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Post n°7974 pubblicato il 20 Luglio 2014 da psicologiaforense
Nessuna epoca è più favorevole alla persona anziana come l'attuale. Ma in nessuna epoca «il problema dell'anziano» è mai stato sentito così vivo, così tragico e drammatico. Ciò sembra un paradosso, perché viviamo in un mondo in cui la medicina ha fatto e fa tali progressi da dilatare sempre di più la vita media ben oltre il traguardo dei 75 anni... LA VECCHIAIA TRA PREGIUDIZI E STEREOTIPI La valutazione che ogni epoca storica ed ogni composizione sociale ha dato e dà della vecchiaia risente di DUE OPPOSTI STEREOTIPI UNO POSITIVO E UNO NEGATIVO. Il primo. L'anziano è un saggio, è un depositario dell'esperienza comune del gruppo, ha una maggiore capacità di introspezione, è più equilibrato, riesce a cogliere meglio l'essenza dei problemi, e tutte queste qualità riescono ampiamente a compensare il suo declino corporeo. Non è difficile scorgere in uno stereotipo positivo di questo genere il ruolo dell'anziano in una società più primitiva, prevalentemente agricola, con ritmi di sviluppo molto lenti ed in una struttura familiare molto allargata. In una società di questo tipo i «vecchi» erano pochi e i parametri dei valori etici e di costume della persona anziana, erano ancora validi per tutto il gruppo. Il secondo. Il vecchio è debole, si ammala facilmente, non è autonomo, richiede assistenza, decade mentalmente, si dimentica le cose, è un incontinente emotivo, ritorna ad essere come un bambino, ma un bambino malato. A questo stereotipo negativo, che anche in tempi antichi aveva una sua diffusione, si sono poi aggiunte altre considerazioni. L'esperienza acquisita da una persona anziana nella sua vita precedente, oggi, non serve più a nessuno, anzi è probabilmente un impaccio anche per la sua esistenza: il vecchio non è in grado, e soprattutto non desidera, apprendere cose nuove, adeguarsi alle nuove tecnologie, non è più in grado di seguire il ritmo del lavoro del mondo moderno, non è più in grado di produrre. In una società basata tutta sulla produttività e sull'efficienza individuale, questo è senz'altro l'aspetto più deleterio dello stereotipo negativo che viene fatto coincidere con la vecchiaia e che obbliga l'anziano ad assumere ruoli passivi, marginali o addirittura a perdere qualsiasi ruolo. Questo stereotipo negativo riflette, inoltre, l'attuale composizione sociale, in cui la maggioranza delle persone anziane ha scarse possibilità economiche e quindi di spesa e in cui la famiglia, da allargata, si è ridotta alla famiglia nucleare, ed anche la famiglia nucleare attraversa un momento di crisi, forse definitiva.
NOTA INTEGRATIVA La vita è sempre una reazione ad ogni variazione, ad ogni mutamento, nel tentativo di ristabilire un equilibrio. All'avvicinarsi ed all'inizio della vecchiaia si reagisce a vari livelli e contemporaneamente. Si reagisce: a) percependo il mutare del mondo esterno, il rapidissimo variare di usanze, credenze, valori etici, applicazioni tecnologiche e, soprattutto, per la sensazione di non capire più la società, gli altri, i giovani, per la sensazione di non essere in grado di rispondere e di adeguarsi ai cambiamenti. b) alla pressione del mondo esterno, che valuta ormai l'anziano come persona non più efficiente, bisognosa di assistenza, decaduta e malata, e che praticamente impone all'anziano questo ruolo. c) alla percezione del mutare del proprio mondo interiore, alla sensazione del calo delle proprie prestazioni mnemoniche, di attenzione, di coinvolgimento affettivo. d) al mutare della propria proiezione nel futuro. Nella nostra società attuale, il problema della morte è eluso, nascosto. Ma, giunti alla vecchiaia, la proiezione nel futuro porta inevitabilmente a dover affrontare il problema della morte, che si comincia a percepire come una presenza sempre più consistente. e) alle angoscie di separazione dai figli, dal coniuge, dagli amici più cari. Quale risonanza emotiva nel vecchio alla notizia che un semplice conoscente è morto! Tutti questi aspetti psicologici sono implicati nel mutare del proprio mondo interiore. f) al mutare del proprio corpo, al declino della vista, dell'udito, della forza muscolare, della capacità respiratoria. Si reagisce al declino della propria sessualità e comunque all'aumentare delle difficoltà nel poterla esercitare. g) ad ogni malattia somatica, purtroppo frequenti, in questa epoca della vita. Ogni malattia è vissuta come una grave minaccia alla propria integrità e sicurezza fisica, è sempre vissuta come un avvicinarsi del pericolo dell'invalidità, della perdita dell'autosufficienza fisica, della morte.
Sono tutte, queste, reazioni alla perdita della propria identità: identità corporea, sessuale, intellettuale, familiare, della propria autonomia e della propria professionalità. Tali perdite s'intrecciano variamente fra loro nel tempo e possono portare a tentativi di adattamento positivo, di negazione o di passiva regressione, tentativi non stabili, naturalmente, e mutevoli. Per la maggioranza degli anziani, questi modelli reattivi non implicano l'insorgere di veri quadri clinici patologici ma, da quanto detto, s'intuisce che, anche se transitori, questi quadri sono molto frequenti nella vecchiaia.
Commenti al Post:
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:27 via WEB
Negli ultimi decenni, gli anziani sono molto aumentati in cifra assoluta e percentualmente rispetto alle altre fasce di età. Ciò crea pesanti problemi assistenziali, sanitari ed anche psico-sociali destinati ad aggravarsi in un vicino futuro.
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maraciccia il 20/07/14 alle 18:04 via WEB
Un quadro lucido della situazione..ci cambiano i pezzi, e viviamo più a lungo..lenti in una società superveloce.
Moltissimi con pochi mezzi e quasi in povertà, pochi da nababbi. E tengono stretti i loro privilegi come fossero eterni, invece lasceranno tutto anche loro
(Rispondi)
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:30 via WEB
Grazie. Vedi MARA lo stereotipo della vecchiaia nella nostra cultura è uno stereotipo prevalentemente negativo, e questo influisce sul decorso della vecchiaia stessa. Infatti, l'anziano reagisce alla marginalità ed alla emarginazione verso cui viene sospinto...
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:32 via WEB
.... la "reazione" MARA può essere di tipo regressivo, e può manifestarsi
con una notevole ricchezza di quadri clinici diversi. Fra questi prevalgono gli stati depressivi, con sullo sfondo lo spettro del suicidio, stati depressivi favoriti e scatenati dall'isolamento, dalla solitudine, dall'abbandono, dalle difficoltà economiche e sociali....
(Rispondi)
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claude888 il 20/07/14 alle 18:05 via WEB
Nella nostra società, alla massa di persone anziane viene collegato il secondo stereotipo quello pesantemente negativo, e tutto ciò che è connesso con la vecchiaia porta questa connotazione deficitaria.
(Rispondi)
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:36 via WEB
Esattamente. L'esistenza della persona anziana nella nostra epoca si presenta più difficile e più problematizzata che per gli altri gruppi di età.
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:36 via WEB
Ancora cento anni fa, la popolazione ultra-sessantacinquenne rappresentava una ben piccola parte della popolazione. Si può ipotizzare che nei secoli precedenti l'ultra-sessantacinquenne, per quanto presente, fosse quasi una rarità. Il significato stesso di anziano era riferito ad un'età molto più bassa, usualmente già ai cinquantenni.
(Rispondi)
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:40 via WEB
.... balza agli occhi che il «fenomeno anziano» è un fenomeno recente, diretta conseguenza del miglioramento del tenore di vita e dell'estensione con mezzi efficaci dell'assistenza sanitaria e sociale. La vita media si è enormemente dilatata negli ultimi cinquant'anni, per il calo della mortalità infantile ma anche per la quasi scomparsa delle morti per malattie infettive.
(Rispondi)
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maraciccia il 20/07/14 alle 18:07 via WEB
ops....mi son vista all'improvviso quegli occhi..bello!
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mark_marchi il 20/07/14 alle 18:17 via WEB
VECCHIAIA implica un concetto di involuzione, di periodo terminale di una lunga parabola, di anticamera della morte. Implica soprattutto il concetto della rottura dell'equilibrio tra la necessità di continui adattamenti, e la capacità di risposta dell'organismo. Il processo involutivo avviene a vari livelli contemporaneamente e la progressione di questi livelli non coincide quasi mai.
(Rispondi)
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:43 via WEB
Proprio così. Abbiamo tre aspetti della senescenza in contemporaneo e non coincidente movimento: una senescenza biologica, una psicologica ed una sociale.
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 18:45 via WEB
La senescenza BIOLOGICA è rappresentata dal mutare e decadere del corpo. Anche a livello biologico, però, l'involuzione non è omogenea. Di fronte al continuo rinnovamento cellulare di alcuni distretti corporei (ad es., la pelle) abbiamo dalla nascita un numero fisso non rinnovabile di cellule di altri distretti (ed es., i neuroni).
Per ciò alcuni affermano che l'invecchiamento cerebrale comincia dalla nascita. L'organo che perde il massimo della sua funzionalità con l'età è il polmone, seguito, da vicino, dai reni. In conclusione l'invecchiamento corporeo è disomogeneo, colpendo più rapidamente alcuni organi ed apparati rispetto ad altri.
(Rispondi)
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job1111 il 20/07/14 alle 18:55 via WEB
Però in politica: tutto il potere è in mano ai vecchi. Ad iniziare dal Presidente della Repubblica (90 anni).
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 20:03 via WEB
Mi pare che Renzi abbia prospettato dei limiti di età e che voglia far scomparire le cariche attribuite dopo i 75 anni (docente emerito, presidente emerito, ecc..)
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SEMPLICE.E.DOLCE il 20/07/14 alle 19:01 via WEB
Dal punto di vista della fisica ciò che porta l'invecchiamento è dovuto al tempo e al moto a cui siamo sottoposti.
Più la velocità è alta è meno risentiamo degli effetti del degrado temporale perchè le nostre azioni rallentano mentre più la nostra velocità è bassa e più accelerano le nostre azioni e quindi il tempo accelera....
(Rispondi)
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 19:46 via WEB
Fin dalla nascita il numero dei neuroni può solo diminuire. Il massimo dello sviluppo cerebrale (in senso funzionale) si ha nei primi anni di vita con il proliferare delle connessioni interneuroniche. Da allora in poi inizia un lento spopolamento neuronale che si accentua dopo il sessantesimo anno di vita (si perdono quotidianamente anche 10.000 neuroni): l'encefalo diminuisce lentamente di volume, si notano delle neo formazioni a livello istologico (le cosiddette placche senili) ecc.; ma un fatto è incontestabile: non v'è una correlazione diretta fra lo stato di questa involuzione fisiologica cerebrale ed il mutare psicologico della persona, perché quello che conta non è tanto il numero dei neuroni quanto il numero delle interconnessioni neuroniche.
(Rispondi)
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SEMPLICE.E.DOLCE il 20/07/14 alle 19:02 via WEB
ciao Giuliana, a dopo vado a cena !*_^buona cena a te e a tutti gli amici presenti:))ciao..
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boscia.mara il 20/07/14 alle 19:24 via WEB
Ciao Giuliana, noto anch'io che gli anziani vengono considerati soltanto un peso quando invece ogni loro parola dovrebbe essere presa e considerata come pietra preziosa da cui trarre un po' di saggezza.
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 19:51 via WEB
L'involuzione corporea porta al calo di efficienza di funzioni e di prestazioni. Diminuisce la forza muscolare, diminuiscono le possibilità di sforzo e lavoro fisico, diminuisce l'acuità visiva, diminuisce l'udito; i movimenti fini sono più difficilmente coordinati, diminuisce la rapidità di adattamento dei parametri biologici per mantenere l'omeostasi dell'ambiente interno del nostro corpo. Una parte di questi mutamenti è difficilmente percepibile alla nostra coscienza. Altri, soprattutto i deficit che riguardano un'alterazione della nostra relazione con il mondo esterno, hanno un'immediata risonanza psicologica. Si pensi come alcuni di questi deficit inizino ben prima del limite cronologico fissato per la vecchiaia (vista, udito) ed evidenzino, non solo a noi stessi, ma anche agli altri, l'inizio dell'involuzione del nostro corpo.
(Rispondi)
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 19:52 via WEB
E' ANCHE VERO PERO' che alcuni grandi artisti (cito solo Tiziano e Verdi) hanno prodotto le loro opere migliori in tarda età!!!
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boscia.mara il 20/07/14 alle 20:19 via WEB
A conferma di ciò che ho sempre pensato! Infatti io credo che ci siano delle capacità in noi che possono manifestarsi solo ad un certo grado di maturità.
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monellaccio19 il 20/07/14 alle 20:24 via WEB
Salomonicamente, ho un piede nel primo stereotipo e un piede nel secondo. Sono....stereofonico.
Buona sera Giuliana.
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Praj il 20/07/14 alle 20:35 via WEB
Purtroppo pregiudizi e stereotipi sono molti diffusi. Tutti ne sono vittime, sia giovani che vecchi. E' una fenomenologia trasversale ad ogni generazione. La risoluzione del problema starebbe nel liberarsene, ma è una cosa tutt'altro che facile. Questo perchè molti fondano la loro esistenza e le loro identità su pregiudizi e stereotipi e non hanno il coraggio e l'apertura mentale per superarli. O, spesso, non hanno nemmeno la consapevolezza di esserne impregnati, e sui quali imbastiscono tante fantasiose quanto soggettive credenze. :-)
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Praj il 20/07/14 alle 20:39 via WEB
Tutto ciò a prescindere dalla obiettiva realtà di inesorabile declino che tanti vecchi si trovano a vivere, sia per motivi psicofisici che per motivi economici.
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 21:36 via WEB
Perchè lo stereotipo è rassicurante e non richiede nè spirito critico nè ragionamento. E' un comodo pensiero già fatto e pronto all'uso..
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 21:38 via WEB
..più precisamente è un'opinione precostituita che riproduce forme schematiche di percezione e di giudizio
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psicologiaforense il 20/07/14 alle 21:29 via WEB
Sì, proprio per questo l'organizzazione dell'assistenza all'anziano deve cercare di limitare al massimo l'isolamento sociale, deve cercare di favorire gli scambi comunicativi e di ridare a questo se possibile un'identità ed un ruolo anche se marginale.
Quando necessario, deve essere in grado di fornire un aiuto duttile, differenziato, che tenga conto anche delle esigenze psicologiche dell'anziano ed eviti, finché possibile, ogni forma di ricovero.
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jennyfertrav il 20/07/14 alle 22:07 via WEB
Resta ad ogni modo il dubbio su quale sia in effetti l'identificazione dell'anziano, per uno che ha lavorato più di 35 anni in uno stabilimento a Marghera credo sia utopia il traguardo dei 75 anni, specie se si ritrova in cassa integrazione e senza lavoro a 57 anni, dove è troppo giovane per aver diritto alla quiescenza e troppo vecchio per un altro impiego. Ma ditemi, quanto è realmente lecito definire l'anzianità o la "vecchiezza" solo in base a parametri di sondaggio alla longevità generale?
(Rispondi)
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 10:56 via WEB
Stabilire a quale età una persona debba considerarsi anziana non è stato e non è facile.
Ogni scelta generalizzata è artificiosa, perché il concetto stesso di anziano coinvolge aspetti sociali, psicologici e somatici che non sono affatto coincidenti. Nel mondo industrializzato, la componente sociale, legata alla
produttività, è stata determinante nel fissare il limite cronologico. Pur con qualche discordanza, si accetta quasi universalmente che, parlando di anziani, ci si riferisca a persone che abbiano superato i 65 anni di età.
(Rispondi)
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maraciccia il 20/07/14 alle 22:50 via WEB
sto già pensando a cosa farò dopo i sessanta..forse mi darò al disegno in bianco e nero..se non mi tremoleranno troppo le mani
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 11:02 via WEB
Carissima MARA, l'anziano può conservare integra la propria efficienza psichica globale, utilizzando soprattutto la vicarianza delle attitudini. Può cioè vicariare eventuali deficit utilizzando e potenziando altre funzioni e fattori, in modo da poter sempre ottenere un discreto equilibrio delle sue capacità psichiche globalmente intese.
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 11:04 via WEB
..... tante cose mutano, tante crisi devono essere affrontate e spesso tutto questo porta ad una catastrofe psicologica, ma rimane la possibilità che i nuovi equilibri raggiunti siano anche a livelli superiori, per alcuni aspetti, di quelli precedenti. Inoltre, rimane costante nel tempo lo stile cognitivo ed una serie di fattori percettivi e logici connessi con l'intelligenza.
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maraciccia il 20/07/14 alle 22:51 via WEB
l'importante è la limpidezza mentale..ho ammirato la Montalcini..ma anche la Merini
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 11:09 via WEB
In Italia la donna casalinga, superata la tempesta della menopausa ed il distacco dai figli, sopporta meglio la vecchiaia, anche a 94 anni pensa alle tende da cambiare in soggiorno. In genere, infatti, mantiene una sua produttività nella gestione della casa e quindi mantiene a lungo il suo ruolo. Ma le donne lavoratrici e l'uomo risentono bruscamente dell'età del pensionamento. In quell'esatto momento, la nostra società fa aderire a queste persone uno stereotipo negativo e le persone stesse si adeguano rapidamente a quello che la società si aspetta, o meglio, non si aspetta più da loro.
(Rispondi)
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maraciccia il 22/07/14 alle 12:15 via WEB
non è facile vivere, e nemmeno morire Giulianina
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mark_marchi il 21/07/14 alle 16:07 via WEB
OGNUNO E' UN GENIO ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi uno stupido
(Rispondi)
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amistad.siempre il 21/07/14 alle 18:20 via WEB
"Vecchio... Quando non è finita,
hai ancora tanta vita... Vecchio, sì,
con quello che hai da dire, ma vali quattro lire, dovresti già morire,
tempo non c'è ne più, non te ne danno più! E sei tagliato fuori, quelle tue
convinzioni... le nuove sono migliori,
le tue non vanno più! Ragione non hai più... Mentre ti scoppia il cuore, non devi far rumore, anche se hai tanto
amore, da dare a chi vuoi tu! Vecchio sì... Con tanto che faresti, adesso che potresti non cedi perché esisti, perché
respiri tu..." Cara Giuliana... come avrai certamente capito, sono dei brani della bellissima "Spalle al muro" di Renato Zero... Un compendio a quel che è il tuo "condivisibilissimo post"... Non ho avuto la fortuna di conoscere i miei nonni. Né paterni né materni... Ma, in compenso, sono cresciuta insieme a zii molto anziani e da loro, nonostante l'enorme differenza d'età, ho appreso moltissimo... Soprattutto ho capito che essi sono una fonte inestinguibile e insostituibile, se solo ci si sofferma ad "ascoltarli"... Certo, ci sono anziani che, a causa di malattie debilitanti ed invalidanti, possono essere "impegnativi"... Ma questo vale anche per chi "vecchio" non lo è... E come scriveva Marquez... "La morte non arriva con la vecchiaia ma con la "dimenticanza"!... Non c'è peggior modo di morire che l'essere... dimenticati... Magari in... un angolo...! E pensare che in tantissime "civiltà" i "vecchi" sono considerati "Sacri"! Grazie per le riflessioni che, leggendoti, ho potuto fare... Buona nuova settimana... Serena serata! Rosa
(Rispondi)
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 21:10 via WEB
Grazie a te carissima Rosa per questa intelligente ed opportuna integrazione:-)))BUONA SETTIMANA!
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ormalibera il 21/07/14 alle 18:33 via WEB
Questi anziani vengono da una vita molto diversa da quella attuale. Hanno mangiato cibo non contaminato e vissuto importanti e profonde esperienze. Oggi vengono emarginati, strumentalizzati, sfruttati da tutti da figli e nipoti disoccupati, da uno stato che li utilizza come riserva a cui attingere a piene mani sulle già scarse pensioni, dopo una vita di lavoro vero. Il decadimento fisico vero inizia quando avviene quello mentale. Chi conserva entusiasmo e voglia di vivere non muore come uno straccio vecchio. Mio nonno (all'epoca non c'era la pensione) fino all'ultimo giorno di vita ha lavorato nei campi. Era forte e vitale perché amava la terra, le persone che lo circondavano. La vecchiaia oggi colpisce più i ragazzini che gli ottantenni. Sono privi di vitalità da subito.
(Rispondi)
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 21:14 via WEB
E' tragicamente vero quello che scrivi! Inoltre, la famiglia nucleare moderna ha solo la funzione della procreazione e del parziale allevamento dei figli ed anche queste ultime funzioni sono messe in discussione. Non è più un luogo di produzione. L'educazione è esterna. Anche la ricreazione, quando non è del tutto esterna, è gestita tramite la TV dall'esterno. In una famiglia di questo tipo, perso il suo potere economico, il vecchio non ha spazio, non ha ruolo. Al massimo, finché è in grado, può assumere il ruolo del baby sitter per i nipotini.
(Rispondi)
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 21:18 via WEB
.... Tutto ciò porta ad una pressione verso l'invecchiamento
e a favorire momenti di gravi crisi anche psicologiche. La perdita di un ruolo e la ricerca di un nuovo equilibrio può essere catastrofica. L'emarginazione e la marginalità rispetto al macro- ed al micro-gruppo sociale è fortemente patogena per il benessere psichico, ed a sua volta, il disagio psichico è patogeno, in via psicosomatica, per la salute fisica.
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Hamsho il 21/07/14 alle 21:07 via WEB
Come il sole al tramonto che dona l'ultimo bagliore agli occhi, stanco un vecchio posa la mano sul viso per lasciare un'ennesima carezza.
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psicologiaforense il 21/07/14 alle 21:24 via WEB
Questa è la visione "poetica" della senescenza. In realtà, la posizione stessa dell'anziano nella nostra società è predisponente alla reazione depressiva. Ho già detto di tutte le numerosissime situazioni di perdita: della sicurezza, del lavoro, del proprio ruolo e della propria identità, spesso della propria salute. A ciò si aggiungono i numerosi lutti e tutte le angosce di separazione che ho elencato. Talvolta, nell'anziano, può bastare il cambio dell'abitazione per scatenare una
violenta reazione depressiva. Naturalmente, perché questo avvenga, occorre che la struttura caratteriale sia già stata strutturata, dall'infanzia e dall'adolescenza, con la tendenza a reagire in senso depressivo clinico alle situazioni di perdita. La reazione depressiva non ha caratteristiche diverse rispetto a quelle in età precedenti, tranne per il rapido coinvolgimento somatico (anoressia, stipsi, insonnia, ecc.) con conseguente decadimento più grave che nell'età giovanile e con la possibilità di infezioni intercorrenti.
(Rispondi)
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Hamsho il 21/07/14 alle 21:40 via WEB
Non c'è verso più bello nell'accogliere e stringere tra le nostre braccia le problematiche dell'anzianità, affinchè anche l'ultimo giorno si spenga in un sorriso di riconoscenza.
(Rispondi)
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ferrarioretta il 24/07/14 alle 12:58 via WEB
Non mi riguarda:)))))))))
ahahahahah....Certo sono cambiata,specie dopo l'infarto,ma ho sempre buona memoria, lavoro, sono attiva con il cervello..e con le gambe.
Sono curiosa di sapere,di leggere,ci comunicare..(chiavetta permettendo).
Che c'è da aggiungere? Ah,sì...devo giocare una schedina..ahahahah
A parte scherzi,cara amica...oggi la maggior parte degli anziani sono emarginati,come dici tu..la nostra società corre troppo,ma nella sua corsa perde tanto..forse le cose più importanti,quelle che se non sono ricordate spesso ..passano di moda.
Una cosa mi è rimasta dentro,tanta ironia....
(Rispondi)
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