Creato da Efix_OG il 20/02/2008
Tutto quello che non devi sapere sull'Ogliastra!
 

 

DIARIO ZONA FRANCA - Apriamo le danze

Post n°11 pubblicato il 18 Marzo 2013 da Efix_OG

Zona Franca in Ogliastra, scopriamo chi sono i chiacchieroni e le loro buffonate. Presto su questo BLOG. 

 
 
 

La nuova moda: rapinare è trandy!

Post n°10 pubblicato il 28 Febbraio 2009 da Efix_OG
 
Foto di Efix_OG

Siamo giunti alla 4^ rapina in meno di un mese, così l'Ogliastra si scopre terra di "bandidos", audaci rapinatori che prendono d'assalto tutto ciò che può rappresentare facile bottino. Sembra di essere tornati al tempo del Far West, ma non vorrei sollevare troppa polvere in tal senso, non è mistero che la misera gente si esalta a sentirsi affiancata al mito del movie americano... Quel che rappresenta questa gente è ben chiaro a tutti: siamo nell'ordine della feccia, ne più e ne meno. Perché infondo un tempo esisteva un codice d'onore, suggerito dal buon Robin, il quale professava il credo "rubare ai ricchi per dare ai poveri". Oggi tale suggerimento etico è solo un datato slogan da condotta oratoriale, i nuovi geni della rapina non guardano in faccia a nessuno: rapina in una tabaccheria di Tortolì, fucile e pistola per portar via 60 euro e 2 borse! Chiamarla rapina è ridicolo, siamo nell'ordine dello scippo, un'azione da ladri di galline che, non trovando modo di svuotare le casse, si rifanno su innocenti cittadini che hanno anche loro i conti da fare con il "benedetto" 27. Ben altra cosa fu la rapina messa a segno al Banco di Sardegna di Lanusei qualche tempo fa, che fruttò un bottino di 250 mila euro! Meno clamoroso è invece l'ultimo episodio che vede vittima ancora il Banco con 30 mila euro portati via dalle casse della sede di Tortolì. Insomma, una bella attività criminosa che sta prendendo piede e che non si sa bene dove andrà a sfociare, anche se un'idea ce la stiamo facendo tutti... Come dice un altro proverbio "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino!"; mi chiedo solo se il gioco vale la candela, se davvero mettere in moto il motore dell'azienda "crimine" porti davvero a vero benessere, vera nobiltà. Credo che rubare, depredare, privare, sottrarre, offendere, non sia cosa felice. Chi si macchia di tali reati è fondamentalmente un disturbato, un soggetto disagiato che vive il conflitto della propria inconsistenza umana, l'incapacità di produrre e di essere utile alla società. Il rapinatore "trandy" è come una sorta di desperado, un uomo che ha perso il rispetto di se stesso e vive come un clandestino nella propria terra; è come uno sbarcato che ricorre al reato per mordere la cipolla di una povertà umana, intellettuale e culturale, ancor prima che materiale. Cosa sono 250 mila euro in confronto alla dignità e all'amor proprio? Essere uomini non è roba che si compra con i soldi delle rapine, ma è il coraggio di vivere la propria vita a testa alta, guardando tutti negli occhi. Questo manipolo di ladi è alla stregua del peggior mucchio selvaggio, una baracca di lazzaroni che offende la nostra società e affossa la nostra terra che faticosamente cerca di rinascere. Questo è quello che dovrebbero scrivere i giornali, questo è quello che mamma e papà avrebbero dovuto insegnare al giovane rapinatore: rubare non è trandy, rubare fa schifo!

Efix

 
 
 

SI RIAPRONO LE DANZE...

Post n°9 pubblicato il 25 Febbraio 2009 da Efix_OG

E' passato qualche mese dall'ultimo post pubblicato da me medesimo su questo blog; da allora ne è passata acqua sotto i ponti... Sono accadute cose poco edificanti per la nostra terra, cose che avrei preferito non vedere, non sentire. La realtà è spesso fatta di cose di cui non ti puoi privare; il dolore, il disgusto e la follia sono parte di queste cose.

E' passato qualche tempo, ma ora sono di nuovo qui a riprendere il discorso, a rimettere mano a questo spazio che vuole essere, lungi da una soluzione, almeno un'alternativa all'abberrente silenzio dell'omertà e dell'accondiscendenza a certi giochini da burattinai.

Sono qui e in presenza del mio cuore giuro di vegliare su questa terra come guardiano di pietra, come leggendario persecutore dell'ingiustizia e dell'arroganza. Senza misticismi o moti di onnipotenza, dirò solo la verità che nessuno osa raccontare, farò delle mie parole una lancia per infilare ogni viscida serpe su questa terra!

Con rispetto e osservanza, il vosto Efix.

 
 
 

Il "mestiere" dell'Accabadora...

Post n°8 pubblicato il 10 Marzo 2008 da Efix_OG
 
Foto di Efix_OG

Il 1° maggio 2005, sulla stampa, viene pubblicato un articolo di Gianluca Nicoletti (nella foto), che narra di una leggenda sarda, legata all’attività de “S’accabadora”, da lui definita “L’accoppatrice”, tanto per rendere comprensibile il termine (ma fa esattamente l‘effetto contrario, genera confusione). Poi prosegue, in una improbabile escursione etimologica: “… Accabadora dallo spagnolo acabar, terminare o ancor più dal sardo accabaddare può significare incrociare le mani al morto, o ancora mettere a cavallo e quindi far partire…”. Tenuto conto che da questa parte della Sardegna il termine “accabaddare” non significa un ficco secco, il termine acabar non è solo un termine spagnolo, ma viene utilizzato anche da noi sardi, nella forma di accabai, che significa proprio terminare, finire. Da qui accabadora, colei che termina, mette fine alla vita. Questo tipo di ricostruzione è talmente banale che potrebbe essere fatta da un bambino, ma come ha ben detto il Nicoletti, se si è in possesso di una competenza antropologica imparaticcia c’è poco da fare, i risultati sono ridicoli, almeno dal punto di vista di chi in Sardegna vi è nato e vissuto. Tuttavia, grazie anche a qualche “dritta” ben orientata, la lettura risulta ben più verosimile di quanto si potesse pensare, anche se ci sono degli errori marchiani da correggere per evitare altre contaminazioni alla nostra storia.

E’ sicuramente un dato certo che s’accabadora abbia a che fare con la morte, ma mi sembra una definizione affrettata e poco corretta quella di professionista della morte. Che io sappia non esiste l’albo delle “accoppatrici”, ma esiste una verità storica, non una diceria, che inquadra s’accabadora nell’ottica di una prassi comune nella vita dei nostri paesi di qualche centinaio d’anni fa. Purtroppo chi studia questi fenomeni si affida a statistiche poco sensate, come quella che censisce i cosiddetti casi “documentati”. Io vorrei proprio vederla tutta quella documentazione. C’è anche la fattura rilasciata dalla accoppatrice di turno? Studi che evadono dal contesto sociale, che vanno a parare al di sopra del substrato umano, vero custode della memoria storica. Ricerche e tesi di laurea destinate a finire dentro a un cassetto o a fare catasta in una biblioteca o in un museo. Tutto questo ho poco o nulla a che fare con la verità. Una verità che non confonde rito a magia, che non scomoda leggende, demoni e balorde soluzioni per mettere fine alla moria del bestiame. Roba che non ci appartiene e che, molto probabilmente, non c’è mai appartenuta. La verità non confonde, ma chiarisce, favorisce la conoscenza e la difesa dell’identità e delle tradizioni. Come si può infatti pensare che s’attittadora sia un’attività economica (era possibile affittare) in voga in Sardegna fino agli anni ‘80. Donne specializzate in lamentazioni funebri a soggetto? Non si può confondere la cultura sarda con la più classica delle commedie napoletane. Lo stesso Totò direbbe al signor Nicoletti: “Ma mi faccia il piacere!”. Attittadora e un termine che deriva da attittu, che in origine è il canto che la madre destina al piccolo per intrattenerlo e farlo mangiare, usato nell’allattamento. La somiglianza della gestualità del rito di allattamento a quello di veglia del morto non sta infatti nell’aspetto puramente prostrale, ma si arricchisce di una serie di contenuti umani e culturali, i quali conferiscono a s’attittu un significato universale. E’ l’amore espresso tramite una serie di lamentazioni in versi, spesso cantate, che hanno il valore del dolore e rimettono a Dio l’esclusività nel istruire la morte. Era questo, infatti, il vero significato de s’attittu, accompagnare e affidare, tramite il canto di una madre, il figlio a Dio. Per la visione istrangia invece, il dolore in s’attittu è una proiezione collaterale che inquina un’immagine d’amore facendola somigliare a uno puro strazio umano, in cui la lamentazione è una litania delirante, priva di ogni contenuto culturale. Nell’ottica locale s’attittu è “la pietà”, l’omaggio reso dalla Vergine Maria al suo figlio Gesù Cristo. Niente ci nega di pensare che la Madonna accompagnasse le sue lacrime a dei versi d’amore per il suo figlio morto in croce.

Alla luce di quanto detto su s’attittu, anche la visione de s’accabbadora necessita di una rivisitazione rispetto alle parole del signor Nicoletti. La finalità è sempre e comunque l’amore, un gesto che pone fine alle sofferenze, ma che viene vissuto da s’accabadora non come una professione o una prassi sviscerata da contenuti umani e culturali.  S’accabadora è una donna che vive il suo ruolo in linea con una cristianità radicata e forte, seppur in contraddizione con il tema della fede che rifugge l’eutanasia. Ed è da questa contraddizione che emerge la peculiarità di un rito che non può appartenere a chiunque, ma inquadra una ben precisa categoria. S’accabadora è donna, è madre, è cristiana ed è cuore e anima nella contraddizione. La morte non è quindi un aiutino con la giustificazione della purificazione. Nel contesto sociale considerato, la morte è un limitare a cui spesso necessità l’intervento di un facilitatore per compiere un passaggio spesso doloroso, ma inevitabile, in cui l’elemento cruciale non è la dolcezza (che è invece metodo, è meglio che non vi dica a cosa serviva davvero “su mazzolu“), ma la liberazione. Colei che compie la liberazione è consapevole di intervenire la dove niente può ricondurre alla vita, ed è vieppiù consapevole del pesante fardello che porterà con se. In questo senso il giudizio e l’etica sono un’insignificante rappresentazione di una cultura globale che disconosce le caratterizzazioni sociali e il valore delle minoranze storiche. La Sardegna è ben più di un museo, ben più che pietra dura, statica e immutabile, da studiare al microscopio con metodi imparaticci. C’è di più che facili credenze e miti, che astruse leggende e rappresentazioni partenopee; c’è di più che santoni, maghi e streghe. La cultura sarda, il radicato spirito e la professione a una vita profonda, sotto gli strati del vuoto e del distratto mondo globale, non sono roba da scrivere facile per riempire la rubrichetta del venerdì. Certa gente farebbe meglio a parlare del traffico e del tempo, lasciando la cultura alla Cultura.

In quanto al DEMPHIR della Bonelli, farebbero meglio a scrivere a fine albo che certe storie sono una pura invenzione degli autori, vista l’imperante ignoranza sulla Sardegna; basti pensare che c’è in giro chi pensa ancora che i sardi siano una razza di omini alti due mele e poco più, con l’anellino al naso e assettati di sangue. Purtroppo non è cosi…

Efix

 

 
 
 

Quale Nuova Forza???

Post n°7 pubblicato il 06 Marzo 2008 da Efix_OG
 
Foto di Efix_OG

Come si evince da questo blog, in  Ogliastra, come da molte altre parti, ne accadono di tutti i colori, ma una cosi non s’era mai vista da queste parti ed il colore che porta non mi piace affatto!

E’ da qualche giorno che sono comparsi sui muri della città di Tortolì (non so ancora se lo stesso accade anche in altri paesi della provincia), soprattutto in quelli vicini alle scuole di grado medio e superiore (c’è una ragione), dei manifesti targati “Forza Nuova”. Prima di farveli vedere e commentare come meritano, vorrei specificare che non credo nella politica, in modo particolare nel senso fazioso e meschino del termine; non credo nei e ai politici né ai partiti. Sono un “utopico” e sogno un sistema a-politico dove governa il rispetto per la vita umana. Tuttavia, visto lo stato di cose, bisogna fare di necessità virtù e andare avanti con quel poco che si ha, magari facendo a meno di certe forze “nuove” che di nuovo hanno solo il nome… Lo so che non è corretto fare di tutta l’erba un fascio, ma più che a un fascio, queste forze somigliano più a delle teste, che io saprei di cosa, tanto più che rasate rendono meglio l’idea.

Detto quanto precede, andrei ora a vedere questi manifestini. Non so voi, ma io, a primo impatto sono rimasto sgomento. Credevo non fosse consentito esporre cose simili, credevo esistessero delle leggi che controllano il flusso delle informazioni e che tutelano la salute mentale dei più piccoli. Osservate e meditate:

 

Foto 1 (vedi in Fotogallery)

 

 

I manifestini che vedete sono stati affissi sul portone di ingresso dello stadio comunale di Fra Locci, lo stadio in cui gioca la maggiore squadra locale di calcio il Tortolì Calcio. Altri li troviamo su una cabina dell’Enel, sui muri adiacenti allo stadio di cui sopra, ma sempre e comunque nella zona dei licei, dell’Istituto Tecnico Industriale, l’IPSIA e l’Istituo Tecnico Commerciale. Non a caso uno dei due manifestini è diretto agli studenti.

Esaminando nel dettaglio il messaggio riportato sui manifesti vediamo subito che esso si compone di quattro componenti base: la componente emotiva, quella risolutiva, l’imperativo e la componente informativa.

Vediamole una per una.

La componente emotiva:

 

Foto 2

 

“SE FOSSE TUA MADRE, TUA MOGLIE O TUA FIGLIA?”, questo è il messaggio teso a creare una ben precisa condizione emotiva. L’immagine di supporto è appositamente esplicita e ha la funzione di rafforzare il messaggio.

La componente risolutiva:

 

Foto 3

 

“CHIUDERE I CAMPI NOMADI, ESPELLERE I ROM!”, è la soluzione. Semplice e diretta.  “SUBITO!!!” è invece l’imperativo, gesto tipico di ogni regime che si rispetti.

L’ultima, la componente informativa è ben evidente con numero di telefono e indirizzo web. Non può mancare, infine, il marchio, in bella mostra sulla base destra del manifesto.

Sullo stesso tenore del primo è il manifesto diretto agli studenti:

 

Foto 4

 

In questo caso compare un nuovo indirizzo. E’ il sito web di forza nuova in Sardegna, con numero di telefono, per adesioni e informazioni.  Anche qui abbiamo la componente emotiva: “NON FARTI OMOLOGARE… o sarai  vile, amorfo e mediocre!”. Come fare? “SCOCCA LA TUA FRECCIA E COLPISCI AL CUORE IL SISTEMA!”. Facile, no? Basta aderire a “FORZA NUOVA STUDENTI”.  Chissà cosa direbbe il bell’attore, chiamato a rappresentare il modello di una generazione di rampanti arcieri? Di certo non fa una bella figura…

Più o meno la stessa figura che fa il comune di Tortolì (vai così che la collezione cresce), capace di passare indifferente dinanzi alla questione. Non una parola, non un’azione, non un sospiro, un soffio, un cenno. Tutto tace e quei manifestini sono lì già da sabato sera. Siamo a mercoledì 5 marzo e nessun provvedimento ha messo le cose apposto. Certo, apposto, perché qualcosa si deve fare per evitare che certe frange di estrema fazione, cospargano di messaggi di violenza e intolleranza le nostre strade. Non è ammissibile. Si parla tanto di pedagogia, di educazione ed esempi di pace e poi, nessuno è capace di difendere l’integrità di questi fondamenti sociali dalla minaccia di due manifestini razzisti. Non voglio nemmeno discutere sulla questione clandestini, campi rom e violenza sessuale. Siamo tutti in difficoltà, abbiamo tutti paura, ma la questione è di competenza dello stato, il quale ha il dovere di mettere in sicurezza ogni cittadino, garantendo la libertà e la democrazia. Se lo stato manca in questo è giusto dare un segnale al sistema, ma la violenza non risolve, crea solo una spirale discendente che conduce allo sprofondo. In ogni caso non sarà “Forza Nuova” a mettere le cose apposto, vista l’origine del movimento.

Ricordo a tutti i miei corregionali che nel pentolone dei razzisti, oltre ai colored sudafricani, marocchini e zingari, ci siamo anche noi. I cosiddetti “sardignoli”, famosa razza d’asini. Ricordo ai miei consanguinei che una volta sbarazzati i campi nomadi, le bancarelle degli ambulanti senegalesi, degli indiani e dei commercianti marocchini, allora toccherà a noi. Toccherà ai sardi, zompa pecore (grazie ai nostri illustri registi cinematografici, vero MEREU?) e sequestratori. Latitanti e dinamitardi.  Toccherà a noi, anche a quelli che hanno scelto di aderire alla nuova forza. Non basterà una spilla per levarvi di dosso l’impronta meticcia di un popolo inferiore (non solo per via dell’altezza e del disgraziato accento).  Per certa gente saremo sempre VILI, AMORFI E MEDIOCRI! Tanto vale ricacciare questa gente a nuotare dentro alla loro polenta, nel pentolone del loro vizio genetico: l’arroganza. Dimostriamo una volta tanto che l’anellino al naso non da a nessuno il diritto di affossare la dignità  e la cultura di un popolo, non solo sardo, di ogni popolo che ha direttamente da Dio la benedizione di esistere e di esprimere la propria identità.

 

(continua…)

 
 
 
Successivi »
 

Tag

 

Noi (non)siamo qui!

 

Contatta l'autore

Nickname: Efix_OG
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 102
Prov: NU
 

FACEBOOK

 
 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

Ultime visite al Blog

Efix_OGalessandrausellilibraninfamora_elisamarialuisamurasaionara2003au2008rossturmirkousellixul_npsofia.rodicrispinzanna.girolamoluciserasimbatheking
 

 

 

 

 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963