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Messaggi del 03/02/2017
Post n°205 pubblicato il 03 Febbraio 2017 da pasquale.zolla
Il Malaffare Corruzione, tangenti, furti, truffa, abusi in atti di ufficio… Non passa giorno che non si legge di corrotti e corruttori soprattutto nell’ambito della pubblica amministrazione, dove le persone abusano della loro posizione per ottenere un indebito vantaggio, un guadagno privato. Ma anche il corruttore è coinvolto perché anche lui ne trae beneficio per eventuali appalti milionari. E i corrotti e i corruttori ben sanno che con i loro intrallazzi fanno innalzare tasse (per lo più ben camuffate!) che impoveriscono l’intero paese, fanno perdere credibilità all’economia e fanno diminuire gli investimenti. Si dice che il potere corrompe, ma in realtà il potere attrae i corruttibili, perché la persona di buoni principi e sana viene attratta da altre cose che non il potere. Oggi la nostra società italiana sembra putrefatta e moralmente fiacca, non solo il governo e il sottogoverno, perché tra chi sta dentro il palazzo e chi sta fuori c’è una corrispondenza che è quella di procurarsi enormi quantità di soldi che i partiti e le loro correnti divorano, creando una ragnatela di reciproci ricatti. Leggi? Servono a poco anche se sagge, perché non garantiscono libertà e felicità al popolo i cui costumi sono corrotti, per cui essere ladri non fa più nessun effetto, anche se vendere la propria anima è il punto più basso della storia dell’umanità. Per combattere questo andazzo bisognerebbe cambiare gli italiani, non la classe politica, perché anche quella nuova si corrompe facilmente. Un antico detto di Lucera (Fg) dice: “I mòmmabbìje fanne arrapì l’ucchje è cekate!” (I soldi fanno aprire gli occhi ai ciechi!) e Publio Cornelio Tacito, negli Annali, (II sec.) scrive: “Corruptissima republica plurimae leges!” (Molte sono le leggi quando lo Stato è corrotto!). A buon intenditor, poche parole!
Tra u dì è u fà
U malaffare éje akkume
a ‘na palle de néve, kuanne
akkuminge a ruciuljà pòde
sckitte aùmendà. Isse vatte
se pòde sckitte k’a kulture,
‘na òcce ka buke u petròne.
Kuille ka malaffare kummèttene
sònne pekkature ka nu passe
annande hanne fatte: nenn’hanne
d’abbesugne de Dìje, pekkè lòre
stisse se sèndene Dìje. Akkussì
u malaffare addevendate éje
lègge ka nen respètte l’ata
lègge, arramaje skumbarute,
d’a vertù, d’u ‘nure è dd’u vére.
‘A uneka lègge ka è timbe nustre
akkumanne dind’a l’Italje
éje ka tra u dì è u fà
nu mallòppe ce stace da dà!
Tra il dire e il fare
Il malaffare è come
una palla di neve, quando
comincia a rotolare può
solo aumentare. Esso battere
si può con la cultura,
una goccia che scava la roccia.
Coloro che commettono malaffari
sono peccatori che un passo
avanti hanno fatto: non hanno
bisogno di Dio, perché loro
stessi si sentono Dio. Così
il malaffare è diventato
legge che non rispetta l’altra
legge, ormai scomparsa,
della virtù, dell’onore e della verità.
L’unica legge che ai giorni nostri
impera in Italia
è che tra il dire e il fare
una busta c’è da dare!
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