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A tavola con Otello Profazio

Post n°69 pubblicato il 20 Maggio 2009 da lentedingrandimento0
Foto di lentedingrandimento0

Il cantastorie Calabrase racconta la sua amicizia con De Andrè

 

Allora il detto che a tavola ci si racconta meglio vale! Lo posso asserire, a beneficio dei dubbiosi, dopo una cena in un ristorante della costa tirrenica, giusto epilogo di un importante premio giornalistico, passata in compagnia di Otello Profazio, il più grande cantastorie calabrese oggi in circolazione. Un uomo che ha raccontato le tradizioni, le storie, le speranze del popolo calabrese. Così tra il vociare dei commensali, le gustose portate e "l'invito categorico" a darci del "tu", si intavola (è proprio il caso di dirlo), una piacevole conversazione mossasi, tra nostalgie e ilarità, sui binari dei ricordi che avvolgono, come una carta regalo la straordinaria carriera di un figlio di Calabria. Ma cosa ne sarebbe stato delle tradizioni popolari della Calabria senza Otello  Profazio? "Non lo so - esordisce candidamente "il maestro" - sicuramente posso asserire di aver contribuito a mantenere, almeno per le ultime tre generazioni, vive le tradizioni di una terra bella e ricca di cultura come la mia, la nostra Calabria". Mentre si discute e si cena davanti ad un buon bicchiere di vino, mi vengono in mente, non

 solo le sue canzoni alcune delle quali scopro esser tradotte in giapponese (mi chiedo come suoni "vitti na crozza" in lingua nipponica) ma soprattuto le illustri amicizie del mio commensale, una su tutte Fabrizio De Andrè. Allora non posso esimermi di incuniarmi in questa sfera cercando di scoprire inediti della vita di uno dei cantanti più amati di tutti i tempi. Scelgo la strada diretta e lo faccio senza andare per il sottile, sapendo di rischiare di ricevere una chiusura netta alla mia domanda: Ma è vero che De Andrè aveva una certa remora a comparire in video? "Si - mi risponde senza scomporsi - ricordo che la sua resistenza a comparire in video era dovuta ad una cicatrice che aveva in volto. All'epoca i cantanti erano invitati in Tv per un format televisivo chiamato "15 minuti con". Lui non voleva parteciparvi. Allora lo portai a Milano al "Cab di Tinin Mantegazza" dove gli presentai Gaber, Jannacci, Coki e Renato. Da lì la svoltà televisiva". La sua disponibilità mi solleva e subito penso: "allora posso avventurami", e presa la palla al balzo tento un'altra domanda, ma subito, come se avesse il dono di scrutare e leggere le menti altrui, vengo interrotto dal suo incedere eloquiente: "il fatto che oggi De Andrè venga definito come il cantante dei poveri e degli operai è una cazzata. Lui fondamentalmente era uno snob. Pensa che io lo portavo a mangiare nelle bettole, il coniglio alla cacciatora, mentre lui mi portava al "Piccolo Budapest" a Fontana di Trevi. Però era un uomo ed un artista dal cuore grande, capace di albergare grande sensibilità e grandi sentimenti". Il momento mi sembra buono ed allora mi addentro nel privato cercando di scoprire di più. Tu che sei stato il suo unico amico di Roma per due anni raccontami qualcosa di più ad esempio sul suo rapporto con le donne. "E' vero - mi dice con orgoglio - ad un certo punto della sua vita io fui l'unico suo amico di Roma. Questa amicizia unica durò per circa due anni. Il suo rapporto con le donne? - mi dice con un sorriso che lascia capire molte cose - dico solo che ho conosciuto molti uomini amati dalle donne, ma mai uno come De Andrè. Pensa che Fabrizio dormì nel mio studio per alcuni giorni, ciò determinò il fatto che per lungo tempo molte donne  telefonarono al mio numero perchè alla ricerca disperata del loro amore". Vorrei continuare ma penso di fermarmi ed allora mollo la presa su De Andrè e gli domando: Ma hai anche tu la sensazione che esistano più Calabrie? "Questa è più che una sensazione; è una realtà. Ne esistono almeno tre. La Calabria del cosentino, la Calabria del catanzarese e la Calabria del reggino. Tutte risentono e si trascinano dietro lingua, tradizioni, pregi e difetti delle varie dominazioni e colonizzazioni. Io amo andare alla ricerca dei contenuti della nostra terra e questa mia ricerca mi ha consentito di fare questa suddivisione. Penso, a tal proposito, che il vero dialetto calabrese sia quello del catanzarese, il cosentino risente molto dell'influsso napoletano, e quello reggino di quello arabo-siciliano". La cena e soprattutto gli ospiti a questo punto prendono il sopravvento sulla nostra chiecchierata, veniamo così trascinati nei discorsi dei commensali che a questo punto mi sembrano privi di interesse.

 
 
 
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