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“LA RECESSIONE ECONOMICA MONDIALE"

Post n°13 pubblicato il 05 Luglio 2010 da ugltaxilombardia

Un contributo considerevole a generare l’attuale recessione economica mondiale è da attribuire ad Alan Greespan, l’ex governatore della Federal Reserve degli Stati Uniti, per circa venti anni le sue decisioni sui tassi d’interesse hanno sempre influito sull’andamento delle economie di tutti i Paesi del mondo. Quando scoppiò la “bolla internet” nell’anno 2000, provocando il crollo delle borse mondiali e l’inizio della recessione economica di quel periodo, poi accentuata nell’anno 2001 dagli attentati terroristici negli Usa, due dei quali distrussero le torri gemelle a New York, Greespan diminuì i tassi d’interesse da circa il 6% al di sotto dell’ 1% in un paio d’anni. Questa strategia effettivamente contribuì a rilanciare  l’economia americana di nuovo verso la crescita, in particolare s’incrementarono molto gli acquisti degli immobili con relativi mutui, ma in seguito, da speculatore privo di scrupoli, non degno dell’alta carica che copriva, Greespan rialzò di nuovo in pochi anni i tassi d’interesse al 6%. Questo rialzo dei tassi così rapido ed elevato, poi copiato dalla banca centrale europea, è stato uno dei fattori destabilizzanti dell’economia mondiale, in particolare negli Stati Uniti,  dove la maggior parte della popolazione indebitata, avendo usufruito dei tassi d’interesse variabili molto bassi rispetto a quelli fissi, rapidamente hanno subìto forti aumenti agli importi delle rate di mutuo, da non essere più economicamente sostenibili, scatenando la crisi dei mutui “subprime”. Appena dimesso Greespan, il nuovo governatore della Fed, Bernanke, già nel 2007, aveva rimediato al danno arrecato all’economia americana, tagliando ancora i tassi d’interesse gradualmente in due anni fino al di sotto del 1%, ma gli effetti positivi di questi tagli si vedono sempre soltanto dopo qualche anno dall’inizio delle recessioni di media entità, mentre per l’attuale crisi economica la durata sarà più lunga, essendo questa la recessione più grave degli ultimi cinquant’anni in gran parte dei Paesi industrializzati occidentali, per la sua complessità è impossibile prevedere l’entità della sua durata. In Italia e nei Paesi Cee, l’attuale recessione avrebbe prodotto meno danni alla popolazione, se il nostro governatore della banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, avesse preso le giuste decisioni sui tagli dei tassi d’interesse in tempo utile. Mentre negli Stati Uniti e in altri Paesi nel mondo i tassi d’interesse venivano diminuiti rapidamente da circa un anno prima, in Europa, invece, a luglio del 2008 Trichet alzava i tassi ulteriormente, motivando il rialzo per l’inflazione crescente, senza preoccuparsi invece della recessione che era già iniziata anche in Europa. Solo all’inizio dell’anno seguente, nel 2009, quando ormai la recessione economica era giunta all’apice in Europa, Trichet decise di iniziare a ridurre i tassi d’interesse fino all’ 1% attuali, se l’avesse fatto nell’anno 2007 di pari passo con i tassi d’nteresse americani, in Europa la recessione non avrebbe prodotto un danno così ingente.    

La disoccupazione, continuamente in aumento nei Paesi industrializzati in occidente, è la causa maggiore dell’attuale crisi economica, in parte deriva dall’immigrazione di milioni di persone provenienti da zone del mondo sottosviluppate, le quali riescono a sottrarre lavoro agli abitanti locali a causa dello sfruttamento lavorativo al quale vengono sottoposti, lavorando più ore del consentito con retribuzioni insufficienti, sotto al  minimo sindacale o in “nero” senza assicurazioni, inoltre sottraggono anche ricchezza dal Paese ospite verso quelli di provenienza, trasferendo quasi tutto il loro reddito ai familiari. Solo una minoranza dei disoccupati ha trovato in seguito un altro lavoro stabile, spesso a causa delle opportunità sul mercato, le quali offrono in prevalenza lavori precari o a progetto di poche ore al giorno e a tempo determinato. Quando milioni di disoccupati non possono più continuare a pagare il mutuo della casa, oppure il debito della macchina e di altri beni acquistati, inevitabilmente i consumi calano e di conseguenza le industrie, l’artigianato, l’agricoltura riducono le produzioni e licenziano altro personale lavorativo, le attività delle aziende di servizi e del commercio diminuiscono, quindi tutti questi eventi negativi su vasta scala hanno trasformato una crisi economica di settore, quella dei mutui bancari ed immobiliare, nell’attuale recessione economica globale.

Gran parte della disoccupazione è da attribuire agli imprenditori che chiudono le fabbriche per riaprirle nei Paesi asiatici o europei dell’est, dove i costi di produzione sono molto inferiori per le basse retribuzioni concesse al personale lavorativo, in modo da ricavare maggiori profitti. Molti governanti dei Paesi occidentali credono di poter frenare queste migrazioni di produzioni industriali e tecnologie verso questi Paesi in via di sviluppo, modificando le condizioni contrattuali lavorative a danno dei lavoratori più deboli, al fine di ridurre i costi della “manodopera” alle aziende, con assunzioni precarie a tempo determinato o a progetto e favorendo l’immigrazione per sfruttare “manodopera” a basso costo.  Non si rendono conto che le cause principali della recessione sono dovute all’impoverimento di gran parte della popolazione, quindi i consumi calano non solo per cause psicologiche, come sostiene Berlusconi, ma principalmente perché la maggior parte della popolazione non ha più denaro da spendere come prima. I governi dei Paesi colpiti dalla recessione devono intervenire al più presto, non solo per salvare aziende e banche in crisi, ma in particolar modo aiutando la popolazione senza lavoro e con provvedimenti finalizzati a garantire il  lavoro. Non è sufficiente incentivare i consumi per risolvere la crisi, è indispensabile consumare i prodotti fabbricati nel  proprio Paese. I prodotti che arrivano dall’Asia e dall’Europa dell’est sono di qualità inferiore, ma si vendono di più perché costano molto meno, per questo motivo molti imprenditori chiudono le fabbriche nei Paesi occidentali, provocando disoccupazione e povertà, e le aprono in questi Paesi, dove la manodopera specializzata costa molto meno, potendo così vendere anche  loro merci a prezzi molto più bassi. Perciò è diffusa in Occidente  l’opinione di ridurre i costi alle aziende diminuendo molto le retribuzioni della “manodopera” rispetto alle attuali, opinione condivisa anche da molti politici e capi di governo, fino a tal punto da regolare in massa gli immigrati clandestini e preferire l’assunzione del personale immigrato che pur di lavorare si accontenta di poco guadagno.    

Silvio Berlusconi sostiene che la crisi abbia origini «psicologiche», citando l'esempio dei dipendenti pubblici che, pur non essendo «toccati direttamente» dalla recessione economica, hanno modificato i propri comportamenti. Rimprovera un atteggiamento colpevole ai «media che dipingono la crisi come irreversibile e catastrofica», sostiene che il momento peggiore sia superato,   « c'è stato un diluvio, ma dopo tutto è tornato come prima, meglio di prima ».

La causa “psicologica” può aver contribuito alla diminuzione dei consumi, ma  solo per una minima parte, mentre è certo che la recessione economica attualmente non è terminata, oltre ai dati ufficiali, quasi tutti i settori economici privati la testano nei loro bilanci, finché la disoccupazione è in aumento i consumi continueranno a diminuire.

Il nostro Governo risponde alla crisi economica tagliando fondi a tutti i settori della pubblica amministrazione, compreso la sanità, la previdenza sociale e l’istruzione, conquiste sociali in essere da molto tempo, fiori all’occhiello della nostra civiltà, creando ulteriore disoccupazione. Solo in Lombardia ci saranno 4.874 insegnanti in meno, mentre gli studenti saranno almeno 9.235 in più. In compenso il Governo aumenterà gli investimenti nel settore privato, quando gran parte della popolazione italiana, con il proprio reddito riesce a malapena a sfamarsi e non potrà certo permettersi il lusso di pagarsi una pensione integrativa o l’assistenza sanitaria e scuole private. Continuando su questa linea economica, aumenterebbero le conseguenze negative della recessione per la maggioranza della popolazione, quella più debole, come l’incremento della povertà e il divario con i ricchi, inevitabilmente aumenterebbe anche la criminalità e potrebbero scoppiare rivolte sociali.

Considerando il peggioramento del deficit della bilancia commerciale in Italia, con un saldo negativo per l’intero anno 2008  di 11.474 milioni di euro, più ampio di quello rilevato nel 2007, pari a 9.447 milioni, in particolare dovuto all’interscambio con i Paesi dell’Asia,  come la Cina, il cui saldo tra le esportazioni e le importazioni è negativo del 75 % , ritengo indispensabili i dazi sulle merci importate dai Paesi in via di sviluppo,  quanto basta per farne lievitare i prezzi di vendita al dettaglio a livello di quelli europei. Credo sia un provvedimento molto utile per risanare il deficit commerciale e le economie in recessione dei Paesi occidentali, ovviamente se applicati in comune accordo con tutti gli stati dell’Unione Europea e quelli americani con lo stesso deficit commerciale, fino a quando questi Paesi asiatici porteranno le retribuzioni della “manodopera” allo stesso livello di quelle dei Paesi occidentali. L’obbiettivo primario sarà convincere tutti i governanti delle nazioni in via di sviluppo che, se non tuteleranno i diritti dei lavoratori come nei Paesi occidentali o anche di più, non riusciranno mai a raggiungere un vero sviluppo civile, progressista e democratico.

L’autore : Antonio De Candia di UGL Taxi Lombardia

 
 
 
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