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Inchiesta Messagero meritocrazia 2

Post n°12 pubblicato il 25 Agosto 2009 da pqr9

lunedì 25 maggio 2009Il Messaggero
Domenica 24 Maggio 2009
di CARLA MASSI
ROMA - Il contratto c’è, le norme che regolano il riconoscimento e la premiazione del merito ci sono ma, se si analizzano i risultati, la realtà è un’altra. Dai dirigenti, agli impiegati, ai medici fino agli infermieri i “premi” retributivi (la contrattazione integrativa) vanno a finire nelle tasche di tutti. E non solo in quelle di chi, come prevedono le incentivazioni, ha lavorato meglio e ha dato di più al servizio sanitario nazionale. E’ tutto documentato, nero su bianco, da un’indagine che l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari), su incarico del ministero del Welfare, ha appena concluso analizzando i dati di un campione di Asl disseminate da Nord a Sud. Venticinque in tutto, sulle 250 esistenti. L’obiettivo era quello di verificare in quale modo e secondo quali criteri le aziende sanitarie hanno deciso di attribuire i fondi a disposizione per l’incentivazione. Ci si aspettava di scoprire documenti della Asl in grado di regalare una mappa, seppur secretata, della produttività divisa settore per settore, se non addirittura dipendente per dipendente. Una geografia della meritocrazia in sanità, insomma. E, invece, i ricercatori hanno dovuto fare i conti con una situazione molto, ma molto diverse. Troppo uguale a quella che è sempre stata: premi per tutti, a chi ha fatto di più e a chi ha fatto di meno. Un generale livellamento nell’incentivazione economica, un aumento di stipendio senza alcuna distinzione. Stesso discorso, come si legge su “Monitor”, organo dell’Agenas, per i “voti” che le aziende danno ai dirigenti. Tutti bravi, tutti con la promozione in tasca. «L’accordo nazionale stabilisce i paletti - spiega Fulvio Moirano che dirige l’Agenas - e le strade che le Asl dovrebbero seguire per gli accordi integrativi ma, quando si arriva alle intese aziendali, la contrattazione, generalmente, si indebolisce. Abbiamo riscontrato, di fatto, una difficoltà diffusa a perseguire la pura meritocrazia. Tanto che, come si legge nel nostro lavoro, queste voci variabili diventano, nella realtà, parti fisse dello stipendio. Le organizzazioni sindacali hanno privilegiato, naturalmente con le aziende quasi sempre consenzienti, le progressioni orizzontali pari al numero dei dipendenti del comparto. Rendendo, nei fatti, inutile la valutazione del personale prevista obbligatoriamente dalle disposizioni contrattuali». Come dire che, nella stragrande maggioranza delle Asl (vuol dire corsie degli ospedali, ambulatori, consultori, centri per la diagnostica) per la distribuzione dei fondi integrativi, è stato usato soprattutto il criterio dell’anzianità di servizio. Con la conseguenza «che lo stipendio - aggiunge Moirano - legato alla progressione orizzontale o è stato assegnato a pioggia a tutti oppure, se il fondo non era sufficiente per tutti i dipendenti, si è utilizzato il criterio degli anni di servizio». La ricerca, trasversalmente, illumina realtà e abitudini che sfiorano il profondo Nord come il Sud: a leggere i numeri si scopre che la dirigenza delle Asl, molto probabilmente per assicurarsi una pace sociale-sindacale, sceglie spesso di assegnare gli stessi importi per la categoria e per il livello. Snaturando, nel lavoro quotidiano come nell’organizzazione dei vari settori, la contrattazione integrativa. Il suo principio base, infatti, vuole premiare il differente contributo, del singolo o del gruppo, alla produttività. Stiamo parlando di cifre che, al lordo per ogni dipendente, si aggirano sui 6 mila euro annui per il personale e circa ventimila per i dirigenti. Questo vuol dire che nelle Asl è impossibile trovare documentazione che dimostri perché quel dirigente ha avuto quell’aumento, perché quel medico non l’ha avuto, perché quell’équipe ha potuto contare su un “premio” mentre l’altra sa, perché informata, di non poter sperare in nessun aumento di stipendio. «Le aziende - commenta ancora Moirano - e lo dico sulla base della mia esperienza personale di Direttore generale di una Asl anche ospedaliera in Piemonte - possono far valere nella contrattazione i propri orientamenti per premiare quelle strutture che più corrispondono alle priorità della politica aziendale. Con flessibilità è possibile arrivare a definire una valutazione meritocratica sia per il personale dirigente che per il personale di comparto». Non basta: nel 50-80% dei casi il “premio” viene dato in anticipo rispetto al periodo che dovrebbe essere preso in esame e valutato. Tutto questo, a volte, potrebbe essere dietro alcune disfunzioni in corsia? Alcuni ritardi o distrazioni? Non si esclude che il “livellamento” possa portare ad un generale rallentamento dell’attenzione. D’altronde, sono gli stessi sindacati a ribattere, se non si garantisce un turn over del personale, se si appesantiscono i turni e se i “buchi” vengono tamponati da contratti di co.co.co come è possibile premiare davvero e su lungo termine il merito? Certo è che, quello della Sanità, è il settore del pubblico impiego più frammentato. Le qualifiche arrivano a 134, un numero che non ha uguali. Come differenziarle e premiarle?

 
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