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Beata Inconsapevolezza

Post n°49 pubblicato il 24 Maggio 2010 da storie
 

Torno caldo caldo dalla visione di Draquila della Guzzanti. Molte cose già le sapevo, in realtà quasi tutto, però la sintesi è stata molto efficace e la storia del giornalista locale Giustino Parisse che ha pagato con un contrappasso mostruoso la sua "inconsapevolezza" è forse la cosa che più mi ha lasciato esterrefatto. E non solo perché della sua vicenda non ne ha mai parlato nessuno. Per un senso di fiducia verso l'informazione ufficiale, il non approfondire nonostante l'evidenza dei fatti. Per chi non avesse ancora visto il film, questo signore che scrive sul giornale locale, nonostante quattro mesi quattro di scosse continue, crede che si tratti di assestamento, che non c'è nulla di cui preoccuparsi, perché nulla si sta muovendo per far sì che qualcuno si attrezzi a un eventuale pericolo. LUI, persona istruita, informata e consapevole, figuriamoci gli altri! E consola, tranquillizza i suoi due figli, tra cui la più piccola che a un'ora dal disatro dice al papà che lì moriranno tutti... Non moriranno tutti, perché il padre che li aveva messi a nanna nonostante una scossa più forte delle altre, sopravvive..........

Lo stato nostro di Paese secondo me assomiglia molto a tutto questo. La terra trema sotto i nostri piedi e noi aspettiamo sempre la scossa più forte per svegliarci. Quando qualcuno verrà a dirci che abbiamo perso trent'anni rispetto agli altri paesi del mondo, lo guarderemo con quell'aria un po' smarrita e un po' risentita, non volendo ammettere, o ammettendolo amaramente, lo stato di "beata inconsapevolezza"... Ma alla tv dicevano... sarà la cosa che sentiremo ripetere più spesso. Sempre ammesso he la grande scossa arrivi.

Leggevo prima su Repubblica della classifica dei paesi in cui i servizi per il turista sono i peggiori. Sarà forse vero a metà che stiamo messi male (in fondo il nostro è uno dei posti più visitati in assoluto) però di una cosa mi sono reso conto viaggiando e fermandomi nelle varie città (Firenze, di recente): che viviamo esattamente come negli anni ottanta. Noi ci siamo fermati lì. La nostra concezione di progresso è quella del decennio degli yuppies e dei paninari. Oggi le definizioni abbondano, c'è un'etichetta per ogni cosa, ma rimangono il rapantismo e il velinismo come segno distintivo del Successo. Come se il successo avesse un suo marchio di fabbrica: auto sempre più grande con gnocca al seguito. Una specie di DriveIn istituzionalizzato, un Dallas in salsa all'amatriciana...

Le uniche che guardano all'europa sono le ditte con velleità delocalizzatrici (e allora via si parte per la Romania e la Polonia) e le squadre di calcio. Sarà che, per dire, in Francia non è tutto dorato, che l'Inghilterra paga una crisi industriale pesantissima, che Spagna e Portogallo sono nella lista nera dopo la Grecia, ma andare come turisti a Parigi, Londra o Barcellona è come fare un salto di decenni rispetto le nostre città d'arte, dove in ossequio alla Storia i centri non si toccano, e guai a smontare un parcheggio - anzi! -, a sostituire autobus coi tram, a costruire piste ciclabili, guai! In compenso si possono toccare - eccome! - le periferie. Trasformarle con anonime palazzine sempre uguali da trent'anni a questa parte (appunto, stile anni ottanta) per renderle asettiche con nelle case grandi televisori come unica finestra cui affacciarsi per vedere qualcosa.

E i palazzinari festeggiano.

E le mafie fatturano (tra nero e riciclaggio) l'11% del PIL nazionale!

 
 
 
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