Post n°31 pubblicato il 25 Dicembre 2021 da ilrimino
Guido Nozzoli,così salvò San Marino dal bombardamento alleatoAnni Trenta, favolosi e tragici [*]La guida turistica di Rimini curata da Luigi Gravina esce nel 1933, ultimo dei quattro anni in cui Pietro Palloni (1876-1956) è podestà, e mentre si sta realizzando (1932-35) il maestoso lungomare dal porto a piazza Tripoli. Palloni l'ha voluto per competere con la «passeggiata degli Inglesi» a Nizza. Gravina elogia «gli splendori del lido» introducendo i lettori alla vita della Marina, che per «comodità dei forestieri» precede la descrizione della città.Il primo stabilimento balneare di Rimini è inaugurato nel 1843. Nel 1868 la sua gestione passa al Comune (fino al 1904). Lo scarso numero di frequentatori per mancanza di infrastrutture alberghiere e d'intrattenimento, non riesce a coprire le spese. Nel 1873 apre il Kursaal: «il primo di tutta Italia», lo definisce il celebre igienista Paolo Mantegazza che ne è direttore. Nel 1876 nasce l'Idroterapico. Sarà demolito nel 1929. Nel 1878 il sindaco conte Ruggero Baldini inutilmente cerca di convincere alcuni investitori milanesi ad accettare la gestione privata dello stabilimento balneare. Baldini non ha fatto buoni affari con il turismo, ha dovuto vendere all'asta anche la casa natale. Dal 1885 ai nobili ed ai ricchi borghesi il Comune inizia a cedere gratuitamente od a basso prezzo, appezzamenti e tratti di spiaggia acquistati dallo Stato. Nel 1908 apre il Grand Hotel. Il Comune lo acquista nel 1931.Il 16 agosto 1916 il terremoto provoca gravi danni alla città, per cui sono demoliti 615 fabbricati. Una sventura peggiore al foglio cattolico «L'Ausa» appare la «Società dei bagni». Fallita nel 1912, essa ritorna nel 1926 in gestione al Municipio dopo oltre quattro anni di trattative. Dal 1917 la spiaggia, da Riccione a Bellaria, è data in concessione al Comune. Nel 1921 l'amministrazione di Rimini ha debiti per 17 milioni di lire con seri ed onerosi problemi sociali da risolvere, e poco credito presso le banche. Il Comune ha creato la nuova industria turistica, i privati si sono dedicati all'edilizia. Le perdite sono state municipalizzate e le rendite promosse. Molti contadini scendono dalle campagne al mare, attirati dalla «monocultura balneare» che trionfa nel Novecento, come Giorgio Conti ha spiegato in pagine fondamentali per la storia della città. Dal 1929 si vola a Milano. Nel 1932 è inaugurata la ferrovia per San Marino. Il duce ha insignito Rimini d'una etichetta rimasta celebre: «Scarto delle Marche e rifiuto della Romagna».La Rimini tra le due guerre mondiali, ha scritto Guido Nozzoli, era una cittadina provinciale in cui «l'unica opera nuova che mutasse non sgradevolmente la sua fisionomia fu il lungomare 'di Palloni'. [...] Sembrava tutto nuovo, ed erano le ultime frange dell'800».Nel 1930 Rimini ospita 48.315 turisti. Nel 1934 sono 66.231 (+37%). Gli stranieri raddoppiano da 1.561 a 3.402. Nel «Corriere del Mare» del Ferragosto 1930, Valfredo Montanari (capo ufficio dell'Azienda di Soggiorno) scrive: «... abbiamo vissuto momenti di aspirazioni infinite. [...] La valorizzazione industriale della Riviera Riminese non è impresa di facile compimento». Per il ferragosto del 1936, quello delle picconate di Mussolini per l'isolamento dell'arco d'Augusto, al Kursaal si organizza il primo festival della canzone italiana. «Il vero successo si ottenne l'anno successivo», racconta nel 1962 Valfredo Montanari a Gianni Bezzi de «il Resto del Carlino»: «Il 5 agosto 1937 cinquemila persone affollarono il parco del Kursaal» che non era soltanto «il più raffinato edificio della città» ma anche uno dei 'personaggi' che «diedero la loro impronta, la loro voce, il loro spirito alla storia di una marina che accolse gente di ogni Paese».Alla fine dell'agosto 1939 il cinegiornale Luce n. 1571 presenta la «gaia, spensierata, salubre vita balneare di grandi e piccini» sulla nostra spiaggia. Dal primo luglio la filovia Rimini-Riccione ha sostituito la tramvia elettrica del 1921. A Miramare fa scalo la linea aerea Praga-Roma.Sabato 2 settembre 1939 «il Popolo d'Italia» annuncia: «L'Italia con le armi al piede». Il resto lo sappiamo. La gente scappa dalla «città morta». Rimini è distrutta dai bombardamenti tra primo novembre 1943 e 21 settembre 1944. La Repubblica di San Marino diventa uno «sterminato rifugio», come dichiarò a Bruno Ghigi il giornalista Guido Nozzoli. Che il 19 settembre 1944, mentre si combatte per la presa di Borgo Maggiore, riesce a passare le linee ad Acquaviva giocando il cane di famiglia, Garbì. Deve contattare ufficiali dell'Ottava Armata che stanno preparando la "seconda Cassino". Si consegna loro prigioniero e li informa della «drammatica situazione dei civili rintanati nelle gallerie». Il comando inglese rinuncia così «al bombardamento di spianamento di San Marino programmato prima». Il Titano è salvo con gli oltre centomila rifugiati italiani. Nozzoli, allora sottotenente del Regio Esercito, scrive in un documento ufficiale (edito da Liliano Faenza nel 1994): «Assicurai l'assoluta assenza di batterie tedesche nel perimetro della città».La guida di Luigi Gravina si apre con tre brevi citazioni. Palloni ammonisce: Rimini non deve rivolgersi indietro ma «guardare al futuro». Ci sono versi bucolici del medico concittadino Domenico Bilancioni (1841-1884). Lo storico Giovanni Maioli definisce la città «antica e moderna, di sogno e di vita».Bilancioni, ex garibaldino e carducciano in poesia, fu tra i ventotto dirigenti repubblicani arrestati il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, nella villa dell'industriale Ercole Ruffi. Del gruppo faceva parte l'anarchico Domenico Francolini (1850-1926), marito di Costanza Lettimi e legato da fraterna amicizia a Giovanni Pascoli.Il riminese Giovanni Maioli (1893-1961) diresse a Bologna il Museo del Risorgimento. A questo periodo storico egli ha dedicato centinaia di articoli e saggi, recando «il contributo di fonti ignorate o malnote, esaminate ed approfondite», come osserva Antonio Mambelli nell'orazione pronunciata a Rimini il 2 giugno 1962 durante il XIII convegno degli Studi Romagnoli.[*] Questo testo è la presentazione alla ristampa anastatica (ed. Bruno Ghigi, Rimini 2008) della guida di Rimini di Luigi Gravina apparsa nel 1933. |
Post n°30 pubblicato il 25 Dicembre 2021 da ilrimino
Guido Nozzoli, così salvò San Marino dal bombardamento alleato Anni Trenta, favolosi e tragici [*] La guida turistica di Rimini curata da Luigi Gravina esce nel 1933, ultimo dei quattro anni in cui Pietro Palloni (1876-1956) è podestà, e mentre si sta realizzando (1932-35) il maestoso lungomare dal porto a piazza Tripoli. Palloni l'ha voluto per competere con la «passeggiata degli Inglesi» a Nizza. Gravina elogia «gli splendori del lido» introducendo i lettori alla vita della Marina, che per «comodità dei forestieri» precede la descrizione della città. Il primo stabilimento balneare di Rimini è inaugurato nel 1843. Nel 1868 la sua gestione passa al Comune (fino al 1904). Lo scarso numero di frequentatori per mancanza di infrastrutture alberghiere e d'intrattenimento, non riesce a coprire le spese. Nel 1873 apre il Kursaal: «il primo di tutta Italia», lo definisce il celebre igienista Paolo Mantegazza che ne è direttore. Nel 1876 nasce l'Idroterapico. Sarà demolito nel 1929. Nel 1878 il sindaco conte Ruggero Baldini inutilmente cerca di convincere alcuni investitori milanesi ad accettare la gestione privata dello stabilimento balneare. Baldini non ha fatto buoni affari con il turismo, ha dovuto vendere all'asta anche la casa natale. Dal 1885 ai nobili ed ai ricchi borghesi il Comune inizia a cedere gratuitamente od a basso prezzo, appezzamenti e tratti di spiaggia acquistati dallo Stato. Nel 1908 apre il Grand Hotel. Il Comune lo acquista nel 1931. Il 16 agosto 1916 il terremoto provoca gravi danni alla città, per cui sono demoliti 615 fabbricati. Una sventura peggiore al foglio cattolico «L'Ausa» appare la «Società dei bagni». Fallita nel 1912, essa ritorna nel 1926 in gestione al Municipio dopo oltre quattro anni di trattative. Dal 1917 la spiaggia, da Riccione a Bellaria, è data in concessione al Comune. Nel 1921 l'amministrazione di Rimini ha debiti per 17 milioni di lire con seri ed onerosi problemi sociali da risolvere, e poco credito presso le banche. Il Comune ha creato la nuova industria turistica, i privati si sono dedicati all'edilizia. Le perdite sono state municipalizzate e le rendite promosse. Molti contadini scendono dalle campagne al mare, attirati dalla «monocultura balneare» che trionfa nel Novecento, come Giorgio Conti ha spiegato in pagine fondamentali per la storia della città. Dal 1929 si vola a Milano. Nel 1932 è inaugurata la ferrovia per San Marino. Il duce ha insignito Rimini d'una etichetta rimasta celebre: «Scarto delle Marche e rifiuto della Romagna». La Rimini tra le due guerre mondiali, ha scritto Guido Nozzoli, era una cittadina provinciale in cui «l'unica opera nuova che mutasse non sgradevolmente la sua fisionomia fu il lungomare 'di Palloni'. [...] Sembrava tutto nuovo, ed erano le ultime frange dell'800». Nel 1930 Rimini ospita 48.315 turisti. Nel 1934 sono 66.231 (+37%). Gli stranieri raddoppiano da 1.561 a 3.402. Nel «Corriere del Mare» del Ferragosto 1930, Valfredo Montanari (capo ufficio dell'Azienda di Soggiorno) scrive: «... abbiamo vissuto momenti di aspirazioni infinite. [...] La valorizzazione industriale della Riviera Riminese non è impresa di facile compimento». Per il ferragosto del 1936, quello delle picconate di Mussolini per l'isolamento dell'arco d'Augusto, al Kursaal si organizza il primo festival della canzone italiana. «Il vero successo si ottenne l'anno successivo», racconta nel 1962 Valfredo Montanari a Gianni Bezzi de «il Resto del Carlino»: «Il 5 agosto 1937 cinquemila persone affollarono il parco del Kursaal» che non era soltanto «il più raffinato edificio della città» ma anche uno dei 'personaggi' che «diedero la loro impronta, la loro voce, il loro spirito alla storia di una marina che accolse gente di ogni Paese». Alla fine dell'agosto 1939 il cinegiornale Luce n. 1571 presenta la «gaia, spensierata, salubre vita balneare di grandi e piccini» sulla nostra spiaggia. Dal primo luglio la filovia Rimini-Riccione ha sostituito la tramvia elettrica del 1921. A Miramare fa scalo la linea aerea Praga-Roma. Sabato 2 settembre 1939 «il Popolo d'Italia» annuncia: «L'Italia con le armi al piede». Il resto lo sappiamo. La gente scappa dalla «città morta». Rimini è distrutta dai bombardamenti tra primo novembre 1943 e 21 settembre 1944. La Repubblica di San Marino diventa uno «sterminato rifugio», come dichiarò a Bruno Ghigi il giornalista Guido Nozzoli. Che il 19 settembre 1944, mentre si combatte per la presa di Borgo Maggiore, riesce a passare le linee ad Acquaviva giocando il cane di famiglia, Garbì. Deve contattare ufficiali dell'Ottava Armata che stanno preparando la "seconda Cassino". Si consegna loro prigioniero e li informa della «drammatica situazione dei civili rintanati nelle gallerie». Il comando inglese rinuncia così «al bombardamento di spianamento di San Marino programmato prima». Il Titano è salvo con gli oltre centomila rifugiati italiani. Nozzoli, allora sottotenente del Regio Esercito, scrive in un documento ufficiale (edito da Liliano Faenza nel 1994): «Assicurai l'assoluta assenza di batterie tedesche nel perimetro della città». La guida di Luigi Gravina si apre con tre brevi citazioni. Palloni ammonisce: Rimini non deve rivolgersi indietro ma «guardare al futuro». Ci sono versi bucolici del medico concittadino Domenico Bilancioni (1841-1884). Lo storico Giovanni Maioli definisce la città «antica e moderna, di sogno e di vita». Bilancioni, ex garibaldino e carducciano in poesia, fu tra i ventotto dirigenti repubblicani arrestati il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, nella villa dell'industriale Ercole Ruffi. Del gruppo faceva parte l'anarchico Domenico Francolini (1850-1926), marito di Costanza Lettimi e legato da fraterna amicizia a Giovanni Pascoli. Il riminese Giovanni Maioli (1893-1961) diresse a Bologna il Museo del Risorgimento. A questo periodo storico egli ha dedicato centinaia di articoli e saggi, recando «il contributo di fonti ignorate o malnote, esaminate ed approfondite», come osserva Antonio Mambelli nell'orazione pronunciata a Rimini il 2 giugno 1962 durante il XIII convegno degli Studi Romagnoli. [*] Questo testo è la presentazione alla ristampa anastatica (ed. Bruno Ghigi, Rimini 2008) della guida di Rimini di Luigi Gravina apparsa nel 1933. |
Post n°29 pubblicato il 14 Agosto 2021 da ilrimino
In ricordo di Gino Strada, scomparso il 13 agosto 2021, pubblico un mio Tam Tama dell'Ottobre 2002, apparso sul settimanale riminese "il Ponte" Tama 844. Fantasia Tra i capolavori della fantasia non ci sono soltanto i romanzi, le novelle, i film. Ci sono anche le battute infelici pronunciate dagli uomini politici. Piero Fassino, con uno snobismo che viene da lontano (e ricorda qualche fotogramma di togliattiana memoria), tiene a farci sapere che pur essendo contrario all'invio dei mille alpini in Afghanistan, non vuol essere confuso con il pacifismo di Gino Strada. Talora, spiega Fassino, le bombe sono necessarie. A chi? Ma perbacco, neppure chiederlo: servono alla «politica». Strada, che vede gli effetti delle bombe in quel di Kabul, preferirebbe che la politica avesse l'intelligenza che i militari attribuiscono alle loro armi, ed evitasse tante vittime innocenti. Fassino tira in ballo l'etica della responsabilità, oltre che l'etica della convinzione la quale, considerata forse ad un gradino più basso, è quella a cui si abbeverano le anime semplici, mentre le menti raffinate mirano in alto. Da dove si vedono i grandi princìpi ma si perde per la distanza lo spettacolo dei piccoli drammi che fanno la Storia quotidiana della gente qualsiasi. Ad esempio, dal loro settimo cielo i politici vedono gli oleodotti dell'Afghanistan o dell'Iraq? Sanno a chi fanno gola? Il presidente del Consiglio Berlusconi, preso atto che la spaccatura nell'Ulivo era ormai insanabile dopo il voto sui mille alpini, e che non era più il caso di insistere su una cosa inesistente, ha cambiato registro. Ha cercato si sfottere qualche politico avversario, ma lo ha fatto con toni ridicoli non tanto nei confronti della minoranza parlamentare, quanto verso se stesso. La scenetta in cui Berlusconi raccontava ad un esterrefatto primo ministro danese che Massimo Cacciari s'era invaghito della propria moglie, Veronica Lario, è stata penosa per i presenti, offensiva per la signora, inedita per i protocolli diplomatici, ed utile soltanto all'on. Previti perché per un giorno non si è parlato sui giornali delle sue pretese evasioni fiscali. Berlusconi ci aveva abituato a ben altro. Ci siamo divertiti con l'alternanza dei suoi inviti prima a spendere, poi a fare sacrifici (beninteso indirettamente, come ha spiegato). Abbiamo aspettato invano una terza uscita in materia economica, tipo: tirare la cinghia fa bene alla salute ed ai bilanci della Sanità. Ci siamo dovuti arrendere alla pretesa storia d'amore tra il filosofo Cacciari e Veronica Lario in Berlusconi. L'hanno scritta gli autori di Scherzi a parte? Antonio Montanari [Ponte n. 36, 13.10.2002]
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Post n°28 pubblicato il 10 Luglio 2021 da ilrimino
"Viva la Regina!" Il re di Spagna è stato in visita ufficiale nel nostro Paese. Per festeggiare, ha organizzato una cena con la migliore nobiltà romana e con i più bei nomi della intelligenza nazionale. Ospite di riguardo, data la sua popolarità iberica, è stata la nostra conterranea Raffaella Carrà che si è presentata elegantemente addobbata come una regina madre, sfoggiando sul seno un vistoso fiocco che, ai nostri occhi zotici, si presentava come una specie di decorazione natalizia, mentre era un’alta onorificenza spagnola di cui la nota ballerina è stata insignita per i suoi successi televisivi. Carràmba, che sorpresa. L’Italia si fa onore nel mondo, grazie Raffaella. Langue la ricerca scientifica, i migliori cervelli sono costretti ad emigrare, ma le soubrette restano a consolarci e a far sventolare con orgoglio, a mo’ di gonnella, la bandiera della cultura tricolore. Grazie, di cuore.
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Post n°27 pubblicato il 20 Giugno 2021 da ilrimino
"il Ponte", 20.06.2021, n. 24, ANNIVERSARI
A Roma il 13 dicembre 1600 arriva con magnifica pompa una confraternita riminese di 180 uomini vestiti con un lungo sacco nero e preceduti da uno stendardo costato duemila scudi d'oro. Tra loro c'è lo storico Cesare Clementini (1561-1624) che ne parla nel suo "Raccolto istorico", apparso a Brescia in due tomi nel 1617 e 1627. L'eleganza di quel corteo contrasta con le condizioni in cui viveva Rimini. Carestie, pestilenze e guerre (lontane, ma segnalate in loco dai continui, costosi passaggi di truppe), sono i mali che affliggono pure la nostra città.
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Inviato da: gatta.sissi
il 07/07/2008 alle 13:55