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Piccole curiosità tra sagre e storia 1

Post n°834 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01

Uhmmmm stasera si va alla fiera delle trozzelle a Vaste ( http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=2888 e http://www.quisalento.it/pagine/trekkfebb.html  ), antica ed importante città messapica. Messapi... antichi abitanti del salento, poco si conosce sulle loro origini ma tra storia e leggenda si dice:

L’antica terra di mezzo, tra Adriatico e Ionio 

Antico popolo della Puglia, i Messapi hanno origini incerte e una scrittura che si sa leggere ma non decifrare. Poco si sa della loro civiltà e molto deve essere ancora portato alla luce. Le fotografie documentano come sono oggi i luoghi dove vissero: è un invito a visitarli sapendone un po’ di più. 

 

La Puglia – un tempo chiamata Iapigia – vanta tre antichi popolazioni: i Messapi, stanziati a sud di Lecce, i Peucetii, nelle terre di Bari, e i Dauni, presso Foggia e il Gargano.

I Messapi, conosciuti anche con il nome di Salentini e Calabri (Calabria era l’antico nome della penisola salentina), hanno origini controverse, ma tutte le fonti concordano nel ritenere che si tratti di un’etnia non autoctona. Persino l’etimo del loro nome è dubbio: forse Messapi significa “popolo tra due mari” perché si erano stabiliti nella zona a sud della Puglia, tra i mari Adriatico e Ionico, o perché nel loro nome il suono “ap” (presente anche in Iapigi e in Apuli, gli antichi abitanti del Gargano) vuol dire “acqua”, oppure vuol dire “domatori di cavalli” da equorum domitores, come li ha definiti Virgilio.

In quanto alla lingua, è noto un numero considerevole di iscrizioni pubbliche, funerarie, votive, numismatiche, rinvenute in Puglia soprattutto nel Salento, redatte in alfabeto messapico, che è uguale a quello di Taranto e relativamente affine all’odierno albanese: ciò cataloga la lingua nel gruppo delle lingue “satem”, cioè le indoeuropee centro-orientali. Tuttavia, della lingua messapica non si sa molto, o meglio, si sa leggerla ma non si sa capirla perché i simboli, simili a quelli dell’alfabeto greco, formano parole di cui non si conosce il significato.

Origini

Sulle loro origini lo storico greco Erodoto (V sec. a.C.) scrisse che erano originari dell’isola di Creta: “I Cretesi, come navigando giunsero all’altezza della Iapigia; una grande tempesta li sorprese e li gettò a terra; ed essendosi sconquassate le navi, poiché non appariva loro alcun mezzo per tornare a Creta, rimasero lì, fondarono la città di Uria e, mutato nome, da Cretesi divennero Iapigi Messapi. Muovendo dalla città di Uria colonizzarono le altre e molto tempo più tardi i Tarentini, nel tentativo di scacciare gli abitanti di queste città, riportarono una grande disfatta, tanto che questa fu la più grande strage dei Greci che io conosco, di Tarentini e Reggini”. (VII, 170). Quindi, i Messapi erano una popolazione di origine greca, unitaria etnicamente e culturalmente, che affermò le proprie tradizioni sulle popolazioni locali. Seguendo l’ipotesi di Erodoto risulterebbe che la Iapigia Messapia (poi Apulia) si estendeva fra Brentesion (Brindisi) e Taranto verso nord e, a sud, fino al fiume Bradano in Lucania, nei luoghi dove sorgeva la città di Metaponto, il cui mitico fondatore Metapos (o Metabos) sarebbe stato un eroe messapico.Un’altra ipotesi – la più accreditata – vuole che i Messapi siano di stirpe illirica, cioè della costa orientale del mar Adriatico. Contatti tra le due sponde del mare sono accertati fin dall’età neolitica, così costeggiando e attraversando il mare in età proto-storica, attorno al X sec. a.C., i Messapi sarebbero arrivati nella porzione meridionale della Puglia, cioè la penisola salentina, e avrebbero assunto il nome di Iapodes (o Iapyges). Questa la ricostruzione del poeta greco Nicandro di Colofone (I sec. a.C.) “Licaone, l’autoctono, ebbe per figli Iapige, Daunio e Peucezio. Radunato un esercito, essi giunsero sulla costa adriatica dell’Italia, ed avendo cacciato gli Ausoni che vi abitavano, vi si stabilirono essi stessi. Il grosso del loro esercito era formato da coloni illirici aggiuntisi ad essi sotto la guida di Messapio. Essi quindi divisero in tre parti sia l’esercito che il territorio e chiamarono i tre gruppi, dal nome di colui che fu posto a capo di ciascuno di essi, Dauni, Peucezi e Messapi. La regione che si estende da Taranto fino all’estremità dell’Italia divenne il paese dei Messapi, in cui si trova la città di Brindisi; la regione contigua ad essa al di qua di Taranto, divenne il paese dei Peucezi e, ancora più all’interno di questa, i Dauni occuparono gran parte della regione costiera. E all’intero popolo diedero il nome di Iapigi” (Metamorfosi, II). Quest’ipotesi è confermata dai ritrovamenti archeologici: i nomi geografici, le glosse e la lingua delle iscrizioni messapiche rinvenuti in Puglia rivelano l’origine illirica. Probabilmente i Messapi arrivarono a Otranto, punto più vicino all’Albania, intorno all’anno 1000 a.C., per scendere poi fino a Santa Maria di Leuca e risalire fino a Taranto.

Il sud Italia era particolarmente aperto ai contatti con i Greci che la colonizzarono sin dal VII-VI sec. a.C., fondando centri misti dove caratteri e usanze greci e indigeni si fondevano. È quindi probabile che i Messapi, già da tempo dominatori della penisola salentina, accogliessero altri coloni greci, tra cui gli spartani che poi fondarono Taranto. Infatti è stato scritto: “Non è casuale che, mentre le colonie greche sono disposte in maniera capillare lungo l’intera costa ionica fino alla Sicilia, in Puglia l’unico insediamento sia Taranto, lasciando scoperta, o meglio in mano messapica, la costa adriatica con il porto naturale di Brentesion: i Messapi hanno evidentemente un completo controllo del territorio. Ciò risulta più chiaro se consideriamo la distribuzione degli insediamenti, come Gnathia, Carbina (Carovigno), Ostuneum (Ostuni), Caelium (Ceglie M.), Uria/Orra (Oria), Scamnum (tra Latiano e Mesagne), Brentesion (Brindisi), Lupie (Lecce)”.

Storia 

Il brano citato di Erodoto, oltre a menzionare per la prima volta i Messapi, racconta di una cruenta battaglia che Taranto sostenne senza successo contro le città messapiche che l’attaccavano. Clearco, invece, ha scritto che “i Tarentini, spinti dal lusso alla tracotanza, devastarono una città degli Iapigi, Carbina, i cui fanciulli, fanciulle e donne nel fiore dell’età furono raccolti insieme nei templi dei Carbinati; ed essendosi lì accampati, esponevano agli sguardi di tutti, durante il giorno, i loro corpi nudi, e chiunque volesse, lanciandosi come su uno sventurato gregge, poteva soddisfare le sue voglie con la bellezza delle vittime ammassate in quel luogo; e tutti guardavano, ma soprattutto coloro a cui essi meno pensavano: gli dei. E la divinità si adirò a tal punto da fulminare tutti i Tarentini che a Carbina si erano resi colpevoli del misfatto” (Vite, IV). È da un testo di Diodoro Siculo che si conosce la data di questa guerra: 473 a.C.
Le informazioni che si hanno danno più credito alla versione di Clearco in quanto i Messapi, una volta insediati in terra iapigia, la difesero con ostinazione – senza mai tentare di espanderne i confini – dalle continue incursioni dei Tarentini (che ambivano a nuove conquiste) e delle altre popolazioni che popolavano o transitavano dalla Puglia. Formavano quindi un popolo combattivo e indipendente, ma non aggressivo e conquistatore, anche se erano fortemente militarizzati e molto bravi nella tattica bellica e nell’uso delle armi.

Nel 413 a.C., durante la guerra del Peloponneso, il principe messapico Artas prestò aiuto agli Ateniesi contro Siracusa. Così ne scrive lo storico greco Tucidide (V-IV sec. a.C.): “Demostene ed Eurimedonte, mossisi da Corcira con l’esercito passarono lo Ionio fino al promontorio iapigio. Da lì approdarono alle Cheradi, isole della Iapigia e fecero salire sulle navi circa centocinquanta lanciatori di giavellotto iapigi di stirpe messapica. Rinnovata un’antica amicizia con Artas che, signore di quei luoghi, aveva loro fornito i lanciatori, giunsero a Metaponto” (VII, 33).

Dal 343 al 338 a.C. i Messapi combatterono ancora con successo contro Taranto che aveva chiamato in aiuto il re spartano Archidamo III, il quale fu ucciso in un terribile scontro presso Manduria nel 338 a.C.

Intorno al 335 a.C., Alessandro I d’Epiro, detto il Molosso, dapprima intervenuto in appoggio alla colonia greca, operò poi una politica di conciliazione tra Tarentini e Messapi in vista del pericolo sannita. Lo storico latino Giustino ha così descritto il suo atteggiamento: “Essendo dunque venuto in Italia, Alessandro d’Epiro, fece per prima cosa guerra agli Apuli. Ma, dopo breve tempo, venuto a conoscenza del fato della loro capitale, stipulò accordi di pace e di amicizia col loro re. A quell’epoca, infatti, la capitale degli Apuli era Brindisi, città che avevano fondato gli Etoli sotto la guida di Diomede. Questi tuttavia erano stati espulsi dagli Apuli, ed essendosi recati a consultare gli oracoli ne avevano ricevuto il seguente responso: il luogo di cui avessero chiesto la restituzione, lo avrebbero posseduto in eterno. Spinti da ciò avevano dunque inviato degli ambasciatori per intimare agli Apuli, dietro minaccia di guerra, di restituire loro la città. Ma quando gli Apuli vennero a sapere dell’oracolo, uccisero gli ambasciatori e li seppellirono nella città, in modo che vi avessero perpetua dimora. E così, morti, possedettero a lungo la città, secondo il responso. Venuto a conoscenza di questa vicenda, Alessandro, mostrando rispettosa venerazione per gli antichi fati, si astenne dalla guerra con gli Apuli”.

I Messapi furono alleati di Roma nella prima e nella seconda guerra sannitica, ma, durante la terza guerra (299 a.C.), preoccupati della crescente potenza romana, si schierarono al fianco di Pirro nella lotta dei Tarentini contro Roma, ma furono sconfitti nel 280 e sottomessi nel 267-266 a.C. Altre battaglie dovettero succedere perché si sa che nel 225 a.C. i Messapi furono obbligati a mettere a disposizione di Roma il loro potentissimo esercito di circa 50.000 fanti e 16.000 cavalieri. Ma non si assimilarono alla civiltà romana: durante la seconda guerra punica si ribellarono (213-212 a.C.). Ancora una volta sottomessi, il processo di romanizzazione si completò soltanto dopo il 90 a.C.

Una leggenda racconta che il primo re dei Messapi fu Iapige, altri furono Opis, Artas, Messapus, Dasummios, Melemmio. Molto probabilmente, i Messapi erano organizzati in città gestite da oligarchie gentilizie: le dodici più importanti erano unite in una confederazione capeggiata da un re (basileus). Questa confederazione (o Dodecapoli Messapica o Lega Messapica) sembra si basasse su un sacro giuramento che sanciva la fratellanza fra le città, per meglio conservare l’autonomia politica ed economica della regione dalle influenze elleniche.

I Messapi coltivavano l’ulivo e la vite, si dedicavano alla pastorizia, all’apicoltura e all’allevamento di cavalli e cani. I fiorenti scambi mercantili, commerciali e culturali avevano sicuramente favorito il diffondersi di nuovi sistemi agricoli che avevano migliorato, in quantità e qualità, i raccolti e razionalizzato cura e allevamento del bestiame. Quando intorno al 500 a.C. i Messapi furono sconfitti dai Tarentini, questi fecero innalzare a Delfi un donario commemorativo (eseguito da un artista del Peloponneso, Agelada di Argo) che rappresentava donne e cavalli, cioè il bottino di guerra.

 

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