Creato da jared.fitch il 28/07/2009
se non puoi mangiare la malinconia, almeno guardala
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Le zampine di Gregorio ronzavano quasi,
quando si avviò a mangiare.
Le sue ferite dovevano del resto esser già rimarginate poiché non sentiva più nessun impedimento;
n'era anzi stupito, e si ricordò che un mese prima si era fatto col coltello un piccolo taglio al dito, e che ancora due giorni innanzi la ferita gli doleva abbastanza.
Sarei dunque ora meno sensibile? pensò, e già stava succhiando ingordamente il formaggio, verso il quale s'era sentito attrarre con violenza più che verso tutti gli altri cibi.
A rapide boccate e con lacrime di soddisfazione divorò i legumi e la salsa;
i cibi freschi invece non gli piacevano: non poteva neppure sopportarne l'odore e anzi trascinava un po' lontano quelli che preferiva.
(Franz Kafka)
Man soll sich nicht dicke tun mit seinem Schicksal.
Ich bin Gegner des Fatums.
Ich bin kein Grieche, ich bin Berliner.
(Alfred Döblin)
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Post n°21 pubblicato il 15 Giugno 2010 da jared.fitch
mi guardo un pò la pioggia quanto mi piace, la mia è una stagione fredda quella che conservo nelle scatole di legno e apro dinnazi a una lampada mentre fuori c'è il finimondo Nel frattempo disegno sgorbi sul tavolo e gioco con alcuni scacchi sfusi Fuori imperversa ancora il disastro l'acqua scende a secchiate la mia mente ha i bordi in cotone penso a quanto saremmo qui quieti a lasciare che il tempo faccia il suo corso nascosti, un pò raggomitolati la prima scarica viene dietro l'Altissimo poi per tutte la catena è un susseguirsi mi osservi e ti vai a scricchiolare le ossa delle mani un gesto che non capisco e mi fa ridere poi sospiri :"così è la vita" e sono pronto darti ragiore mentre la bufera è in pieno sfogo Tengo le tue cose, piccole ed essenziali sul tavolino vicino alla porta del bagno, sopra, che possa vederle toccarle con gli occhi poi avvicinarmi mentre avanzo e circumnavigo il posto e faccio in tempo a carezzarti mentre ti dondoli sulla sedia mi siedo, tiro fuori i tuoi rovi e i tuoi aghi ricordi come una volta, quasi per celia, gli infilavo sottopelle ora lascio che il rimbombo di questo scorrere mi occupi senza resistenza e che tu ti alzi per riavviarmi il fuoco dentro le vene |
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