paese reale

Piuttosto di chiedersi "perché ad Avellino non si produce cultura", come hanno fatto di recente alcune associazioni cittadine impegnate in prima linea sul fronte culturale, sarebbe il caso di interrogarsi sul perché l'amministrazione comunale, sindaco e assessore al ramo in testa, snobba sistematicamente ogni iniziativa di dibattito pubblico e riflessione, sottraendosi ogni volta al confronto.

Posto che il quesito su cui era incentrato l'incontro tenutosi ad inizio settimana al Circolo della stampa presentava un'evidente ambiguità, tanto da apparire quasi retorico, trovando la sua giustificazione solo alla luce della storica esperienza di animatore di manifestazioni ed eventi culturali del compianto Gaetano Vardaro e del suo eroico circolo Arci, pure rievocata nell'occasione; non si può considerare più ammissibile l'assenza di figure istituzionali in momenti di discussione con la cittadinanza come quello organizzato dal Koinè art lab e dal Presidio del libro di Avellino, con la partecipazione dei ragazzi dell'Unione degli studenti. Nel corso del quale il consigliere dell'opposizione Giovanni D'Ercole ed il presidente del civico consesso Antonio Gengaro si sono limitati a fare mero atto di presenza, per allontanarsi repentinamente appena il dibattito ha preso corpo.

In questo modo, l'iniziativa, che avrebbe potuto acquisire un'immediata rilevanza operativa, soprattutto rispetto alla questione dei contenuti con cui riempire le tante "scatole vuote", costituite dai vari luoghi di aggregazione solo formalmente restituiti alla città, dopo una lunga e dispendiosa opera di ristrutturazione, ma di fatto ancora chiusi ed inaccessibili, non ha avuto esiti concreti, oltre allo scambio di idee sul presente e ai contributi alla memoria del passato migliore della nostra città, che pure ci sono stati. E per la giunta Galasso si è trattato dell'ennesima opportunità di fare chiarezza clamorosamente mancata

Ammesso che il capoluogo irpino è da sempre tagliato fuori dalla cosiddetta "industria culturale"  (circuito della grande musica compreso), affrontare il tema della produzione di cultura da queste parti significa sottoporre a critica il provincialismo localistico che la caratterizza, sia per quanto riguarda le proposte di intrattenimento che le offerte di carattere intellettuale più elevato con le quali la cittadinanza avellinese è chiamata a misurarsi. Fra appuntamenti di nicchia e manifestazioni nazional-popolari, sagre di quartiere, spettacoli rionali a base di zumba fitness e balli latino-americani. Questi ultimi i più gettonati nelle iniziative promosse finora dall'amministrazione comunale.

Fin quando si continuerà ad allestire eventi gestendo il sottobosco delle micro-associazioni locali senza scegliere con criteri meritocratici, ma favorendo i "soliti noti", piuttosto di puntare ad una rigorosa selezione di qualità e, magari, a pochi investimenti importanti per special guests di assoluto rilievo; se non si inizierà, al contempo, un'attenta opera di formazione nel senso della professionalità, il problema dell'offerta culturale per tutti gli avellinesi, e non solo per le elites a cui si rivolge il Cda del Teatro "Gesualdo", non sarà toccato e noi continueremo a chiederci invano perché ad Avellino non si produce cultura, ma tanta cura del corpo e zumba fitness.