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Johann Sebastian Bach
English Suite No. 6 in D minor, BWV 811 – Prélude
Glenn Gould piano
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È importante cambiare visuale. Ma guardare il mondo stesa sull’asfalto ti cambia davvero un paio di prospettive. L’urto contro la macchina è stato minimo, ma mi ha fatto perdere l’equilibrio e poi la bicicletta, mia amata, non ha palloni che si gonfiano, né barre rinforzate e quindi il volo sull’asfalto è la conseguenza logica. Ma dall’asfalto mi sono accorta che nulla aveva più importanza se non riuscire ad alzarmi e camminare. Si è allungata una mano femminile che mi ha aiutato a sollevare il mio notevole peso e non so che faccia avesse, chè la paura mi offuscava e non capivo se non che riuscivo ad alzarmi e a camminare, tutta storta e dolorante, ma, camminavo. Esplosione di gioia e non m’importava dell’imbecille che mi aveva tagliato la strada e nemmeno di tutti i dolori che sentivo. Camminavo. Ragionavo. Vedevo. Parlavo. Il mondo era fermo ed era uguale a come doveva essere.
È importante cambiare la visuale. Avrei potuto sbattere la testa sul bordo del marciapiede, che era a pochi centimetri da dove sono caduta. Avrei potuto rompermi qualche osso. Avrei potuto morire. Avrei potuto rimanere immobilizzata. Peggio ancora. Avrei potuto andare in coma.
È importante cambiare la visuale. Quindici giorni di collare, ghiaccio su spalla/gomito/ginocchio e che cazzo vuoi che sia? Va bene, sorrido e rido. Nelle lunghe ore passate al pronto soccorso ho continuato ad essere felice, anche quando mi girava la testa che mi sembrava di essere su una nave con il mare forza venti. E sono uscita a fumare una sigaretta e c’era una luna piena talmente grande e nitida che sembrava appesa nel cielo solo per me ed è stato come si sciogliesse quel grumo che mi portavo dentro da troppo tempo, fatto di tante scorie inutili e sporche. La luna limpida nel cielo dell’inverno e l’odore forte del freddo secco, ma dentro di me un caldo sentimento di pace.
È importante cambiare la visuale. Mentre ancora parlavo con i vigili e con l’imbecille che ha causato il tutto, è arrivato il figlio, con il volto duro e contratto, pronto a battersi come una belva per me. E poi è arrivato anche M. e mi sono rimasti vicini per tutte quelle stanche e lunghe ore vuote di attesa al pronto soccorso. A farmi ridere, a chiacchierare, a farmi sentire protetta e difesa, a darmi affetto a palate, ad essere con me. Che è importante. Che è stato importante, perché ha rimesso a posto qualche equilibrio. Il sentimento. L’affetto. La responsabilità.
È importante cambiare la visuale.
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DA LEGGERE
Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)
" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......
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