Creato da qualesperanza il 07/05/2011
Riflessioni sulla religione pratica

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La contentezza di essere cattolico

Post n°33 pubblicato il 27 Gennaio 2012 da qualesperanza
 

Padre Marcelo Rossi dichiara di essere contento di essere cattolico. C'è un articolo su Avvenire che ne dà conto di questo: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/marco-rossi-il-prete-cantante.aspx

Come si può essere contenti di essere cattolici?

Dice che c'è il pedono dei peccati. Già, i peccati che inventano loro, a seconda di come gli conviene, e a patto che ti penta sinceramente. Se oggi hanno deciso che le dita nel naso sono "atti impuri" vedrai che troveranno spiegazioni teologiche adeguate. Qualche padre della Chiesa avrà certamente detto qualcosa che, opportunamente interpretata, ti fa capire esplicitamente e senza possibilità di errore che quegli atti impuri sono un'offesa a Dio. Ma puoi serenamente avvicinarti alla confessione.

Al sacramento della riconciliazione mediante il quale, a patto di essere sinceramente pentito, puoi ottenere il perdono per questo atto impuro.

E se non riesci proprio a pentirti? Se non puoi in nessun modo considerare il gesto, che sì fai di nascosto per una sorta di pudore, atto privatissimo come pochi altri, ma non puoi in nessun modo considerarlo lesivo di qualcuno.

Men che meno per il Padreterno.

In tal caso sei condannato.

Ecco: sei schiavo del male. Schiavo del peccato. Non puoi più avvicinarti alla Comunione.

Comincia a vacillare tutta l'impalcatura.

Ma come... e tutto il resto?

Devi continuare a vivere cristianamente, devi rispettare tutti gli altri precetti, ma hai commesso quegli atti impuri e non ne sei pentito.

Ma questi atti impuri sono peccati veniali o mortali?

Ma come? Gli atti impuri sono peccati mortali. In qualche modo sono riconducibili ad uno dei 10 comandamenti.

Se ci pensi bene lo vedrai anche tu.

E poi i peccati veniali che genere di peccato sono?

Non comportano la dannazione? E allora a che serve pentirsi?

Ma i peccati non sono solo la violazione dei 10 comandamenti?

No. Gesù prima, e la Chiesa dopo, ne hanno introdotto molti altri.

Gesù si occupava dell'amore verso il prossimo. E non amare costituisce il nuovo peccato.

La Chiesa, che si è occupata di tutte altre questioni, ne ha inventati ogni giorno di nuovi.

Ha rimodellato i 10 comandamenti e ne ha aggiunti una pletora di altri.

Continua a farlo ogni giorno. E per ognuno di quelli trova la giusta spiegazione teologica.

La giustificazione intrinseca. E, quando fa comodo, fa appello alla legge naturale.

Quando non fa comodo, perché la legge naturale è decisamente inumana, allora la può ignorare.

Ma non perché sia inumana, bensì perché non va nel senso dell'insegnamento della Chiesa, anch'essa inumana.

Feroce e bestiale il più delle volte.

Senza scomodare il vecchio testamento, esercizio troppo facile per l'eccessiva abbondanza di violenze, vendette e maledizioni divine, si può far riferimento, ad esempio, al catechismo ufficiale odierno della chiesa cattolica.

Infatti al paragrafo 1250 del catechismo ufficiale della Chiesa Cattolica si legge che i bambini "nascono con una natura umana decaduta e contaminata dal peccato originale".

La cosa più pura e bella che possa esistere, un bambino neonato, nasce già decaduto e contaminato.

Poi, grazie alla Chiesa, mediante il battesimo, viene mondato e lucidato. Allora si che acquisisce splendore e natura umana. Prima no.

Tanto che se per caso muore prima di poter essere battezzato allora...?

Allora la Chiesa, negando tutto quello che ha detto fino ad ora, dice che, in considerazione del fatto che il bambino non può essere considerato ancora cattivo in senso stretto, poiché la grande misericordia di Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, nel caso dei bambini morti senza battesimo si può "sperare" che vi sia una via di salvezza anche per loro. Come si legge al paragrafo 1261.

Ma la Chiesa non lo assicura. Anzi: lascia il dubbio. E lo deve fare per forza altrimenti verrebbe a cadere la necessità impellente di battezzare immediatamente i bambini.

Il motivo per cui devono essere battezzati immediatamente?

Lo troviamo nella stessa pagina. Al paragrafo 1267 si legge che "il Battesimo incorpora alla Chiesa".

E più avanti, 1269, si legge che "divenuto memgro della Chiesa, il battezzato non appartiene più a se stesso" ...

..."Perciò è chiamato ad essere obbediente e sottomesso ai capi della Chiesa"... etc.

 

Si può essere contenti di essere cattolici?

Certo, se ti va tutto bene, se non ti capita di commettere quegli atti impuri, se non ti muore un bambino troppo presto,

forse puoi anche essere contento.

Ma se invece non sei stato così fortunato?

Non so quanto potresti essere contento.

Non so proprio.

Già.

 
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XXXI domenica tempo ordinario

Post n°32 pubblicato il 30 Ottobre 2011 da qualesperanza

Anche questa mattina il Vangelo presenta un discorso che è assolutamente inoppugnabile (MT 23, 1-12).

Come si può non essere daccordo con il fatto che non bisogna guardare a quello che fanno i predicatori?

Oggi, come ieri, chi dovrebbe dare esempio e testimonianza non è all'altezza, e non lo dichiara pur avendone l'occasione, come con il Vangelo di oggi.

Anche questa mattina, quindi, ho dovuto riconoscere assolutamente condivisibili, nonché attuali, le dichiarazioni di Gesù.

Tra le altre quella di "non fatevi chiamare padre perché uno solo è il Padre vostro". Infatti tutti i preti vengono chiamati "padre". Ma lasciamo perdere.

Ad un certo punto, però, ho capito. Mi sono ricordato di quello che veramente dicono questi predicatori, questi insegnanti che dobbiamo ascoltare, di cui dobbiamo fare ciò che dicono senza tener conto di ciò che veramente fanno. Che cominciano ad insegnare ben prima che tu possa avere capacità critica, in modo da inoculare il veleno dell'angoscia e del senso di colpa, del senso del peccato, ben prima che tu possa in qualche modo difenderti.

Parlano di una religione penitenziale, basata sulla penitenza e sulla mortificazione del sé (lo hanno fatto 40 anni fa e lo fanno ancora adesso),

  • dove ogni piacere è peccato, 
  • dove i bambini neonati, la cosa più pura e innocente che possa esistere, sono già macchiati dal peccato originale e quindi impuri, 
  • dove i figli devono pagare le colpe dei padri, 
  • dove solo loro sono chiamati ad una missione, 
  • dove i giovani che decidono di sposarsi con il sacramento in fondo non fanno altro che dare sfogo ai loro istinti animali cercando di elevarli ad un livello meno bestiale e non possono certo essere assimilati ai preti e ai predicatori, loro si chiamati ad una missione, 
  • dove i modelli da seguire sono quelli dei martiri, dei quali si descrive con dovizia di particolari i martìri e le pene (senza censura anche ai più piccoli), 
  • dove non possiamo fare a meno di peccare, perché tutto quello che è naturale è peccato, anche l'amore coniugale se non moderato e non per procreare, 
  • e dove quando pecchiamo rimettiamo sulla croce Gesù. Diventando colpevoli come chi fisicamente ha piantato i chiodi nella carne. 
  • Dove i bambini che non sono battezzati, se morti, sono persi.

Poi, per farci impazzire, o meglio per non lasciarci nessuna possibilità, cominciano a dire cose opposte. Del tipo che anche chi non ha conosciuto il Vangelo potrà salvarsi.

Quindi, noi che lo abbiamo conosciuto, siamo noi che siamo persi. Perché abbiamo avuto occasione di salvarci e non lo abbiamo fatto. Meglio nascere ignoranti.

Quindi, quando ho deciso di far battezzare le mie figlie vive, le ho condannate. E' tutto al contrario. Il messaggio di speranza, forse, è disperante. Forse non è speranza. Lo diventa se uno si adegua, altrimenti è tortura, disperazione.

Il Vangelo di oggi, quindi, dà al prete, al maestro, uno strumento in più per esercitare il suo potere. Non c'è più bisogno di portare esempio, di testimoniare perché non dobbiamo guardare alle sue azioni, che non corrispondono a quanto dice. Ma quello che dice non è già abbastanza spaventoso?

Ovviamente non è possibile parlarne con nessuno. La religione, specie quella positiva, è così: sta scritto e basta. Tu non puoi chiedere, parlare, dire la tua neanche con chi ti sta vicino. Non puoi pretendere che qualcuno ti ascolti. Non puoi neanche chiederlo.

Pèntiti e prega. Tanto non potrai evitare di peccare nuovamente. E allora a che serve? Tanto se non è per la misericordia di Dio non potrai mai nulla. Allora tanto vale... In ogni caso resti inutile e infelice. Non ci contare: tu non ti salvi. Qualunque cosa non servirà a te. Salvarti da cosa poi?

Questa vita va di male in peggio, e non puoi certamente sperare che si risolva in qualche modo. Anche se Gesù ripete sempre che puoi chiedere e se hai fede ogni cosa ti sarà data. Non specifica, però, il quando, lasciando intendere che potresti dover attendere tutta l'eternità.

Ogni tanto ci dicono che è successo il tale miracolo. Proprio pochi giorni fa a me è stato detto così. Non possono prendere posizione ufficiale, ci sono delle verifiche in corso, ma si è verificato proprio l'altro giorno. Bene. Certo non a te. E tu capiti sempre subito dopo.

Ma c'è qualcuno che si possa sentire rincuorato dal fatto che si è verificato un miracolo, proprio poco tempo fa, proprio qui vicino a noi, nei confronti di una bambina malata, grazie alle preghiere del padre e della madre? E all'intercessione del tale santo?

E tutti gli altri bambini malati? Può veramente qualcuno sentirsi rincuorato da una simile ingiustizia? Già sappiamo che il dolore innocente è una delle più terribili atrocità del mondo.

Certo il mio non è innocente, ma quello di un bimbo neonato si che lo è. Dobbiamo anche credere che esiste una qualche possibilità che qualcuno possa placare questo dolore miracolosamente e sapere che ciò si verifica solo in casi sporadici, per qualche merito non meglio individuabile?

E' un abisso di dolore e di ingiustizia, che rende ancora più insopportabile l'ingiustizia che già esiste.

Togliere il dolore innocente, quello sarebbe giusto, ma non può verificarsi se non per miracolo.

Come si può accettare una cosa del genere? E' colpa nostra? E' colpa mia? Certamente... ma lasciate stare i nostri figli.

 
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XXII domenica del tempo ordinario.

Post n°31 pubblicato il 30 Agosto 2011 da qualesperanza

XXII tempo ordinario: continua la serie di messe angosciose.

E' una specie di crescendo.

Non si può ascoltare una messa senza ricordare le precedenti.

Mettendole insieme il risultato diventa a dir poco sconvolgente.

Oggi il messaggio è che dobbiamo fare del nostro corpo un sacrificio vivente. Il solito tema della sofferenza. Della rinuncia ad ogni forma di piacere, o semplicemente di serenità.

In questo brano di san Paolo non c'è neanche il riferimento all'espiazione. No. E' necessario soffrire, anche senza scopo. L'unico scopo è il raggiungimento della santità.

Cosa significherà questo non riesco a capirlo. Ma poi ne vale la pena?

Matteo ci dà il colpo di grazia: chi non rinnega se' stesso, chi non perde la propria vita non acquisterà la vita eterna.

A questo punto, mi chiedo, se vale veramente la pena cercare la vita eterna.

Quello che capisco da queste letture è che ogni giorno bisogna abbracciare la propria croce. Ogni giorno si dovrà soffrire più del precedente.

E a nulla valgono le sofferenze dei giorni precedenti. Perché oggi dobbiamo rinnegare noi stessi. Quelli che siamo oggi. Quel che è stato fino a ieri non conta più.

Non possiamo fare una scorta da spendere in seguito.

 

Qualche settimana fa Gesù diceva che non c'è una foglia che vibri senza che lo voglia il Padre. Non c'è un uccellino che cada senza che questo sia inquadrato in un progetto preciso.

Quindi ogni sofferenza, ogni disgrazia che ci succede è stata esplicitamente progettata e voluta dal Padre. Per suoi motivi che, necessariamente, a noi sfuggono, se non sono in netto contrasto con i nostri.

La morte di una figlia, il tumore di mia moglie, la malformazione dell'altra figlia, e la sua malattia quasi mortale.

Tutte le difficoltà che mi fanno impazzire ogni giorno, che mi tolgono il fiato e non mi fanno dormire.

Tutte queste cose sono l'effetto della precisa volontà di qualcuno. Del Padre.

E mi parlano di amore grande. Ma come faccio a vedere questo amore?

Io non ce la faccio a soffrire tanto. Continuo a vivere solo perché altrimenti aggiungerei difficoltà alle persone che amo, che già soffrono e faticano nonostante me.

Il contributo che riesco a dare è ben misero rispetto a quello che sarebbe necessario, ma le mie forze e le mie capacità sono queste. A nulla conta se per ottenere questo poco rinuncio a ogni piacere, ad ogni personale cura di me stesso, alle letture, alle ferie, al sonno per il lavoro, ad ogni hobby per il lavoro. Alle amicizie per la famiglia. Quasi che fossero in contrapposizione. Ma in realtà lo sono per la poca disponibilità di tempo. Oggi la nuova schiavitù è la mancanza di tempo per le cose diverse dal lavoro. Il non potersi dedicare al gioco con la figlia piccola. Non potersi godere un tramonto o una giornata in campagna. Perché altrimenti corri il rischio di non riuscire a fare la spesa.

 

E certo non riesco a trovare aiuto da nessuno. La religione, poi, mi ha solo perseguitato da sempre, fin da bambino, o da ragazzino. Per quale motivo non lo so: forse necessità di mantenere il potere, la presa sulle persone. Forse altri motivi. Non ne trovo nessuno valido, almeno dal mio punto di vista.

I religiosi con cui ho avuto a che fare, e sono stati tanti, anche loro non mi hanno mai consolato. Non mi hanno mai fatto vedere la possibilità di una forma di consolazione, o di rifugio.

Come si può placare questo senso di angoscia terrificante che mi attanaglia ogni giorno della mia vita?

Mi hanno solo detto che una tale consolazione esiste, e che se non la trovo è tutta colpa mia. Sono io che non la voglio vedere.

 

Non ricordo mai che la religione non abbia contribuito, se non abbia proprio causato, una tale angoscia.

Nei miei ricordi gli unici momenti di conforto che ho avuto, anche se piuttosto fugaci, sono stati quando pregavo per la mia nonna appena morta.

Mi sembrava di poter fare qualcosa per lei, nonostante fosse morta.

 

Ancora oggi l'eterno riposo è l'unica preghiera che mi piaccia: è l'unica veramente altruista e disinteressata. E' l'unica che esprima veramente un sentimento di amore verso qualcuno.

Le altre sono solo richieste o autoumiliazioni. Come può qualcuno compiacersi di tali meschine attenzioni? Non mi è dato capirlo.

Perché Dio dovrebbe compiacersi di essere trattato in questo modo non lo so.

 

Si loda l'amore che non si può vedere. Si chiede la grazia che non arriva mai. Il sostegno che se non te lo dai da solo non ce l'hai. E se riesci a farcela non è certo per merito tuo ma per merito Suo. Tutte le colpe sono sempre tue. Tutti i meriti sono solo i Suoi.

 

In tutto questo sto ancora cercando di riavvicinarmi alla religione per amore di mia moglie ma ogni settimana diventa per me sempre più terribile.

Il dolore sempre più profondo e insopportabile. Ma a che serve cercare Dio? Per sentirsi dire che nulla è un caso?

Ma non sarebbe mille volte meglio pensare che le disgrazie che accadono sono solo un caso. Un masso che ti cade in testa non è stato guidato da una mano con un suo scopo, contro di te.

No: è caduto e basta e tu ti sei trovato lì. Non è meglio? Come si può sopportare di essere oggetto di simili attenzioni?  E doverle definire amore, non è grottesco?

 

Mia moglie parla della pedagogia di Dio. Peggio ancora: le disgrazie che ci capitano sono un messaggio per farci capire qualcosa. E quindi, in pratica, sono colpa nostra.

Quindi: a causa della mia incapacità di capire, il Padre è stato costretto a farmi soffrire in quel modo barbaro. E lo ha fatto per amore. Se poi nel frattempo è morta una bambina, pazienza. Anzi: è stata colpa tua. E, siccome non ti sei ravveduto, ti ha mandato altre attenzioni, con grande fantasia e protervia.

 

In base a che cosa posso dire che Dio mi ama?

 

E perché dovrei cercare la vita eterna?

 

Da domenica mattina (XXII tempo ordinario) sono distrutto.

Sono stato male tutta la giornata di domenica e buona parte del lunedì. Domenica non sono riuscito a lavorare come avrei dovuto tanto che sono stato male per quello che ho sentito.

Chiedo a voi cattolici: ma come fate ad accettare una religione che vi dice senza mezzi termini che siete dei perseguitati e che tale persecuzione è una manifestazione d'amore?

Come potete sopportare una cosa simile?

 
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Riconciliazione... mancata

Post n°30 pubblicato il 08 Giugno 2011 da qualesperanza
 

Ieri ho deciso di accettare il consiglio di mia moglie e presentarmi in confessionale ad un confessore gesuita nel quale nutre notevole stima.

Nelle intenzioni di mia moglie c'era di dimostrarmi che la confessione, la riconciliazione, non e' una mera elencazione dei peccati, come io sostenevo, ma un dialogo, di riconciliazione appunto, con Dio.

Le ho dato credito, mi sono messo in gioco totalmente, come faccio sempre.

Mi sono recato presso la chiesa che mi era stata indicata, pur con i grossi problemi di deambulazione e i dolori fortissimi che ho in questi giorni: ma lo faccio per mia moglie, è una specie di fioretto.

Ci son passato davanti due volte, mi sono assicurato che fosse lui, e ho aspettato molti minuti prima di trovare il coraggio di presentarmi.

Poi l'ho fatto. Sono andato a parlare con quel signore. Sono entrato tremante, con la speranza di poter trovare un barlume, un indizio per iniziare un cammino di riconciliazione, per cercare di abbandonare l'angoscia che mi prende ogni volta che devo entrare in una chiesa, e ne sono uscito umiliato, sopraffatto da uno sgomento che piano piano è montato in un sentimento di rabbia, quanto di più vicino all'odio abbia mai provato in vita mia. Per un attimo ho pensato di capire lo stato d'animo di chi commette un attentato.

Il tenore del colloquio è stato dello stesso tipo di quello che ho avuto io nei confronti di uno scarafaggio recentemente. Ho ascoltato le sue ragioni, anzi: gli ho dato l'opportunità di entrare in comunicazione con me esattamente allo stesso modo. Con la stessa apertura d'animo.

La differenza principale era che lo scarafaggio era molto ma molto piu' bravo di me a scansare i tentativi di schiacciarlo che io riuscivo ad attuare.

Il sacerdote credeva che i motivi per cui mi ero allontanato dalla Chiesa fossero che avevo tradito mia moglie. Ma non l'ho mai fatto da quando sto con lei, ben 6 anni prima del matrimonio.

Mi ha detto che devo prendermi le mie responsabilità e gli ho risposto che mi sono rovinato la vita per essermi ostinato a evitare di scansare ogni responsabilità nei confronti di chiunque.

Mi ha detto che mi ritengo il genio del mondo che di colpo si erge contro quello che hanno detto tantissimi tra i piu' grandi geni dell'umanita', schernendomi per la mia superbia.

Mi ha detto che si tratta di verita' accettate dai piu' grandi uomini da oltre quattromila anni. Da Abramo in poi. Al che gli ho chiesto se si puo' prendere Abramo come un esempio plausibile o solo accettabile: una persona disposta ad uccidere il proprio figlio per un Dio che glielo chiede. Ha risposto che Dio insegna un poco per volta, cosa che non ho affatto compreso.

Mi ha parlato dei dieci comandamenti e di come siano le verita' da seguire. Gli ho chiesto quali siano veramente.

Mi ha sostenuto che le varie versioni del sesto comandamento sono in realtà la stessa cosa, aspetti diversi della stessa cosa. "Non commettere atti impuri", "non fornicare" e "non commettere adulterio" sono tutti lo stesso, e lo ha ripetuto più volte a scanso di equivoci. Ha, quindi, equiparato (questa è la mia interpretazione conseguente perché non lo ha detto esplicitamente) la masturbazione di un giovincello imberbe alla relazione clandestina e insistente di un uomo sposato, allo stupro singolo e di gruppo, al ricorso alle prostitute, così di moda oggi, perché sfoggiate da uno degli uomini più ricchi del mondo senza nessun pudore.

Tutto questo ridendo di me.

A un certo punto, dopo che gli ho detto che sto perennemente male e che mi sento perseguitato della Chiesa, mi ha detto che bastava che mi confessavo, che mi pentivo e avrei vissuto "una bellezza".

Alla fine ha troncato la discussione a metà con una benedizione usata con le stesse modalità, e son certo con le stesse intenzioni, sicuramente con lo stesso tono, con cui noi comuni mortali mandiamo a quel paese, specificando, nel caso ci fossero stati dubbi, che non era certo un'assoluzione.

Quindi mi son girato e sono andato via senza voltarmi indietro.

Ovviamente stanotte non ho dormito.

Ovviamente non ho speranze ne' posso competere con un piede cosi' grosso e veloce che vuole schiacciarmi. Né posso farmi ascoltare.

Non e' una lotta alla pari e la mia rabbia, il mio desiderio di calmarmi non ha speranze di ottenere soddisfazioni.

Mi sono veramente, profondamente e totalmente pentito di essermi conformato ai valori cattolici nella mia vita, in un modo così inutile e sterile. Risibile addirittura. Mi sono pentito di ogni buona azione che ho compiuto. Sto meditando il modo in cui potrò rimediare a questo mio sconsiderato modo di vivere. Devo diventare un bugiardo approfittatore come tutti i cattolici degni di tale nome. Che fanno quello che vogliono, nel momento stesso in cui gli viene in mente, senza pensarci troppo, perchè poi si "pentiranno", otterranno l'assoluzione e "vivranno una bellezza".

Fesso io che pretendo di essere coerente soffrendo. D'altra parte se la Chiesa si briga di riformulare i comandamenti come piu' le fa comodo nel momento educativo, storico o politico, ignorando che le parole possono far piu' male delle pietre, o forse proprio perche' ben lo sanno e lo sfruttano, non posso io comportarmi allo stesso modo? Certo: io non ho giustificazioni morali, loro lo fanno per seguire la parola di Dio, quella che veramente voleva dire e non c'e' riuscito, e la politica, e l'interesse, ma della Chiesa, mica il tuo.

Moglie mia, io ci ho provato, ce l'ho messa tutta. Ora sto molto piu' male di prima e non ho nessuna speranza di uscirne. Mi dispiace. Evidentemente abbiamo fatto male a sposarci, mi dispiace che ci abbiamo messo 25 anni per capirlo, e tante figlie, e tante morti e tante malattie. Il significato che diamo, tu ed io, al nostro matrimonio è diverso e forse incompatibile. Tu per me vieni al primo posto ma mi rendo conto che per te non può essere lo stesso.

Per tentare di farmi star meglio mi hai fatto leggere il catechismo ufficiale della chiesa cattolica relativamente al sesto comandamento.

Nel testo, quando possibile, ci sono i riferimenti alla bibbia e al vangelo. Quello che si legge chiaramente e' che la Chiesa (la traditio della Chiesa), e non Gesu' o Dio esplicitamente, ha deciso che il sesto e' il comandamento del sesso. La Chiesa ha equiparato ogni pratica sessuale, che non sia quella prescritta da se' stessa, all'adulterio. Certo, oggi è scritto che i coniugi non commettono peccato quando cercano il piacere nell'atto sessuale coniugale. D'altra parte madre natura (e Dio per chi ci crede) hanno stabilito che in questo modo si assicura la procreazione: bisognava pur lasciare una via d'uscita, placare le coscienze almeno quando si fanno i figli! Ma poi iniziano tutti i distinguo, tutti gli obblighi collaterali, le frasi sibilline ("con moderazione") che lasciano aperte le porte a ogni altro tipo di azione e interpretazione. Lasciando l'individuo nudo di fronte agli attacchi di predicatori invasati e senza scrupoli che entrano a gamba tesa in camera da letto degli sposi, pur di mantenere il potere e la presa da molosso sul cuore e sull'anima delle persone. Per mantenere ordinata anche la camera da letto dei coniugi, secondo loro.

Addirittura Gesù ci ha tenuto a dire esplicitamente che l'adulterio e' cosa diversa dal sesso quando ha detto che un uomo commette adulterio anche con il pensiero (ben prima di un atto sessuale o in alternativa allo stesso), includendo in tale peccato tutti i rapporti non basati sul sesso che possano minare l'unione dei coniugi, equiparandoli tra loro completamente. Sicuramente pensava alle suocere e alle madri, alle amicizie invadenti come ai rapporti tra fratelli che minano l'unione famigliare dei coniugi, senza nessuna intenzione sessuale.

Quanti hanno notato questo? I miei insegnanti, invece, mi spiegarono che si poteva commettere un peccato sessuale col pensiero: chissa' quanto avranno considerato l'effetto piu' che violento che una simile dichiarazione poteva avere su un adolescente seriamente impegnato ad essere una persona retta e onesta. Ho delle idee in proposito e non sono molto edificanti nei loro confronti, cosi' come nei confronti di una Chiesa che, a mio avviso, non solo consentiva tali comportamenti "pedagogici" ma li incoraggiava esplicitamente.

Ovviamente io non sono nessuno, ne' tanto intelligente, e tale mia interpretazione non trova conforto nei lavori dei grandi geni, o forse non riesco a trovarne. Certo la Chiesa, che così spesso si intromette tra i coniugi e vuole mantenere il diritto di farlo è, per cosi' dire, in conflitto d'interesse.

Solo la Chiesa si riserva di cambiare la "parola di Dio" sostituendo un comandamento con altri perché ha deciso che in realtà Dio non voleva dire quello che ha scritto. Ha sbagliato a scrivere, non gli veniva la giusta parola e loro hanno pensato bene di correggerlo. Oppure i tempi non erano maturi per dire apertamente quello che pensava e ne ha lasciato alla Chiesa l'onere.

Sono io il superbo.

Nel catechismo ufficiale della Chiesa Cattolica, nel capitolo dedicato al sesto comandamento, si adoperano parole molto più dure nei confronti del preservativo, definito intrinsecamente cattivo, che nei confronti dell'adulterio. Il rapporto sessuale, che non posso definire se non d'amore, tra due fidanzatini non si capisce se rientra fra le fornicazioni o in quale altra fattispecie, è però esplicitamente vietato (anche se non viene indicato come intrinsecamente cattivo, solo disordinato). Lo stupro diventa un peccato più grave solo quando attuato ai danni di minori perché considerato come peccato doppio essendoci anche lo scandalo, che però non c'è tra i dieci comandamenti pur essendo stato stigmatizzato esplicitamente da Gesù più volte.

Allora come funziona? Bisogna andare a contrattare di volta in volta con il confessore compiacente che, a questo punto ci può riconoscere anche dei suoi interessi diretti e personali, oppure esiste una regola generale? E la regola generale mette sullo stesso piano azioni di portata così differente l'una dall'altra?

Anche questa volta mi sono reso conto che io non posso assolutamente accettare la religione cattolica, che consente ad una persona che in quel momento ne ha il potere di abusare o di usare violenza morale ai danni di un terzo, se anche in buona fede, cosa tutt'altro da dimostrare.

E che mi richiederebbe di rinnegare oltre trent'anni di amore con mia moglie dovendomi pentire di cose di cui non potrò sinceramente pentirmi mai, neanche sotto tortura, come ha fatto la Chiesa in tutta la mia vita.

Mi dispiace.

Devo decidere come devo comportarmi e cosa fare.

Una cosa purtroppo è certa: non sono in grado di sopportare una cerimonia in chiesa per celebrare i nostri 25 anni perché non ho la doppiezza che sarebbe necessaria per il caso. Ormai è troppo tardi.

Non sono in grado e mi dispiace doppiamente perché so quanto ci tenevi e ti posso assicurare che sono anni che ci ho lavorato senza successo.

 
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4 maggio 2011 - all'improvviso

Post n°29 pubblicato il 08 Maggio 2011 da qualesperanza

Ieri ero quasi sereno, stavo in macchina con mia moglie e discorrevamo abbastanza distesi delle opportunità che si sono aperte dal punto di vista di lavoro e dell'impatto che queste potrebbero avere sulla nostra vita.

Quando ad un tratto sono passato davanti ad una chiesa e mi sono sentito male.

Mi è scoppiata un'angoscia insopportabile: mi sono ricordato del travaglio che ho sempre provato sin da piccolo per la preparazione alla confessione, dell'angoscia feroce che mi attanagliava per il pensiero di essere incapace di comportarmi secondo quanto avrebbe dovuto essere "bene", di come quel "bene" non mi appartenesse nonostante tutti i miei sforzi sinceri e profondi.

Di quanto soffrivo perché avrei "dovuto" essere in un modo che non trovavo nessun motivo per farmelo diventare naturale.

Della consapevolezza che stavo imbrogliando qualcuno confessandomi e chiedendo perdono di qualcosa che sentivo come estraneo, di cui non riuscivo a sentire nulla se non il fatto che mi sentivo costretto a confessarlo, a dichiarare di essere pentito, cercando di convincermi senza riuscirci. E dopo, la consapevolezza che non sarebbe durata. Che non riuscivo a trovare un motivo al mondo per cui veramente consideravo giusto comportarmi come avrei dovuto. Come questo senso di "dovere" era assolutamente estraneo alla mia natura, alla mia bontà verso gli altri, mai verso me stesso. Il senso di colpa per aver chiesto e ottenuto il perdono per qualcosa di cui anche se sinceramente cercavo, perché dovevo, di considerarmi pentito, sentivo invece di non esserlo affatto.

E ogni volta il peso di questa consapevolezza diventava sempre più grande.

Senza poterne parlare con nessuno. Il colloquio con i preti non esisteva. Qualunque tentativo di averne si risolveva in nulla di fatto.

Ogni volta una presa per il culo. Ogni volta una risposta diversa, a seconda di come in quel momento il prete pensava che avrebbe dovuto legarmi meglio.

Mai una volta che fossi riuscito a trovare qualcuno in buona fede.

Ancora oggi, adesso che sto scrivendo, sento una angoscia insopportabile.

Perché mi hanno dovuto fare questo?

Mia moglie non può neanche lontanamente immaginare quanto mi sia costato in termini di sofferenza morale, mentale ed emotiva, il cercare di riavvicinarmi alla religione, per lei e per i 25 anni di matrimonio. E lei, invece di aiutarmi, mi ha attaccato, deriso, ignorato.

Con che coraggio posso concepire anche il solo rischio ipotetico che una siffatta religione possa provocare le stesse cose alle mie figlie?

E io devo restare immobile a guardare? Lavandomene le mani come Ponzio Pilato?

E' terribile. Arriva all'improvviso e non mi lascia più.

Viene, poi, affiancato, e vi affoga, da una rabbia insostenibile, schiumante.

Termina in uno stato di prostrazione totale, togliendomi la capacità di produrre, di sperare, di ambire ad uno stato se non di serenità almeno di tranquillità necessaria per lavorare, per risolvere i problemi economici tremendi che ci stanno mandando in rovina ogni giorno.

No: non credo che nessuna delle opportunità che sembrerebbero esserci saranno attuabili. Non da me.

Alla fine sto imbrogliando anche i miei clienti.

 
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