paese reale

“Non-ci-posso-credere” avrebbe esclamato il buon Aldo Baglio, del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo. Le immagini, ancora ieri rimandate in onda da Telenostra, dell’incontro ravvicinato fra Claudio Mauriello, presidente facente funzioni dell’Avellino calcio, ed il gruppo di tifosi che l’aveva contestato durante la conferenza tenuta nell’aula consiliare, su iniziativa del sindaco Gianluca Festa, restituiscono un clima completamente diverso dell’attuale momento critico che attraversa il mondo del pallone biancoverde. A rischio scomparsa definitiva dopo l’inusitata esplosione del caso De Cesare. 

Mentre, nel corso del dibattito davanti alle telecamere, il confronto aveva avuto toni molto duri, con alcuni dei rappresentanti della tifoseria avellinese che avevano espresso tutta la loro comprensibile rabbia per una situazione ancora poco chiara e venuta alla luce con circa un mese di colpevole ritardo, non mancando di chiamare “traditore” il presidente, avvocato dell’imprenditore napoletano caduto in disgrazia, e invitandolo più volte ad andare via assieme al suo socio; alla fine dell’incontro, quando Mauriello si è avvicinato agli ultrà, l’atmosfera tesa di qualche minuto prima è totalmente cambiata. Da conflittuale s’è fatta amichevole, con il presidente che, con familiarità, si dava del tu con quelli che lo avevano veementemente contestato, chiamandosi reciprocamente per nome, battendosi il cinque, salutandosi con baci, abbracci e strette di mano. Quasi fosse uno di loro. Solo momentaneamente sull’altra sponda. 

Una considerazione è d’obbligo. In altri tempi, di fronte a situazioni anche meno gravi di quella che stanno vivendo gli sportivi irpini, a causa di un’esposizione debitoria di dimensioni mostruose com’è quella di De Cesare, ora alle prese con il Tribunale fallimentare, la protesta dei tifosi, la loro mobilitazione era stata di massa e molto più combattiva. Ricordiamo gli storici cortei contro il presidente Sibilia, i furiosi tampinamenti nei confronti dei fratelli Pugliese, all’epoca della prima cancellazione dell’U. S. Avellino 1912, la rabbia verso l’incapacità di Taccone di iscrivere la squadra di calcio al campionato di B e la conseguente discesa negli inferi della serie D. Ora che il buio più totale avvolge il destino del Lupo, la reazione dell’ambiente biancoverde pare essere troppo tenue, non esattamente corrispondente alla criticità di una situazione di cui non si vedono vie d’uscita, quando già siamo giunti alla seconda metà di luglio, ad un mese circa dall’inizio della nuova stagione agonistica. 

Intanto che la pallacanestro Scandone è stata abbandonata, decidendone l’autoretrocessione dalla massima serie, non si pretende che siano alzate le barricate né che si arrivi a gesti violenti, ma, per ora, sono soltanto gli ultrà della Curva Sud ad aver preso una posizione intransigente verso la società artefice dello sfascio attuale del calcio biancoverde, attraverso striscioni che campeggiano intorno allo Stadio Partenio-Lombardi, nei quali si chiede a chiare lettere l’allontanamento di De Cesare e Mauriello. Poi ci sono gli altri sostenitori biancoverdi che un po’ attaccano la “superficialità” di Mauriello, un po’ lo perdonano, prendendosela solo con mister Sidigas, nel frattempo scomparso dalla circolazione. Mentre il tempo passa e l’oltranzismo dei capitifosi comincia ad affievolirsi.