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Una sbronza memorabile

Post n°77 pubblicato il 17 Marzo 2012 da anchise.enzo

Una sbronza memorabile - racconto
Si dice maliziosamente a Toro che abbiano procurato più danni i monaci all’antico convento, che i vari terremoti succedutosi nel corso degli anni, a partire dal 1592, anno di fondazione dell’edificio sacro. Ogni volta che arrivava un nuovo Padre Guardiano, si progettavano nuovi lavori di ristrutturazione. Ma le entrate modeste dei frati non bastavano a pareggiare i conti. Per incrementarle, i monaci, agli inizi degli anni Sessanta, pensarono di affittare il grande salone per i pranzi nuziali dei toresi.


Nozze in convento, 1965


Al lauto pranzo non provvedevano i monaci, ma il valente cuoco Zio Gennaro Evangelista. Davanti al suo spezzatino in brodo, o alle sue gustose braciole, non resisteva nessuno.

Il pranzo lo si preparava fin dalla vigilia delle nozze utilizzando gli utensili del cuoco, che venivano sparpagliati per stanze e corridoi e lungo il chiostro. Era consuetudine che coadiuvassero il cuoco gli stessi parenti degli sposi o semplici invitati che, durante il pranzo nuziale, si trasformavano in camerieri. Era un viavai continuo e frenetico e molto allegro. Spesso, grida e imprecazioni, se non rumori indicibili, arrivavano fino in chiesa, durante le celebrazioni.

Durante il pranzo nuziale il servizio era fin troppo efficiente. Senza aspettare che finisse il vino, la bottiglia iniziata veniva subito rimpiazzata da un’altra piena. Il chiostro accoglieva gli avanzi e molte bottiglie semivuote di ottimo vino fatto in casa. Era tentazione irresistibile per noi ragazzi, portarci in convento per “raccogliere gli avanzi”.

Fu in tale circostanza che mio fratello, a soli otto anni, esagerò. Più per sfidare i compagni che per sete, scolò diverse bottiglie di vino, bianco, rosso e rosato, fino a quando qualcuno non lo ritrovò riverso dietro una colonna del chiostro, che dormiva russando fortemente: si era ubriacato.

Appresa la notizia, la nonna andò a prelevarlo in convento e lo riportò a casa in braccio. Lungo la discesa del convento, il ragazzo ebbe a vomitare più volte, sbiancando in volto. La nonna, molto apprensiva, si allarmò. Qualcuno le consigliò di far prendere al ragazzo molta aria e lei eseguì il consiglio alla lettera. Trascinò fuori all'aperto il lettino, lo sistemò davanti casa, in Viale San Francesco, e vi depose l’ubriaco, che sembrava più un cadavere che un ragazzo addormentato.

Alla fine del pranzo nuziale, era consuetudine degli invitati passeggiare lungo il viale, per digerire il gran peso dello stomaco. Passando, presso il letto del ragazzo, che dormiva tranquillamente, molti non riuscivano a trattenersi dal ridere. A chi le chiedeva perché il ragazzo dormisse in strada, mia nonna rispondeva senza scomporsi: “Non sta bene, deve prendere molta aria”.

 
 
 
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