Creato da: maldamore il 31/08/2006
Blog sulle dipendenze affettive e relazionali e sul Mal d'Amore in generale - vedi sito www.maldamore.it

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SEGNALAZIONE LINK MALdAMORE

Post n°14 pubblicato il 07 Settembre 2007 da maldamore

Sezione del sito www.maldamore.it dedicato alle problematiche relative alla gelosia e tradimento. http://www.maldamore.it/Gelosia_e_Tradimento.htm

Interessante articolo del sito www.maldamore.it inerente il superamento della fine di un amore. http://www.maldamore.it/superare_la_fine_di_un’amore.asp

Sezione tematica del sito www.maldamore.it dedicata alle dipendenze affettive e relazionali. http://www.maldamore.it/Dipendenze_affettive_e_relazionali.asp

 Presentazione del dott. Roberto Cavaliere, Psicologo e Presidente A.I.L.D.A.R. - Maldamore. http://www.maldamore.it/Roberto_Cavaliere.asp

Selezione di consulenze tratte dal sito www.maldamore.it http://www.maldamore.it/selezione_di_consulenze.htm

 
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RIFLESSIONI SULL'AMORE

Post n°13 pubblicato il 05 Settembre 2007 da maldamore

Voglio smetterla di fantasticare su qualche io immaginario che ho in testa, che potrebbe esistere se succedesse una certa cosa o che vorrebbe esistere posto che ne succedesse un'altra, e invece voglio essere qualcuno adesso.

Non avevo ascoltato una sola parola di quello che diceva. Ero troppo impegnato a pensare che cosa avrei detto io.

Hatwke, Il mercoledì delle ceneri.

 Si è immortali per tutto il tempo che si è al mondo. P. Roth

 Forse sei fatto solo per le storie corte, le storie che cominciano… preferisci le storie che si riescono a gestire: forse non sopporti l’abbandono.

 Perché la liberta esiste solo se uno se ne serve. Sotto, sotto gli uomini sono romanzeschi: vivono qualcosa e si raccontano tutt’ altro. Alla vita ne sovrappongono un'altra segreta, desiderata, immaginata di cui sono i poeti muti.

 Camminavo a fianco di me stesso incapace di trarre soddisfazioni dalla realtà, incapace di meravigliarmi, abitando da qualche parte solo per poterne evadere. E.E. Schmitt, Piccoli crimini coniugali.

 E l’amore per me era questo, orfano e incotechito, l’amore dell’estremo bisogno, quando il destino s’impietosisce di noi e ci regala un biberon.

 Non crucciarti ,Italia, la vita è questa. Attimi superbi di vicinanza e poi gelide folate di vento.

 Ma l’intimità è un territorio difficile - M. Mazzantini, Non ti muovere.

 L’inizio è dolce, assurdo felice. L’intreccio pieno di buona volontà, forte e carico di tensioni. La fine una lacerazione. Nuria Barros

 E’ indicativo: la nostra prima esperienza è una perdita. L. Salomè

Eppure, ogni amore spezzato provoca una sensazione di perdita prematura, come se l’amore fosse eternamente un bel giovane a cui erano destinate felici promesse incompiute. Alicia-Gimenez Bartlett

 Fino a quando le relazioni sono viste come investimenti redditizi, come garanzie di sicurezza e soluzioni ai tuoi problemi non c’è via di scampo: testa perdi, croce vince l’altro.

 

 
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AMORE E SEDUZIONE

Post n°12 pubblicato il 08 Agosto 2007 da maldamore
 

La seduzione non si basa sul desiderio o sull'attrazione: tutto questo è volgare meccanica fisica e carnale, nulla di interessante. Certo, il fascino della seduzione passa attraverso l'attrattiva del sesso. Ma, propriamente, vi passa attraverso, la trascende. Per la seduzione, infatti, il desiderio non è un fine, ma un'ipotetica posta in gioco. Anzi più precisamente, la posta in gioco è provocare e deludere il desiderio, la cui unica verità è brillare e restare deluso.

Attraverso lo specchio prismatico della seduzione si perviene a un alto spazio di rifrazione. Essa consiste non nell'apparenza semplice, non nell'assenza pura, ma nell'eclissi di una presenza. La sua unica strategia è esser là e non esser là, e assicurare così una sorta di ammiccamento intermittente, dispositivo ipnotico che cristallizza l'attenzione al di là di ogni effetto di senso. Qui l'assenza seduce la presenza. J. Baudrillard, Il destino dei sessi e il declino dell'illusione sessuale, in AA.VV., L'amore, Mazzotta, Milano 1992.

 
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SEMINARI ESPERENZIALI SUL MALdAMORE

Post n°11 pubblicato il 03 Luglio 2007 da maldamore
Foto di maldamore

INIZIATIVA: Seminari Esperenziali full-immersion sulle Problematiche affettive e sentimentali (dipendenza affettiva, gelosia, tradimento, problemi di coppia, autostima ecc...) in Pompei (Na), ROMA e MILANO.Tutti i seminari si svolgeranno nel fine settimana: sabato e domenica ore 10-18 con pausa 13-14. Avranno un numero massimo di 8 partecipanti e saranno condotti dal dott. Cavaliere. La partecipazione è subordinata al versamento della quota di euro 150,00 comprensiva sia di quota associativa 2007 dell'AILDAR che di contributo spese. Oltre tale importo, null'altro è dovuto.

DATE E SEDI:
Seminario a POMPEI il 1 e 2 settembre 07
Seminario a ROMA il 22 e 23 settembre 07
Seminario a MILANO il 6 e 7 ottobre 07

 
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L'AMORE LIQUIDO

Post n°10 pubblicato il 29 Aprile 2007 da maldamore

Di seguito riporto dei brani tratti da “L’amore liquido” di Zygmunt Bauman edito da Laterza. Libro che ho letto di recente è che attua una spietata analisi sociologica delle relazioni nell’epoca attuale. In particolare il primo capitolo “Innamorarsi e disamorarsi” è quanto di più significativo abbia letto di recente sull’amore. Da premettere che la lettura del testo potrebbe rivelarsi di non immediata comprensione per chi non è avezzo a tale tipo d’analisi filosofica e sociologica.

 

La solitudine genera insicurezza, ma altrettanto fa la relazione sentimentale.

In una relazione puoi sentirti insicuro quanto saresti senza di essa, o anche peggio.

Cambiano solo i nomi che dai alla tua ansia.

Finché dura, l’amore è in bilico sull’orlo della sconfitta.

Man mano che avanza dissolve il proprio passato; non si lascia alle spalle trincee fortificate in cui potersi ritrarre e cercare rifugio in caso di guai.

E non sa cosa lo attende e cosa può serbargli il futuro.

Non acquisterà mai fiducia sufficiente a disperdere le nubi e debellare l’ansia.

L’amore è un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile.

 

E’ insito nella natura dell’amore il fatto che

        come Lucano osservò duemila anni fa e Francio Bacon ripeté molti secoli dopo –

esso non possa che significare il consegnarsi in ostaggio al destino.

 

Per quanto abbia potuto imparare sull’amore e l’innamoramento,

la tua sapienza può giungere solo, come il Messia di Kafka, un giorno dopo il suo arrivo.

 
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GELOSIA

Post n°9 pubblicato il 19 Aprile 2007 da maldamore

Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.
Barthes, Roland

La gelosia è un sentimento che parte dall'idea che ciò che io ho di più "caro" potrei, da un momento all'altro, perdere. Essa si lega al concetto di possessività, alla possibile perdita di ciò che si ritiene proprio. Entrambi i sentimenti pretendono l' "altro", vogliono la sua presenza in termini esclusivi e personali. E parlo di pretendere l'altro perchè si considera l'altro un "oggetto" piuttosto che un "soggetto".Spesso chi ne è affetto manifesta la sua gelosia in assenza di qualunque fatto, di qualunque circostanza che possa giustificare una cosa del genere.

Una doverosa premessa: bisogna distinguere fra gelosia "normale" e gelosia "patologica". La gelosia normale è inseparabile dal'amore per il partner, ed è sempre presente a livelli accettabili. Anzi se non ci fosse si potrebbe addirittura dubitare se è vero amore. Inoltre serve a far sentire l'amato veramente amato, perchè attraverso la gelosia manifestiamo la paura di perderlo. Invece parleremo di gelosia "patologica" quando essa assume le seguenti caratteristiche:

  • paura irrazionale dell’abbandono e tristezza per la possibile perdita;
  • sospettosità per ogni comportamento relazionale del partner verso persone dell'altro sesso;
  • controllo di ogni comportamento dell' "altro";
  • invidia ed aggressività verso i possibili rivali;
  • aggressività persecutoria verso il partner;
  • sensazione d' inadeguatezza e scarsa autostima di noi stessi.

La gelosia, quella patologica è, dunque, il timore di perdere qualche cosa che si ritiene essenziale per il proprio benessere e che questo qualcosa, che si ritiene essenziale, altri possano impossessarsene. Essa si manifesta anche in assenza di qualsiasi motivo valido. Spesso proprio la gelosia è in alcuni casi la causa della rottura di una relazione. Anzi si teme tanto che una relazione possa finire che, senza volerlo, la si fà finire per davvero.

La gelosia patologica prende origine da sospetti o circostanze infondate, affondando la sua vera natura in un'angoscia che prende forma nella mente senza nessun riscontro nella realtà. Quest'angoscia produce delle vere e proprie rappresentazioni mentali in cui si "costruisce" il "rivale" e le "prove d'infedeltà" e la realtà effettiva viene interpretata erroneamente. Tutto ciò può arrivare a dei veri e propri "deliri di gelosia" che spesso sono all'origine di veri e propri fatti di cronaca come i delitti passionali.

La gelosia patologica, il più delle volte, affonda le sue origini nell'infanzia in una cattiva relazione che il geloso ha instaurato con i propri genitori. Quest'ultimi non hanno adeguatamente rinforzato il bambino nella fiducia per sè stesso e nell'autostima contribuendo così a determinare un adulto geloso perchè non conscio delle sue possibilità e del suo valore, profondamente insicuro. Ciò porta a pensare che il proprio partner potrebbe amare un altro perchè più degno, a non essere sicuro del suo amore.

Ma la gelosia patologica può tradire anche un desiderio di possesso assoluto del partner. Ciò avviene, anche in questo caso, per una cattiva relazione affettiva costruita con i propri genitori, sopratutto quello di sesso opposto. C'è la presenza di un'affettività che non ha trovato correspensione durante l'infanzia, e si pensa di riscattarla da adulti, attraverso il possesso assoluto dell'altro.

Da questo breve escursus si può affermare che gelosia e dipendenze affettive sono le due faccie di una stessa medaglia. Se è presente l'una è molto probabile che sia presente anche l'altra.

Dott. Roberto Cavaliere

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DONNA CHE AMA TROPPO

Post n°8 pubblicato il 14 Marzo 2007 da maldamore

Ho 35 anni e sono una ‘donna che ama troppo’.
Ho letto il libro della Norwood due volte, una a 30 e una a 35. La prima volta per consiglio di un’amica (e non capivo perché me l’avesse consigliato) e la reazione è stata quella di cui parla l’autrice nei primi capitoli: non mi sono ritrovata, pensavo che le storie fossero troppo esagerate e non collegabili al malessere che provavo in quel momento, che avrei persino potuto consigliarlo ad altre donne in situazioni ben peggiori della mia, l’ho letto velocemente, senza notare quasi nulla se non un piccolo particolare che sembrava avvicinarsi alla descrizione del partner con cui avevo chiuso allora: il mio ex si dedicava ossessivamente agli sport. Il libro all’epoca ha avuto insomma poco impatto sulla mia persona, non mi sono ritenuta una donna che ama troppo. Eppure a 30 è cominciato una lenta autoanalisi, forse dovuta al troppo dolore, forse per il desiderio di non provarlo più, o semplicemente per sopravvivenza, non so forse solo un tentativo di comprendere perché le mie storie finissero sempre in modo così repentino e drammatico, perché alla fine mi ritrovassi quasi sempre con uomini che in realtà non corrispondevano all’idea di uomo ideale, che anzi in alcuni casi erano uomini con poca stima di sé, con problemi personali, uomini spesso emotivamente chiusi, poco interessati alla mia persona. Ho compreso con il tempo che erano uomini di cui mi ero accontentata per il terrore della solitudine, per paura di non trovare nessun altro uomo a cui potessi piacere.
Proprio così ‘trovare’ e non incontrare. Una ricerca affannosa di un compagno che non mi facesse sentire più sola, poco amata, per dimostrare e dimostrarmi che sono degna di amore. Non comprendevo all’epoca quanto poco mi amassi io per prima. Eppure i sintomi c’erano tutti. Innanzitutto poca cura della mia persona, fortemente in sovrappeso eppure testardamente decisa a non mettermi a dieta perché mi dicevo io mi vado bene così. Ovvero mentivo persino a me stessa. Il cibo ora lo so riempiva il baratro d’amore che sentivo dentro. Gli anni successivi non sono stati più felici dei 30. Ho proseguito a rincorrere uomini impossibili, poco interessati e interessanti, anche con problemi personali non da poco, ad accontentarmi di quelli che mi corteggiavano invece che interessarmi a quelli che a cui veramente piacevo o che mi piacevano, perché questi ultimi sicuramente non potevano essere interessati ad una come me, carina forse ma in sovrappeso. Una delle ultime storie, se così posso chiamare una frequentazione di pochi mesi, è stata con un uomo più grande di me di dieci anni, che si trascinava un esaurimento nervoso giovanile che a suodire lo rendeva depresso, insonne, solitario, incapace di poter lavorare (per sua fortuna viveva di rendita), di poter vivere una vita normale, sposarsi o fare dei figli in primo luogo. Eppure pur di far funzionare la storia ho accettato l’insonnia come scusa per non dormire insieme e per non viaggiare (non dormiva in un letto che non fosse suo), il carattere chiuso e gli anni in più come scusante per non conoscere e frequentare i miei amici, e ho smesso non solo di vedere i miei amici e i miei familiari, ma anche di avere interessi miei per poter stare con lui tutto il mio tempo libero. E ritrovarmi poi lo stesso a non essere abbastanza per lui. Ne sono uscita a pezzi. Sono passati due anni da quest’ultima storia. Due anni alla ricerca di un uomo che potesse subito sostituire l’ultimo in modo da non rimanere sola, senza badare veramente a quel che mi piaceva. Ho provato persino le associazioni e serate per singles, la chat, tutto alla disperata ricerca di un uomo che mi desse per prima la certezza di valere qualcosa. L’anno scorso poi guardandomi in una foto mi sono trovata orrenda, in me è scattata una molla, finalmente un po’ di amor proprio e così mi sono decisa ad andare da un bravo dietologo. I kili in meno mi hanno portato una sferzata di ottimismo e sicurezza, finalmente un po’ di autostima.
Anche se ho capito che devo amarmi io per prima e non aspettare una conferma dall’esterno, la necessità di trovare conferma negli occhi degli altri rimane ancora. Dicono che sono una donna sempre allegra, ottimista, sicura di me.
Eppure mi sono ritrovata ancora una volta a essere ‘legata’ ad un uomo sbagliato, che non fa per me, già impegnato e quindi poco disponibile emotivamente e fisicamente, un uomo che non mi chiama nemmeno al telefono, che si complimenta con me perché non esigo questo e altre attenzioni, ma che a letto però mi trova eccezionale. E io mi sono chiesta: ma perché sono ancora a questo punto? Perché mi sono lasciata coinvolgere in una situazione del genere?
Ho ricercato in libreria il libro della Norwood e l’ho riletto. Non è stato facile, ma è stato un bene averlo letto, perché stavolta ero veramente interessata a leggerlo e a capire cosa l’autrice volesse comunicarmi: paura di rimanere sola, poca stima del proprio valore, falsa credenza di dover meritare l’amore. Ho un problema e ho bisogno di aiuto. Ho disperatamente bisogno d’aiuto. In internet ho cominciato a cercare informazioni sui gruppi di auto aiuto perché l’autrice dice che sono persino più importanti di una terapia singola, perché ascoltare le storie delle altre donne, comunicare la propria senza giudizi o consigli aiuta a comprendersi, a non sentirsi sole, a migliorare la propria autostima. Il gruppo ancora non l’ho trovato ma spero di trovarlo presto, nel frattempo però ho trovato questo sito. Ed è già stato un sollievo. E come altre già prima di me, ringrazio il dott. Cavaliere. Ho letto le storie delle donne che sono come me donne che amano troppo, e mi sono ritrovata in loro. Leggendo le loro storie mi sono detta anch’io ho fatto così, anch’io pensavo così, anch’io credevo questo e mi sono sentita confortata. Non sono la sola mi sono detta. La testimonianza poi sull’inizio di una dipendenza amorosa in particolare è stata catartica. Ho subito anch’io delle attenzioni particolari da un adulto, quando avevo meno di 4 anni, e in seguito ho ripetuto questi ‘giochi’ coinvolgendo un’altra bambina e questo è stato per molto tempo il ricordo più doloroso e vergognoso che mi sono sempre portata dietro. Leggere questa storia mi ha in parte risollevata.
Ieri per la prima volta ho agito per me stessa, per il diritto e la difesa dei miei sentimenti. Ho chiuso la frequentazione con l’uomo sbagliato, gli ho parlato con serenità e detto cosa non andava bene per me e che per me stessa non potevo proseguire così e non per cercare di manipolarlo ed ottenere da lui che cambiasse. E mi sono sentita serena. E oggi sono ancora serena. E’ un gran traguardo per me sentirmi serena invece che vuota dentro per aver detto addio ad un uomo del genere. Spero di rimanere abbastanza sola, invece di aver paura della solitudine, per ottenere come dice la Norwood di diventare una donna che ha sufficiente stima di se stessa da amare prima se stessa di un uomo. So che ancora ho tanta strada da fare e sarà dura, ma voglio farcela. Grazie dott. Cavaliere per avermi dato l’opportunità di esprimerlo su questo sito.

Commento anonimo
Ciao, mi è piaciuta molto la tua lettera e ovviamente come dici tu anch'io mi sono ritrovata in molte cose che descrivi tu...
Purtroppo ho la consapevolezza di avere un problema ma come faccio sempre cerco di non ascoltarlo cercando un'altra storia, un'altra persona che sostituisca la precedente alla quale non riesco a fare a meno di pensare e che penso debba essere sostituito da un'altra persona. Ho paura di pensare al vuoto che ho dentro perchè NON HO IDEA di come affrontarlo...Lo sò che c'è qualcosa di sbagliato in me, sò cos'è, ma davvero non sò cosa fare per cercare di cambiare...
Ho paura che non ne uscirò mai e che la mia vita continuerà ad essere costellata di storie sbagliate con persone che ricevono da me più amore di quanto non ne diano...
Se vuoi metterti in contatto con me fammi sapere, mi farebbe piacere, e forse si può fare qualcosa. Giò.

Commento anonimo ciao Giò secondo me non devi vederla come se ci fosse qualcosa di sbagliato in te. Ti capisco però perchè anche a me è capitato di pensare di essere un mostro orribile. Mi dicevo devo essere proprio una persona orrenda per non meritare l'amore. Invece non si tratta di avere qualcosa di sbagliato, ma di avere imparato in modo sbagliato soprattutto dalle prime esperienze affettive cosa significa amare se stessi, e quindi amare un'altra persona e come persona in grado di amare nel modo giusto, dare e volere anche nel modo giusto rispetto per sè, per i propri sentimenti e le proprie esigenze. E' questo imparare in modo sbagliato ci ha insegnato anche a valutarci molto poco e a sentire il vuoto dentro. Quando ci diciamo che abbiamo qualcosa di sbagliato o siamo dei mostri in realtà ci valutiamo molto poco. Per questo credo capisca anche tu per prima che passiamo da un uomo all'altro nel tentativo di riempire il vuoto e come dice la norwood troviamo solo un vuoto più grande.
Hai letto il libro della Norwood? potresti cominciare leggendolo. sul sito qui troverai anche i passi che indica per iniziare il processo di guarigione. Il primo è ammettere che abbiamo bisogno d'aiuto, ed evidenzio che non dice 'ammettete che in voi c'è qualcosa di sbagliato'. Caso mai è il comportamento ad essere sbagliato. Quindi il primo passo da fare secondo me è una valutazione obiettiva di te stessa, invece che dirti c'è qualcosa di sbagliato in me prova ad analizzare come ti comporti e affronti le situazioni che ti mettono a disagio. Io ho fatto delle scoperte importanti che mi hanno aiutato a cambiare certi atteggiamenti. Il secondo è chiedere aiuto. Il fatto che sei arrivata su questo sito è già un inizio come lo è stato per me. Leggere le storie, scrivere la propria e scoprire che non siamo sole, che altre donne come te e come me soffrono di questa dipendenza è già un aiuto perchè ci dice NON SONO SOLA. La nostra più grande paura è essere sole, soffrire l'abbandono fisico ed emotivo che abbiamo sofferto da bambine nella maggior parte dei casi, e che tendiamo a ripetere da adulte scegliendoci da sole delle situazioni sbagliate. E queste situazioni sbagliate minano la nostra stima. Quindi un altro passo da fare è diventare 'egoiste' come dice la norwood che significa semplicemente penso prima a me stessa, agisco per venire incontro ai miei bisogni, sempre nel rispetto dell'altro si intende. Come si fa a pensare per prime a se stesse? Bisogna amarsi e molto. Amarsi vuol dire evitare le situazioni che sappiamo già che ci faranno soffrire, come un uomo impegnato con un'altra, un uomo freddo e incapace di affetto, un uomo che ci tradisce, un uomo che ci tratta male fisicamente ed emotivamente, un uomo con problemi personali gravi, solo per citarne alcuni e per esperienza personale. Vuol dire imparare a dire di no a richieste che ci fanno male. Mi piacerebbe se continuassimo a parlarne su questo forum e se arrivassere anche altri commenti perchè è importante condividere anche questo, sentire altre risposte e capire che non sei sola, che non sono sola, che anche altre si rispecchiano in quello che proviamo. Mettere a nudo quel che si prova è il primo passo per chi ha sempre evitato di esprimere i propri sentimenti, soprattutto quelli che ci fanno stare male, per fare in modo che la storia non finisse. Te lo dico perchè io stessa l'ho fatto per prima e su questo sto lavorando molto: imparare ad esprimere quel che si prova nel momento in cui si prova e non fare finta che le cose vadano bene soffoncando il disagio che si sente. Sono convinta per questo che un gruppo di auto aiuto è la strada migliore per guarire ma vista la difficoltà a trovarne uno per donne che amano troppo, almeno leggere le altre storie, lasciare commenti di risposta o scrivere la propria storia, confrontarsi insomma come si può fare su questo sito, è un primo passo. a presto.

Ciao, ti ringrazio per i tuoi consigli e per aver voluto impiegare un pò del tuo tempo in questo. Mi dispiace però non essere la controparte attiva di questo scambio, nel senso che mi piacerebbe essere già arrivata ad un punto di poter dare a mia volta dei consigli e suggerimenti, ma purtroppo sono ancora troppo infondo a questo tunnel.
In realtà la cosa strana è che quando mi sembra di stare un pochino meglio, di essere più forte ecco che mi ricasca tutto addosso e mi sembra di non farcela!
Ieri sera ad esempio è bastato che un mio amico mi riferisse come il mio ex stesse passando il week-end per ricadere nella disperazione più totale...Ho passato stànotte a svegliarmi di continuo con il cuore a 1000, immaginandomi che lui si era divertito con altre persone, in altre situazioni, senza di me, e che invece io ero ancora lì FERMA, a piangere dietro ai ricordi e alla frustrazione per non poter più far parte della sua vita...
Sono passati 3 mesi e mezzo e stò ancora così...non vedo la fine a questa sofferenza, non sò come fare a non pensare a lui costantemente ogni giorno.
Ho troppo rancore dentro, un odio verso di lui che non riesco a controllare, nella mia testa è come un seme malato che ha messo radici. Non sopporto di provare questo sentimento, perchè significa che lui occupa ancora gran parte della mia vita, e invece sò che dovrei lasciarmi indietro tutto per poter ricominciare a vivere..come fare non saprei, forse posso solo aspettare che passi da solo...
Grazie, a presto, Gio

Ti capisco perfettamente. Sappi che non sei sola, non sei l'unica che si chiede perchè con quella persona non è andata, perchè non riesco a liberarmi la testa e il cuore, perchè resto FERMA mentre lui va avanti a vivere la sua vita. Sono io per prima che mi fermo, nessuno può impedirmi di andare avanti, eppure io mi fermo. sto lì a rimuginare su quello che ho detto o fatto, su quello che ha detto e fatto lui per cercare un senso. Non trovo alcuna spiegazione logica e sto male, malissimo. E poi l'odio per l'altro che si rifà una vita con un'altra, o che semplicemente vive bene anche senza di me... come lo capisco bene questo sentimento... ma forse è odio verso me stessa per prima mi dico? ti odio perchè non mi hai voluta e l'unico modo per volermi un po' di bene era che tu mi volessi bene... Mi sento inadeguata, mi sento orribile, mi chiedo: cosa c'è che non va in me da non riuscire a suscitare amore? Ho bisogno dell'amore per poter star bene con me stessa. cerco di convincermi che devo stare per prima bene con me stessa come dicono tutti i manuali. I manuali però non soffrono quello che soffro io, non sanno quanto ho disperatamente bisogno di capire, perchè non riesco a farmene una ragione, non riesco ad andare avanti senza l'amore! forse la vita va presa con più leggerezza e così anche l'amore? se c'è meglio, se non c'è sto bene lo stesso... perchè non riesco a crederlo? sarebbe tutto più semplice! vorrei poterti essere di maggiore aiuto, ma credimi che nessuno può aiutarti meglio di te stessa. Credi in te stessa. Piangi se ti senti triste, non soffocare il dolore, ma lascia che esca fuori in modo da potertene liberare... urla, prendi a botte un cuscino, corri fino a rimanere senza fiato.. osservalo, vedilo al di fuori di te, non sei tu è una sensazione che stai provando, esiste solo se le dai potere, ma se la riconosci perde tutta la sua forza. un abbraccio!

testimonianza tratta dal sito www.maldamore.it

 
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DATE E SEDI SEMINARI SUL MAL D'AMORE A NAPOLI, ROMA E MILANO

Post n°7 pubblicato il 25 Dicembre 2006 da maldamore
Foto di maldamore

PROGETTO ... MAL D'AMORE

INIZIATIVA: Seminari Esperenziali full-immersion sulle Dipendenze Affettive in Pompei (Na), ROMA e MILANO.Tutti i seminari si svolgeranno nel fine settimana: sabato e domenica ore 10-18 con pausa 13-14. Avranno un numero massimo di 8 partecipanti e saranno condotti dal dott. Cavaliere. La partecipazione è subordinata al versamento della quota di euro 150,00 comprensiva sia di quota associativa 2007 dell'AILDAR che di contributo spese.Oltre tale importo, null'altro è dovuto.

DATE E SEDI:

Seminario a POMPEI il 28 e 29 aprile 07

Seminario a FOGGIA il 5/6 maggio 07

Seminario a ROMA il 19 e 20 maggio 07 in Via Urbana (zona Colosseo)

Seminario a MILANO il 2 e 3 giugno 07 nella centrale Piazza Castello

Tutti i seminari sono propeudetici alla partenza dei gruppi d'auto-aiuto di zona.

Per maggiori informazioni vai al sito www.maldamore.it

 
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PHILOFOBIA - PAURA D'AMARE

Post n°4 pubblicato il 11 Settembre 2006 da maldamore
Foto di maldamore

C’è un termine, poco conosciuto, per definire la paura d'amare ed è PHILOFOBIA, vale a dire la paura d’innamorarsi o di essere innamorati.
Questa paura, nelle sue fasi acute o nei casi più estremi, si manifesta con gli stessi sintomi di un attacco d’ansia o di panico. Come sintomi abbiamo: dispnea, sudore eccessivo, nausea, tachicardia, agitazione ed altri sintomi tipici dell’ansia.
Quali le cause?
Le cause possono essere diverse, e la maggior parte riconducibile ad una sorta di “meccanismo di difesa” , non amiamo per non soffrire.
Ci sono cause che definirei reattivo-situazionali, quali ad esempio una passata e profonda delusione sentimentale che ci ha profondamente ferito al punto di non volerne più sapere d’innamorarci per il timore di soffrire di nuovo o di essere nuovamente delusi.
Altre cause sono riconducibili all’aforisma di C.Pavese, cioè amare significa denudarsi, gettare la maschera esterna che spesso indossiamo, rivelare le nostre debolezze. Queste cause le ritroviamo, spesso, nelle persone che vogliono a tutti i costi, in tutte le situazioni, dimostrare d’essere forti e l’innamorarsi potrebbe, invece, rivelare tutta la loro debolezza interiore.
Inoltre ci sono cause che affondano nella nostra infanzia, nel rapporto con i nostri genitori. Un esempio, fra i tanti, richieste d’affetto ai propri genitori che non trovano risposta o anzi inducono una loro risposta negativa
Personalmente ritengo che la paura d’amare è fra le peggiore delle paure, perché ci priva della più bella delle componenti della nostra vita, quella d’amare e di essere amati.

 
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DIPENDENZA AFFETTIVA

Post n°2 pubblicato il 31 Agosto 2006 da maldamore

"Non siamo mai così privi di difese, come nel momento in cui amiamo " S.Freud.

Freud ha ragione, sopratutto se consideriamo il "mal d'amore" nella manifestazione di "dipendenza affettiva" e vedremo come essa presenta parecchie caratteristiche delle dipendenze in generale. La differenza sostanziale è che questa forma di dipendenza si sviluppa nei confronti di una persona e ciò la rende più subdola e difficile da combattere.

Una premessa è d'obbligo: è normale che in una relazione, sopratutto durante la fase dell'innamoramento o quella più passionale, ci sia un certo grado di dipendenza, altrimenti non sarebbe neppure possibile godere dell'intimità e della profondità del rapporto stesso.

Ma nella dipendenza affettiva, intesa come forma patologica dell’amore, l’individuo dedica completamente tutto il suo corpo e tutta la sua mente all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il suo benessere e non anche il proprio, come dovrebbe essere in una relazione "sana". I dipendenti affettivi, solitamente donne, nell’amore vedono la risoluzione dei propri problemi, che spesso hanno origini profonde quali "vuoti affettivi" dell'infanzia. Il partner assume il ruolo di un salvatore , egli diventa lo scopo della loro esistenza, la sua assenza anche temporanea da la sensazione al soggetto di non esistere (DuPont, 1998). Chi è affetto da dipendenza affettiva non riese a cogliere ed a beneficiare dell'amore nella sua profondità ed intimità. A causa della paura dell’abbandono, della separazione, della solitudine, si tende a negare i propri desideri e bisogni, ci si "maschera" replicando antichi copioni passati, quegli stessi che hanno ostacolato la propria crescita personale. Si tende ad instaurare una relazione simbiotica coll'altro

Proprio per questi motivi spesso questo tipo di personalità dipendente si sceglie partner "problematici", portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d'azzardo). Ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perchè l'altro ha bisogno di essere aiutato. Ma è un'aiuto "malato" in cui si diventa "codipendenti", anzi si rafforza la dipendenza dell'altro, perchè possa essere sempre "nostro". In questi casi la persona non è assolutamente in grado di uscire da una relazione che egli stesso ammette essere senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. Inoltre sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, maliconia, idee ossessive. Quasi sempre c'e incompatibilità d'anima, mancanza di rispetto, progetti di vita diversi se non opposti, bisogni e desideri che non possono essere condivisi, oltre ad essere poco presenti momenti di unione profonda e di soddisfazione reciproca A questo riguardo rinvio all'articolo sulla CODIPENDENZA

Chi è affetto da tale tipo di dipendenza s'identifica con la persona amata.La caratteristica che accomuna tutti i rapporti dei dipendenti da amore è la paura di cambiare. Pieni di timore per ogni cambiamento, essi impediscono lo sviluppo delle capacità individuali e soffocano ogni desiderio e ogni interesse.I dipendenti affettivi sono ossessionati da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. Ritengono che occupandosi sempre dell'altro la loro relazione diventi stabile e durataura. Ma, immancabilmente, le situazioni di delusione e risentimento che si possono verificare li precipitano nella paura che il rapporto non possa essere stabile e duraturo, ed il circolo vizioso riparte, a volte addirittura "amplificato". Non ci si rende conto che l’amore richiede onesta e integrità personale perché l’amore è un accrescimento reciproco, uno scambio reciproco tra persone che si amano.Gli affetti che comportano paura e dipendenza, tipici della dipendenza affettiva, sono invece destinati a distruggere l’amore.

Spesso, anche se non sempre e necessariamente, la persona amata è irraggiungibile per colui o colei che ne dipende. Anzi, in questi casi si può affermare che la dipendenza si fonda sul rifiuto, anzi, se non ci fosse, paradossalmente, il presunto amore non durerebbe. Infatti la dipendenza si alimenta dal rifiuto, dalla negazione di sè, dal dolore implicito nelle difficoltà e cresce in proporzione inversa alla loro irrisolvibilità. A questo riguardo Interessanti sono anche le considerazioni della psichiatria Marta Selvini Palazzoli. A suo parere quello che incatena nella dipendenza affettiva è l' IBRIS, vale a dire la ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. La presunzione di riuscire prima o poi a farsi amare da chi proprio non vuole saperne di amarci o di amarci nel modo in cui noi pretendiamo

La dipendenza affettiva colpisce, sopratutto il sesso femminile, in tutte le fascie d'età .Sono donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi, si sentono inadeguate.Sono donne che hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stesse e del loro diritto al proprio benessere che non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme.Nelle relazioni affettive, queste persone elemosinano attenzioni e continue conferme poiché tutto ciò aiuta a sentirsi sicuri e forti, contrastando così l'impotenza, il disagio, il vuoto affettivo che percepiscono a livello personale.

Attualmente, la dipendenza affettiva, non è stata classificata come patologia nei vari sistemi diagnostici psichiatrici, come il DSM IV e si cerca di farla rientrare nei vari disturbi contemplati in essi, anche se ricerche svolte in questo campo, come quelle di Giddens, la vorrebbero vedere come un disturbo a sé stante. Secondo quest'ultimo la dipendenza presenta alcune specifiche caratteristiche: L’"ebbrezza" (il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione dei partner, che gli è indispensabile per stare bene).La “dose” - il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e concrete. L’aumento di questa “dose”non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa. L’altro è visto come un’ evasione, come l’unica forma di gratificazione della vita. Le normali attività quotidiane sono trascurate quotidianamente. L’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro perché è la prova della propria esistenza, senza di lui non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza l'altro. Tutto ciò rivela un basso grado di autostima, seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si è "lucidi" su questo tipo di relazione con l’altro, s'intuisce che la dipendenza è dannosa ed è necessario farne a meno. Ma subentra la considerazione di essere dipendenti e ciò rafforza il basso livello d'autostima personale e quindi spinge ancora di più verso l’altro che accoglie e perdona, ben felice, talvolta, di possedere. Quindi ogni tentativo di riscatto dalla propria dipendenza muore sul nascere.

A queste caratteristiche comune a tutte le dipendenze, elaborate da Giddens, nè aggiungerei, a mio parere, un'altra, non presente nelle altre dipendenze: la PAURA. Paura ossessiva e fobica di perdere la persona amata, che s'alimenta a dismisura ad ogni piccolo segnale negativo che si percepisce. A volte basta rimanere semplicemente soli per avere paura di un'abbandono definitivo.

Riepilogando i sintomi della dipendenza affettiva sono (l'elenco è lungi dall'essere esaustivo):

Paura di perdere l’amore
Paura dell’abbandono, della separazione
Paura della solitudine e della distanza
Paura di mostrarsi per quello che si è
Profondo senso di colpa e/o rancore e rabbia
Senso d'inferiorità nei confronti del partner
Coinvolgimento totale e vita sociale limitata
Gelosia e possessività

Si potrebbero riassumere le caratteristiche della dipendenza affettiva nella massima del poeta latino Ovidio: "Non posso stare nè con tè, nè senza di tè". Non posso stare con tè per il dolore che provo in seguito alle umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti e quant'altro si subisce. Non posso stare senza di tè perchè è indicibile la paura e l'angoscia che si prova al solo pensiero di perdere la persona amata.

Personalmente ritengo che chi soffre di tale dipendenza è così attento a non ferire l'altro, da non rendersi conto che così ferisce gravemente sé stesso

Significativo è un pensiero del poeta Kahlil Gibran che, pur non "occupandosi" di dipendenza affettiva, esplica molto bene le considerazioni fatte: "Amatevi, ma non tramutate l'amore in un legame. Lasciate piuttosto che sia un mare in movimento tra le sponde opposte delle vostre anime. Colmate a vicenda le vostre coppe, ma non bevete da una sola coppa, scambiatevi il pane, ma non mangiate da un solo pane. Cantate e danzate insieme e insieme siate felici, ma permettete a ciascuno di voi d'essere solo."

Infine, vorrei concludere con una mia personale considerazione:

Un'amore autentico nasce dall'incontro fra due unità e non due metà.

LEGGI ANCHE L'ARTICOLO SULLE ORIGINI DI UNA DIPENDENZA AFFETTIVA

"Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un'infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo.

Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo.

Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo." 

(Robin Norwood)

Conseguente a queste citazioni della Norwood è la rifessione su di una metafora. Chi soffre di tale tipo di dipendenza ha la speranza, come nella favola della Bella e la Bestia, che un giorno riesca a trasformare la bestia in un bellissimo Principe, tutto dedito a noi. Ma a differenza del lieto fine della favola, nella realtà della dipendenza affettiva si rischia che, a furia di salvare la bestia senza nessun esito, si diventa come lui. Correndo, anche, il rischio di perdere l'occasione di abbracciare qualche altro principe che, da qualche parte, ci stà aspettando. Perdonatemi la "crudezza" della metafora ma è necessario avere consapevolezza anche di ciò.

Dott. Roberto Cavaliere

 
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AMARE E' UNA  DROGA

Post n°1 pubblicato il 31 Agosto 2006 da maldamore

Amare è come una droga: all'inizio viene la sensazione di euforia, di totale abbandono. Poi il giorno dopo vuoi di più. Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo. Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa. Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti. Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga. A quel punto, come i drogati rubano e s'umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amore.

(Paulo Coelho)

 
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