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« L'aspetto duale delle p...Etere ed inerzia »

Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 02 Maggio 2007 da Dave_Tiongreis
 

Lo spazio-tempo e l'etere

Nota: per comprendere questo post è necessario leggere prima quelli già pubblicati, i quali appaiono più sotto.

Nei post già pubblicati abbiamo visto che assumendo le particelle elementari quali oscillazioni dell'etere porta a comprendere il motivo per cui le distanze nello spazio-tempo dipendono dal sistema di riferimento (vedi Relatività della durata del tempo), il collasso delle funzioni d'onda (vedi La direzione del tempo e l'effetto Compton) ed altri aspetti quantistici della materia. Allo stesso tempo il concetto di etere, quasi del tutto abbandonato con l'avvento della teoria della relatività riprende vigore. Come si può inserire l'etere nella fisica dello spazio-tempo e con quali conseguenze?

Una prima cosa da fare è quella di stabilire il concetto di distanza nell'etere. Tale concetto è diverso da quello che si applica nell'universo fisico, dove le distanze sono soggette alla metrica di Minkowski e le misure avvengono in termini di onde, i cui periodi e lunghezze d'onda fungono o sono proporzionali alle unità di misura (vedi in questo blog il post Relatività della durata del tempo).

Per rendere chiaro come il concetto di distanza sia diverso, visualizziamo tali unità di misura. Dato il periodo di un'onda, vediamo com'esso varia in funzione della velocità. La legge che esprime la variazione del tempo e che sta alla base della teoria della relatività è la trasformazione di Lorentz: t = t0 / ( 1 - v2 / c2 ).  Data una particella, la cui onda associata possiede periodo T0 nel sistema a riposo, la corrispondente trasformazione per il periodo è: T = T0  ( 1 - v2 / c2 ).

Chiaramente, T  t = T0  t0. Tenuto conto di questa legge di trasformazione, ad un osservatore in movimento con velocità v, per v che va da -c a c (le unità sono tali che alla velocità della luce corrispondono rette inclinate di 45° rispetto all'asse temporale), il periodo T acquista i valori riportati nel grafico che segue.

immagine

Se ci si limita ad una sola dimensione spaziale, x, la legge di trasformazione delle lunghezze d'onda è uguale a quella dei periodi. Perciò un grafico in due dimensioni che raffiguri sia i periodi che le lunghezze d'onda, con l'inclusione dei tempi negativi, ha la seguente forma.

immagine

É da notare che al tendere alla velocità della luce sia i periodi che le lunghezze d'onda tendono a zero. Ciò rispecchia il fatto che all'avvicinarsi alla velocità della luce i tempi e le distanze tendono all'infinito, mentre i prodotti periodo  tempo e lunghezza d'onda  distanza rimangono costanti.

Da questi grafici ricaviamo un fatto interessante. Mentre nell'universo fisico le distanze invarianti (distanze assolute, indipendenti dalla velocità del sistema di riferimento) sono soggette alla metrica di Minkowski, nell'etere esse sono semplicemente soggette alla metrica di Euclide, ossia alla regola di Pitagora. In altre parole, dato un punto P, siano (tf, xf) le sue coordinate riferite al sistema di riferimento fisico (minkowskiano) e (te, xe) quelle riferite all'etere. Allora tra le coordinate fisiche e quelle dell'etere esiste la seguente relazione:

tf = a(v) te  

xf = a(v) xe, 

con a(v) funzione del rapporto v = xf / tf = xe / te per i periodi e v = tf / xf = te / xe per le lunghezze d'onda, ossia

a(v= [( 1 + v2 / c2 )/| 1 - v2 / c2 |].

In termini di coordinate fisiche la distanza invariante di P dall'origine delle coordinate è data da

df = √| c2 2 - xf2 |, tf

mentre in termini di coordinate dell'etere è data da

de = √( c2 2 + xe2 ), te

ed i due valori sono uguali, cioè de = df.

Un problema non risolvibile con la metrica di Minkowski è la determinazione della velocità della terra rispetto all'etere. Una conseguenza interessante della metrica dell'etere è di non essere indipendente dalla velocità del sistema di riferimento. Tale non invarianza dovrebbe consentire l'effettuazione di misurazioni che permetterebbero di ricavare la velocità assoluta della terra.


 
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