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Post n°79 pubblicato il 11 Novembre 2013 da splendore07
Oggi sono un pendolo, oscillo. I venti tesi, fastidiosi del dubbio, sono tornati a spirare con forza, e allora, dimentico come si fa a stare in equilibrio con me stessa. Ancora mi capita di cercare conferme al mondo delle mie qualità, delle mie capacità, quasi fossi un povero che chiede l’elemosina. Nostalgia profonda che sconfina nel languore, si fa fisicità, preme per uscire. Ho nostalgia di gente del mio stampo, diceva Pound. Così, l’hanno “barbaramente” tradotto, ma in inglese, è molto piu’ bello, quasi musicale: “I’m homesick after mine own kind”. Sono stanca di caleidoscopi che, rimandano sempre la stessa immagine, cambia la forma, ma la sostanza rimane inalterata, di “macho” che di grande hanno solo i muscoli, e circonferenze infinitesimali di cervello. Chissà dove sei, come stai, in quale parte della sconfinata galassia “fisico-animico-spirituale” ti nascondi. Ho voglia di parlare con te, ma non ti trovo. “Fratello”, dove sei? E ancora indugio su rive d’autunno dolcemente assolate, del mio fiume, della mia lanca, a lanciare rotondi ciottoli, per poi perdersi, in quei piccoli cerchi che lenti si allargano, cercando leggere propaggini d’estate. E allora, mi sorprendo a desiderare una impalpabile e deliziosa levità al pari di eterea naiade di quell’acqua che, scorrendo canta. E vorrei essere candida, diafana creatura che scivola tra canne di bambu’, sfiorandole: leggero e sensuale danzare piu’ che camminare. E ancora, vorrei diventare prolungamento della tua anima, per avvolgerti di gesti lenti e delicati come gli amori della quercia all’ombra del bosco, quando, le prime ombre del crepuscolo, dolcemente si allungano e si spengono giocando tra le sue fronde, e, nutrirmi di quella magia che il fiato toglie. “Fratello”, dove sei?
(Splendore)
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A volte è bello, appagante anche lo struggimento.
Ci sono sempre i sogni a supportare l’attesa, che ne smussano angoli vivi che tagliano, la colorano di tinte ora delicate ora forti, appassionate.
L’attesa, rimanda all’assenza, vissuta non come mancanza ma presenza, si nutre di desiderio che la avvolge di leggerezza, diventa sorta di ponte da costruire mano a mano che i passi avanzano, fatti del sogno da realizzare.
L’attesa non è mai sinonimo di resa, nemmeno quando venti tesi del dubbio, si insinuano profondi facendo vacillare la mia certezza trasformandola in un attendere che, potrebbe essere vano.
Arrendersi, sarebbe una irrimediabile perdita per qualcosa che ho sempre voluto. Sarebbe il brusco risveglio dal sogno.
Il sentire, a volte, sembra sfuggire, farsi impalpabile, sembra lasciarmi, dando spazio ad aride distese di sabbia ma, è solo celato un po’ piu’ in profondità, in attesa che primaverili correnti, sorrette da tiepidi venti che ,increspano l’acqua, dove le emozioni giacciono, le facciano riemergere.
La mia “riva” non è accessibile a tutti. Arriverà il tempo nel quale sarà il mio sentire a sussurrarmi che, è approdato chi stavo aspettando. E allora, sarà il vibrare delle rispettive anime sintonizzate sulla stessa nota.
Le mie orme non saranno piu’ sole,e, nuovi battiti a sollevare il petto in nuovi respiri, nutriranno lo stupore. Allora il mio essere, non sarà piu’ nel mezzo di furiosi venti come le nuvole che incalzate, da quel violento soffio, cambiano forma in continuazione.
Grazie per le tue brevi, ma al solito, intense parole
Ho sempre ritenuto una grande “castroneria” l’affermazione “degli opposti che si attraggono e dei simili che si respingono”. Il principio, può, deve essere esclusivamente inteso e applicato alle aride leggi della fisica, ma che nulla hanno a che fare con il complesso mondo interiore dell’essere umano.
Va da sé che il “cerchio” si stringa e le persone che sono in sintonia con il nostro sentire, non possono che essere pochissime. Persone alle quali aprire la nostra anima, alle quali svelare i nostri segreti, avendo in cambio l’assoluta certezza che li costudiranno. Parlare non solo delle nostre “luci”, ma soprattutto delle nostre “ombre”, con la sicurezza di un ascolto scevro da giudizi ed etichettature.
E soprattutto, non puo’ esserci amore, quello vero, non la semplice infatuazione, spesso scambiata per tale, senza un “compagno” in cui trovare tutti gli “ingredienti” necessari quelli che compongono “la ricetta” della affinità elettive.
E’ solo nel proprio simile che, possiamo trovare quella completezza che si nutre di corrispondenza di intenti, emozioni, sensazioni alle quali aneliamo e che, da sempre, andiamo cercando.
Grazie Carolina per il tuo contributo
E’ caratteristica delle emozioni l’allontanarsi maggiormente quando, ci si mette alla loro ricerca. Essendo appannaggio dell’interiorità, preciserei di poche interiorità ,la ricerca è quanto mai ardua, e il risultato, è l’insuccesso.
Non sono “merci” ,non le troviamo confezionate per essere acquistate. In un mondo dove tutto è acquistabile, in accattivanti confezioni, le emozioni, non fanno ancora parte della smisurata offerta.
Trovare qualcuno che ci corrisponda fino ad essere complementari, è un regalo che solo un destino benevolo puo’ farci.
Possiamo solo mantenere aperte le porte che presiedono al sentire. Solo così, potremo “captare” quelle vibrazioni che solo lo stesso sentire ,è in grado di riconoscere.
L’invocazione, sottintende l’attesa.
L’attesa, è tollerabile solo se ne facciamo presenza e non mancanza.
Ma è titanica impresa, costante e lunga, applicazione e, una particolare sensibilità per avvertire una presenza che ,di fatto, non c’è.
L’attesa, è mossa e alimentata dal desiderio. E’ una forza primordiale che ci porta a costruire quel “ponte” che l’attendere è, mano a mano che procediamo con i passi.
L’’anelito ci porta a non “mollare” anche quando ci percepiamo stremati, è Il magico propellente che ci infonde quella linfa vitale necessaria affinchè, il ponte venga costruito per intero, e una volta attraversato, la certezza di trovare il “frutto” del nostro aspettare.
Grazie per il tuo sintetico pensiero ma che racchiude l’essenza del mio esternare.
A te un saluto con altrettanta stima.
cangiante in giallo ed ocra
mi portò il vent
o a queste ascose rive
dove una naiade il suo canto
al cielo eleva.
Ti son fratello
nella stagione stanca
MA dentro il cuore
giovane bambino
Pier
Rende leggero il peso dell’attesa, solleva l’anima e riempie il sentire di un caleidoscopio di colori, al pari di iride d’un crepuscolo autunnale quando, il sole incendia di rosso fronde e acque, in un sensuale abbraccio.
Bello perdersi in quello stordimento che fa dimenticare la materia, e ,affiorare l’anima che, libera ,vibra come diapason.
Non è stagione stanca,ma alacre brulicare di gioiosa attività. E’ un’instancabile intingere il pennello in quella enorme tavolozza, per stendere in assoluta armonia, accordi di infinite sfumature di colori su un’immensa verde tela. E’ il grande “prodigarsi” per l’umana sensibilità prima del riposo invernale.
La diafana naiade, canta in attesa del tempo che sta aspettando, con la certezza che arriverà.
Il cuore, l’anima, non invecchiano, il bimbo le abiterà sempre.
Grazie Pier per i tuoi delicati versi.
Cromie dai caldi colori osservo
Come un giocoliere elevo al cielo
tre lucide castagne color mogano
Nella mia mano percorrono orbite
di instabili ma armoniosi equilibri
che pronta e sicura le scagli in alto
per elevarle nuovamente in un volo libero al cielo
Pier
Obietterei a Rosmini che il ridursi della molteplicità ad una sola, riguarda esclusivamente l’unicità della personalità, in quanto differente nei singoli individui, ma la personalità non si esaurisce ad un’unica “tinta”. La complessità è sinonimo di ricchezza interiore, sarebbe ben poca cosa un personalità “monocromatica”.
Il dubbio, non puo’ che essere caratteristica inscindibile di chi mai smette il lavoro di introspezione, e di chi continua nella ricerca, di chi ha sete di sapere, di chi crede che ci sia sempre una strada da percorrere per migliorarsi. Percorso che mai ha fine, perché quanto piu’ sai, piu’ dubiti , ricco di inciampi, povero di tratti in discesa.
Pound ebbe a dire: nessuno sa mai abbastanza e mai abbastanza presto.
Le difficoltà a ritrovare il mio “centro”, sono dovute essenzialmente alla consapevolezza di aver perso caratteristiche della mia personalità, credute consolidate, e, l’instaurarsi di altre, che mai avrei pensato potessero diventare parte del mio sentire. Un timore diffuso anche se sfumato, spesso mi abita, condizionando la mia quotidianità, le scelte, con le quali sei costretto a fare i conti, perché la nostra esistenza è basata su scelte continue. E dobbiamo essere noi a farle in prima persona, se non vogliamo che altri o ,la vita stessa, scelga per noi, la “latitanza” di un coraggio che non si esplica in un “roar”, ma in un piu’ tranquillo: ok, ci riprovo domani.
E’ spiazzante, fonte di dolore, e su questo so di trovarti perfettamente allineata al mio sentire, il realizzare di quanto sia profondo il vuoto, l’aridità delle emozioni che caratterizzano, i piu’. Sorta di "anestetizzazione" , che come letale virus, si sta diffondendo con incredibile velocità. Pochi sono immuni al contagio. Sempre piu’ arduo, rimane trovare tra gli “appestati”, chi ha rispondenza, chi vibra delle tue vibrazioni, chi si sintonizza sulla tua lunghezza d’onda, meraviglioso diapason che si accorda sulla nota che tu “trasmetti” e lì rimane, perché l’altro l’ha captata, perché parla il tuo stesso linguaggio, senza aver bisogno di “manuale per la decodifica”.
Hai colto l’essenza di tutto questo con poche essenziali parole:
.."Il mio cuore ...e' il tuo cuore?..Chi mi riflette i pensieri?..Fratello sei tu o sono io?".
Il “fratello” è a te complementare e quelle domande diventano affermazioni. E’ il mio dire, “vorrei essere il prolungamento della tua anima, e sai non potrebbe essere che così, perché chi senti affine, è il prolungamento della tua anima. Dove lui finisce tu cominci, in un ruolo perfettamente intercambiabile.
E “lui,” sei “tu” ed è come avere entrambi, uno specchio appeso al collo: ti vedi, si vede, solo quella "superficie" riflette i tuoi, i suoi pensieri,e la comunicazione verbale a volte diventa superflua, tale è l’intensità e la comunione del sentire.
La mia ricerca è sostenuta dalla certezza dell’esistenza del “fratello”. Mi muove la convinzione che, mai potrei pentirmi della pazienza dell’attesa, ma so per certo che mi pentirei amaramente della fretta.
La pazienza è amara ma il suo frutto è dolce, di questo mi nutro.
Non ho fretta di gustare quel prezioso “nettare”, come tu esattamente definisci ”sacra ed elettiva appartenenza”.
Tanto piu’ saprò attendere, tanto piu’ dolce sarà quel frutto, avrà la preziosità, perché assai raro, del miele selvatico.
Grazie Catia, sai che in te ritrovo parte di me, so anche che “quelle fulgide emozioni", non ti sono sconosciute. "Piccolo pezzo di cielo parlante", è stata è orgogliosa di essere stata in grado di trasmettertele :-)
La ricerca è processo che ci accompagna tutta la vita, e se la sete non viene meno, ci permette di affrontare quella stagione ingrata della maturità che finisce nella “vecchiezza”, consentendoci di sfiorarla appena, fingendo che non esista.
Concordo, quasi mai ricerca e verità corrono parallele, si puo’ cercare la “verità” per tutta la vita e non trovarla. Ma la verità, non ha connotati standardizzati, per ognuno assume diversa valenza, è un concetto assolutamente soggettivo. E poi, la verità cercata a 20 anni non è la stessa di quella cercata a 40. Piu’ avanziamo con l’età, piu’ cambiamo e forse, le verità cercate assumono la sconfitta dell’utopia, o della consapevolezza di qualcosa che non esiste. L’unico luogo nel quale potremmo trovarla è dentro di noi, ma la nostra interiorità è quel luogo spesso oscuro, sconosciuto, nel quale evitiamo di calarci, non solo per paura di quello che potremmo trovare, ma in ultima analisi, perché è l’ultimo posto dove pensiamo di doverla cercare. Ad un “lavoro” faticoso, quanto puo’ essere l’introspezione, si cercano verità!?comode, preconfezionate, in scatole contenenti pezzi da assemblare, verità che non ci appartengono ma che facciamo nostre.
I pozzi profondi, sono, per i piu’, “ambienti” scomodi, melmosi, si rischia di impantanarsi al pari di sabbie mobili se, non hai l’accortezza di risalire un attimo prima del soffocamento.
Discorso valido anche per le emozioni, quelle viscerali, sono gomitoli difficilmente dipanabili, meglio optare per il “tiepido”
E’ affermazione paradossale la tua, il nulla, nulla genera, non puo’ derivarne certezza alcuna. Il nulla è sterile, l’azzeramento di tutto, un limbo di insensibilità.
Il dubbio è subdolo, si insinua in te lentamente, non fa rumore, ti abita senza dare apparentemente segno di sé, ma lavora, ti scava dentro, apre abissi neri e profondi, e quando ha bucato l’ultimo strato della nostra protettiva “crosta”, esplode in tutta la sua violenza, spazza via piccole certezze e tu che ti credevi alla fine del gioco, sei violentemente ricacciato al “via” come in una sorta di gigantesco Monopoli.
Ma possiamo dargli connotazione positiva, come ebbe a dire Borges, il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza.
Grazie Roby, a te il mio augurio sincero affinchè la tua ricerca, possa portarti alla “tua” verità.
Non sei il solo caro Roby, a non avere” mezzi sufficienti” per dipanare la matassa .E dubito ci si possa riuscire. E’ delle persone complicate, dove complicato ha la valenza di ricchezza, e tormentata interiorità, la difficoltà di trovarne il bandolo. L’ho già detto e ribadito parecchie volte siamo “work in progress”, processo che cesserà solo con la fine della nostra esistenza. Stati d’animo si rincorono incessantemente, non siamo gli stessi neanche all’interno della medesima giornata. Solo le “menti” semplici, non cambiano, vivono di esteriotà, superficialità ,stereotipi. Percorrono strade già tracciate, badando ad imboccare solo percorsi in piano, dove è possibile scorgere l’orizzonte, perché privi di ostacoli.
Credo la maturità sia età ingrata e, la matassa, lungi dal essere dipanata, come dovrebbe essere per il normale processo di conoscenza di noi stessi, diventa sempre piu’ ingarbugliata. E’ l’età dei grandi cambiamenti, quelli che ti sorprendono, ti spiazzano, ti fanno sentire smarrito, quelli che ti fanno chiedere : ma questo sono io?. E il pericolo di non riconoscersi è grande. Si cambia non solo fisicamente ,i maggiori mutamenti avvengono nell’interiorità. E se quelli esteriori puoi camuffarli, quello che ti succede dentro è difficile da dissimulare. E gli altri, ora piu’ che mai, vedono quello che appari, non quello che sei. All’improvviso si rendono conto che, la “chiave” per avere accesso a te, non è piu’ la stessa: hai “cambiato la serratura” Solo chi è a te affine, se hai la fortuna di averlo accanto, riesce a “sentirti” per ciò che sei in realtà. Solo lui non ha bisogno di una nuova chiave.
“Rendi forti i vecchi sogni perché questo mondo non perda coraggio a lume spento”, ebbe a dire Pound .
La nostra è l’età delle disillusioni, ma non quella della perdita della capacità di sognare,rimarrebbe di noi ben poca cosa se non fossimo piu’ in grado di abbandonarci al sogno, di crederci. Non importa se abbiamo realizzato che molti si sono trasformati in utopie, forse è successo perché abbiamo avuto paura, non ci abbiamo creduto abbastanza, li abbiamo abbandonati.br> Fai che il tuo "cassetto" ne contenga almeno qualcuno.
I sentimenti sono la linfa, il motore dell’esistenza, in una vita che non ha senso, l’unico modo per attribuirgliene uno è quello di avere un sentire profondo. Il suo culmine, la sua massima espressione è l’amore, sentimento solo a noi umani riservato. Schiavitù non puo’ far rima con i sentimenti, l’amore soprattutto è la massima espressione della libertà, solo a quelle condizioni puo’ esistere
Ma può succedere di realizzare di darlo a chi assolutamente non lo vuole, anche nulla chiedendo in ritorno. Allora, l’amarezza è grande.
Lancan, con spietato cinismo disse ; L’amore è donare qualcosa che non si ha a qualcuno che non lo vuole.
Hai “sentito” correttamente, sono viscerale nelle emozioni e nei sentimenti, sono parte inscindibile di me, ora piu’ che nella giovinezza. Nulla sarei senza quell’intensità che, ha il potere di sconvolgermi nel bene e nel male.
Serenità questa sconosciuta. Sei in buona compagnia. E’ uno stato della mente quando è sgombra, quando siano riusciti a svuotarla dai tanti pensieri che, al pari di tossiche scorie, la occupano. Non è processo semplice e rimane comunque soggettivo, nulla ha a che vedere con la felicità, è sorta di filosofia di vita che potrebbe una volta instaurata, divenire permanente, condizione che ci permette di essere in pace con se stessi e con tutto quello che ci circonda, richiede un controllo delle emozioni. Va cercata dentro di noi, ma spesso siamo convinti che debbano essere gli altri la fonte alla quale attingerla.
un saluto a te, Roby
A volte, riconoscere i propri limiti è sinonimo di forza. Imparare a vivere all’interno di essi, è intelligenza.
Il silenzio e il vuoto, spesso rimandano ad una dimensione di angoscia che deriva da un senso di abbandono, così vengono percepiti dai piu’. Ma è solo quando il vociare cessa, i rumori, rimangono chiusi fuori dal quello spazio personale, quale è l’intimità di una casa, che siamo noi stessi, ci ritroviamo, possiamo dialogare con il nostro io piu’ profondo, che in presenza di altri, mai fa udire la propria voce.
Non so se tu sia fatalista, e creda in un destino già tracciato per ognuno, da qualche forza a noi superiore, che ci “condanna” all’ineluttabilità degli avvenimenti. Oppure, se tu creda che, “forze soprannaturali”, nulla possano, e siamo noi gli unici artefici di quel percorso che si chiama vita, siamo noi a determinare con le nostre scelte, le variabili che su quella strada incontriamo. Le ragioni vanno ricercate dentro di noi. Anche se sono convinta si arrivi ad un punto della vita, dove questa smette di dare e solo prende, quasi fosse sorta di risarcimento per quello che ci ha elargito.
Piu’ che di colpe, parlerei di errori. La vita, purtroppo è una commedia dove non esistono prove, ma tutti i giorni si va in scena per la prima. A poco serve imparare sorta di copione per metterci al riparo dalle tempeste. E’ prerogativa dell’esistenza l’imprevedibilità,e la sorpresa, piacevole, o dolorosa, è sempre dietro l’angolo. In attimo la tua vita cambia, portandosi via tutto quello che credevi di aver imparato, tutto quello che hai dato per scontato.
L’importante è rialzarsi sempre dopo essere caduti. La forza non sta nel non cadere mai, ma nel rialzarsi dopo, sempre. La vita offre un’altra chance, per rinascere. O almeno, voglio credere sia così
Mi tornano alla mente parole di Coelho: se vuoi una cosa, tutto l’universo trama a tuo favore affinché, il tuo desiderio, si possa realizzare, ma è affermazione che mi lascia piuttosto scettica. Forse, è piu’ reale quanto Goethe afferma nella “Affinità elettive”: Il destino ci appaga nei desideri ma, lo fa a modo proprio per poterci dare qualcosa di piu’ alto di quei desideri stessi. Sto riflettendo parecchio su quelle parole, cercando un riscontro nella mia realtà che ancora non trovo. Forse, ho solo dato un’occhiata veloce e mi è sfuggito.
Lo specchio della vita, quando la giovinezza è solo lontano ricordo, diventa spesso specchio quasi opaco per intero. La superficie riflettente si assottiglia sempre piu’ e, diventa sempre piu’ difficile riuscire a vedere il nostro volto per intero e, puo’ succedere che l’immagine riflessa non ci corrisponda più.
Una citazione dal "Piccolo Pricipe": si vede bene solo con il cuore, le cose essenziali sono invisibili agli occhi.
Quel “fratello” o “sorella”, non appartengono solo alla sfera dell “ideale”, esistono, ed è un dono che la vita ci concede, l’incontrarli. Succede di rado, e allora il dono diventa prezioso e fonte di assoluta meraviglia, gioia, perché è solo in un tuo simile che puoi trovare accoglienza, comprensione, condivisione, comunione, costruttivo confronto, arricchimento, complicità. Il tutto potrebbe essere sintetizzato in “cibo per l’anima”, non per trovare la parte mancante, siano già degli interi, ma per esaltare tutto ciò, e ,vedere nel tuo simile te, riflesso.
Grazie Mario, non ho la pretesa di migliorare nessuno, come dettoti sono felice ed orgogliosa se, con il mio esternare, riesco a toccare anche solo per il tempo della scorsa delle mie parole, le corde interne di chi mi legge, trasmettendo anche solo parte dell’intensità delle emozioni provate