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RAI: la voce del padrone (intervento in 5 parti)

Post n°11 pubblicato il 22 Aprile 2009 da BARTYX

(commentate alla fine, al punto 5/5 !)

Sommario della puntata:
 
Testo:

Oggi parliamo di Indro Montanelli, nel centenario della sua nascita.
Montanelli è nato a Fucecchio il 22 aprile del 1909, quindi anche se se è morto nel 2001 ha molte cose da dirci. Anzi, molte cose le ha dette quando molte belle addormentate nel bosco, molti di quelli che non vogliono vedere, molte Alici del Paese delle Meraviglie, molti servi, molti killer non vedevano e non volevano vedere quello che, in realtà, era visibile fin dal 1994, quando nella politica italiana irruppe un imprenditore che non sa cosa sia la democrazia, non sa cosa siano le idee e il confronto, ma sa soltanto che cosa siano gli interessi.
Nel 2004 ho scritto un libro che, più che altro, diciamo che è scritto da Montanelli nel senso che era un’amplissima antologia di tutte le cose che lui ha scritto e detto a proposito di Berlusconi
e della storia del suo rapporto con Berlusconi, iniziato nella metà degli anni 70 quando il Cavaliere acquistò una quota prima di minoranza e poi, infine, di maggioranza nel giornale che Montanelli aveva fondato come cooperativa tra giornalisti.
Rapporto che fu tormentato, ma resse tra polemiche, pressioni e resistenze, però nella quasi normalità di un rapporto tra un editore, molto già implicato con la politica e un direttore che la politica del suo giornale la voleva fare giustamente lui.
Resse fino a quando dentro la politica direttamente non entrò Berlusconi e, in quel momento, esplose il dissidio che poi culminò nel distacco e nell’andar via di Montanelli, dopo una famosa irruzione del Cavaliere l’8 gennaio del 1994 nella redazione de Il Giornale, di cui tra l’altro non era più neanche l’editore, perché l’aveva dovuto girare a suo fratello per rispettare almeno formalmente la legge Mammì, che stabiliva un’incompatibilità tra il possesso di televisioni e il possesso di giornali. Vorrei parlare, anzi far parlare di Montanelli: l’ho fatto in questo libro, “Montanelli e il Cavaliere” nel 2004, adesso l’ho ripubblicato perché non pensavo, ma da quando è morto, ossia nel 2001, moltissimi hanno continuato a occuparsi di lui; per fortuna moltissimi continuano a comprare i suoi libri, pensate che Montanelli continua a vendere all’anno 100. 000 copie circa dei suoi vari libri pubblicati da Rizzoli o ripubblicati da Rizzoli: vende più lui da morto che quasi tutti i giornalisti da vivi.
 
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1/5 (RAI: la voce del padrone) - Appropriazione indebita di Montanelli

Post n°10 pubblicato il 22 Aprile 2009 da BARTYX

1/5 - Appropriazione indebita di Montanelli
 
L’ho ripubblicato con un nuovo saggio introduttivo, perché non pensavo, ma in questi anni da quando Montanelli è morto si è continuato a parlare di lui con appropriazioni indebite, tentando di annetterlo a questa o a quella parte e questa è stata una delle operazioni vergognose che ho voluto smontare in questa nuova edizione del libro, che è pubblicato da Garzanti. L’altra operazione vergognosa è lo sputo sulla tomba: persone che non si erano mai azzardate a parlarne male da vivo, quando lui poteva rispondere e sappiamo come rispondeva, hanno cominciato a parlarne male da morto, pur potendolo fare anche quando era vivo e mi riferisco a alcuni sedicenti studiosi, che hanno voluto addirittura mettere in dubbio, in alcuni sedicenti saggi, che Montanelli fosse stato condannato a morte dai nazisti e avesse rischiato la fucilazione, se non fosse fortunosamente riuscito a fuggire. Quindi anche su quello ho fatto un po’ di ricerche storiche per andare a vedere la verità su quello che è successo nel 1944/45 nel carcere di Gallarate e nel cercare di San Vittore, dove Montanelli era recluso con la sua prima moglie colpevole di antifascismo, ossia colpevole di essere sempre contro il fascismo dal momento in cui il fascismo aveva raggiunto l’apice della sua popolarità: non dimentichiamo che Montanelli comincia a abbandonare il fascismo quando tutti corrono sul carro del vincitore, dopo l’impresa di Abissinia durante la Guerra civile di Spagna, esattamente come sarà poi contro il conformismo democristiano e bigotto degli anni 50 e 60, come sarà contro il conformismo di sinistra filo/PCI, o addirittura filo/gruppi extraparlamentari, post sessantottino, che contagiò quasi tutti i giornali, compreso Il Corriere della Sera negli anni 70 e come fu contro il conformismo veramente da regime, come lui scrisse fin dal 94, berlusconiano negli anni 90 fino al 2001, quando morì.

Naturalmente ripubblicando questo libro mi sono riletto moltissime delle cose che lui ha scritto negli ultimi sette anni della sua vita, quando praticamente il pensiero dominante per lui era quello che tutti i democratici hanno tutt’ora, come pensiero dominante e come incubo, se volete, ovvero non tanto Berlusconi, quanto il berlusconismo. E mi sono reso conto che a fare scandalo e a rendere così insopportabile la vera storia di Montanelli e Berlusconi è un episodio: un episodio che segna l’inizio di un serial che ha visto cadere sotto la censura tutti i migliori giornalisti italiani, tutti i più bravi e i più amati giornalisti italiani e, contemporaneamente, tutti coloro che si sono occupati di satira in Italia in questi 15 anni. L’ultimo caso è quello di Vauro, ma sarebbe sbagliato prenderlo come un fungo che cresce in un luogo privo di funghi: Vauro è l’ultimo satirista che viene colpito come sono stati colpiti grandi giornalisti e grandi satiristi in quei dieci anni e tutto è cominciato esattamente l’8 gennaio del 1994, è quello il giorno in cui avviene una rottura anche in un Paese poco incline alla cultura liberale come l’Italia.

 
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2/5 (RAI: la voce del padrone) - La legge Mammì e Berlusconi

Post n°9 pubblicato il 22 Aprile 2009 da BARTYX

2/5 - La legge Mammì e Berlusconi
                                                                      
Che cosa succede l’8 gennaio 1994? Succede che il Cavalier Silvio Berlusconi in procinto, ma non ancora ufficialmente - l’aveva dichiarato - di entrare in politica, di “ scendere in campo”, come avrebbe detto lui alla fine del mese, sale le scale della sede de Il Giornale in Via Gaetano Negri a Milano, raggiunge la sala dove si stava per tenere l’assemblea dei redattori e arringa i giornalisti de Il Giornale in assenza e all’insaputa di Montanelli.
Antefatto: Berlusconi non aveva mai messo piede nei piani alti de Il Giornale per una ragione molto semplice: che quando ne era diventato l’azionista e poi l’editore Montanelli non gli aveva mai permesso e lui non si era mai azzardato a mescolarsi con Il Giornale, si occupava ovviamente dell’amministrazione come fanno gli editori. Nel ‘90 aveva poi lasciato il suo ruolo di editore, cedendo le quote al fratello Paolo, come vi ho detto, per aggirare la legge Mammì. Non è una cosa da poco aggirare la legge Mammì, perché la legge Mammì, che pure è una barzelletta per quanto riguarda i criteri antitrust, è la legge che ha consentito a Berlusconi di continuare a possedere l’intero panorama della televisione commerciale in Italia, prevedeva e prevede delle sanzioni, ovvero la perdita immediata della concessione pubblica da parte di chi la violasse: sappiamo che Berlusconi l’ha violata almeno per due profili, da un lato perché continuava a essere il reale proprietario de Il Giornale, come dimostra quello che è accaduto l’8 gennaio del 1994, quindi avrebbe dovuto perdere la concessione per le televisioni e poi perché continuò a controllare ben più del 10% di Telepiù, la pay tv che aveva messo in piedi e che poi la Mammì lo costrinse a cedere nella quota eccedente il 10% e lui, ovviamente, la aggirò passando le quote a dei suoi amici e prestanomi che spesso lui stesso aiutava a comprarle, come poi è venuto fuori dai processi e naturalmente come poi le famose authorities non hanno voluto sanzionare perché fanno sempre finta di niente. Pensate soltanto alle authorities in questi giorni che cosa non stanno facendo rispetto alla violazione palese della legge Gasparri e della legge Frattini: sono due leggi che Berlusconi ha fatto nel 2004 e sono due leggi che Berlusconi viola; non so se avete sentito l’Avvocato Ghedini l’altro giorno a Annozero dire <<beh, ma Berlusconi l’ha fatto lui il Testo Unico dei beni culturali, mica potrà violarlo!>>: non so se la regola valga anche per la Gasparri e per la Frattini, fatto sta che le sta violando tutte e due. La Gasparri stabilisce che i dirigenti della RAI li nomina il Consiglio di amministrazione, però il Consiglio di amministrazione, come sapete, non si riunisce a Palazzo Grazioli, ma si riunisce non so se al settimo o all’ottavo piano di Viale Mazzini 14, mentre invece le nomine si stanno facendo a casa di Berlusconi e lui ha anche annunciato “ guardate che vi siete sbagliati, perché i nomi che ho in mente non sono quelli che avete scritto, ma sono altri” e quindi ha confermato pienamente che se ne sta occupando lui, senza averne alcun titolo. In più c’è il fatto che se ne sta occupando un signore che è anche il proprietario della concorrenza e che, naturalmente, ha tutto l’interesse a piazzare dei dirigenti inadeguati alla RAI per guadagnare in ascolti e in pubblicità su Mediaset.
E di dirigenti inadeguati nominati da Berlusconi alla RAI ce ne è una lunga tradizione, come evidentemente ricordate, ma i nomi che circolano in questi giorni ci dicono che in futuro avremo dirigenti se possibile ancora più inadeguati di quelli che aveva nominato le altre volte, perché Mediaset è molto in difficoltà e c’è bisogno proprio di una RAI diretta da un gruppo di paracarri e di piante grasse, di Ficus probabilmente. Passeremo dal genere animale al genere vegetale.
Ritornando a bomba, violò la legge Mammì e la violò perché andò a parlare con una redazione che non doveva avere nulla a che fare con lui e con cui lui non doveva avere nulla a che fare: perché ci andò? Perché da mesi aveva avvertito Montanelli della propria intenzione di scendere in campo politicamente, Montanelli gli aveva sconsigliato tutto ciò, Berlusconi se ne era infischiato e aveva ragione Berlusconi, perché nelle condizioni in cui era, come disse giustamente a Montanelli e a Biagi, “ se non entro in politica vado a finire in galera e fallisco per debiti”, quindi non poteva fare altrimenti: o la galera o il governo, scelse il governo e evitò la galera e i debiti.
 
Però Montanelli gli aveva detto che mai e poi mai Il Giornale sarebbe diventato il suo organo di partito: Berlusconi fece un discorso molto chiaro, nelle riunioni che teneva il sabato a Arcore, con tutti i direttori dei giornali e dei telegiornali delle sue reti, Montanelli non ci andava, ci andava il condirettore Federico Orlando e Berlusconi aveva detto chiaramente “ dovremo diventare un’orchestra che suona uno spartito unico: il mio” e l’unico che disse esplicitamente di no fu Montanelli . Trovate tutto in un libro che si intitola “ Il Sabato andavamo a Arcore”, pubblicato da Federico Orlando per l’editore Larus, oppure nel libro “ Montanelli e il Cavaliere”.

A quel punto Berlusconi decide di sostituire Montanelli, perché già sa che Montanelli, simbolo dell’Italia liberaldemocratica, conservatrice gli dirà di no e gli dirà di no sul giornale edito da suo fratello, quindi praticamente sarà una critica, quella di Montanelli, che vale il triplo rispetto a quelle che partono da sinistra, perché nessuno potrà accusare Montanelli di essere diventato di sinistra. Avere un nemico dalla propria, dalla parte dei propri elettori, moderati, conservatori etc., sarebbe stato devastante e conseguentemente Berlusconi spera di riuscire a pensionare Montanelli dandogli un ruolo di padre nobile da accantonare e da mettere in un angolo, oppure addirittura da mandare via, non pensando che Montanelli a 85 avrebbe tirato fuori le energie per fondare un nuovo giornale. Quindi aspettava l’occasione per farlo fuori e intanto gli faceva massaggiare i nervi dai suoi sgherri, dai suoi killers, che in televisione sparavano a zero contro Montanelli un giorno sì e l’altro pure: erano i soliti Sgarbi e Fede, non sono cambiati i nomi. Leggerete che cosa sono riusciti a dire Sgarbi e Fede in quei mesi: cose di cui persino loro dovrebbero vergognarsi, il che è tutto dire.

 
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3/5 (RAI: la voce del padrone) - Fede chiede le dimissioni di Montanelli

Post n°8 pubblicato il 22 Aprile 2009 da BARTYX

3/5 - Fede chiede le dimissioni di Montanelli
 
Ma Montanelli i nervi non se li lascia saltare e continua a non dimettersi: aspetta che qualcuno lo faccia fuori, tenete presente che Montanelli è il giornalista più importante, più famoso, più bravo secondo me d’Europa allora e anche dopo allora, conseguentemente a Berlusconi cominciare la sua avventura politica cacciando il più grande giornalista d’Europa probabilmente creava qualche problema. Allora sperava che se ne andasse Montanelli e Montanelli non si muoveva, finché a un certo punto Emilio Fede, il servo più servile, più zelante, il giorno dell’Epifania, il 6 gennaio del 1994, quando mancano ormai tre settimane alla discesa in campo di Berlusconi, si presenta al Tg4 e chiede le dimissioni di Montanelli, il quale il giorno dopo gli dedica un controcorrente: vedete la differenza di stile che c’è tra Montanelli e questi poveretti che hanno preso il suo posto al Giornale, che dedicano decine e decine di pagine a Santoro etc.. Montanelli, quando doveva polemizzare, lo faceva con un controcorrente di dieci righe, cinque righe:
 << Giovedì sera annuncio a sorpresa di Emilio Fede nel suo Tg4: adesso - ha detto - voglio parlarvi di informazione: c’è sempre una prima volta!>>
questo è come Montanelli ha sistemato Emilio Fede il giorno dopo, mentre tutti i giornali scrivevano “ Fede contro Montanelli: c’è dietro Berlusconi, lo cacceranno” etc. etc., dieci righe. Questo è il detonatore, perché? Perché tutti i giornali - all’epoca esistevano ancora dei giornali con dei direttori che sapevano difendere la libertà di stampa - intervennero dicendo che era una vergogna quello che succedeva, un giornalista - se possiamo chiamare Fede giornalista, diciamo un iscritto all’albo dei giornalisti - che chiede la cacciata del più grande giornalista italiano al suo padrone.
Per esempio, su Il Messaggero uscì un editoriale dal titolo “ Va in onda la liberaldemocrazia”, durissimo contro Berlusconi; sentite:
 
<< dal pulpito di rete 4 è stata impartita ieri sera una lezione di intolleranza, proprio mentre infuria la polemica su quanto sia favorito, rispetto ai concorrenti, un candidato alle elezioni che possiede tre reti televisive - all’epoca se ne parlava, pensate! - l’invito di Emilio Fede a cacciare Montanelli perché troppo autonomo è il primo esempio pratico del livello di indipendenza che potrebbe crearsi all’interno dell’impero di Berlusconi>>.
 
 Questo episodio moltiplica l’inquietudine, perché lascia capire quanto potrebbe essere forzatamente massiccio e compatto il sostegno al Cavaliere degli organi di informazione del suo gruppo:
 
<<guai a chi si azzardasse a uscire, anche per un attimo, dal coro, la durezza dell’intervento, preannunciato proprio perché avesse maggiore risonanza, mostra lontane tentazioni da Min. Cul. Pop. (Ministero della Cultura Popolare di Mussolini) e lascia sbigottiti. E’ auspicabile che si tratti soltanto della mossa maldestra di un giornalista bravo ma troppo zelante, convinto di fare la cosa gradita al proprio editore: certo resta da vedere se Berlusconi presterà orecchio a questi consigli, speriamo che non lo faccia e si mostri del tutto estraneo all’iniziativa, anche perché condividerla sarebbe mossa improvvida per chi si presenta come un campione della liberaldemocrazia>>.

Sapete chi era questo signore che si stracciava le vesti contro Berlusconi e Emilio Fede? Paolo Bonaiuti: non è un omonimo, è proprio lo stesso che oggi fa da portavoce a Berlusconi e trovate… è quel signore che compare soprattutto la domenica, quando va in riposo Capezzone, anche Capezzone chiude per riposo settimanale come le pizzerie, in quel caso subentra Bonaiuti. E’ quel signore che vedete vestito in modi variopinti, che fa sempre “sì” con la testa, come quei cagnolini che stanno sul retro delle macchine degli agricoltori, vicino al cappello di paglia. Ecco, quello è Bonaiuti: all’epoca era vicedirettore de Il Messaggero, era di “sinistrissima” naturalmente e sparava a zero, scrivendo delle cose anche condivisibili, nel senso che anche lui ha avuto un periodo in cui ragionava con la sua testa, poveretto, poi ha smesso!

 
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4/5 (RAI: la voce del padrone) - Berlusconi irrompe in redazione

Post n°7 pubblicato il 22 Aprile 2009 da BARTYX

4/5 - Berlusconi irrompe in redazione
 
Per dirvi che questo era il clima nel quale Berlusconi decide di andare in redazione a Il Giornale per smentire questa cattiva stampa che gli sta venendo addosso e non si rende conto, in realtà, che sta semplicemente alimentando proprio l’interpretazione che ha dato persino Bonaiuti, ossia che siamo di fronte a un atto sommamente illiberale.
Va alla redazione de Il Giornale e Berlusconi disse sostanzialmente che, se la redazione voleva combattere con armi adeguate - cioè a cannonate - contro i comunisti, non sarebbero mancati i mezzi per farlo: i mezzi erano quelli che da anni i giornalisti de Il Giornale chiedevano, almeno i computers, in quanto Il Giornale era l’unico quotidiano nazionale che aveva ancora le macchine per scrivere, non aveva ancora le tecnologie e poi c’erano stipendi da fame, completamente fuori mercato. Promise tecnologie e soldi, fece capire che sarebbero arrivate le tecnologie e i soldi se si fosse voluta combattere la battaglia sua, ossia quella di un anticomunismo completamente fuori tempo massimo, nel senso che il muro di Berlino era caduto da cinque anni, si combattevano i comunisti quando non c’erano più.
Se invece si voleva attardarsi dietro la cosiddetta linea del fioretto, cioè Montanelli, che era considerato ormai un rammollito, uno che combatteva i comunisti con il fioretto anziché con il manganello e con la clava, beh, allora ciccia: questo fu il discorso ricattatorio di uno che non era più l’editore de Il Giornale ai giornalisti de Il Giornale in assenza del direttore.
 
Capite che in sostanza Berlusconi invitava la redazione a sollevarsi contro il suo fondatore e direttore, il quale, ignaro di quello che stava succedendo, stava qualche piano sotto. Questo è lo scandalo, questa è la cosa che i berlusconiani non riescono a accettare: perché? Perché se ne rendono conto anche loro che, se accettassero che le cose sono andate così - e sono andate così! - il loro campione sarebbe semplicemente un dittatorello da quattro soldi che aveva rivelato di essere un dittatorello fin da prima di scendere in campo, quindi neanche che si sia guastato work in progress.
 
Ecco perché in questi anni, approfittando del fatto che Montanelli non c’è più, hanno cominciato un’opera di negazionismo e di revisionismo sul divorzio tra Montanelli e Berlusconi e, proprio di questo, mi sono occupato in questa prefazione, in questa nuova introduzione del libro, citando le cose incredibili che si sono lette in questi anni su Il Giornale: su quel giornale dal quale era stato cacciato Montanelli, quel giornale che hanno accettato di dirigere prima Vittorio Feltri al posto di Montanelli, poi Mario Cervi al posto di Montanelli, poi Maurizio Belpietro, fino al poveretto che avete visto anche voi due settimane fa a Annozero e che non nomino per questioni di decenza.
Tutti questi signori hanno tentato, a poco a poco, una riappropriazione indebita di Montanelli - ripeto - cacciato dal giornale che aveva fondato, nell’indifferenza di tutti costoro che, naturalmente, hanno continuato a scriverci o hanno addirittura ricominciato a scriverci come Cervi, che era passato alla Voce insieme a noi e poi è tornato indietro con il biglietto di andata e ritorno, come se quello non fosse il giornale dal quale Montanelli era stato cacciato e sul quale Montanelli è stato insultato dal 94 al 2001, persino durante la direzione di Cervi. Tant’è che Montanelli, negli ultimi giorni della sua vita, manifestò molta amarezza e un’intervista a Diario, per esempio, a Pietro Cheli disse che da Cervi certe cose non se le sarebbe aspettate.
Comunque dopo morto hanno cominciato a dire che il divorzio non era dovuto a quell’irruzione di Berlusconi e anzi, che quella di Berlusconi non fu un’irruzione, che Berlusconi entrò in redazione con il consenso di Montanelli, che in realtà Montanelli non se ne era andato per dissensi politici sulla discesa in campo di Berlusconi, per il conflitto di interessi etc., se ne era andato così per una bizza umorale, per un’alzata di testa senile, oppure perché era geloso, come ha detto Berlusconi: “ Montanelli era geloso di me e avrebbe voluto diventare come me ma non c’era mai riuscito”(!), pensate la piccolezza di questo ominide!

Il problema è che Montanelli ha sempre raccontato il contrario, ossia che lui non sapeva che Berlusconi stava arringando la sua redazione e che tutto ciò avvenne a sua insaputa: lo disse in una famosa telefonata a Raggio Verde il 23 marzo 2001, dieci giorno dopo che io ero stato intervistato da Luttazzi al Satyricon, c’erano anche allora polemiche sulla RAI, c’erano già preannunci di epurazioni come ce ne sono oggi e conseguentemente Feltri era venuto a Raggio Verde da Santoro a dire che Montanelli anzi, era un voltagabbana, era uno che aveva tradito il suo benefattore, perché Berlusconi sarebbe un benefattore e allora intervenne telefonicamente Montanelli per dire testualmente:
 
<< intanto voglio ringraziare Travaglio, il quale ha detto l’assoluta e pura verità, assolutamente la versione che lui ha dato degli avvenimenti è quella esatta e debbo dire che devo manifestare una certa sorpresa per quello che ha detto Feltri, il quale senza dubbio sa come andarono le cose e queste cose le ripeto in sua presenza. Feltri dice che la mia condotta verso Berlusconi era stata ambigua e gli rispondo che ho conosciuto due Berlusconi, ossia il Berlusconi imprenditore privato che comprò Il Giornale e noi fummo felici di venderglielo, perché non sapevamo come andare avanti, su questo patto: tu, Berlusconi sei proprietario de Il Giornale e io, direttore, sono il padrone del giornale, nel senso che la linea politica dipende solo da me. Questo fu il punto tra noi due e quando Berlusconi mi annunziò che si buttava in politica, capii subito quello che stava per accadere: cercai di dissuaderlo, d’accordo con Confalonieri e con Gianni Letta, neanche loro volevano che il Cavaliere entrasse in politica, ma tutto fu inutile e dal momento in cui lo decise mi disse “ da oggi Il Giornale deve fare la politica della mia politica”. Io gli dissi “ non ci pensare neanche” e allora lui riunì la redazione a mia insaputa totale, come ha raccontato Travaglio e disse “ d’ora in poi Il Giornale farà la politica della mia politica” e a quel punto me ne andai, cosa dovevo fare?  Questo Feltri lo sa, ma non lo può dire perché andò a prendere il posto di Montanelli cacciato in quel modo>> ;
 
cosa che poi Montanelli scrisse anche due giorni dopo su Il Corriere della Sera il 25 marzo 2001:
 
<< riunita a mia insaputa la redazione egli la avvertì (la redazione) in parole povere che, se volevano più quattrini anche nella busta paga, non avevano che da mettersi al servizio dei suoi interessi politici, ora che aveva deciso di scendere in lizza.>>
 
 La risposta della redazione furono 35 lettere di dimissioni che poi diventarono 55, infatti furono 55 gli ex giornalisti de Il Giornale che andarono a lavorare alla Voce con Montanelli.
Quello è il punto chiave, quello è l’inizio di tutto, quello è l’inizio del regime: l’inizio del regime è addirittura un po’ precedente rispetto al discorso della discesa in campo e alla nascita del primo governo Berlusconi, quando comunque Montanelli immediatamente fin dal 94 - tenete presente che stiamo parlando di quindici anni fa - per primo cominciò a avvertire sui pericoli di regime che l’Italia correva. E allora concludo con alcune cose che diceva Montanelli, a proposito del berlusconismo:
 
<< il regime si realizzerà dopo la vittoria del Polo, la prima cosa che farà Berlusconi sarà spazzare via l’attuale dirigenza RAI per omologarne le tre reti a quelle sue>> (Indro Montanelli),
 
sembra scritto oggi perché ogni volta Berlusconi fa le stesse cose, il problema è che c’è qualcuno che lo scrive e che lo vede e c’è qualcuno che fa finta di niente. Oggi quelli che fanno finta di niente sono la stragrande maggioranza, proprio anche perché su Il Corriere non c’è più Montanelli a scrivere, su La Stampa non ci sono più Galante e Garrone, Bobbio, non c’è più Silos Labini, non ci sono più i grandi vecchi che queste cose le dicevano e le sentivano.

 
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5/5 (RAI: la voce del adrone) - Il vaccino di Berlusconi

Post n°6 pubblicato il 22 Aprile 2009 da BARTYX

 
 
5/5  - Il vaccino Berlusconi
 
“Questa non è la destra, questo è il manganello: gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello”; era Mussolini che non sopportava la satira, ma queste parole “ ripuliremo la stalla” al signor Gianfranco Fini chi gliele ispira?   Siamo di nuovo allo stesso: la lotta contro la satira che parte da Fini, che dichiara indecente la trasmissione di Santoro e Berlusconi che gli va dietro e i vertici della RAI che eseguono. Berlusconi non delude mai: quando ti aspetti che dica una scempiaggine la dice, ha l’allergia alla verità, ha una voluttuaria e voluttuosa propensione alle menzogne, chiagne e fotte(piange e ti fotte) dicono a Napoli dei tipi come lui e si prepara a farlo per cinque anni.
L’abbiamo visto chiagnere in questi giorni copiosamente e intanto, a Palazzo Grazioli, fotte. “ L’Italia berlusconiana è la peggiore delle Italie che ho mai visto per volgarità e bassezza. Il berlusconismo è la feccia che risale il pozzo, gli italiani devono vedere chi è questo signore: Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi, al Quirinale, al Vaticano, dove vuole, soltanto dopo saremo immuni!”.
 Qualcuno dice che il vaccino non ha funzionato: in realtà ha funzionato, tant’è che Berlusconi dal 2001 al 2006 perse tutte le elezioni, dalle regionali alle provinciali, alle comunali, alle circoscrizionali, alle europee, alle politiche del 2006, dopodiché arrivò il centrosinistra che purtroppo è l’antidoto al vaccino, per cui ogni volta il centrosinistra, per cui ogni volta il centrosinistra neutralizza il vaccino e ci ripropina la malattia, nella quale oggi siamo di nuovo pienamente immersi.

<< Spero - diceva Montanelli - che l’Europa tratti Berlusconi con l’indignazione e il disprezzo che merita>>: l’altro giorno l’ha detto Antonio Tabucchi, “ bisogna rivolgersi all’Europa, assediare l’Europa perché faccia con l’Italia quello che sta facendo con i Paesi dell’ex blocco sovietico che sono entrati”.
Voi sapete che c’è l’Ocse che li sta educando sui principi della liberaldemocrazia, sui principi della divisione dei poteri e dobbiamo pretendere che l’Europa metta sotto osservazione l’Italia, se non c’è più nessuno che sia in grado di dirlo con le sue parole può prendere quelle di Montanelli e utilizzarle, nessuno gli chiederà il copyright!

 Passate parola!

[da un testo di Marco Travaglio]

FINE !

 
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Le origini del Popolo della Libertà; Parte IV - la storia

Post n°5 pubblicato il 04 Aprile 2009 da BARTYX

[continua dalla terza parte]

5 - Gli incontri tra Mangano e Dell'Utri

 

E' strano che non si trovi più nessuno, ma nemmeno all'estrema sinistra, che ricordi questi fatti documentati.

Ancora nel novembre del 1993 quando ormai per Forza Italia si tratta proprio di stabilire i colori delle coccarde e delle bandierine, c'erano i kit del candidato, stavano facendo i provini nel parco della villa di Arcore per vedere i candidati più telegenici; in quel periodo, a tre mesi dalle elezioni del marzo del 1994, Mangano incontra due volte Dell'Utri a Milano.

E questa non è una diceria, c'è nelle agende della segretaria di Dell'Utri: Palazzo Cellini, sede di Publitalia, Milano 2, i magistrati arrivano e prendono le agende e nell'agenda del mese di novembre del 1993 si trovano due appuntamenti fra Dell'Utri e Mangano, il 2 novembre e il 30 novembre


E Mangano chi era, in quel periodo?

Non era più il giovane disinvolto del '73-'74 quando fu ingaggiato e portato ad Arcore come stalliere: qui siamo vent'anni dopo.
Mangano era stato in galera undici anni a scontare una parte della pena complessiva di 13 anni che aveva subito al processo Spatola per mafia e al maxiprocesso per droga, due processi istruiti da Falcone e Borsellino insieme.
E' stato definitivamente condannato per mafia e droga a 13 anni, ne aveva scontati 11, uscito dal carcere nel 1991 era diventato il capo reggente della famiglia mafiosa di Portanuova e grazie al suo silenzio in quella lunga carcerazione aveva fatto carriera e partecipato alle decisioni del vertice della mafia di fare le stragi.
E poche settimane dopo le ultime stragi di Milano e Roma, Dell'Utri incontra un soggetto del genere a Milano negli uffici dove sta lavorando alla nascita di Forza Italia.


Io(Marco travaglio) non so se tutto questo sia penalmente rilevante, lo decideranno i magistrati: penso che sia politicamente e storicamente fondamentale saperlo, mentre si vede Gianfranco Fini che cita Paolo Borsellino al congresso che sta incoronando il responsabile di tutto questo, cioè Berlusconi.
Verrebbe da dire “pulisciti la bocca”!
Possibile che invece di abboccare a tutti i suoi doppi giochi, quelli del centrosinistra non – ma dico uno, non dico tutti, li conosciamo, fanno inciuci dalla mattina alla sera e sono pronti a ricominciare con la Costituente come se non gli fosse bastata la bicamerale – uno, di quelli anche più informati, che dica “ma come ti permetti di parlare di Borsellino? Leggiti quello che diceva, Borsellino, di questi signori in quella famosa intervista prima di morire”.
Leggiti quello che c'è scritto nella sentenza Dell'Utri e poi vergognati, perché quel partito lì non l'ha fondato lo Spirito Santo, l'hanno fondato Berlusconi, Dell'Utri, Craxi con l'aiuto di Mangano che faceva la spola fra Palermo e Milano, infatti le famiglie mafiose decidono di votare per Forza Italia e di abbandonare Sicilia Libera – che viene sciolta nell'acido probabilmente – quando Mangano arriva giù a portare le garanzie.

 

6 - Bettino, Silvio e Marcello

 

Io concludo questo mio intervento, che racconta l'altra faccia della nascita e delle origini di Forza Italia e quindi della Seconda Repubblica, semplicemente leggendovi quello che hanno scritto e detto prima Ezio Cartotto, piccolo brano, e i giudici di Palermo.


Cartotto dice:

televisioni, attraverso le quali puoi fare una propaganda martellante. Ti basterà organizzare un'etichetta, un contenitore – una volta è Forza Italia, una volta la CdL, una volta il PdL -, hai uomini sul territorio in tutta Italia, puoi riuscire a recuperare quella parte di elettorato che è sconvolto, confuso ma anche deciso a non farsi governare dai comunisti e salvare il salvabile >>.


Vedete che Berlusconi continua a ripetere le stesse cose che gli aveva detto Craxi, quindici anni dopo non ha ancora avuto un'idea originale.
Berlusconi invece era ancora disorientato, in quel momento, tant'è che dice: <<mi ricordo che mi diceva: 'sono esausto, mi avete fatto venire il mal di testa. Confalonieri e Letta mi dicono che è una pazzia entrare in politica e mi distruggeranno, che faranno di tutto, andranno a frugare tutte le carte e diranno che sono un mafioso>>


Questo diceva Berlusconi nella primavera del 1993.

Domanda: ma come può venire in mente a un imprenditore della Brianza di pensare che se entra in politica gli diranno che è un mafioso?

E' mai venuto in mente a qualche imprenditore della Brianza che qualcuno potrà insinuare che è un mafioso?

Strano che lui avesse questa ossessione, no?

Andranno a frugare le carte e diranno che sono un mafioso” già, perché evidentemente in certe carte si potrebbe anche trarre quella conclusione lì (!).

<<Che cosa devo fare? A volte mi capita perfino di mettermi a piangere sotto la doccia!>>.

Queste erano le condizioni psicologiche, umane del personaggio, disperato perché sapeva che Mani Pulite sarebbe arrivata a lui ben presto, e non solo mani pulite visto che temeva addirittura di finire dentro per “mafia”.


I giudici di Palermo, nella sentenza Dell'Utri, nove anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici in primo grado, scrivono:

“i rapporti tra Dell'Utri e Cosa Nostra sopravvivono alle stragi del 1992 e 1993, quando i tradizionali referenti, non più affidabili, venivano raggiunti dalla vendetta di Cosa Nostra – i vecchi politici: Lima, Salvo... - e ciononostante il mutare della coscienza sociale di fronte al fenomeno mafioso nel suo complesso”.


Cioè Dell'Utri nonostante la gente cominci veramente ad appassionarsi all'antimafia dopo la morte di Falcone e Borsellino, rimane sempre lo stesso.
Esistono “prove certe della compromissione mafiosa dell'imputato Dell'Utri anche relativamente alla sua stagione politica – quella di cui abbiamo parlato -. Forza Italia nasce nel 1993 da un'idea di Dell'Utri il quale non ha potuto negare che ancora nel novembre del 1993 incontrava Mangano a Milano mentre era in corso l'organizzazione del partito Forza Italia e Cosa Nostra preparava il cambio di rotta verso la nascente forza politica”.


Dell'Utri incontrava Mangano nel 1993 e poi anche nel 1994promettendo alla mafia precisi vantaggi politici e la mafia si era orientata a votare Forza Italia”.
Tutto questo è scritto in una sentenza di primo grado, che naturalmente aspetta conferme o smentite in appello e in Cassazione.
Però è strano che non si sia trovato nessuno che la citasse in questi giorni tra un retroscena e l'altro.
Io penso che sia fatta giustizia, spero che prima o poi, invece di usarlo soltanto per raccattare qualche voto sporco in campagna elettorale, tributino finalmente nel prossimo congresso i giusti onori anche al padre fondatore, anzi al padrino co-fondatore, Vittorio Mangano.
Passate parola!

Marco Travaglio

(FINE)

 

passate parola...

il vostro Bartyx

 
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Le origini del Popolo della Libertà; Parte III - la storia

Post n°4 pubblicato il 04 Aprile 2009 da BARTYX

[continua dalla seconda parte]

4 - La mafia e la Nuova Repubbluca

Poi ci sono altre discussioni, ci sono ancora i frenatori come Confalonieri, Gianni Letta, Maurizio Costanzo che sono piuttosto ostili al progetto, o meglio temono che per Berlusconi sia un autogol.
Sarà un caso, ma proprio il 14 maggio del 1993 la mafia fa un attentato a Roma, il primo attentato a Roma nella storia della mafia, il primo attentato fuori dalla Sicilia nella storia della mafia viene fatto a Roma nel quartiere dei Parioli. Contro chi? Ma guarda un po': Maurizio Costanzo che sfugge poi, fortunatamente, per un centesimo di secondo.
Quel Costanzo che stava nella P2: evidentemente qualche ambientino non si aspettava che fosse ostile alla discesa in campo. Perché lo dico? Perché in quello stesso periodo in Sicilia e in tutto il sud ovest, anche Calabria, si muovevano delle strane leghe meridionali che, in sintonia con la Lega Nord – c'era stato addirittura a Lamezia Terme un incontro con un rappresentante della Lega Nord – si proponevano di secedere, di staccare Sicilia, Calabra... infatti si chiamavano “Sicilia libera”, “Calabria libera”.

Era tutto un fronte di leghe molto strano: invece di esserci i padani inferociti lì c'erano strani personaggi legati un po' alla mafia, un po' alla 'ndragheta e un po' alla P2 e uno di questi, il principe Orsini che aveva legami con questi personaggi, aveva legami anche con Marcello Dell'Utri.
Quindi noi sappiamo che Dell'Utri – lo ha dimostrato Gioacchino Genchi, ma guarda un po', andando a incrociare i telefoni e i tabulati di questi personaggi – aveva contatti diretti con questo Principe Orsini.

Dell'Utri inizialmente tiene d'occhio questi ambienti, perché sono le organizzazioni mafiose, legate a personaggi della P2 e dell'eversione nera, che si stanno mettendo insieme perché sentono odore di colpo di Stato, sentono odore di nuova Repubblica e vogliono far pesare, ancora una volta, la loro ipoteca con un partito o una serie di partiti nuovi.
Come Sicilia Libera, della quale si interessano direttamente boss come Tullio Cannella, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Giovanni Brusca.


Dopodiché succede qualcosa, succede che dopo l'attentato a Costanzo e dopo gli attentati che seguono – alla fine di maggio c'è l'attentato a Firenze, ci sono addirittura cinque morti e diversi feriti; poi alla fine di luglio ci sono gli attentati di Milano e Roma con altri cinque morti e diversi feriti – questa strategia terroristica ad ampio raggio, della mafia, sortisce i risultati sperati: Riina non stava sparando all'impazzata, stava facendo la guerra per fare la pace con lo Stato, così disse ai suoi uomini.
Una nuova pace con nuovi soggetti e referenti politici che però, a differenza di quelli vecchi che ormai erano agonizzanti, fossero vivi, vegeti, reattivi e in grado, fatto un accordo, di rispettarlo.
E' l'estate del 1993 quando Forza Italia è ormai decisa: Berlusconi nell'aprile-maggio ha comunicato a Montanelli che entrerà in politica e che quindi il Giornale dovrà seguirlo nella battaglia politica.

Montanelli gli ha detto che se lo può scordare: tra l'estate e l'autunno sono mesi in cui si consuma la rottura tra Montanelli e Berlusconi perché Montanelli continua a scrivere che Berlusconi non deve entrare in politica perché c'è un conflitto di interessi, perché non si può fare due mestieri insieme.


Dall'altra parte, ci sono le reti Fininvest che bombardano Montanelli per indurlo alle dimissioni, perché era diventato un inciampo: il giornalista più famoso dell'ambito conservatore che si scatenava contro quello che doveva diventare, secondo i desideri di Berlusconi, un partito moderato, liberale, insomma il partito che avrebbe dovuto incarnare gli ideali di cui Montanelli era sempre stato l'alfiere e che invece Montanelli sapeva benissimo non avrebbe potuto incarnare perché Berlusconi è tutto fuorché un moderato e un liberale: è un estremista autoritario.


In quei mesi la mafia decide di abbandonare il progetto di Sicilia Libera che essa stessa aveva patrocinato e fondato e tutto ciò avviene in seguito a una serie di riunioni, nell'ultima delle quali Bernardo Provenzano – ce lo racconta il suo braccio destro, Nino Giuffré che ora collabora con la giustizia e che è stato ritenuto attendibile in decine e decine di processi compreso quello Dell'Utri convoca le famiglie mafiose, la cupola, per sapere che cosa scelgono:

 se preferiscono andare avanti col progetto del partitino regionale Sicilia Libera;

 o se invece non preferiscano una soluzione più tradizionale come quella che sta affacciandosi a Milano grazie all'opera di un loro vecchio amico: Marcello Dell'Utri che conoscevano fin dai primi anni Settanta come minimo, cioè da quando Dell'Utri, in rapporto con un mafioso come Cinà e un mafioso come Mangano, aveva portato quest'ultimo dentro la casa di Berlusconi.
Si potrà discutere se l'ha fatto consapevolmente o inconsapevolmente, ma il fatto c'è:

ha dato a Cosa Nostra la possibilità di entrare dentro la casa privata e di stazionare con un proprio rappresentante dentro la casa privata di uno dei più importanti e promettenti finanzieri e imprenditori dell'epoca.

Berlusconi era costruttore, in quel periodo, poi sarebbe diventato editore e poi politico.

 [continua nella quarta parte]

 

 
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Le origini del popolo della Libertà; parte II - la storia

Post n°3 pubblicato il 04 Aprile 2009 da BARTYX

da un testo di Marco Travaglio

Sommario della puntata:
1-  Craxi, questo sconosciuto
2 - L'altro padrino fondatore
3 - Le riunioni ad Arcore
4 – La mafia e la nuova Repubblica
5 - Gli incontri tra Mangano e Dell'Utri
6 - Bettino, Silvio e Marcello

Testo:
Buongiorno a tutti.
Non per guastare la festa a questa bella incoronazione imperiale del leader del popolo delle libertà che, come avete visto, a sorpresa è stato eletto primo, unico, ultimo imperatore del partito che aveva fondato sul predellino di una macchina e che quando l'aveva fondato (un anno e mezzo fa) Gianfranco Fini l'aveva subito fulminato dicendo: <<siamo alla comica finale, noi non entreremo mai nel Popolo della Libertà e Berlusconi non tornerà mai più a Palazzo Chigi con i voti di Alleanza Nazionale>>. Ricordate le “ultime parole famose” ?

E quando qualcuno gli aveva chiesto “Possibilità che AN rientri all'ovile?”, risposta di Fini: <<Noi non dobbiamo tornare all'ovile perché non siamo pecore>>. Poi come avete visto sono tornati all'ovile quindi ne dobbiamo concludere che sono pecore o pecoroni.
Ecco, non è per guastare il clima idilliaco anche perché avete visto che sono talmente uniti che su 6000 delegati non se n'è trovato uno che votasse per un altro candidato; potevano pagarne uno almeno per votare per un altro candidato almeno facevano finta di averne due, invece no. E' stata proprio una cosa unanime che ha molto commosso il Cavaliere che non se l'aspettava: avete visto l'emozione con cui ha scoperto di essere stato eletto leader in quei congressi che proprio all'ultimo momento ti riservano questo colpo di scena finale. Chi l'avrebbe mai detto.
Ma diciamo che questo stava nelle cose. La cosa interessante è che a poco a poco si cominciano, con quindici anni di ritardo, a vedere i nomi e i cognomi dei veri padri fondatori di quest'avventura che adesso si chiama Popolo della Libertà, che prima si chiamava Casa della Libertà , che prima ancora si chiamava Polo della Libertà e che in realtà ha un unico padrone che si chiama sempre Forza Italia.
Quante volte abbiamo sentito rievocare la storia di Forza Italia, le origini... adesso c'è anche quel libro scritto in caratteri gotici, molto grosso per i non vedenti, probabilmente è la versione braille quella che Berlusconi ha mostrato in televisione, che invece della fiaba di cappuccetto rosso, di Cenerentola racconta la fiaba di uno dei sette nani: l'ottavo nano, anzi, come l'avevano ribattezzato i fratelli Guzzanti e la Dandini.

Adesso seguitemi in questa lunga (purtroppo) e complessa ricostruzione storica di questo controverso soggetto politico.

 1 - Craxi, questo sconosciuto

 L'ottavo nano che nel 1993 cominciò a macinare idee, progetti che poi si tradussero in Forza Italia.
All'inizio ci dicevano che fu lui ad avere questa intuizione meravigliosa, anzi quando qualcuno insinuava che ci potessero essere dei rapporti, dei suggerimenti di Bettino Craxi, di alcuni strani personaggi siciliani che poi vedremo, veniva tutto negato: <<non sia mai, noi non c'entriamo niente>>. Anzi Berlusconi Craxi faceva proprio finta di non conoscerlo.
Per la precisione, il 21 febbraio del 1994, ad un mese ed una settimana delle prime elezioni che Berlusconi vinse, tre settimane dopo il famoso discorso televisivo a reti unificate spedito in videocassetta ai telegiornali, quello della discesa in campo, Berlusconi era a Mixer, ospite di Giovanni Minoli che, conoscendo anche lui molto bene Craxi gli chiese quale fosse il suo rapporto con Craxi.
All'epoca Craxi era un nome impronunciabile, era il numero uno dei tangentari, stava facendo di gran fretta le valige perché di li a poco con l'insediamento del nuovo Parlamento i vecchi parlamentari avrebbero perso ipso facto l'immunità e sarebbe finito dentro.

Allora stava apprestandosi alla fuga, alla latitanza verso Hammamet. Era un nome pericoloso, e Berlusconi, fedele alle amicizie e coerente come sempre, rispose a Minoli: <<è una falsità, una cosa senza senso dire che dietro il signor Berlusconi ci sia Craxi. Non devo nulla a Craxi e al cosiddetto CAF>>.
Un anno dopo, lui aveva già fatto il suo primo governo, era già cascato, c'era il governo tecnico Dini, alla Repubblica gli chiesero notizie di Craxi perché era venuto fuori da un vecchio consulente di Publitalia che aveva partecipato alla progettazione, addirittura pare fin dall'estate del 1992, Ezio Cartotto, alla nascita di Forza Italia, aveva raccontato che in queste riunioni, in quella decisiva ai primi di aprile del 1993, mente lui era li ad Arcore con Berlusconi si aprì una porta ed entrò Craxi e diede alcune indicazioni. Per esempio che bisognava mettere insieme le truppe berlusconiane con i leghisti, ma Craxi disse<<mai con i fascisti>>. Craxi aveva tanti difetti ma essendo un socialista i fascisti non li voleva vedere mentre, come abbiamo visto, Berlusconi si è portato dentro i fascisti e anche qualche nazistello per non disperdere i voti.

In ogni caso i giornali pubblicarono le dichiarazioni di Cartotto, che chi di voi vuole vedere nel completo trova nel libro “L'odore dei soldi”, lì c'è proprio il racconto di questa riunione nella quale Craxi spalancò una porta.
Berlusconi replicò negando. Io(Marco Travaglio) mi ricordo che in una conferenza stampa in quei giorni a Torino, al Lingotto, io gli chiesi se era vero che Craxi avesse partecipato a queste riunioni e lui, invece di rispondermi, mi disse <<si vergogni di farmi questa domanda>>.

Era una conferenza stampa: in un altro paese immagino che tutti i giornalisti avrebbero rifatto la stessa domanda fino a ottenere la risposta, invece i colleghi, “presunti giornalisti” che sono quelli che fanno parte del codazzo, che sono ormai quasi di famiglia per lui, mi guardarono come dire: “ce lo disturbi, così ci rimane male, ci rimane storto per tutta la giornata”. Io mi ritirai in buon ordine, non conoscendo queste strane usanze altamente democratiche.
Berlusconi disse di nuovo: <<Forza Italia e Craxi sono politicamente lontani anni luce. Posso assicurare che politicamente non abbiamo a che fare con Craxi e siamo stati molto attenti anche alla formazione delle liste elettorali>>.

Come dire, quello è un pregiudicato e noi i pregiudicati non li vogliamo. Non vogliamo neanche gli indagati, infatti Forza Italia nel 1994 faceva firmare una dichiarazione ai suoi candidati nella quale dichiaravano non solo di non avere condanne ma nemmeno di avere mai ricevuto un avviso di garanzia, che è addirittura eccessivo come dicevamo la settimana scorsa. Per essere indagati basta essere denunciati da qualcuno, che magari si inventa le accuse.

<<Non rinnego l'amicizia con Craxi ma è assolutamente escluso che Forza Italia possa aver avuto o avere alcun rapporto con Craxi>>. 2 ottobre 1995.
Craxi è rimasto latitante dal 1994 al 2000 ad Hammamet. Nel gennaio del 2000 è morto. Stefania Craxi ha aspettato per sei anni che l'amico Silvio, che doveva molto se non tutto a Craxi, andasse a trovare suo padre e Berlusconi non c'è mai andato, è andato a trovarlo da morto al funerale.
Infatti, parlando al Corriere della Sera nell'agosto del 2004, Stefania Craxi dichiarava: <<A Berlusconi non perdono di non essere mai stato a trovare mio padre neppure una volta!>>.

Ed invece l'avete vista, l'altro giorno piangeva felice durante la standing ovation riservata a Craxi su invito di Berlusconi dall'assemblea dei congressisti; evidentemente si è dimenticata o forse ha perdonato, o forse il fatto che l'abbiano “portata in Parlamento” l'ha aiutata a perdonare.
Sta di fatto che Craxi era un “appestato”, non si poteva dire che Craxi era uno dei padri fondatori di Forza Italia e poi dei suggeritori, visto che da Hammamet non faceva mai mancare i suoi amorevoli consigli, come emerse dalle famose intercettazioni depositate nel processo sulle tangenti della metropolitana di Milano, quelle che il giovane PM Paolo Ielo tirò fuori in aula per dimostrare la personalità criminale di Craxi che anche dalla latitanza continuava a raccogliere dossier a distribuire suggerimenti, ed era in contatto con il gruppo parlamentare di Forza Italia. Tant'è che il portavoce del gruppo parlamentare si dovette dimettere perché era solito sottoporre a Craxi le interrogazioni e le interpellanze parlamentari, e Craxi dava ordini su come orchestrare le campagne contro i magistrati... anche questo lo trovate mi pare in “Mani Pulite” se non ricordo male.

 2 - L'altro padrino fondatore

Ma, andando avanti, l'altro giorno finalmente c'è stato lo sdoganamento postumo di Craxi: quindici anni esatti dopo la prima vittoria elettorale di Forza Italia Berlusconi ci ha fatto sapere pubblicamente, durante la standing ovation, che uno dei padri fondatori era Bettino. Non è male un partito che ha fra i suoi padri fondatori un latitante, no?
Ecco, per chi pensasse che non è bello un partito co-fondato da un latitante, fermi la propria indignazione o la propria riprovazione perché tra i padri fondatori Craxi probabilmente è il “più pulito”.

Nel senso che, magari ci arriviamo al prossimo congresso, prima o poi sentiremo il Cavaliere ammettere anche il nome di altri padri fondatori di Forza Italia, che per il momento restano ancora abbastanza nell'ombra.
Quando voi vedrete a un prossimo congresso, non so... quando gli metteranno la corona o gli poseranno la spada sulla spalla o si metterà lo scolapasta in testa e il mestolo in mano e comincerà a declamare in lingue strane, se solleciterà una standing ovation per Vittorio Mangano sappiate che quello è il momento: finalmente un altro padre, o padrino fondatore di Forza Italia verrà allo scoperto.

Per il momento ci dobbiamo accontentare di quello che siamo riusciti a scrivere nei nostri libri, perché noi scriviamo nei nostri libri delle cose e poi dieci anni dopo Berlusconi arriva e le dice, e tutti i giornali le annotano dicendo “Berlusconi rivela...”. No, Berlusconi non rivela niente: “confessa tardivamente”, di solito quando le cose sono andate in “prescrizione” (che parola diabolica).
Allora, per essere precisi perché molto spesso si fa letteratura, Mangano, non Mangano, sarà vero o non sarà vero.
Io vi cito semplicemente quello che noi sappiamo per certo sul ruolo che ebbe Vittorio Mangano in tandem con Marcello Dell'Utri nella nascita di Forza Italia.


Un po' di date: il 23 maggio del 1992, strage di Capaci

Siamo nell'estate del 1992, tangentopoli è appena esplosa, non c'è ancora nessun politico nazionale indagato dal pool di Mani Pulite: hanno preso Mario Chiesa, hanno preso i due ex sindaci di Milano Tognoli e Pillitteri, hanno preso un po' di amministratori locali democristiani, comunisti, socialisti.
Eppure Dell'Utri, evidentemente con le buone fonti che ha a Palermo, ha già deciso che la classe politica della prima Repubblica è già “alla frutta” e non si salverà e quindi a scanso di equivoci chiama Cartotto e, in segreto, senza nemmeno parlarne con Berlusconi, gli commissiona – dice Cartotto - <<…di studiare un'iniziativa politica legata alla Fininvest>>.
Poi c'è la strage di Via D'Amelio, preceduta dalla famosa intervista dove Paolo Borsellino ha detto che a Palermo ci sono ancora indagini in corso sui rapporti fra Berlusconi, Dell'Utri, Mangano e il riciclaggio del denaro sporco.

Dopo avere dato quell'intervista, passano nemmeno due mesi e Borsellino viene eliminato a sua volta. Intanto Cartotto lavora come una talpa: lo sa solo Dell'Utri., questo lo trovate negli atti del processo Dell'Utri e noi in Onorevoli Wanted e anche nel libro arancione “L'amico degli amici” abbiamo raccontato dilungandoci questa vicenda che ha semplicemente dell'incredibile. O almeno, “avrebbe” dell'incredibile se qualcuno la conoscesse, se qualcuno l'avesse raccontata in questi giorni in cui tutti facevano i retroscena della nascita di Forza Italia. Si sono dimenticati questi popò di retroscena.    Nell'autunno del 1992 Berlusconi viene informato del fatto che farà un partito, perché i primi a saperlo sono Dell'Utri e Cartotto. Da' il suo via libera al progetto, che prosegue tramite le strutture di Publitalia all'ottavo piano di Palazzo Cellini a Milano 2, dove ha gli uffici Dell'Utri.
Il progetto viene chiamato “Progetto Botticelli”, viene “camuffato” da progetto aziendale, in realtà è un progetto politico che sfocerà in Forza Italia, e poi ci sono tutte le riunioni di quando Berlusconi comincia a consultarsi con i suoi uomini.
Ovviamente, non solo i manager del gruppo ma anche i direttori dei giornali e dei telegiornali, che sono sempre i vari Costanzo, Mentana, Fede, Liguori e ovviamente Confalonieri, Dell'Utri, Previti, Ferrara.

Montanelli non ci andava, ma ci andava Federico Orlando che poi ha scritto un libro, anche quello molto interessante: “Il sabato andavamo ad Arcore” pubblicato dalla Larus di Bergamo.
Poi ha scritto un altro libro “Fucilate Montanelli”, nel quale si raccontano, per gli Editori Riuniti, questi fatti…

(...)

[continua nella terza parte]

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Le origni del Popolo della Libertà (intro)

Post n°2 pubblicato il 04 Aprile 2009 da BARTYX
Foto di BARTYX

Salve a tutti dal vostro Bartyx !

 In questi giorni anche i più distratti non possono non essere informati della nascita del nuovo(?) soggetto politico, "Il Popolo della Libertà" dell'inossidabile Silvio Berlusconi "cavaliere d'italia".

 

Il Popolo della Libertà presentato con uno struggente(!) mega congresso cui hanno partecipato 6000 delegati davanti ad una platea in delirio si presenta come il "nuovo" soggetto politico del futuro, a me, come a impressione di molti altri, sembra più la seconda versione di Forza Italia sciolto circa un anno e mezzo prima, dal momento che ripropone gli stessi argomenti dello "storico" 1993 anno della famosa discesa in campo di Berlusconi.

Proprio per questo motivo io la chiemerei "Forza Italia 2.0" seconda versione !

 

Comunque l'evento più per la fondazione in se del presunto nuovo partito (scontatissima la costituente, scontatissima l'elezione "unanime" dell'inossidabile cavaliere) rappresenta per l'ennesima volta il riaffermarsi del Berluskaiser "cavaliere d'Italia" (incoronato re o santo al congresso) come leader unico e padrone della scena mediatica (più che politica) italiana.

Ormai il cavaliere sempre più sicuro di se, senza nessun antagonista alla sua altezza, come una novella Penelope continua a tessere il suo arazzo che più volte ha disfatto e poi ricucito su misura per lui. Un arazzo chiamato "Italia", complesso di istituzioni ormai a suo uso e consumo, dal momento che ormai lui solo tutto decide, tutto fa, senza incontrare ostacoli. Basti pensare che il suo stesso "partito", al momento il maggiore partito italiano, in tutte le sue versioni, non è affatto nato dal basso, dalla società civile, dai grandi movimenti delle masse come normalmente avverrebbe in qualsiasi altra nazione europea (e come avveniva nell'Italia di "una volta") ma unicamente dalla sua testa, scavalcando tutti i suoi segretari, militanti e sostenitori che, succubi ormai, accettano tacitamente con "meccanico" entusiasmo.

Ricordo ancora bene infatti le reazioni all'indomani delle ultime elezioni politiche, un anno e mezzo fa circa, quando il cavaliere sulla scia della costituzione del Prtito Democratico, "dall'oggi al domani" annunciava la nascita del Popolo della Libertà (allora un semplice cartello elettorale) nato "dalla gente", dal suo "popolo della libertà" come diceva lui. Popolo della libertà che soltanto il giorno prima NON sapeva assolutamente NULLA della nascita di questo nuovo soggetto politico, eppure tutti i suoi adepti, militanti, sostenitori, vasalli e valvassini sostenevano uniti il comune enstusiasmo per la sua nascita nonostante la perplessità di giornalisti e intellettuali sulla (improvvisa) vicenda...e certo che ci sarebbe da chiedere "quando" Berlusconi li abbia avvertiti della fondazione del nuovo partito, nella notte tra il sabato e la domenica con un giro di telefonate, o con una mega cena in trattoria dove a fine serata tra il caffè e l'ammazzacaffè avrà annunciato la fine di F.I. e la nascita del Popolo della Libertà.

In realtà sappiamo benissimo che un anno e mezzo fa il vero motivo che spinse il cavaliere ad annunciare la nascita (improvvisa e per nulla programmata, ricordiamolo) del nuovo soggetto politico era quello di riguadagnare un po di visibilità mediatica dal momento che la costituente del nuovo Partito Democratico si stava conquistando tutta la scena politica di quel periodo.

Comunque sta di fatto che ormai padroneggia indiscusso il panorama politico nazionale italiano, è ormai il re della scena, da imprenditore tutto fare prestato alla politica che dalla editoria all'esecutivo, in barba a tutte le norme sul conflitto d'interesse, ormai detiene tutto il potere istituzionale nelle mani, di qualunque genere sia. Gli basta pensare una cosa la sera prima per poi renderla esecutiva il mattino dopo, solo con il potere della sua parola, qualunque cosa voglia che si concretizzi batsa che parli...e la sua "industria politica" si mette subito a lavoro!

 MA credo sia importante, soprattutto per i più giovani che non hanno avuto modo di seguire le vicende della Seconda Repubblica dall'inizio, ricostruire le tappe fondamentali che hanno portato a questa "incoronazione" del cavaliere d'Italia, perchè ci son delle "faccende occulte" nella fondazione di Forza Italia prima e Popolo della Libertà poi che valgono la pena d'esser sottolineate.

Per farlo preferisco introdurre un intervento di Marco Travaglio, un giornalista molto attento che da sempre ha saputo vedere "oltre" a ciò che si cela nell'ombra delle intricate reti dei legami tra i poteri forti del nostro paese.

 Vale davvero la pena di seguire la sua ricostruzione, basata su "fatti reali" documentati e comprovati, anche se un po lungo il testo merita davvero tuta la nostra attenzione...credetemi !

 

 ...

 [continua]

 
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Inviato da: BARTYX
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questa è una definizione che può trovare validità se...
Inviato da: BARTYX
il 04/06/2009 alle 17:01
 
Meno male che ci sono ancora giovani pieni belle speranze...
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il 31/05/2009 alle 18:17
 
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Grazie caro "utente dal nome inpronunciabile"...
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