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« Se la sinistra è partito...medici valutati »

Competenze DG ASL? Fare politica

Post n°10 pubblicato il 25 Agosto 2009 da pqr9

IL MESSAGGERO Lunedì 01 Giugno 2009
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di CLAUDIO MARINCOLAROMA - Forse saprebbero tenere un comizio o anche gestire la campagna di tesseramento di un partito. Ma li hanno chiamati a guidare una Asl, e loro, ben contenti, hanno risposto : obbedisco. Ex amministratori in disarmo, ex onorevoli, professionisti della politica pronti a indossare i panni del manager per gestire primari, infermieri e posti-letto.Nel Sud sono quasi uno su due (il 44%), percentuale che scende nelle regioni del Centro e del Nord e si attesta intorno alla media del 16%. Vantano esperienze in campo economico, sociale e giudiziario ma soprattutto politico. Solo il 33,3% - secondo una ricerca curata dalla Fondazione Censis in collaborazione con Cergas Bocconi - può contare su un background medico-sanitario.Spesso si scambiano i posti. Dg che diventano direttori amministrativi, direttori sanitari che diventano Dg, un valzer tra enti, istituti pubblici e aziende ospedaliere. L’importante è rimanere nel giro, ognuno nella sua quota vitale.Sovranità limitata. Si occupano di aziende che in media contano tra 1500 e 2500 medici e tra 500 e 1000 unità di personale non sanitario. Ammettono senza riserve di avere «un’autonomia operativa vincolata». Sono consapevoli di essere manager «a sovranità limitata», «condizionati da pressioni e da vincoli esterni di natura politica». Il 63% degli intervistati definisce i rapporti «con i sovraordinati della sfera politica molto (9,6%) o abbastanza intensi (53%)».Ed ecco il paradosso: sentirsi ingabbiati, prigionieri dello stesso sistema che li ha scelti. I Dg hanno l’ultima parola sulle promozioni dei primari. In una rosa molto ristretta di medici decidono chi merita di diventare direttore di un’unità operativa complessa. Sanno però che il loro è un incarico ad orologeria. Non assecondare il politico di turno potrebbe essere fatale. Ed ecco che quando il sistema, lo stesso che li ha cooptati, li espelle, s’aggrappano alla poltrona, se possono anche ricorrendo al Tar.L’accanimento. Ci sono storie di straordinaria tenacia e accanimento. Come quella capitata in questi giorni alla Asl Rmc, azienda già attraversata dallo scandalo di Lady Asl, 82 milioni sottratti alla collettività e alle casse già disastrate della Regione Lazio. La vicenda potrebbe passare inosservata se non fosse che rappresenta un caso simbolico. Elisabetta Paccapelo, 54 anni, anconetana, un marito direttore amministrativo al Policlinico Tor Vergata, il 26 maggio scorso a tarda sera s’è fatta consegnare le chiavi del suo ufficio dal vigilante e il giorno dopo si è presentata regolarmente al lavoro. Una sentenza del Tribunale regionale del Lazio, ampiamente motivata, l’ha reintegrata nelle funzioni di direttore generale della Asl RmC.La manager, da sempre in buoni rapporti con l’ex ministro socialista Piazza, era stata messa da parte nel luglio del 2008. Nella sua Asl era scattata un’inchiesta sull’appalto del sistema informatico. Una gara da 21 milioni di euro. Agli arresti, operati dai carabinieri dei Nas, questa volta era finita Annamaria Robustellini, assunta su chiamata diretta - 9000 euro al mese - proprio dalla Paccapelo nel luglio del 2006, nonostante la neoassunta fosse incorsa in una vicenda più o meno simile, sulla quale indaga la Procura di Tivoli.Stipendio doppio. La Paccapelo è stata ascoltata dai giudici come persona informata dei fatti. Ma non essendo formalmente inquisita ha intrapreso tutte le vie legali per tornare al suo posto. E la Regione? Ha incassato il primo grado di giudizio senza battere ciglio. Il Tar ha bocciato le delibere di commissariamento della Asl e di nomina del commissario: che fine faranno ora tutti gli atti firmati da Bruno Pastore, ex prefetto, chiamato prima come commissario e poi come “soggetto attuatore” a fare le veci della Paccapelo?In termini di trasparenza la AslRmC presentava alcune lacune: nessun regolamento di contabilità; fatture risalenti ad anni passati non rintracciabili, come dire che se fossero state pagate 2 volte non se ne sarebbe accorto nessuno. Reparti chiusi (Chirurgia generale al Sant’Eugenio) con ricche buonuscite al primario pre-pensionato. Salvo autorizzare, dopo qualche mese, 70 letti di chirurgia in altre strutture convenzionate. E che fine faranno i 5 primari freschi di nomina? E ancora: chi risarcirà lo stipendio pagato per un anno a 2 funzionari per lo stesso incarico?I “senza concorso”. «L’assurdità di questa situazione - chiosa incredulo Paolo Marotta, segretario regionale dello Smi - è che in questo carrozzone a ruotare sono sempre gli stessi. Questo mentre i nostri concorsi sono bloccati da 5 anni. Lo Stato forma soggetti che poi finiscono nel privato e allarga a dismisura il precariato. E le aziende dal 2001 possono appaltare all’esterno servizi per l’emergenza utilizzando medici che non hanno una specifica formazione».Proposta di legge. L’operato dei Dg - in teoria - sarebbe soggetto a verifiche. Marrazzo, per continuare sull’ esempio laziale, la regione che ha la più alta spesa farmaceutica d’Italia - ne aveva fatto un punto del suo programma. Si era impegnato sin dall’inizio a costituire una commissione ad hoc per la valutazione. La giunta laziale il 13 marzo scorso ha deliberato una proposta di legge. Prevede una nuova commissione, detta le modalità in materia di spoils system. I manager intanto continuano intanto a vivere in un limbo. Marrazzo li scelse nel 2005 e sono ancora al loro posto. Un record. Le verifiche slittano di mese in mese e di giorno in giorno, tanto che ormai, con l’avvicinarsi delle elezioni, c’è chi è convinto che non se ne farà niente.Rapporto di fiducia. Tra Dg e governatori c’è un rapporto di fiducia. Con questo motivazione appena eletto Marrazzo dimissionò i dg nominati dal suo predecessore Storace. I quali, anziché andarsene a casa, puntarono i piedi e impugnarono il provvedimento. Il risultato furono le sentenze n° 103 e 104 del 2007 della Corte costituzionale: lo spoils system, si diceva in sostanza, non è applicabile alla dirigenza professionale.Se si esclude la Roma H, commissariata dopo il caso-Tosinvest, e quella di Latina, dove la sostituzione di Ernesto Petti, è avvenuta per raggiunti limiti d’età, sono ancora tutti lì. La dottoressa Ilde Coiro però è l’unica ad aver reso pubblico il suo curriculum sul sito della Asl di Latina. Ventidue 22 associazioni di consumatori hanno scritto a Marrazzo per chiedere criteri trasparenti. Ma questo è un altro discorso. Politici insistenti. «Dobbiamo fare riferimento a un sistema che è molto cambiato - sostiene Enrico Bollero, da 8 anni, direttore generale del Policlinico di Tor Vergata -; In quanto alle intrusioni della politica, ci sarà qualche caso, non lo nego, ma non generalizziamo». E la scelta dei primari? «Abbiamo tutti gli strumenti e le informazioni per misurare l’efficienza e le capacità di un dirigente medico. Piuttosto mi sembrerebbe importante immettere nei corsi di laurea elementi ci economia gestionale». La politica ha il sopravvento anche sul nepotismo, l’altro nemico della meritocrazia. Bollero: «Chi ha un certo cognome non può essere considerato un cittadino di serie B e ha gli stessi diritti di tutti gli altri», taglia corto. Le pressioni politiche rischiano di trasformare gli ospedali e le Asl in comitati elettorali. «Le pressioni ci sono, più è debole il Dg, più le pressioni sono forti. Se c’è rispetto del nostro ruolo, il ruolo di chi deve fare solo il bene dell’azienda, il politico non deve insistere. Ma qualcuno purtroppo insiste».

 
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