Creato da unavocenarrante il 30/10/2006

Voci narranti

Un libero incontro di voci narranti

 

 

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INCONTRO di Pietro Bolognini

Post n°3 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da PedroBolos

Dalla mia posizione potevo vedere, in lontananza, un albero solitario, un pino marittimo. Di solito se ne vedono distese, pinete intere a pochi passi dal mare.Sembrava essersi smarrito e stanco essersi posato in quello che forse ha scambiato per il mare, una distesa d’acqua che per colore poteva ricordarlo. Ma è un lago anche se azzurro come il mare.

Un pino solitario che guarda il lago e sembra dirgli:” Se sei mare allora hai bisogno di un pino come me sulla tua riva” Chissà se si è reso conto di essersi sbagliato?

A fianco del suo tronco mi sembrava di scorgere una figura, un uomo o forse una donna, immobile per lungo tempo. Alzavo saltuariamente lo sguardo dal galleggiante che proprio non ne voleva sapere di andare giù, e la ritrovavo sempre ferma, immobile, statua.

Pensai che fosse qualcosa che rassomiglia ad un uomo ma è tutt’altro.

Verso il tramonto decisi che era meglio lasciar perdere di pescare, alzai lo sguardo ritrovando il pino solitario ma non la figura. Al suo posto la lunga ombra dell’albero e del suo cappello di aghi.

Ripresi la stradina verso casa e non ci pensai più.

Deluso da non aver pescato nulla e dal pensiero dello sguardo compiaciuto di ragione di mia moglie decido di insistere e di ritornare il giorno dopo armato di nuove esche, tanta pazienza e un seggiolino per stare più comodo.

Riprendo posizione, metto l’esca viva con disgusto sull’amo, lancio, mi siedo e aspetto.

Siamo io da una parte e il pino dall’altra. Tra noi il lago e vicino al pino ancora quella figura immobile e sfuggente insieme. È molto lontana ma sforzandomi per curiosità mi sembra essere una donna, vestita di verde e rosso ma non distinguo bene nulla, anche i colori sembrano sfuocati e non saprei dire se quel verde è un riflesso della vegetazione e quel rosso un raggio caldo di sole che si specchia nel lago.

Continuo a fissare il galleggiante senza soddisfazione.

Mi distraggo per non stufarmi, ascolto il leggero sciacquettio delle piccole ondine provocate dalla brezza e lo starnazzare di oche o anatre che siano su tutto il perimetro del lago. Formiche intorno a me e mosche stanche, odore di erba vecchia e di foglie secche. L’autunno è già arrivato e le fronde degli alberi e gli arbusti chinano la testa e assumendo quel colore rossiccio sulle cime, come se si vergognassero.

Verde e Rosso. È ancora li.

La prima occhiata è la più distinta e la vedo. Donna sicuramente, verde e rosso come gli alberi, come gli arbusti, come se anche lei sentisse l’autunno arrivato e se ne vergognasse.

Raccolgo tutto e continuo a camminare per la strada verso un pino solitario che ha scambiato un lago per il mare.

A poca distanza rallento il passo per guardare più a lungo e osservare con insitenza ma discrezione.

Di fianco al pino, ma non sotto, una sottana verde leggera prende la forma delle gambe aiutata dal vento, un maglioncino verde più scuro intreccia le sue maniche da dove spuntano le lunghe mani affusolate, chiare, quasi bianche, il rosa solo un effetto perlato alla luce radente.

Lisci, morbidi come su un altalena dondolano al vento folti capelli rossi, rame puro che si accende con bagliori forti anche al pallido sole che c’è.

Mi avvicino sempre più piano, per vedere di più e più a lungo, per arrivare a scoprire del tutto quella figura che da lontano mi era sfuggita ma che aveva tanto impressionato i miei occhi.

Come una foto che si sviluppa e diventa sempre più nitida, ne colgo i particolari del disegno della gonna, le scarpe chiare e piccole, un elastico al polso per domare quella criniera di leone se avesse voluto andarsene col vento, un immobilità innaturale che la faceva diventare parte della vegetazione e del lago. Guardava dritto avanti a se, fissa, immobile, intensa.

Goffo. Mi sento goffo. Arrivo carico della cassetta da pesca, il seggiolino, la canna e un berrettino improbabile.

Mi fermo di fianco al pino che adesso è enorme, molto più grande di come l’avessi immaginato da lontano, e maestoso, fiero di aver reso un sevizio al suo mare. Io da una parte, lei dall’altra

Appoggio tutto a terra. Guardo il lago nella stessa direzione di lei. Da qui si vede interamente, da qui si sovrasta tutto il lago e per questo il pino ha scelto questo posto, una posizione dominante.

Silenzio.

Lei fissa, io no, guardo il lago e guardo lei, guardo lei e guardo il lago, guardo il lago e guardo i suoi occhi, stesso azzurro, stessi riflessi verdi tanto da confonderli, tanto da chiedermi se non stessi guardando la stessa cosa.

Guardo ancora il lago e da qui si vede bene la discesa dove stavo pescando, lei sicuramente mi avrà visto ieri, forse anche oggi. Un incontro. Anche se da lontano in qualche modo ci eravamo già conosciuti e questo mi dava coraggio.

Un minuto o forse più, noi tre a guardare il lago, tre pini solitari, tre sguardi sul lago e non una parola, non un movimento.

“È bello qui…” avevo rotto il silenzio, lanciato il primo sasso.

Ancora silenzio.

“Ci vengo a pescare, quando posso, ma credo non ci siano pesci. Neanche l’ombra.”

“ Potrebbe essere più bello a ben vedere.” ––––– “ Nuotano, non tanti ma nuotano”

Guardai ancora l’acqua…Nuotano?

“Vieni spesso qui?…Mi è sembrato di vederti anche ieri, io ero laggiù sulla riva che pescavo, mi hai visto? Non ho preso niente.”

Era ancora immobile e intenta verso il lago

“No, infatti, ci sono tutti”

“Come?”

“I pesci, ci sono ancora tutti e nuotano.”

Guardai ancora l’acqua…Ci sono tutti? Nuotano?

“Stai aspettando qualcuno?”

Silenzio

È bella, naturale, naturalmente incastonata nel verde e nell’acqua, stride col pino che è li per sbaglio anche se non lo sa, lei sembra esserci nata in quel posto, sembra esserne parte.

“L’estate” ––––– “C’è più acqua d’estate e più colore a riva”

Ma l’estate è appena passata, e il lago si sta asciugando restringendosi scoprendo da una parte l’argine ripido, dall’altra il fondo fangoso creando una spiaggia che reclina dolcemente verso l’acqua

“Ma siamo in Ottobre, io non credo che…”

I suoi capelli erano colore del tramonto d’estate, intensi, i suoi vestiti sono foglie verdi e corpose dell’umida calicola estiva, gli occhi verde e azzurro mare, la pelle chiara di luce di stelle.

Lei non sembra vivere d’Ottobre

“D’estate deve essere meraviglioso, qui. Ci vieni anche d’estate?

Non sapevo più che dire, le sue risposte mi spiazzavano e le mie domande erano così stupide…

“Non l’ho mai visto d’estate.” ––––– “Per questo aspetto e guardo”

“Cosa guardi?”

“Il lago e aspetto di vedere l’estate”

“Ma non puoi aspettare tutto l’inverno qui, farà freddo tra poco”

Silenzio

Scalcio un sasso dalla stradina di ghiaia, arrabbiato e stizzito dalle sue risposte che mi rendevo conto di non capire. Dal suo sguardo sempre fisso in avanti su cosa davvero non l’ho ancora capito. Che cosa guardasse davvero era ancora un mistero.

Io guardavo lei, il pino e il lago, il sole iniziava a raggiungere le cime degli alberi sull’altra sponda.

Mi stavo preparando a guardare il tramonto, almeno qualcosa da guardare, almeno avremmo guardato qualcosa assieme.

“È tardi. Devo andare”

Non mi guarda neanche adesso, neanche mentre saluta, si gira, chiude gli occhi e si incammina con passo veloce. In pochi istanti non la vedo più. Il tramonto adesso ha perso tutto il suo fascino.

Mi sveglio in un nuovo giorno e ripenso ai pesci che nuotano..io non ne ho visti ma mi ha dato fiducia sapere che ci sono, almeno per lei. Riprendo la mia canna, il seggiolino, la cassetta con le lenze e lascio il cappellino a casa.

Arrivo molto presto e lei non c’è, vedo dalla mia posizione solo il pino. Chissà se aspetta anche lui?

Sistemo le lenze, riordino la cassetta, perdo tempo. Guardo il lago e mi sembra ancora più piccolo, meno acqua di ieri e un colore sulle rive più sbiadito, sarà il cielo grigio che intristisce tutto, sarà che il pino mi seMbra lontano, sarà che ancora lei non si vede.

Mentre apro rassegnato la canna, alzo lo sguardo e tra nuvole che si appoggiano pesanti nel cielo, improvvisa appare, ferma nella stessa posizione di ieri quasi non si fosse mai mossa da li, quasi aspettasse il momento per sbocciare e poi mostrarsi nella sua bellezza.

Lancio, il galleggiante in acqua - nuotano tutti - mi siedo e agito stupidamente la mano verso di lei. Non so se mi ha visto, non so che cosa guarda, non ho capito neanche se e cosa aspetta - l’estate -

Rimango immobile e mi costa fatica, l’aria si è rinfrescata e a star fermo ci si raffredda, lei non si muove, ancora statua, non un cenno verso di me, non un movimento verso nulla. Giurerei che anche qui favolosi occhi verde azzurro mare siano fissi verso qualcosa. L’estate? I pesci? Cosa?

Vedendo quegli occhi chissà se al pino viene qualche dubbio sull’identità vera dell’acqua?

Passa del tempo, lei è il mio galleggiante, devo vedere se si muove, se da un cenno qualunque.

Niente. Il galleggiante almeno dondola sull’acqua. Lei è immutabile.

Decido di muovermi io, raccolgo tutto e mi incammino piano.

Riprendo la posizione di ieri, accenno un sorriso che muore li sapendo che non verrà visto, a meno che non sia il lago a sorridere, e forse neanche quello, appoggio tutta la mercanzia e aspetto..

Sicuramente il pino si è accorto della mia presenza, magari lo saluto. Lei non so se mi abbia visto arrivare.

“Ci sono ancora tutti…non ho preso nulla neanche oggi”

“Non hai freddo, qui ferma al vento?”

Sembrava lei l’estate e mi accorsi di avere fatto ancora una volta una domanda stupida

“C’è vento e quei fiori di ciliegio laggiù si muovono come una danza comune. C’è una brezza decisa oggi”

Ecco cosa guarda….fiori di ciliegio. Si ma dove?

“Dove?”

“Dove sono?”

Silenzio

“Domani sarà ancora più freddo, se vieni anche domani copriti di più o ti ammalerai, non credi che oggi possa piovere?

Mi sentivo sempre più sciocco. Che senso ha parlare del tempo autunnale se lei guarda i fiori primaverili di un ciliegio che  io non riesco a vedere?

Io vedevo un acero con delle foglie rosse d’autunno, alcune ingiallite e cadute, arbusti spinosi e avari di qualsiasi colore se non il grigio marrone delle loro spine, piccole piante dal tronco sottile e lungo che spuntano un po’ ovunque dal fondo sabbioso del lago asciutto, con poche piccole allungate foglie. Alberi con rami seccati dall’estate e pochissime foglie superstiti e moribonde. Piante a dir poco insignificanti.

“Speriamo di no”

Questa volta non risposi io.

“Speriamo che non piova, i pesci andrebbero sul fondo e i fiori di ciliegio cadrebbero a terra.”

“Lo sai che non ti capisco, cioè ti capisco ma non riesco, ecco, non riesco a vedere i pesci e neanche il ciliegio…”

“Ma quelle rose laggiù si disseteranno e fioriranno, l’erba arida si drizzerà di colpo verso il cielo come  a volerlo toccare, quei cespugli si arricchirebbero di grandi fiori gialli.” ––––– “un po’ di pioggia con questo caldo afoso e anche l’acqua si rinfrescherà”

Mi si gela il sangue, per il freddo, per il vento, per la pioggia che non c’è ma che già mi sento addosso, e per il suo sguardo sempre lontano, sempre diverso dal mio.

Anche il pino sembra col suo ombrello di aghi porsi a forma interrogativa. “C’è un ciliegio qui?”

Mi rassegno…non riesco a stupirla in nessun modo, non riesco a farmi vedere, anzi è lei che mi spiazza, è lei che conduce un gioco nel quale io pedina posso solo aspettare gli eventi. E allora aspetto.

Ma niente, non si muove niente.

Il sole scende, lui si che si muove come se nulla fosse anche se a me pare che soffra a finire dietro quegli alberi brulli a non illuminare più il rame dei suoi capelli che adesso mi sembrano ciliegie, le sue mani rose, il suo vestito erba, le sue lentiggini gocce di pioggia.

Non dice nulla, se ne va all’improvviso come un temporale estivo.

Torno a pescare anche oggi, canna, lenze, cassetta, lascio a casa il cappello e il seggiolino…

Non sapevo neanche il suo nome, non avevo il coraggio di chiederglielo per paura di non capire ancora la sua risposta.

Arrivo direttamente al nostro punto d’incontro, per me era quasi un appuntamento, per lei non so, non pensavo nemmeno di avere la possibilità di scoprirlo.

Saluto il pino dandogli una pacca sul fusto, come fossimo due vecchi amici perché so che anche lui sta aspettando.

La vedo arrivare e le faccio un segno timido che non vuole risposta, mi appoggio al pino e guardo il lago. Mi chiedo se è stupita nel vedermi li prima del suo arrivo, ma lei assume la sua posizione, a braccia conserte, ferma sulle gambe, il mento alto e i capelli rossi sempre al vento, gli occhi a guardare sempre più lontano.

“Sarai contenta, non piove, i tuoi fiori saranno ancora sull’albero e i pesci in superficie.”

L’avevo preparata, volevo stupirla facendole credere di vedere anch’io.

“Ha piovuto ieri, tanto, e oggi ci sono rose e fiori gialli, odore di erba bagnata che si asciuga al sole”

Come le altre volte mi resi conto di non aver capito nulla e di aver detto una stupidaggine.

Stavo per andarmene.

“Anche il tetto della casa si è pulito oltre al cielo. Il rosso delle tegole è vivo adesso, senza polvere grigia”

Scossi la testa. Un ciliegio potevo non riconoscerlo, la mia esperienza di pescatore era piuttosto scarsa e potevo non vedere i pesci nel lago, non sapevo quale fosse un cespuglio di rose se non avesse avuto i fiori aperti, ma una casa con un tetto di tegole l’avrei riconosciuta se ci fosse stata.

Continuavo a non capirla, ma a suo modo con poche parole quel lago si era arricchito di tantissime cose e anche se non avevo mai preso pesci non tornavo mai a casa con le mani vuote.

Il lago sembrava diverso, migliore, e mi ritrovai in silenzio cercando di trovare un ciliegio, delle rose, dei fiori gialli e una casa con un tetto di tegole pulito.

Il cielo grigio di oggi non mi fa freddo, anzi sento dentro i l sole che passa attraverso l’azzurro intenso di un cielo pulito dai venti forti di un temporale estivo.

Come al solito arriva il tramonto e prima che possa essere tale lei se ne va. Io lo guardo, senza troppa attenzione immaginando l’ombra di un muro di una casa.

Ormai prendo solo la canna, niente altro, solo per far sembrare che vado a pescare, per darmi una scusa per essere sulla riva, accanto ad un pino che ha confuso il mare con un lago, accanto ad una donna che non mi vede e che parla di cose che non riesco a capire.

Ma oggi non arriva. Aspetto. Aspetto. Mi guardo in giro, cammino lungo tutta la riva del lago, tra cespugli aridi, erba secca, poca acqua e fango, foglie secche e cadute, un autunno che ormai si sta vestendo d’inverno. Oggi non c’è l’estate.

“Speravo tanto di vederti ancora oggi”

“Dove sei stata ieri?”

La mia domanda è quasi aggressiva, ero arrabbiato e preoccupato nel non averla vista, non era venuta la nostro appuntamento.

Non rispose.

“Cosa porti con te?”

Aveva un cavalletto di legno e una tela e un pennello e dei colori, non disse nulla, sistemò tutto e si mise al lavoro.

Passano ore, io non guardo il lago, quel lago non c’è più.

Adesso vedo. Vedo il ciliegio e le rose,  i fiori gialli  appena prima della spiaggia di sabbia chiara, il vento che sposta piccole nuvole in un cielo azzurro, raggi di sole su un tetto di tegole pulito, su una casa appoggiata sulla discesa che porta all’acqua.

Capisco perché se ne andava al tramonto, non le interessava, lei voleva vedere un pomeriggio di sole.

E mentre intinge il pennello nei suoi occhi per fare l’acqua del lago, io guardo vicino alla casa, proprio sulla riva, c’è una figura che forse è un uomo.

Si, c’è un uomo seduto con una canna in mano e sta pescando.

Allora capisco che mi hai sempre visto, tutte le volte.

Ero io a non sapere dove mi trovavo.

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Commenti al Post:
lananea
lananea il 31/10/06 alle 13:06 via WEB
ottime letture!
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 03/11/06 alle 15:40 via WEB
Bel racconto! Finalmente uno scrittore giovane, tenero e delicato. Sono così stufa di leggere romanzi "d'autore" che, per fare una citazione alta (Luciana Litizzetto), il protagonista si tiene il "piffero" in mano. Pieri
 
 
PedroBolos
PedroBolos il 03/11/06 alle 21:58 via WEB
che dire..grazie.ne scrivero altri
 
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