La farmacia d'epoca
Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone
BENVENUTI SU LA FARMACIA D' EPOCA!
La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, se conoscete delle curiosità, degli aneddoti, o anche solo qualche notizia in più, contattatemi, provvederò a modificare i post, per renderli ancora più ricchi!
Nessuna di queste scatole è in vendita, nel caso in cui troviate delle foto dei miei oggetti su siti tipo ebay, sono annunci FALSI: segnalatemeli prontamente, in modo da evitare l'ennesima truffa online.
Se avete necessità della mia esperienza come collezionista, mandatemi un messaggio e-mail a lafarmaciadepoca@libero.it vi risponderò il prima possibile, fornendovi le informazioni che ho a disposizione.
Per riutilizzare il mio lavoro di ricerca:
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Fino a poco tempo fa il servizio è stato gratuito per tutti, fornendo foto senza watermarks ed a maggiore risoluzione, con testi più professionali rispetto a quelli pubblicati, ma la poca correttezza di alcuni personaggi nei miei confronti ha fatto terminare questa politica.
Grazie per la visita
Dott.ssa Giulia Bovone
I FARMACI NELLA LETTERATURA
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Messaggi di Luglio 2016
Penso che non sia necessario introdurre questo farmaco, anche perché sfido chiunque sia nato dal 1934 a questa parte a non averlo incrociato almeno una volta nella vita: chi non ha mai preso il Cebion?
Personalmente ritengo che il mirabolante Cebion possa essere una di quelle “icone” farmaceutiche che ormai fanno quasi parte del parlato comune, godendo di una fortuna commerciale straordinaria, che ha portato la Bracco ad essere una delle aziende leader in Italia nel settore farmaceutico.
Non sto a raccontarvi la storia di Fulvio Bracco e di come sia entrato in possesso della formula del Cebion, quella è ben documentata sul sito dell’industria farmaceutica, quello che vorrei invece sottolineare è come nel tempo siano cambiati gli eccipienti.
Spesso ci dimentichiamo che un farmaco è in realtà qualcosa di più, non esiste solo il principio attivo, ma anche altre molecole che formano il “corpo” della pastiglia.
Il lattosio e la saccarina erano impiegati come dolcificanti, peccato che il primo sia un allergene piuttosto diffuso nella popolazione umana, mentre la seconda fu tolta dal commercio negli anni Settanta perché ritenuta sospetto cancerogeno. La tartrazina merita un discorso a sé, poiché questo colorante è in grado di dare severe reazioni allergiche nei soggetti asmatici o intolleranti all’aspirina, ed è stata oggetto negli anni Novanta di innumerevoli bufale.
Sì, negli anni Novanta si era diffusa la notizia che la tartrazina fosse responsabile dell’iperattività nei bambini e che diminuisse la conta spermatica, così come la dimensione del pene: affermazioni decisamente false, che però fecero gran presa sul pubblico, portando al bando della molecola in alcuni stati europei.
Ci tengo a precisare che la moderna farmaceutica fa attenzione a limitare o se possibile evitare additivi che possono dare luogo a reazioni allergiche o di intolleranza, perciò queste molecole non vengono più impiegate se non in rari casi in cui non è possibile trovare un’alternativa.
Ecco una foto del tubo:
Misura 9 cm di altezza x 3 cm di diametro e risale agli anni Sessanta. Il Cebion dell’epoca era venduto dietro prescrizione del medico e ad egli spettava anche decidere ogni quanto assumere una pastiglia. Il barattolo dice di limitarsi a 1 o 2 compresse al giorno, sciolte in acqua o succo di frutta, ma in caso di carenze da vitamina C o altre situazioni più gravi si poteva arrivare ad aumentare la dose.
Quando questo farmaco fu inventato, infatti non si era a conoscenza che più il corpo umano è bombardato dalla vitamina C, più il suo assorbimento diventa inefficiente e si riduce, infatti le due pastiglie di Cebion al giorno, apportavano ben 2 g di acido ascorbico. Assumere più pastiglie avrebbe significato sforare il limite di tolleranza riducendo la predisposizione del nostro corpo ad assumere la vitamina C. Per questo motivo, aumentare la dose, anche in caso di carenza era abbastanza inutile.
Grazie per aver letto il post! |
Il 28 Novembre del 1956 fu depositato il brevetto del Ceaten, uno sciroppo per la tosse dell’industria farmaceutica Zambeletti, un farmaco che per l’epoca voleva essere rivoluzionario. Il Ceaten, infatti, era un sedativo della tosse privo di oppiacei e di balsamici, dal sapore gradevole, che detto così pare quasi che all’epoca uno sciroppo privo di poteri psicotropi o di estratto di eucalipto non fosse degno nemmeno di essere concepito mentalmente per via del suo sapore poco allettante. La composizione, di per sé, si stacca abbastanza da altri sciroppi coevi: quello davanti a cui ci troviamo è definibile come una sorta di “precursore” dei sedativi della tosse contemporanei. L’efficacia del prodotto era affidata a due molecole, il terziario – butil – naftalin – solfonato sodico, e il cloridrato dell’etere benzidril βdimetilaminoetilico. Il primo ha abbandonato la carriera da farmaco, in favore di quella di agente bagnante, infatti è possibile rinvenire lui o i suoi derivati nelle composizioni dei detersivi per i piatti, mentre il secondo era un potente antidolorifico impiegato nel trattamento delle affezioni reumatiche acute e croniche. Il citrato potassico, lo zucchero, la glicerina e le sostanze aromatizzanti, costituivano il “corpo” dello sciroppo contribuendo a conferirgli il tanto agognato “sapore gradevole”. Ecco la foto della sovrascatola in cartone:
Misura 17,5 cm x 6,7 cm x 4,1 cm ed è la confezione con cui il ceaten comparve sul mercato, infatti risale agli anni Cinquanta / Sessanta del Novecento. Il Ceaten rimase in produzione fino al 30/09/1989, quando la Zambeletti rinunciò a commercializzarlo ancora. La posologia raccomandava di impiegare il prodotto in qualsivoglia tipo di tosse, da affezioni bronchiali fino alla bronchite asmatica o alla pertosse, secondo queste dosi: 4 cucchiai da minestra per gli adulti da prendere sia a digiuno che a stomaco pieno, dai 3 ai 15 anni 2 o 3 cucchiai da frutta, mentre per i bambini fino a 3 anni 2 o 3 cucchiaini da caffè. Grazie per aver letto il post! |
Post n°490 pubblicato il 22 Luglio 2016 da lafarmaciadepoca
Se negli anni Dieci / Venti vi foste ritrovati con un mal di testa lancinante, emicrania e reumatismi, potevate avere solo due scelte. La prima era affidarvi alla medicina tradizionale e somministrarvi un lassativo, mentre l’altra era fare uso di “diavolerie scientifiche moderne” e prendere le Polveri Kafa alla fenacetina. Questa molecola, emersa vittoriosa dal confronto con il paracetamolo avvenuto nell’ultimo decennio dell’Ottocento, fu pesantemente impiegata in terapia fino agli anni Sessanta del Novecento, quando fu chiaro che il principale metabolita attivo della fenacetina altro non è che il paracetamolo stesso, il quale in seguito a nuovi studi risultò meno tossico e quindi più sicuro per l’organismo umano. Le Polveri Kafa erano prodotte dalla Pharmacie Principale di Ginevra, sita in Rue du Marché 11, e fondata nel 1912 dalle famiglie Toledo e Mori. La produzione di specialità farmaceutiche non durò molto: già sul finire degli anni Trenta, non si trovano più molte notizie circa un’attività produttiva della Pharmacie, e ciò fa intendere che, con molta probabilità negli anni Quaranta sia stata coinvolta nello sforzo bellico svizzero (la Svizzera non prese parte alla Seconda Guerra Mondiale, ma mobilitò comunque il suo esercito per difendere i confini. Per vedere un pacchetto da medicazione dell’Armata Svizzera cliccate qui). Misura 6 cm x 5 cm x 1,7 cm e risale agli anni Dieci / Venti del Novecento. La scatola è bilingue (francese e tedesco) ed indica di non assumere più di 4 cartine di Polveri Kafa al giorno. Esse dovevano essere sciolte in un po’ d’acqua. Qualora un solo pacchetto non facesse effetto, si poteva tranquillamente raddoppiare la dose. Grazie per aver letto il post! |
Post n°489 pubblicato il 18 Luglio 2016 da lafarmaciadepoca
Continua la saga delle Pillole Pink, questa volta con la pubblicazione dell'Almanacco ufficiale del 1909, donatomi qualche tempo fa dal Prof. Roberto Morassi. Questa volta ho deciso di offrirvi qualcosa di più di una semplice scansione della copertina o di alcuni articoli, e così per rendervi partecipi di come fosse martellante la pubblicità di cent'anni fa, ho pensato di pubblicarlo in forma sfogliabile.
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Post n°488 pubblicato il 05 Luglio 2016 da lafarmaciadepoca
Qualche tempo fa ho ricevuto via mail questa pubblicità delle Pillole Pink, che ben rispecchia quei toni cupi con cui era vissuta qualunque malattia nel periodo pre - antibiotico, anche se la patologia in questione era il "pallore" o l'"irascibilità".
La pubblicità mi è stata inoltrata dalla Dott.ssa Arianna Fornasari, che l'ha rinvenuta su una "Gazzetta Ferrarese" del 1910. Se siete della zona e volete assaporare l'ebbrezza di vedere l'originale, è possibile farlo alla Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara. Grazie ad Arianna per il contributo e grazie a voi per aver letto questo breve post! Se volete saperne di più circa l'inutilità delle Pillole Pink, potete cliccare qui per il link al post inerente il farmaco. |
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