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« TESTIMONIANZA DEL BAMBINOLA MEMORIA DELL' EVENTO »

TESTIMONIANZA MINORE, MEMORIA , FANTASIA, SUGGESTIONE..

Post n°209 pubblicato il 14 Maggio 2007 da psicologiaforense
 

immagine

Oggi la ricerca ha compiuto decisivi passi in avanti, ma non si è ancora fatta piena luce sui meccanismi che governano la percezione, l’immagazzinamento e il ricordo dei bambini, specie quando - e il caso è drammaticamente sempre più frequente - la capacità mnestica e la competenza testimoniale debbano essere messe alla prova in processi che riguardano l’abuso sessuale o gravi fatti di sangue. Penso, solo,  a processi che conosco direttamente: il processo Mandalà, celebrato nel settembre 1996 a Palermo, in cui la Corte d’Assise d’appello ha assolto un imputato, condannato in primo grado a 26 anni di reclusione, sulle dichiarazioni di una bambina di 2 anni e 8 mesi che aveva assistito all’omicidio dei genitori. Emblematica delle difficoltà di valutazione delle parole di un minore è una sentenza della Corte di Cassazione (n. 1158/1995) che ha annullato con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva condannato a 22 anni di reclusione un imputato ritenuto colpevole di omicidio sulla base delle dichiarazioni di una bambina di tre anni. PER NON PARLARE DI BRESCIA DI RIGNANO FLAMINIO In questi, come in altri casi, la sentenza o l’ordinanza del tribunale del riesame si basa esclusivamente sulle parole e i ricordi, spesso ormai lontani nel tempo, di bambini piccolissimi che, a dispetto della loro indiscutibile immaturità, vengono equiparati, sotto il profilo della credibilità, al testimone adulto. Ma il bambino non è il soggetto emotivamente stabile e padrone dei propri processi cognitivi su cui il legislatore ha calibrato le regole ordinarie in tema di testimonianza. II bambino cambia in continuazione i propri atteggiamenti cognitivi, si muove seguendo percorsi suoi da un luogo all’altro, gioca tra realtà e fantasia, decodifica a modo suo i segni e gli indizi che il mondo esterno gli offre, si costruisce un archivio di ricordi in cui il vero e il fantastico occupano legittimamente lo stesso spazio e convivono senza problemi. Il suo tempo è quello reversibile dei giochi e della fantasia, la sua mente costruisce e contestualizza frammenti visti o sentiti raccontare secondo criteri inaccessibili al pensiero adulto, la sua competenza cognitiva impiega l’immaginazione per ricomporre immagini e trasporre esperienze vere o sognate in vari sistemi simbolici. Insomma, il bambino vive e si muove in una dimensione che gli adulti hanno dimenticato, che non sanno più decifrare o che preferiscono ignorare. Il problema è soprattutto rappresentato dallo stato di “addormentamento” di molti adulti verso certi aspetti della vita infantile. Ad esempio, poco si sa e poco si vuol sapere sulla vita sessuale del minore (non esiste neppure una terminologia specifica per descrivere le manifestazioni della sessualità infantile). Eppure, uno dei fattori decisivi che orientano verso l’eventualità dell’abuso consiste proprio nel comportamento sessuale esibito dal bambino. L’adulto, sul falso presupposto che il bambino, di per sé, non ha interesse per il sesso e le sue manifestazioni. considera ogni manifestazione o curiosità attinente a questa sfera come un importante “indicatore” di avvenuto abuso. “Si tocca”: ergo, qualcuno glielo ha insegnato. L’anomalia è in re ipsa e non deve essere dimostrata. È come se gli adulti, esperti e no, volessero “dimenticare” che i bambini hanno una loro specifica sessualità, peraltro ampiamente descritta nella sua natura e caratteristiche da una imponente mole di studi e di ricerche (Bernardi, 1993; Gulotta, et al.. 1996; Briere et al., 1996). In particolare, la ricerca ha stabilito delle linee di demarcazione che permettono di discriminare con ragionevole certezza, tra comportamenti sessuali naturali, comportamenti sessuali che destano attenzione e comportamenti sessuali che richiedono interventi. Ad esempio, è naturale che un bambino giochi “al dottore” ed esplori il corpo degli altri; il comportamento desta attenzione se il ricorso a questo gioco è frequente anche dopo essere stato proibito; richiede intervento se il bambino obbliga gli altri bambini a fare questo gioco e a spogliarsi.

 

 

 

psicologia forense       continua.........

 
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