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Post n°27 pubblicato il 02 Ottobre 2015 da mappe_riflesse
Sono andato a vedere al cinema il film di Roger Waters su The Wall. Sono un fan dei Pink Floyd da quando sono in grado di accendere uno stereo; al liceo erano il mio gruppo preferito e qualche anno fa ho visto il concerto-spettacolo di The Wall. Praticamente dovevo andare a vedere il film :) Poca gente in sala (cosa che mi ha stupito), quasi tutti maschi (anche questo mi ha stupito). Il film procede, e non è male. Guardando le scene che riprendono lo spettacolo mi sono stupito di quanto ricordassi a memoria praticamente ogni dettaglio di una coreografia che vidi quattro anni fa; per non parlare delle emozioni che si provano quando sei sotto un palco a vedere un tizio che ha scritto uno dei dischi chiave della tua adolescenza e della tua formazione come persona. Nel momento clou del film, che poi è anche il momento clou dello spettacolo – ovvero quando abbattono il muro – mezza sala era in lacrime. Dico davvero, non scherzo. E sto parlando di omoni fatti e finiti, magari con i compagni di bevute seduti al loro fianco, che piangevano come vitelli. Lacrime vere. Perché quelle – mi si perdoni un po' di machismo – non sono lacrime “da femminucce”, sono lacrime da esseri umani. Anche il metallaro più duro e puro non si vergogna a commuoversi di fronte a un momento così alto. Io ero lì quattro anni fa, so che cosa significa. Il fatto è che è un momento catartico. In quell'istante ti rendi veramente conto che tutta quella storia parla anche di te: sei tu quello dietro il muro, proprio tu, e non ti ci ha ficcato nessuno lì: sei stato tu a costruirtelo attorno. E Roger Waters, come un novello Gesù Cristo, mette in scena l'abbattimento del muro per redimere il dolore primordiale di ognuno di noi. Anche quello di un marcantonio qualunque seduto un mercoledì sera qualunque in una poltrona del cinema di viale Sarca a Milano. In quel momento piangere è quasi un bisogno fisico, l'unico modo per scaricare l'overflow di emozioni che si sono accumulate durante lo spettacolo. Riuscire a far piangere uomini grandi e grossi come fossero bambini: è anche da queste cose puoi misurare la monumentale grandiosità di un'opera come The Wall. |
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