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   Messaggio N° 22 18/11/2011    
 

Metallica – Death Magnetic (Elektra Records/Universal 2008)

Rieccoli! Come si suol dire: chi non muore, si rivede.  Dopo un “digiuno” di studio album, durato ben cinque anni, durante i quali, l’act californiana promise e sbandierò ai quattro venti: un indurimento nel sound, un ritorno alle origini… finalmente,  il 12 Settembre 2008, hanno pubblicato un album avente come unico scopo, quello di farci credere (manco avessimo la scritta giocondo in testa) di aver scherzato, e, che i veri Metallica, non hanno mai smesso di suonare Thrash Metal. A chi!? Marpioni, dite piuttosto con sincerità d’animo, che volete recuperare i vecchi fans sdegnati del vostro voltafaccia. La stessa cosa, fu  peraltro auspicata per 'St. Anger' (in quel cd, l’unica cosa santa, è stata la pazienza di quei poveri cristi dei fans, per l’ennesimo shock, causato da un album pessimo, incolore, un’accozzaglia di rullate a mitraglia, chitarre ronzanti  senza né arte e né parte), senza contare le altre boiate precedenti,  propinateci con Load e Reload;  in ultimo, 'Garage Inc.', ennesima trovata spilla denaro, ove i Metallica interpretarono i brani di grandi nomi dell’hard rock: Glenn Danzig, Black Sabbath e via discorrendo.
Quando sembravano artisticamente morti, penso sia alquanto esplicativa la scelta della copertina, te li vedi riemergere dai loro abissi  quasi rinati, a giudicare dalla vivacità che infondono in questo ‘Death Magnetic’, come a voler testimoniare una loro “resurrezione dai morti” (lungi da me di voler esser blasfemo, nulla di tendenzioso eheheh);  sta di fatto che, i quattro Cavalieri dell’Apocalisse ci riprovano, con una mera parodia di se stessi. Non metto in dubbio, la gradevolezza complessiva della proposta musicale dei ‘Tallica, di sicuro impatto live, visto il tipo di mixaggio scelto da Rick Rubin, dando vita ad un impasto di Hard & Thrash; ma ciò non toglie, la totale mancanza di idee nuove, insieme con una forzata auto-celebrazione di se stessi, senza contare l’eccessiva durata di buona parte dei pezzi  e il loro ripetersi in alcuni passaggi, specie nelle parti ritmiche.
Dopo le opportune premesse, volte semplicemente ad avere un’idea di cosa ci aspetta, certo non molto incoraggianti, in verità ma necessarie, passiamo all’analisi del nuovo full-lenght dei Metallica.
Il primo brano di apertura si chiama ‘That Was Just Your Life’, un breve arpeggio di chitarra elettrica introduce un cadenzato blast beat con rullata, nei tipici canoni del buon vecchio Thrash, cui ci avevano abituato un tempo, sino a esplodere in un poderoso riffing, seguito da un marziale uptempo di batteria parafrasando ’Blackened’, preso pari pari, non fa’ una piega.
‘The End Of The Line’, parte con una funambolica track che si barcamena tra le ritmiche di ‘Battery’ e la veemenza di ‘Master of Puppets’, ben riuscito direi questo mix;  il brano procede in modo scorrevole e accattivante, supportati dai meravigliosi assoli di Kirk Hammett e un ottimo drumming di Lars… peccato debbano rovinare tutto, in particolare James Hetfield, con quel cantato in farsetto e un incedere ritmico orientato sull’hard-rock spocchioso e melenso alla Load.
Il successivo ‘Broken, Beat & Scarred’, è il pezzo che gradisco maggiormente, se non altro perché si distingue dagli altri, per gli scanditi midtempo di batteria sempre incalzanti, che introducono il brano, sino a imporre un groove corposo e granitico molto in linea con il ’Black Album’ .
Veniamo ora al singolo, ‘The Day That Never Comes’, lanciato sul web in un video come anteprima dell’uscita ufficiale del platter, che già dai primi ascolti non mi andava giù, e confermo tutt’ora le mie impressioni, per via degli eccessivi orpelli acustici, con quei forzati rimandi al brano ‘One’ a un certo punto del brano, tra l’altro mal riuscito, direi scimmiottato.
Un giro di basso arpeggiato di Robert Truijllo unito ad un arpeggio di chitarra elettrica di James Hetfield, cui seguono le micidiali rullate cadenzate di Lars, ci proiettano in ‘All Nightmare Long’, un pezzo inizialmente prolisso per via d’intro comprendenti drumming works fin troppo ripetitivi, per poi, finalmente, esplodere con un riff al fulmicotone e un ritornello hard-rockeggiante, supportato da quella voce filtrata di James che non mi esalta granché. ‘Cyanide’, è un pezzo dalle tinte modern, con ritmiche troppo vicine agli album del calibro di ‘Load’ e ‘Reload’, dei quali non ho mai gradito quel mood emo da voltastomaco. Il brano in questione non si discosta, ahimè, da tali canoni. Quand’ecco, rispuntare la terza parte della saga ‘The Unforgiven’, senza alcun collegamento né testuale, né tantomeno esecutivo con i primi due, non contenti, ecco propinarci: ‘The Unforgiven III’.  Il brano, forse è l’unico che mi ben dispone per il buon gusto melodico rendente omaggio il mitico Ennio Morricone, nel proseguimento dello stesso, quando si fa un tantino più heavy, troviamo una riproposizione di ‘Fade to Black’ ben arrangiata.
Potenti blast beat seguiti da ripetute rullate delle pelli, introducono il primo degli ultimi tre pezzi:  ’The Judas Kiss’, che ben figurano come gradito VERO ritorno ai fasti compositivi più ispirati, persi via via, aventi le prime avvisaglie nel Black album sino ai giorni nostri.
Ciò che mi esalta particolarmente è l’aggiunta di un bell’assolo a metà brano ad opera senz’altro di Kirk, molto brioso e articolato; ’Sucide & Redemption’, parte sornione sino a sfuriare con un poderoso hard - rock dal contorno bluesy interamente strumentale.
Infine conclude in bellezza, una rivisitazione di ‘Motorbreath’ che porta il nome di ‘My Apocalypse’, pezzo iperveloce in cui gli echi di Kill ‘em All fanno capolino, esaltati da una produzione davvero encomiabile. Da dieci e lode!!!
Non posso gridare ulteriormente allo scandalo, se non altro perché in tutta onesta, mi sento di premiare lo sforzo di riemergere dal baratro, professionalmente parlando, ove i nostri erano precipitati da qualche tempo.
Certo, a mio avviso, un ulteriore passo sarebbe di riorganizzarsi le idee in fase di songwriting, discostandosi a poco a poco da composizioni che compromettano la loro credibilità di artisti, per la smania di notorietà e commerciabilità, in favore di scelte coraggiose mirate a far riemergere quel sound ruvido e genuino del buon Thrash, in chiave moderna… soprattutto Metal… punto e basta.



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