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Messaggi del 03/07/2016

 

IL BAMBINO NEL POZZO

Post n°8655 pubblicato il 03 Luglio 2016 da psicologiaforense

Possiamo  immaginare, dentro ognuno di noi, un bambino in condizione non dissimile da quella del povero Alfredino, che grida e non viene udito, si esprime ma non viene compreso, cerca aiuto e però non ne trova.Ho scritto nel precedente post: " Una persona per salvarsi  ha bisogno che un altro  lo aiuti per questo tutta la sua vita è un grido silenzioso verso questo altro sconosciuto...."

 

VERMICINO: TUTTA L'ITALIA NEL POZZO

Molti di voi ricorderanno il  dramma di Vermicino, oggetto, si lamentò, di una stentorea, riprovevole e forse un po' ripugnante notificazione. Che eccesso vi fosse non par dubbio, anche se si trattò per certo, e non solo da noi, di una sincera partecipazione corale. Troppo facili dunque quegli sdegni, pur essi corali, qualora si rifletta sul fatto che la situazione del bambino nel pozzo esemplifica metaforicamente fino all'archetipo la posizione esistenziale dell'uomo; dell'uomo che, se "nasce a fatica" ed urlando dal pozzo della natura, è solo per cadere in un altro e più profondo pozzo, in cui inesorabilmente scivolare, continuando ad urlare in varia guisa e poi sempre più piano la sua presenza e la sua identità, fino a perdersi "in pulvere".  Possiamo allora immaginare, dentro ognuno di noi, un bambino in condizione non dissimile da quella del povero Alfredino, che grida e non viene udito, si esprime ma non viene compreso, cerca aiuto e però non ne trova. Per restare nell'allegoria, quando si cercò di soccorrere il bambino nel pozzo, dopo gl'interventi selvaggi dei primi sprovveduti che con i loro maldestri e avventati tentativi compromisero ogni successiva operazione, dopo i clamori e le accuse, si cercò un giovane abbastanza agile e snello, cioè adatto, dotato di esperienza specifica, speleologica, e lo si riconobbe adeguatamente coraggioso, per poi scoprire che a queste qualità, occorreva imparare ad aggiungere la pazienza: la pazienza di sopportare ripetute frustrazioni e il penoso insuccesso finale.

 
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“SIAMO STATI TUTTI DEI GRIDI PERDUTI NELLA NOTTE” , RIFLESSIONE DELLA DOMENICA, IN MENO DI VENTI RIGHE

Post n°8654 pubblicato il 03 Luglio 2016 da psicologiaforense

GRIDI DI VITA


La tensione dell’essere umano oltre se stesso verso un infinito altro di cui egli avverte la nostalgia ha un riscontro esistenziale nella percezione  che, in modi diversi, ciascuno di noi ha della propria fragilità e della propria miseria. Non si tratta solo dell’ansia di conoscere per vie diverse  dalla pura razionalità scientifica ciò che il mistero della realtà e della vita nasconde  ma di dare una risposta pratica al bisogno struggente di felicità che cova nel cuore di ognuno come un’invocazione. In psicoanalisi si afferma che “siamo stati tutti dei gridi perduti nella notte” e che “il luogo primario  della umanizzazione della vita è quello del grido perché esso esprime  l’esigenza della vita di entrare nell’ordine del senso, esprime la vita come appello  rivolto all’altro”. Il grido cerca nella solitudine della notte una risposta nell’altro. E’ questo grido che esprime  l’esigenza di salvezza. Non ci si salva da soli.  E' nota la storiella del barone di Munchausen che pretendeva di essersi liberato una volta dalle sabbie mobili tirandosi per i capelli. Questo è impossibile. Una persona per salvarsi  ha bisogno che un altro  lo aiuti per questo tutta la sua vita è un grido silenzioso verso questo altro sconosciuto.

 
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