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Realtà... abisso... MORTE

Post n°53 pubblicato il 24 Novembre 2008 da teatron78
 

PARTE IV^....

Ringrazio liubiza  per gli spunti che ho avuto dai suoi post esprimenti, con una sincerità ammirabile, il dramma interiore che vive quotidianamente per la funzione che svolge.

Fra chi crede che la realtà sia solo ciò che percepiamo con i sensi, chi vede evidente che i sensi sono solo dei trasmettitori di informazioni alla psiche e chi assente ad un oltre la psiche stessa c’è una differenza “abissale” sulla “idea” di abisso, che tutti, al fine, identificano con la morte. Certamente ciò avviene in misura indefinitamente diversa a seconda dell’orizzonte intellettuale, o della coscienza di ognuno.

Sono uno di quei tipi pallosi a cui, quando c’è l’occasione di fare una chiacchierata, piace dare come riferimento di “sottofondo” l’orizzonte ultimo della vita.... la ragion d’essere di essa.... uno che ha la fissa di cercare sempre il senso di tutto; altrimenti mi annoio e preferisco fare quattro chiacchiere in piazza con chi capita su politica calcio ecc. , ma sempre con la fissa di ascoltare cosa pensano gli altri... oppure starmene da solo a pensare passeggiando o seduto sul divano, quando non mi abbufo di telefilm.... come tutti, per la mia età, ho vissuto esperienze, anche molto tragiche, di morte di persone di ogni età care o, semplicemente, conosciute.... della morte improvvisa e prematura di mia madre, il dispiacere, al fine, oltre il resto, è stato di non poter essere con lei.... ho desiderato tanto esserci con mio padre ed è stato molto significativo ed intenso.... nelle chiacchierate “serie” ascolto, spesso, che il male più grande della vita è la morte di un figlio; benché abbia avuto degli incubi su ciò, con un senso di soffocamento terribile, tenuto presente il dolore lacerante che tale evento procura, non l’ho mai sentito come un male ma come un accadimento fra i possibili eventi della vita. Certo che, se di fronte ad un banalissimo incidente della vita mi lascio andare istericamente ai soliti: porca miseria perché capitano tutte a me ecc.... figuriamoci la mia reazione emotiva ad un tale evento......... ed eccoci ricondotti alla questione centrale. REALTA’ ABISSO… la vita individuale è un “viaggio” all’interno di un contesto assai più ampio: la vita universale; vivendo, l’essere individuale, questa esperienza, si percepisce, nel suo io, come il centro dello spazio e, quindi, del mondo e vive il mondo come altro da sé ma, con questo altro è in imprescindibile relazione... a me appare che, il primo attributo della vita è, non che sia bella brutta difficile ecc., ma, che, sia relazione.... in questa relazione con la vita universale, io, si percepisce come limitato e bisognoso, necessariamente, dell’altro: dall’aria al cibo alle altre persone; in questa relazione necessaria c’è un movimento continuo di ricevere e restituire: ossigeno-anidride carbonica, cibo-cacca, acqua-pipì... affetti, in tutta la loro complessità.... AMORE.... questa relazione si concretizza in legami che devono fare i conti con l’egocentrismo innato (io che si percepisce al centro).... cos’è la maturità se non la capacità di trasformare questo egocentrismo nel riconoscere la necessità che abbiamo dell’altro!? e la realizzazione dell’equilibrio interiore cos’altro se non la giustezza nel ricevere e dare!?.... ciò mi appare essere il fondamento dello svilupparsi della vita individuale in quella universale.... tutto ciò implica il problema morale sul quale non mi dilungo: tutti i giorni della nostra vita siamo chiamati a prendere decisioni sulle pulsioni, desideri, che sono la molla della relazione.... e la morte!?.... non appare, forse, come un elemento estraneo al legame delle relazioni!?.... essa interviene ad interrompere senza più possibilità questa relazione, sia per chi ha fatto della legge della vita il suo egoismo sia per chi ne ha fatto il riconoscimento dei bisogni dell’altro.... allora, mi appare che, la domanda sull’oltre la morte, sia una domanda dirompente che sembra trascendere ogni riflessione effettuata all’interno della sola concezione delle relazioni quotidiane della vita individuale.... essa pone un orizzonte infinitamente più ampio capace di influenzare le quotidiane decisioni a cui la vita ci obbliga: se la vita individuale è un venire dal nulla e un ritornare al nulla, da dove possono trarre forza le convinzioni che la vita abbisogna di un giusto equilibrio fra il dare e il prendere nel riconoscimento della nostra dipendenza da ciò che ci circonda?...... dice l’egoista: se con la morte tutto finirà non mi resta che cercare di godere il più possibile in questo difficile viaggio...... addirittura: se l’orizzonte ultimo è il medesimo per l’egoista e l’”alruista”: venire dal nulla e ritornare al nulla, cosa può essere la giustizia? essa non può che essere elaborata sull’idea di verità ma, se la vita si fonda sul nulla, la verità assoluta appare come un’idea infondata.... resta solo la verità individuale che non può che formularsi così: io sono il metro della verità......... mi appare come l’unica verità di questo attuale mondo.... in base a ciò con quale fondamento ci si può arrogare un giudizio sugli altri intorno a noi: perchè chi guarda il grande fratello è stupido e chi legge Baricco, un esempio a caso, è sensibile e intelligente?..... da quale principio può discendere un giudizio se, alla fine, tutto svanisce nel nulla?..... eppure, anche nel più inguaribile e crudele egoista, che si spinge fino al rubare, allo stuprare all’uccidere per il solo gusto di uccidere, c’è la convinzione, secondo il suo metro di verità, di perseguire il suo bene...... E’ significativo come, nel periodo in cui uscì quella canzone di Vasco, la cantavano tutti, perfino i bambini che la sentivano cantare dalla mamma; probabilmente perché esprime la contraddizione di questo tempo: “voglio dare un senso a questa vita anche se un senso non ce l’ha” .... tutti sentono l’esigenza di dare un senso a questa vita: dall’intellettuale allo spazzino ma... che forza e valore può avere questo senso, se si crede che la vita è un venire dal nulla ed un ritornare al nulla?...... però, ripeto, come ha scritto liubiza in un suo post che è stata l’occasione di questa riflessione: “...così come il dare senso e significato a ciò che si è o a ciò che si fa implichi una loro tematizzazione, anche il non dare senso e il non dare significato racchiuda e implichi paradossalmente senso e significato da vendere...”...... perché tutti si pongono la domanda e, in base alla risposta che ognuno di dà: dall’affrontarla con tutte le proprie forze al rimuoverla e sfuggirla con altrettanta forza, comprese tutte le possibili ed indefinite modalità intermedie.... si vive.... fino al momento in cui bisogna chiudere i conti....

 

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Commenti al Post:
lamiapelle
lamiapelle il 26/11/08 alle 16:04 via WEB
non sei "un tipo palloso". I tipi pallosi sono quelli che sgridano sempre. Tu non lo fai, tu fai pensare. E a volte, come ora, mi fai tornare ragazzina quando chiedevo a me stessa chi fosse questo IO, che quando mi pungevo sentivo male IO e perchè proprio IO...Chi mi ha scelta, come...e perchè. E avevo cominciato a credere, che quello scambio di cui parli, il desiderio di ascoltare, è il ricercare negli altri le stesse mie domande, quindi le risposte
 
 
lamiapelle
lamiapelle il 26/11/08 alle 16:07 via WEB
..che sgridano sempre..E invece tu, non sgridi mai...:)
 
liubiza
liubiza il 28/11/08 alle 17:07 via WEB
per prima cosa, grazie. averti sollecitato sul piano intellettuale non può che lusingarmi. poi: le questioni di cui sopra, come sai, disturbano le insane menti di noi esseri umani da millenni (o forse più?)...indi per cui varrebbe la pena farsene una ragione, prima o poi. io, la ragione, quella ragione, la trovo dando un senso anche alle più piccole azioni che compio quotidianamente nella consapevolezza che non sono eterne e per questo andrebbetro vissute fino in fondo e intensamente.:)
 
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