Il diario di corsa di Daniele. La corsa a modo mio: passione, emozioni, amicizie, Scritti, foto e commenti delle gare mie e del gruppo dei miei amici, qui poche volte si parla di risultati importanti e molte volte invece di risultati modesti però ottenuti sempre con tanta passione e tanto impegno.
Ogni tanto capita in questo spazio di uscire dal tema podistico, oggi un pezzo sulla mia città, il mio lavoro a la crisi che lo investe drammaticamente.
Crivéla
Per chi non è valenzano e non ne conosce il dialetto, questa parola sarà incomprensibile, è un termine dialettale in uso tra gli orafi in particolare indica un momento di fiacca del lavoro , quando non arrivano gli ordini e perciò nel laboratorio non si riesce a dare lavoro agli operai. Una parola che nella città dell’oro può generare panico. Ricordo i miei inizi, negli anni 80 , già allora c’erano dei periodi di calo degli ordini , in quel periodo tutti i giorni dalla fabbrica passava l’Antonello, un incassatore che lavorava per conto suo , veniva subito da noi orefici per vedere se avevamo oggetti finiti per cui potesse chiedere lavoro . Tutti i santi giorni entrava e gli si allungava il muso, accompagnandosi con un eloquente gesto della mano e partiva: “Ajè ‘na Crivéla fioj” “Ma at senti anche ti ‘n gir? Tuta gent c’as lamenta!” Al tempo per noi era una sorta di barzelletta, lo chiamavamo “Crivéla”, diventò il suo stradinom. Mi chiedo cosa direbbe oggi , allora ci si preoccupava per un ordine in meno, se si doveva uscire alla 6 (le diciotto) senza nemmeno un’ora di straordinari! Si, perché allora fare solo 8 ore al giorno era da scansafatiche. “Vuoi stare a casa il sabato mattina?” -A tè in Lazarò!- “Vuoi un’ora di permesso?” -ma sei fuori?- “vuoi guadagnare di più?” -Fai più ore, LAVORA, LAVORA, LAVORA!- Il Lavoro prima di tutto e la paura non era rimanere senza, era avere un’ora in meno a dì. Oggi tutto questo è sparito oggi non è che si lavora meno, non si lavora proprio, nei laboratori ci sono giornate, intere settimane, completamente vuote. Quando c’era la Crivéla , si lavorava per “la Cassaforte”, si produceva e si metteva da parte in attesa della ripresa, si facevano i modelli nuovi . Ora c’è il nulla. Cassa integrazione ad oltranza, per chi ce l’ha, chi non ce l’ha e non può stare a casa e và tutti i giorni in fabbrica ma non sa più come impegnare il tempo , allora chatta, twitta, scrive sui blog. Ma si può andare avanti così? Si può andare avanti senza un progetto una prospettiva? Credo che manchi questo una prospettiva. La Crisi? Quella c’è, non possiamo fare finta che non esita. Il peggio è che se la Crisi non porta cambiamenti allora è deleteria, se non ci fa cambiare rotta è inutile. Tempo fa ho sentito il discorso di Steve Jobs davanti ai neo laureati di Stanford, del discorso mi ha colpito quanto siano stati i suoi fallimenti a spingerlo a dei cambiamenti e questi portarono ai suoi più grandi successi, se non avesse fallito probabilmente non avrebbe mai cambiato strada e non sarebbe arrivato dove è arrivato. Qui sono troppi anni che si è dimenticato cosa sia avere un progetto di crescita, di sviluppo, solo di tagli, troppo costo, troppo tempo, troppo, troppo, troppo. Eravamo artisti , ci hanno trattato da idioti, facevamo pezzi unici, straordinari e ci hanno chiesto solo porcheria, avevamo idee ce le hanno miseramente affossate, avevamo sogni ce li hanno infranti. Ora, chi non ha mai conosciuto e apprezzato il lavoro dell’orafo ribadisce, con troppa facilità ma purtroppo con poco timore di essere smentito, che il mestiere dell’orafo è finito che Valenza deve trovare altri sbocchi. Oggi la Crivéla ha vinto e per me è stata una sconfitta pesante, questo è il fatto.