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WERNER BISCHOF

Post n°85 pubblicato il 26 Maggio 2007 da PUNCTUM_staff
Foto di PUNCTUM_staff

In occasione della mostra tenutasi a Palazzo Magnani, Reggio Emilia

Werner Bischof nasce a Zurigo nel 1916.

Seguendo la sua attitudine alla pittura, frequenta per un anno un corso di disegno a Schiers. Insoddisfatto, nel 1934 si iscrive alla scuola di arti applicate di Zurigo dove frequenta il corso di fotografia tenuto da Hans Fisler. La sua carriera si sviluppa in aperto contrasto con la sua formazione: dal 1932 al 1936, studia infatti alla Scuola di arti applicate di Zurigo con il fotografo Hans Finsler legato alla Nuova Oggettività, percorrendo quindi in un primo tempo, con grande precisione e perfezione, la strada della fotografia realistica e di moda. Specializzatosi nello still-life e conseguito il diploma nel 1936, avvia un laboratorio di fotografia e grafica per manifesti e riviste; due anni dopo viene assunto dagli editori Amstutz & Herdeg. In occasione dell'Esposizione nazionale svizzera del 1939, progetta l'allestimento del padiglione delle arti grafiche e collabora alla realizzazione di quello della moda. Nel frattempo conosce Arnold Kubler, scrittore, uomo di teatro e caporedattore della rivista d'arte e cultura "Du", e con lui, tra il '41 e il '42, instaura un duraturo rapporto di collaborazione. Contemporaneamente, frequenta gli ambienti delle avanguardie artistiche zurighesi aderendo al movimento surrealista "Allianz ed entra a far parte, come collaboratore fisso, della redazione della rivista svizzera "Du" per la quale svolge principalmente l'attività di fotografo per i servizi di moda. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, dopo un breve soggiorno a Parigi, si arruola nell'esercito svizzero svolgendo anche la mansione di reporter di guerra. Quest'esperienza gli permette di valutare il divario esistente tra la fotografia in studio, basata su un'attenta pianificazione, e il fotoreportage, rapido nell'esecuzione quanto imprevedibile nelle dinamiche. Sceglierà quest'ultimo, per il contatto umano e la possibilità di continuo raffronto col presente, senza però rinunciare alla perfezione tecnica maturata nel corso della sua formazione.

Nel viaggio attraverso l'Europa documenta i disastri della guerra e collabora con le principali testate internazionali per le quali realizza alcuni importanti reportage nell'Europa martoriata dalla guerra, tra questi, uno dei primi riguarda gli italiani internati in Svizzera.
. Nel '48, fotografa per "Life" le Olimpiadi di Saint Moritz e l'anno seguente diventa membro della Magnum. Continua a viaggiare nell'Europa del Nord e dell'Est, e nel '50 torna in Italia, dove pubblica alcuni servizi su "Epoca". In quell'occasione effettua una quindicina di scatti anche in Sardegna documentando la durezza e l'arretratezza delle condizioni di lavoro nel Campidano di Cagliari e nell'Iglesiente.

Benché dedicandosi al fotoreportage abbia dovuto modificare il suo modo di lavorare, dove non conta più infatti l'immagine preparata ed elaborata in studio, bensì il momento reale, che è impossibile programmare, il fotografo svizzero continua a conservare intatta la sua sensibilità per la perfezione tecnica, per la luce come elemento creativo e per la struttura formale delle immagini. Diventa in pochi anni uno dei fotoreporter di maggiore spicco a livello internazionale del dopoguerra. Nel 1951, per conto della rivista americana "Vogue" attraversa l'India settentrionale e centrale e la provincia di Bihar devastata dalla carestia. Dopo un breve soggiorno nella provincia indiana e un anno trascorso in Giappone é la guerra a richiamarlo in prima linea, prima in Corea e poi in Indocina. Con il reportage in India Bischof riscuote il primo successo internazionale.

 Cofondatore dell'agenzia fotografica Magnum, Bishof attraversa l'Europa della ricostruzione confrontandosi con le macerie e la gioia di vivere, continuando poi il suo viaggio nella fotografia sociale. 
Il suo  sguardo perfezionista e acuto ci regala una bellezza formale di rara semplicità. Le sue sono foto silenziose, sia che esprimano armonia sia stridente denuncia.

Bishof si accorge presto, in Indocina nel 1952, di non essere un fotografo di guerra, dato l'istinto che lo porta a fotografare la bellezza della vita....

Sebbene l'estrema povertà della popolazione indiana lo scuote molto, l'artista svizzero rimane un osservatore distaccato che, anche nelle situazioni estreme, mantiene il senso della composizione.

Nel 1953, parte per gli Stati Uniti. L'anno successivo, su incarico della Magnum, torna nel sud del continente, Panama, Cile e Perù.

Il 16 maggio 1954, a soli trentotto anni, perde la vita in un incidente automobilistico sulla Cordigliera delle Ande.

Bischof è passato giustamente alla storia come il fotografo delle persone, dei volti di uomini donne e soprattutto dei  bambini colti nella loro quotidianità. 
Ci resta il ricordo dei suoi istanti d'argento

 
 
 
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