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Il ricatto dietro la morte delle ideologie

Post n°11 pubblicato il 15 Ottobre 2010 da terhas1989

Domani si terrà lo sciopero deciso dalla Fiom. A saperlo prima avrei scritto questo articolo tempo fa: presa dai miei studi ho tralasciato i quotidiani della settimana. Meglio tardi che mai però...

Sciopero indetto in risposta al recesso del contratto nazionale firmato da tutti i sindacati nel 2008 che scade il 1 gennaio 2012. Recesso e non disdetta, perché il contratto 2008 prevedeva una clausola di ultrattività: anche con la disdetta sarebbe restato in vigore fino a nuova intesa. Così nel triennio 2010-2012 sarà valido il contratto sottoscritto nel 2009 da tutte le sigle eccetto la Fiom, che include la possibilità di deroghe. Tutto questo in risposta al diktat dell'amministratore delegato del Lingotto Marchionne che minacciò di investire i 20 miliardi del progetto Fabbrica Italia da un'altra parte se i sindacati non si sarebbero piegati alle nuove regole di flessibilità e produttività. Insomma, al lavoratore si presentano due starde: o si rinuncia ad alcuni diritti (dal divieto di sciopero per il sabato al divieto di mangiare usufruendo della pausa mensa che l'azienda può comandare in straordinario) oppure... quella é la porta. Tutti si sono piegati tranne la Fiom. Ebbene, "la Fiom non é più maggioritaria da sola, però non é possibile tenere fuori a lungo l'azionista di maggioranza relativa del sindacalismo metalmeccanico italiano" scrive il Corriere della Sera. E il fatto che gli altri sindacati non siano i più attivi a far approvare norme sulla rappresentanza ne é la prova. Infatti sostiene Cipolletta sul Sole 24 ore del 2/9/10 la sola garanzia per far applicare i contratti é: o i negoziati che coinvolgono TUTTI oppure lo stabilimento di norme precise per valutare il peso specifico delle rappresentanze sindacali e procedure certe per l'applicazione degli accordi negoziati con una parte dei lavoratori. Altrimenti si giustificano le violenze.

Il problema é che la globalizzazione ipercentrica ha segnato una "rivoluzione copernicana" nell'industria mondiale dell'auto, come direbbe il "sovversivo" Marchionne. Bisogna far fronte alle grandi sfide della produttività (ferma da 10 anni in Italia e che nel 2010 é in decrescita del 2,7%) e la dissocupazione, soprattutto quella giovanile (pari al 8,4% la prima e al 27,9% la seconda, secondo dati riportati dall'Osservatore Romano).

Il cuore del sistema si é spostato verso l'Asia perchè l'imprenditore che deve investire il suo capitale guarda il costo dell'energia e del lavoro, gli incentivi, le infrastrutture, la logistica e le relazioni sindacali prima di scegliere dove. Non é l'amor del suol natìo che lo guida, ma l'interesse. E solo per parlare di costo del lavoro (che incide fra il 7% e il 12% del totale) la differenza tra il primo mondo e i mercati emergenti é notevole. Secondo un articolo del 17/9/10 del Sole 24 ore, la media all'ora é di:

  • 21 euro in Usa
  • 30 euro in Germania
  • 22 euro in Italia
  • 10 euro in Repubblica Ceca
  • 7 euro in Slovacchia
  • 4 euro in Bosnia
  • 5 euro in Brasile
  • 1,65 euro in Messico
  • 1,73 euro in Cina
  • 2 euro in India

Tutto questo però non deve condurre gli operai a odiare i colleghi sfruttati dei paesi emergenti, tutt'altro! Come l'imprenditore non é mosso nelle sue scelte dall'amor del suol natìo, ma dal solo interesse proprio, così dovrebbero fare i lavoratori. Unirsi. Come suggerisce Rivetti nel giornale di Lotta Comunista, bisognerebbe mirare a coordinare a livello europeo le forze sindacali. E da lì poi coordinarsi anche a livello intercontinentale. Come l'imprenditore non si fa frenare dai confini intercontinentali, così dovrebbe fare il lavoratore organizzato se non vuole rimanere intrappolato. E soprattutto non deve dare retta a quelli come il "sovversivo" del Lingotto che prevedono un futuro ove non esiste la lotta di classe perché é proprio questo vuoto che gli ha permesso oggi di guadagnare 430 volte lo stipendio di un operaio della Fiat e di poter rispondere a polemiche con la domanda retorica "quanti sarebbero disposti a fare la mia vita?". E ciò non riguarda solo lui: ribadisco che i milionari sono aumentati del 17% nel 2010 (si tratta degli Hnwi, coloro che hanno un patrimonio netto pari o superiori al milione di dollari) e del 21,5% gli Ultra-Hnwi (patrimonio netto pari o superiore a 30 milioni di dollari). In Italia secondo quanto riportato da Repubblica, si contano 178.000 Hnwi (più 9,2% rispetto al 2008). E allora lì hai poco da predicare sacrifici per aumentare la produttività!! Più aumentano i milionari più aumentano i poveri e l'unica lotta sensata allora è quella per una più equa ridistribuzione delle ricchezze. E per ottenere risultati si é costretti a guardare oltre i confini nazionali e non scivolare nella trappola del capitalista che gestisce dall'alto la lotta di classe, ponendo ad esempio italiani contro serbi o autoctoni contro immigrati...

Insomma, l'unica speranza è l'unione dei lavoratori salariati che nel mondo sono 1,5 miliardi e ogni anno aumentano di 50 milioni. E per far ciò c'é bisogno di una coordinazione dei sindacati a livello intercontinentale. Detto così suscita molta ilarità, lo so. Qui addirittura non si riescono ad organizzare i sindacati di un unico paese!! Però questo nasce dal fatto che Marchionne (o chi per lui) ha il coltello dalla parte del manico e continuerà ad avercelo finché non ci si organizzerà a livello intercontinentale, oltre che  internazionale. A furia di "far prevalere non le ideologie ma gli interessi dei lavoratori" come dice il presidente Confindustria Piemonte Mariella Enoc si é giunti a porre il lavoratore con le spalle al muro, indifeso dinnanzi al ricatto. E chiunque esce fuori dal coro rimane isolato.

 

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Commenti al Post:
PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 18/10/10 alle 13:29 via WEB
Credo che tutto ciò sia dovuto ad un equivoco di fondo. Il "datore di lavoro" è colui che offre il proprio lavoro, cioè il lavoratore. Chi lo compra, invece, è il datore di soldi, ossia l'imprenditore).
 
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