La parola...

... quale parola, Frankie? (Troisi- Ricomincio da tre)

 

SCAMPOLI-RITAGLI DI IERI E DI OGGI, IL MIO LIBRO

SCAMPOLI- Ritagli di ieri e di oggi

Raccolta di racconti

Formato cartaceo

In vendita presso:

Libraccio

IBS Libri

Feltrinelli

 

 

 

ULTIME VISITE AL BLOG

sergintmalavibraluigi.marruccicarima68moscarelliannamariavi_diant.1942rosinodibrangocassetta2magdalene57Arianna1921nicozazogiornonotte81eziodantemonella099
 

AREA PERSONALE

 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: vi_di
Se copi, violi le regole della Community Sesso: F
Etą: 66
Prov: AV
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

PASSENGERS

 

free counters

 

 

« DilemmiSanità e prevenzione sec... »

L' addora d'a pummarola

Post n°2106 pubblicato il 23 Settembre 2015 da vi_di

Ieri a pranzo, mangiando l'ennesimo sugo al sapore di plastica, mi è tornato in mente, in bocca e nel naso l'odore d'e pummarole p'e bottigghie che anni fa invadeva corti, cortili e condomìni. Tra agosto e settembre ogni famiglia diventava una piccola industria conserviera. 
Si incominciava con la scelta; ognuno aveva il suo fornitore di pomodori di fiducia, ma si faceva comunque un'indagine di mercato precedente  perché, come diceva mia madre,: 'E' proprio chi tieni 'e fiducia che ti mbrogghia'.
Una volta comprate le casse con il quantitativo giusto di pomodori, si toglievano a dint’‘e cascette e si stendevano per terra su appositi teli a completare la maturazione per altri due o tre giorni.
Dopo i 3 giorni, si sceglievano una ad una, si toglieva l'eventuale streppone, ovverosia il picciolo,
venivano lavati, messi a sgocciolare e finalmente destinati alla produzione vera e propria, che era di due tipi: a pacche, ovverosia col frutto tagliato crudo a fette, o a passata. Raramente si facevano, qui da me, la conserva o i pelati.
Le pacche venivano infilate direttamente nelle bottiglie, e non con poca fatica perché ai tempi i boccacci col collo largo non si usavano, si preferiva le bottiglie tipo quelle di spumante col collo stretto. Per 'ngasare, cioè premere e schiacciare, le pacche e non lasciare spazi vuoti, si ricorreva alla pezza arravogliata, uno strofinaccio ben piegato, su cui si batteva con decisione ma non troppo la bottiglia, così da far uscire l'aria e compattare il contenuto.
La passata invece richiedeva che il frutto, grossolanamente spezzato, venisse messo a bollire per almeno due ore così da asseccare perdendo l'acqua in eccesso. A questo punto veniva fatto raffreddare, poi si montava 'o passapummarola e si passava in due tempi, prima il frutto cotto poi le bucce. Solo a questo punto si imbottigliava e si rifiniva c'a fronna 'e masinicola,insomma la foglia di basilico.
E non era ancora finita. Dopo l'imbottigliatura c'era la chiusura delle bottiglie, che veniva fatta coi sùviri, i sugheri, messi con un'apposita macchinetta in legno divisa in due parti; nella parte inferiore si inseriva il sughero oliato, indi si sovrapponeva l'altra parte della macchinetta che aveva una sorta di birillo sporgente sul quale si batteva col martello fino a far entrare 'o sùviro dint'o cuollo d'a boccia. Questa operazione doveva essere fatta con cura e attenzione per non
 rompere le bottiglie. I tappi per maggior sicurezza venivano poi legati con cappi di spago, che andavano fatti con maestria, e in genere questa fase era affidata all'esperienza degli anziani.
E finalmente si passava alla sterilizzazione delle bottiglie.
Su un trépite, il trepiede da focolare, si piazzava 'o cararo, in genere un fusto d'olio, in cui le bottiglie venivano poste con estrema cura, intervallandole con giornali (rigorosamente quotidiani: il settimanale schiattava 'e bottigghie)perché non si tozzassero rischiando così di rompersi. Si coprivano poi d'acqua e finalmente si accendeva il fuoco.
Dovevano bollire almeno due ore sòro sòro, cioè a bollore non alto ma costante. Nel caràro venivano messe delle grosse patate. Quando l'odore dei tuberi invadeva i cortili, si smetteva 'e votta' fuoco.
Detto così può sembrare semplice, ma essendo l'evento eccezionale, tutto diventava un'eccezione, a cominciare dall'orario d'inizio: mai più tardi delle sei di mattina, con le madri che ripetevano ad oltranza 'Facimmo ampressa ca sinò facimmo tardi'. Per ottimizzare i tempi ognuno aveva un compito specifico: chi sceglieva, chi lavava, chi tagliava, chi imbottigliava: una vera fabbrica a catena di montaggio.
E niente pranzo eh! Solo quando si era finito 'e votta' fuoco, un po' per sorvegliare 'o cararo ché i mariuoli so' capaci 'e s'arrobba' 'e bottigghie puro si l'acqua è ancora vollente, un po' per rilassarsi, finalmente si imbandiva una tavolata fino a tarda sera, quando 'o caràro ormai freddo si poteva scarreca'.
Una faticaccia, insomma, ma in un clima di collaborazione e anche di gioia, perché c'era sempre chi aveva un evento da narrare, chi una barzelletta, chi teneva 'no nciucio.
Sarà per questo che 'e pummarole 'e tanno, di allora, tenevano n'ato sapore.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

INFO


Un blog di: vi_di
Data di creazione: 14/01/2007
 

LA PAROLA

La parola

Formato cartaceo

In vendita presso:

Casa editrice Montag

IBS Libri

 

La parola - Virginia Danna - copertina

 

ULTIMI COMMENTI

Ho letto la tua storia, .mi sembrava di essere davanti al...
Inviato da: magdalene57
il 16/03/2023 alle 09:12
 
I miei nonni litigavano sempre. Mia nonna, pur di avere...
Inviato da: cassetta2
il 16/03/2023 alle 02:01
 
Davvero!
Inviato da: vi_di
il 13/12/2022 alle 10:09
 
chissą che cose meravigliose si sarebbe inventato sul...
Inviato da: cassetta2
il 06/12/2022 alle 08:04
 
Un bel ricordo .... :)
Inviato da: Mr.Loto
il 03/11/2022 alle 18:22
 
 

IL MIO FACEBOOK

 

 

 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

I MIEI BLOG AMICI

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963