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FIAT, MARCHIONNE AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE: "VOGLIAMO GARANZIE"

Post n°608 pubblicato il 28 Luglio 2010 da ponte.mammolo

Non esistono mezze misure per Sergio Marchionne. O si segue la linea tracciata oppure Fiat fa le valigie e se ne va. Al tavolo delle trattative con le parti sociali per il futuro di Mirafiori e il trasferimento in Serbia della produzione della nuova monovolume, convocato dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, l'ad del Lingotto si siede solo per dettare le sue condizioni. Il piano Fabbrica Italia non è in discussione a patto che ci siano le garanzie sull'efficienza degli impianti. "Siamo l'unica azienda - dice Marchionne - ad investire 20 miliardi nel Paese, una cifra pari quasi a quella della Finanziaria. Ma dobbiamo avere garanzie che gli stabilimenti possano funzionare". Dall'altra parte del tavolo, le opzioni sono solo due: o sì o no.  Una risposta affermativa, argomenta Marchionne, "vuol dire modernizzare la rete produttiva italiana", mentre una negativa significherebbe "lasciare le cose come stanno, accettando che il sistema industriale continui ad essere inefficiente e inadeguato a produrre utile e quindi a conservare o aumentare i posti di lavoro".
Marchionne fa solo gli interessi della Fiat e ne risponde agli azionisti: "Le nostre non sono minacce, ma non siamo disposti a mettere a rischio la sopravvivenza del'azienda, perchè dobbiamo decidere se avere un settore auto forte in Italia o consegnarlo ai competitori esteri". Nel peggiore dei casi il piano Fabbrica Italia si cancella e gli altri investimenti verranno ridimensionati. Suona quasi come una minaccia. E oltre ai ragionamenti industriali c'è anche l'arma: il contratto nazionale dei metalmeccanici in scadenza nel 2010. Marchionne prospetta anche la possibilità di disdetta con conseguenti problemi sociali e di disoccupazione: "Se necessario - afferma l'ad - siamo disposti anche a seguire questa strada. Per noi la cosa importante è raggiungere il risultato e avere la certezza di gestire gli impianti. Produrre a singhiozzo, con livelli ingiustificati di assenteismo, o vedere le linee bloccate per giorni interni è un rischio che non possiamo accollarci".
Serbia - "Assegnare la produzione della nuova monovolume a Mirafiori, come era stato anticipato a dicembre nell'incontro di Palazzo Chigi, era una delle tante possibilità sul tavolo", dice Marchionne sulla delocalizzazione da poco annunciata. Poi spiega le motivazioni della strategia: "La scelta che abbiamo fatto di portarlo in Serbia è nata considerando i tempi stretti che avevamo a disposizione per iniziare i lavori e adeguare le linee di produzione. Il progetto doveva partire al più presto, sia per ragioni commerciali, sia per ragioni industriali". A ogni modo, Marchionne si affretta a precisare che "la gamma dei prodotti prevista nel piano quinquennale del gruppo è talmente ampia che ci sono altre possibilità a disposizione" per mantenere i livelli di produzione previsti.
Cisl favorevole - Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, risponde con un "sì senza se e senza ma". Però, aggiunge il leader della Cisl "Marchionne faccia chiarezza sul fatto che le modalità dell'investimento rimarranno nel perimetro delle regole del nuovo sistema contrattuale che abbiamo costruito".
Epifani: "Non usare i carrarmati" - "Non occorre usare carri armati per spianare le strade. Servono meno muscoli e più consenso", ha dichiarato il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, entrando nella sede della Regione Piemonte. Rispondendo sulla newco "Fabbrica Italia Pomigliano", che dovrà assorbire i dipendenti che produrranno dal 2011 la nuova Panda con un nuovo contratto di lavoro, Epifani ha avvertito che "la cosa migliore prima di avventurarci su strade che non si sa dove possano portare è andare al confronto con la Fiom e lavorare per trovare una mediazione". Per questo motivo la Cgil chiede "lavoro, occupazione e investimenti anche in Italia". A detta di Epifani, l'incontro odierno è "necessario" dopo la scelta della Fiat di portare la monovolume in Serbia  e- ha concluso- "non dobbiamo dimenticarci anche il futuro di Pomigliano e di Termini Imerese. Dobbiamo avere qualche certezza. I lavoratori non possono continuare a vivere nell’incertezza".

 
 
 
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