi sia più giustizia. Solo così possiamo essere risorti dal Figlio per  godere dell’infinita bellezza e gioia della vita in Dio. 

Il mondo non finisce qui ma comincia qui l’amore che rende giusto il mondo.

 
La nostra vita e la Parola

 

Spirito del Signore, le forze vive del Padre e del Figlio muovono la storia in collegamento con quanti si spendono nel comune compito di non perdere nessuno qui sulla terra. Nell’attesa d’essere risorti aiutaci a comprendere questa semplice verità che nel mondo di Dio non c’è un prima o un dopo ma un eterno presente in cui vince solo chi ama.

 

Gabriele Patmos

  

 
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Commenti al Post:
sebregon
sebregon il 03/12/11 alle 23:10 via WEB
Perché Cristo vede la necessità di redarguire i seguaci dicendogli:- Non chiunque mi dice Signore, Signore….? Chiaro( per me)! Dio ci vuole dire che quello che noi chiamiamo cristianesimo, quello che noi leggiamo e che chiamiamo Evangelo, non è una religione. Con le religioni è l’uomo che crea Dio e non viceversa. Nelle religioni è l’uomo che elabora una spiegazione del proprio destino dettando norme e comportamenti “che attraverso miti, riti e simboli attualizza l'esperienza del sacro” allontanando dalla società e da se il terrore del nulla. Cristo distrugge il sacro. Nel nuovo testamento, Dio non fa conoscere il suo disegno o il suo desiderio attraverso un messaggio, fatto giungere attraverso i profeti o il sacro scrittore come aveva fatto nel vecchio testamento; non da un progetto da realizzare, formule da seguire: il messaggio divino si fa carne. L’uomo non ha più bisogno di saggi interpreti. Gli occhi possono vedere. Non è più l’intelletto e la sapienza di pochi a indicare la via, è il fatto che visibile accade davanti a noi ad illuminare il cammino verso il Regno. L’uomo può entrare in contatto con la divinità non con il rito ma attraverso il fratello. Fare la volontà del Padre non è altro che seguire l’esperienza del Figlio la cui vita è stato un atto di amore per i fratelli. E cosa dobbiamo fare per i fratelli? L’unico parametro è l’amore il resto sta racchiuso nella saggia risposta …date a Cesare quello ch’è di Cesare. Cristo ci esorta all’amore ma le soluzioni saranno solo frutto dell’agire e della sapienza umana. Purtroppo, causa il peso che hanno esercitato molti uomini di chiesa (più che di Dio), il cristianesimo si è portato dietro riti pagani ai quali ha attribuito un valore sacrale di messaggio e realizzazione evangelica. Quella che chiamiamo”religione cristiana” non è un processo intimistico che porta all’illuminazione è un atto politico, ben inserito nella storia e che non può tradursi in soliloqui con la divinità Se il secondo comandamento, che è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso- è il comandamento che esprime la volontà del Padre, non è deviante continuare ad allettare il sentimento religioso continuandoci a dire “…… meditando su quello che abbiamo letto, Mt 7, 21.24-27, ci si prospetta un piano d’ascolto che può rendere vero e fruttuoso il nostro rapporto con Dio.”? No, fratelli, fruttuoso è il rapporto con il fratello. Non credo che l’interpretazione sopra richiamata sia la prospettiva giusta. Laicizziamo la lettura del vangelo! La vita di Cristo è una storia vera da imitare e da ripetere, una prassi che ci permette di riallacciare la fraternità con tutta la comunità umana ed attraverso di essa ritrovare il Regno. Se vogliamo entrare nel regno dei cieli dobbiamo praticare la condivisione vera e non la tendenza solidaristica. Entrare nelle vicende altrui come se fossero nostre. Una espressione laica mi sembra possa sintetizzare meglio di qualsiasi altro ragionamento l’atteggiamento che Cristo con questa lettura ci suggersce: - ogni vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato a qualunque altro uomo. Giacomo
(Rispondi)
 
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