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Presto /
anche noi (…) saremo /
perduti in fondo a questo fresco /
pezzo di terra: ma non sarà una quiete /
la nostra, ché si mescola in essa /
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Avremo un silenzio stento e povero, /
un sonno doloroso, che non reca /
dolcezza e pace,
ma nostalgia
e rimprovero
PIER PAOLO PASOLINI
 

 

 

 

 

Cazzarola!

 

 

 

 

IL PREMIER SUNAK, UN CALIMERO SOTTO LA PIOGGIA

Post n°2197 pubblicato il 23 Maggio 2024 da massimocoppa
 

IL PREMIER SUNAK, UN CALIMERO
SOTTO LA PIOGGIA

Il premier britannico Rishi Sunak ha ieri annunciato, a sorpresa, che il Paese andrà alle elezioni anticipate il 4 luglio.
Una mossa apparentemente inspiegabile, visto che tutti i sondaggi danno in caduta libera i Conservatori al potere. C’è poco da dubitare, insomma, che i Laburisti vinceranno le elezioni, probabilmente anche con un grosso margine di vantaggio anche se, naturalmente, in politica tutto può succedere.
Quello che mi ha colpito, però, è stata la cornice dell’annuncio: Sunak lo ha dato in strada, davanti al portone della mitica residenza al n. 10 di Downing Street, ai giornalisti in attesa.
Poco dopo l’inizio del suo intervento ha cominciato a piovere, sempre più forte. Per farla breve, il capo del governo di uno dei più potenti Stati al mondo si è bagnato fradicio.
Nessuno, nel suo entourage, ha pensato di passargli un ombrello o di aprirgliene uno sulla testa: non ci sarebbe stata piaggeria o servilismo, in un gesto del genere, ma semplice buon senso e praticità. Tuttavia, nessuno ha voluto o potuto farlo.
Dal canto suo Sunak ha sopportato stoicamente la circostanza, facendo finta di niente: mirabile esempio di quell’aplomb anglosassone che, evidentemente, è un dato culturale talmente forte da trasmettersi persino ad un politico di origini indiane.
E sarà stato proprio per quelle sue origini, che gli conferiscono una carnagione olivastra, per non dire scura, che ad un certo punto quest’uomo, reduce da due anni disastrosi di governo, con risultati orribili e dall’immagine ormai drammaticamente appannata, tutto bagnato come un pulcino, mi è sembrato proprio Calimero, il pulcino appunto di una famosa pubblicità d’epoca della Miralanza, il quale si lamentava che tutti ce l’avessero con lui (persino il tempo, verrebbe da dire) perché era “piccolo e nero”.

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DON PATRICIELLO ANTIPATICO ALLE ISTITUZIONI

Post n°2195 pubblicato il 13 Maggio 2024 da massimocoppa
 

DON PATRICIELLO ANTIPATICO
ALLE ISTITUZIONI

C’è qualcosa di sfortunato nel modo in cui don Patriciello viene percepito dalle istituzioni anche se, per fortuna, non sempre e non da tutte. È una specie di Calimero: per quanto faccia di buono, o forse proprio per questo, le circostanze si mettono spesso contro di lui.
Mi sembrava ieri, ma con stupore ho scoperto che è stato nel lontano 2012 che il parroco di Caivano e del famigerato Parco Verde, da sempre in prima linea contro la camorra, in una riunione pubblica sul drammatico tema dei rifiuti in Campania, per essersi permesso di chiamare “signora” l’allora prefetto di Caserta, Carmela Pagano, fu duramente rimbrottato dall’allora prefetto di Napoli, peraltro uscente, Andrea De Martino.
Con un “off topic” veramente degno di miglior causa, il dott. De Martino sbottò: “Ma quale signora, è un prefetto della Repubblica Italiana. Abbia più rispetto per le istituzioni”. Basito, il sacerdote cercò di giustificarsi: “Ma non era mia intenzione offendere, se vuole posso anche andarmene”; ed il prefetto, tetragono ed indifferente anche alle proteste del pubblico presente, rincarò:  “Può anche andarsene, ma prima cerchi di capire cosa sto dicendo. Chiamandola signora l’ha offesa e ha offeso anche me”.
Un’argomentazione surreale, assurda, grottesca e da ancien regime. Ci mancava solo di aggiungere che i campani mangiassero brioches, se non hanno pane…
Non ho mai dimenticato quel fatto: era proprio la rappresentazione plastica di quanto le istituzioni ed una burocrazia ottusa ed arrogante possano essere lontane dai bisogni dei cittadini.
Don Patriciello incassò, probabilmente offrendo questa umiliazione a Dio, ed andò avanti per la sua strada. Ha continuato a cercare di convertire spacciatori e camorristi, ha recuperato giovani dalla droga e dalla malavita, ha tolto prostitute dalla strada. La camorra lo vessa continuamente ed infatti quest’uomo eccezionale oggi deve vivere sotto scorta.
Uno pensa che con un pedigree del genere questo prete, che fa veramente onore alla sua missione di religioso, sia ormai considerato nel miglior modo dalle istituzioni. Invece no.
A quanto pare don Patriciello era presente ad un convegno sulla riforma del premierato, tanto voluta dal premier Giorgia Meloni. Mal gliene incolse. Il presidente della Regione Campania (è questo il titolo corretto, anche se lui – come tutti gli altri presidenti di Regione italiani – preferisce “governatore”), De Luca, commentando sui social network quella cornice, ha affermato: “È stato un momento di commozione vedere la Meloni che presenta il suo progetto a noti costituzionalisti, fra i quali ho notato in particolare Iva Zanicchi, Pupo. C’era anche un prete del nostro territorio, conosciuto come il Pippo Baudo dell’area nord di Napoli, con relativa frangetta. Sono momenti davvero imperdibili”.
In pratica, il presidente della Campania, invece di esprimere vicinanza, con parole e fatti, ad un sacerdote che vive ed opera assediato dalla criminalità organizzata, lo prende pure in giro!
La Meloni ha giustamente commentato che siamo di fronte ad un “segnale spaventoso”, perché le parole di De Luca “deridono un uomo che cerca di combattere la camorra e dare risposte alle famiglie perbene dove quelli come De Luca non sono riusciti a farlo, o non hanno voluto farlo”.
Dal canto suo il lider maximo campano non solo non si è scusato, ma ha aggiunto: “Suggerirei a don Patriciello, amichevolmente, di avere un po’ più di ironia” ed inoltre: “Va detto con il massimo rispetto, ma con assoluta e definitiva chiarezza, che apprezziamo le sue battaglie, ma che non ha il monopolio della lotta contro la camorra”.
Giusto, infatti notoriamente il presidente De Luca è un alfiere nazionale, anzi, che dico!, mondiale della lotta alla camorra...

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SILENZIO TOMBALE DI “REPUBBLICA” SULLO SCIOPERO DELLA CGIL!

Post n°2194 pubblicato il 12 Aprile 2024 da massimocoppa
 

SILENZIO TOMBALE DI “REPUBBLICA”
SULLO SCIOPERO DELLA CGIL!

Ieri la Cgil e la Uil hanno tenuto uno sciopero nazionale che è andato dalle quattro alle otto ore, a seconda dei luoghi, per protestare contro il continuo stillicidio delle morti sul lavoro, ma anche per riprendere il filo conduttore delle argomentazioni relative alla disoccupazione, alla precarizzazione, al fenomeno delle paghe insufficienti e via discorrendo.
Ebbene, di questo sciopero sia ieri che oggi è possibile leggere sul “Corriere della Sera”, giornale storicamente vicino alla borghesia ed agli industriali, MA NON SU “REPUBBLICA”, altrettanto storicamente vicina alla sinistra.
Sembra incredibile, ma uno dei più importanti quotidiani italiani non ha scritto una sola riga su quella che è, al di là di come la si pensi, indubbiamente una notizia, visto che parliamo di uno sciopero nazionale.
Com’è possibile questo?
Mi viene in mente una sola spiegazione: che “Repubblica”, essendo notoriamente fiancheggiatrice del Partito Democratico (come ieri lo era dei Ds, prima ancora del Pds e, ere geologiche fa, del Partito Comunista), ha aderito a quella che è oramai la natura stessa del Pd: cioè un partito borghese, conservatore, conformista e nemico dei diritti dei lavoratori, anche perché non ha nel suo programma l’abolizione di provvedimenti vergognosi del fu segretario Matteo Renzi, come il “Jobs Act”, vale a dire l’istituzionalizzazione del precariato, e non prevede neanche la reintroduzione dell’art. 18, quello che vietava i licenziamenti senza giusta causa.
La Schlein, apparentemente, ci sta provando a “dire qualcosa di sinistra”, ma evidentemente il Pd è ormai ontologicamente incapace di dedicarsi a temi quale i diritti dei lavoratori, giusto per citarne uno.

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L’ATOMICA IRANIANA, UNA POSSIBILITÀ ORMAI IMMINENTE

Post n°2193 pubblicato il 11 Aprile 2024 da massimocoppa
 

L’ATOMICA IRANIANA, UNA POSSIBILITÀ ORMAI IMMINENTE
Uno dei “regali” più avvelenati della presidenza Trump, che dovrebbe far riflettere innanzitutto il Partito Repubblicano americano e tutti quegli americani (e sono tantissimi) che sostengono questo pericoloso e cialtronesco personaggio, è costituito dalla denuncia e dal susseguente annullamento dell’accordo che Obama stipulò con l’Iran per consentire alla Repubblica Islamica di sviluppare l’energia nucleare ma a soli scopi civili, proibendone l’uso militare.
Per il tycoon l’Iran era un Paese malefico, e fin qui si potrebbe anche concordare: peccato che la classifica personale di Trump su chi sia pericoloso per il pianeta sia molto particolare, visto che assolve la Russia di Putin e la Corea del Nord di Kim Jong Un, per non dire che egli addirittura simpatizza umanamente per questi due dittatori e li considera amici personali (specialmente lo Zar russo).
La conseguenza di tutto ciò è che, nonostante i sabotaggi informatici e l’eliminazione fisica di scienziati e tecnici a cura del Mossad israeliano, il programma nucleare di Teheran è andato avanti: forse lentamente, ma di certo tenacemente, riottoso ad ogni ostacolo ed incurante delle reazioni internazionali.
L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), nel suo ultimo rapporto, rivelato dal “Washington Post”, afferma che l’Iran è così avanti che, entro pochi mesi, avrà il suo primo ordigno nucleare.
L’arricchimento del plutonio, specie nella centrale di Fordow, è ormai al 60 %. Per l’uso militare bisogna arrivare al 90 %. In effetti è un tetto apparentemente ancora lontano, ma secondo gli esperti è raggiungibile facilmente.
Il fatto è che l’Iran, e non da oggi, possiede interamente sia la tecnologia che le materie prime per arrivare alla bomba atomica: è solo una questione di volontà.
Non è detto, perciò, che i mullah vogliano arrivare all’esito estremo: anzi, affermano spesso che le armi di distruzione di massa sono contrarie ai principi dell’Islam.
Tuttavia è un dato di fatto che l’ordigno nucleare sia ormai dietro l’angolo, nell’apparente indifferenza del mondo il quale, a quanto pare, ha ormai accettato l’ingresso di una seconda potenza islamica, benché di orientamento sciita, nel club dei Paesi atomici (il Pakistan possiede l’atomica già da molti anni).
Da considerare, inoltre, che una bomba atomica serve a ben poco senza missili balistici in grado di trasportarla sull’eventuale bersaglio: ebbene, anche da questo punto di vista non ci sono problemi: Teheran ha sviluppato da tempo un settore missilistico di tutto rispetto, con vettori di tecnologia simile a quelli, temibili, nordcoreani e capaci di colpire con precisione anche a migliaia di chilometri di distanza.

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VIVA LA CGIL CHE SI SCHIERA PER L’ART. 18 E CONTRO IL “JOBS ACT”!

Post n°2192 pubblicato il 04 Aprile 2024 da massimocoppa
 

VIVA LA CGIL CHE SI SCHIERA PER L’ART. 18
E CONTRO IL “JOBS ACT”!

In un’intervista, apparsa ieri sull’edizione nazionale di “Repubblica”, il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha annunciato la battaglia del sindacato per l’abolizione del “Jobs Act”, vergognoso apparato normativo che istituzionalizza il precariato nel lavoro, e per la reintroduzione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che prevede l’impossibilità di licenziare un lavoratore in assenza di una giusta causa.
Il “Jobs Act”, vale a dire quel sistema che, di fatto, legalizza lo sfruttamento dei dipendenti e la loro precarizzazione a vita, insieme all’abrogazione dell’art. 18, uno scudo magnifico a tutela dei lavoratori, sono stati due regali avvelenati di Matteo Renzi, il turbocapitalista alla cinese, nemico dei lavoratori, sodale del grande capitale e dei petrosceicchi arabi.
In pochi mesi di governo Renzi ha fatto danni enormi, riportando l’orologio dei diritti dei lavoratori indietro di cento anni.
Ma se, da un lato, è comprensibile che il leader del maggior sindacato italiano, oltretutto con un lungo passato alla guida dei duri e puri della Fiom metalmeccanica, voglia adoperarsi al massimo delle sue forze per la tutela dell’istituto del lavoro, è inammissibile, per non dire incomprensibile, che non lo faccia il Partito Democratico!
Renzi non è più al governo da tempo, non è più a capo del Pd: anzi, non è nemmeno più nel partito, per cui non regge la scusa che non ci si può mettere facilmente contro il proprio capo… Eppure, per la formazione della Schlein non sembra che abolire quella schifezza del “Jobs Act” e reintrodurre l’art. 18 siano una priorità.
In realtà quest’atteggiamento si spiega facilmente col fatto che il Pd, sin dalla sua nascita, non è più un partito di sinistra, ma l’ennesimo partito borghese, per cui è ovvio che dei lavoratori gli importi ben poco.
Ben venga, dunque, l’iniziativa della Cgil e speriamo che porti frutti.

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