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« E' un dovere per tutti noiFinalmente una buona notizia »

e ci risiamo nulla è cambiato

Post n°87 pubblicato il 12 Ottobre 2011 da solitudineNA
Foto di solitudineNA

Cambia nome per combattere contro il fegato d'oca con il beneplacito di "James Bond"

 

 

 

 

Chi sceglie di cambiare il proprio nome e cognome di solito lo fa perché lo considera ridicolo o vergognoso. Ma c’è anche chi non si chiama nè Leon Cino, nè Buonanno Felice, e nemmeno Farina Bianca, ma sceglie ugualmente di cambiare il proprio normalissimo nome e cognome per sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, convincere un grande magazzino  a non commercializzare più foie gras, fegato grasso d'oca.

Così, una ragazza inglese di 27 anni ha scelto di modificare il proprio nome in Miss StopFortnumAndMasonFoieGrasCrueltyDotcom, che in italiano suonerebbe più o meno così: Signorina “Fermiamo la crudeltà del Foie Gras della Fortnum and Mason” .

Qualcuno potrebbe definire la notizia incredibile o assurda. Ed invece è tutto vero: Miss StopFortnumAndMasonFoieGrasCrueltyDotcom, al secolo Abi Izzard, una coraggiosissima attivista del Peta, ha deciso di abbandonare la propria identità (perché il nome è identità!) in nome della difesa degli animali. Abi, mostrando la sua nuova patente di guida, ha dichiarato che questo sarà il suo nome fin quando i famosi magazzini inglesi Fortnum and Mason, fornitori anche della casa reale, continueranno a vendere foie gras.

 

Secondo la ragazza, questa scelta è  il modo migliore per far sì che la gente venga a conoscenza della complicità dei magazzini in questa pratica alimentare cruenta, quella del “fegato grasso”, che costringe ogni anno 30 milioni di oche e anatre alla sovralimentazione forzata (gavage), col fine di ottenere un fegato 10 volte superiore al normale. Un fegato letteralmente malato che tanto soddisfa i palati senza scrupoli di chi lo consuma.

 

Per ottenere il “pregiato”  foie gras, gli animali vengono nutriti più volte al giorno per mezzo di un tubo metallico lungo 20-30 cm, che al momento dell’inserimento può causare lesioni, infezioni, infiammazioni e, peggio, morte per soffocamento e perforazione del collo. E l’inserimento è solo l’inizio. L’alimentazione forzata causa dispnea e diarrea, mentre l’allargamento del fegato comporta difficoltà respiratorie e nei movimenti. A molti animali, poi, viene amputata la punta del becco senza anestesia, con pinze o forbici. Per non parlare delle condizioni di detenzione, in gabbie (quando le anatre avrebbero bisogno di stare anche in acqua) così microscopiche da non poter nemmeno consentire di battere le ali. Gli esemplari che “sopravvivono” e giungono fino al macello, vanno incontro ad una morte atroce. Alcuni vengono tramite sgozzati, altri fulminati con la corrente o asfissiati con dei gas.

In Italia, come in molti Stati europei, la pratica dell’ingozzamento è vietata, ma non la vendita di foie gras. Inoltre il divieto europeo al gavage è valido solo per quei Paesi dove la pratica non è di uso comune…vive la France! Per di più, il foie gras prodotto da anatre appositamente allevate in Dordogna (Canard à foie gras du Pèrigord) ha ottenuto la certificazione IGP, in conformità alla normativa Europea.

Ed è per tutto questo che Miss StopFortnumAndMasonFoieGrasCrueltyDotcom ha scelto di chiamarsi in questo modo. Per combattere la totale negazione dei diritti degli animali utilizzati per il foie gras. La scelta di Abi ha ricevuto anche l’approvazione di Roger Moore, uno dei più famosi interpreti di James Bond, da sempre contro il foie gras, che, con classico humour inglese, ha dichiarato a riguardo “molte persone mi conscono come James Bond o come 007, ma non sono mai arrivato a cambiare ufficialmente il mio nome”. 

 

 

     

 

Pellicce: procioni scuoiati vivi per imbottire stivali contraffatti (video shock)

 

 

Torniamo ancora una volta a parlare del binomio pellicce-torture sugli animali, questa volta per catalizzare l’attenzione su un tipo di stivali che sta andando moltissimo di moda negli ultimi anni. Stiamo parlando dei comodi e caldi stivali australiani UGG, che, dopo il successo degli anni passati, si riconfermano come una delle tendenze della moda inverno 2011.

Esistono per uomo, per donna e persino per bambino, in mille diversi colori. Un paio di queste calzature originali arrivano a costare anche più 200 Euro. Così, gli acquirenti meno abbienti, per essere vestiti all’ultimo grido e non restare indietro, ricorrono alle più economiche imitazioni, contraffatte a regola d’arte quasi sempre in Cina, Paese che, come vi abbiamo raccontato più volte, certo non brilla quanto a rispetto e tutela per gli animali.

Se dietro la realizzazione delle trendy calzature originali si nasconde l’utilizzo della pelle di migliaia di pecore australiane,  ciò che c’è dietro al mercato della contraffazione cinese è, se possibile, ancor peggio. Nelle morbide, confortevoli ed economiche “simil-UGG” scorre un lungo fiume di sangue e sofferenze indicibili per centinaia e centinaia di teneri, buffi e dolcissimi procioni, colpevoli solo di possedere uno splendido manto morbido e caldo. Perché la pelliccia dello stivale contraffatto è tutt’altro che sintetica…

Questa volta, però, è stato tutto ripreso, fotogramma dopo fotogramma, fornendo prove inconfutabili anche della ignobile complicità di chi, con il proprio acquisto poco responsabile,  favorisce le violenze indicibili e disumane a cui questi animali vengono sottoposti. Gli investigatori della Swiss Animal Protection sono riusciti a intrufolarsi sotto copertura in alcuni allevamenti cinesi della provincia di Hebei e, muniti di telecamere nascoste, hanno documentato un massacro ai confini della realtà, dando vita a un durissimo, shoccante e straziante filmato, che alcuni giornali internazionali hanno scelto di non pubblicare per l’eccessiva violenza.

Il video inizia con le immagini di  “uomini” senza cuore che, dopo essersi appropriati dei poveri animali, iniziano a colpirli con aste di metallo e a sbatterli violentemente sul terreno. Questo “trattamento” è solo l’inizio delle torture. Non serve ad ucciderli, ma a fare in modo che i procioni non si muovano quando gli allevatori strapperanno loro via la pelle con estrema lentezza, anche se sono vivi e ben coscienti. Gli animali, insomma, vengono letteralmente scuoiati vivi, “ovviamente” per ottenere una migliore resa nella pelliccia. Il processo incomincia dai piedi fino ad arrivare alla testa. Le creature, oramai agonizzanti ma ancora vive, vengono poi gettate con i loro corpi ormai nudi e sanguinosi nel mucchio di coloro che le hanno precedute. Respiro, battito cardiaco, movimento direzionale del corpo e movimento dei bulbi oculari sono ancora evidenti, anche dopo la scuoiatura “a vivo”. I procioni vengono poi asciati morire da soli tra indicibili sofferenze, nella più totale assenza anche dei più elementari standard di benessere degli animali, a cui vengono negati persino i più semplici atti di gentilezza.

Ma, al di là del caso delle UGG, si tratta di una mattanza ben più generalizzata e vasta che, purtroppo, riguarda non solo i poveri procioni immortalati in questo filmato shock, ma anche volpi, visoni, castori, chinchilla, conigli e persino cani e gatti. Animali che vengono tenuti ammassati in gabbie all'aperto, esposti alla pioggia battente, al freddo o al caldo, in attesa di essere tramortiti a colpi in testa, seviziati e, infine, scuoiati vivi.

Non è un film dell'orrore, è  la realtà. Di fronte a un tale scempio diventa davvero impossibile permettere che tutto ciò possa continuare ad accadere. Perché la colpa è anche di chi compra e contribuisce a questo mercato.

L'unico modo per evitare che tali crudeltà siano ancora perpetrate è quello di non indossare mai le pellicce. Perché, come recita la famosa campagna Peta, meglio essere nudi che complici di questo massacro. 

E se proprio non vogliamo evitare di indossare boot all'ultima moda, perché non proviamo a farceli da noi riciclando vecchi maglioni? L'effetto eco-chic è assicurato!

Se non credete a quello che è stato detto andate sul sito  www.greenme.it  e ve ne renderete conto .

Diffondiamo più che possiamo questo messaggio facciamo qualcosa nel nostro piccolo

 

 

  

 

 


 
 

 
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