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If a day goes by without my doing something related to photography, it's as though I've neglected something essential to my existence, as though I had forgotten to wake up - Richard Avedon

Messaggi del 23/08/2007

Piccole curiosità tra sagre e storia 2

Post n°835 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01
Foto di WHITESHARK01

I Messapi si mostrarono anche abili tecnici nell’edilizia difensiva, nella fusione e nella forgia dei metalli, nella tessitura e nella lavorazione della ceramica. Per quanto riguarda quest’ultima, consisteva in un particolare tipo, apparentemente simile alla ceramica micenea, che i Messapi decoravano con figure geometriche e/o plasmavano in forme inusuali, come dimostrano la trozzella, un vaso dagli alti manici, e le anfore a collo largo. 

Il loro abbigliamento era composto da una lunga veste con cappuccio e da sandali, le donne portavano una corona. 

Come i Greci, i Messapi adoravano gli dei. Alcuni di questi richiamavano gli dei dell’Olimpo, ma altri erano propri, come Tator (o Taotor), forse il più importante, e Giove Batio, venerato nei rovi (batio significa rovi) e nelle grotte e considerato a volte maschile e a volte femminile mentre allatta il figlio: a quest’ultima raffigurazione si riallaccia una suggestiva ipotesi. Infatti, il culto di una dea che ha un figlio in tenera età è prevalso in età post-messapica e dal culto pagano è passato al culto cristiano, nell’immagine della Madonna. Non a caso, si afferma, i santuari più importanti sono sorti vicino a grotte, come quelli di Montevergine e Carpignano. 

Anche riguardo alle sepolture messapiche si avverte l’influenza greca: al morto era messa in bocca una moneta, poi questi era inumato e coperto da un tumulo di pietra in epoca antica o posto in una tomba ipogea in epoca più tarda. Una stele lo contraddistingueva. Caratteristica importante dei Messapi rispetto ad altre popolazioni era il loro atteggiamento verso i sepolcri: non lontano dalla città, ma entro le mura cittadine. La morte era dunque vissuta con serenità, un aspetto su cui lo storico Marcellino Leone, nel libro Terra d’ Otranto dalle origini alla colonizzazione romana, ha affermato: “Senza dubbio fra tutte le genti italiche i Messapi sono i soli a poter stare accanto agli Etruschi [...]; ai Messapi mancò il terrificante aspetto dell’aldilà con le lugubri conseguenze che fecero degli Etruschi un popolo aspirante alla morte. Amarono la vita e ne ebbero una visione più dolce ed armonica”. 

I ritrovamenti archeologici hanno dimostrato che i Messapi erano tutt’altro che un popolo barbaro e senza cultura. Soprattutto dalla fine degli anni sessanta del XX sec. le ricerche storiche si sono intensificate e si è potuto indagare città (Cavallino, Vaste, Rudiae, Lecce, Valesio), porti e approdi (Leuca, Otranto, Torre San Giovanni di Ugento, Torre dell’Orso, San Cataldo), luoghi di culto e santuari (Leuca, Oria, Roca), permettendo così di ricostruire a grandi linee la distribuzione e l’uso delle terre messapiche.
Di seguito si riportano notizie sull’origine messapica di alcune principali città dedotte dagli scavi compiuti negli ultimi decenni.
 

Alezio – Nel centro abitato dall’antico popolo messapico sono state rinvenute delle tombe. Una di esse è composta da venti lastroni in tufo locale (che formano un volume complessivo di circa 10 metri cubi). Gli oggetti recuperati sono stati un’anfora vinaria, cinque unguentari fusiformi, una lucerna, frammenti di ferro uniti da forte ossidazione, una moneta ridotta pressoché in polvere e dei chiodi. Nella piazza principale, infine, fa spicco una tomba monumentale con iscrizioni in lingua messapica. 

Cavallino – La sua origine è anteriore all’VIII sec. a.C. e gli scavi hanno dimostrato che nel VI sec. a.C. la sistemazione urbanistica della città era completata. Una cinta muraria e un fossato circondavano Cavallino. Molti gli oggetti ritrovati entro il perimetro urbano: accette litiche levigate di roccia filoniana grigia, aghi lunghi e sottili di osso, chiodi e fibule di ferro, fuseruole e valve forate (usate per collane e bracciali), palline e rondelle di terracotta (probabili giochi dei bambini) e una piccola piramide con incisa una dedica alla divinità femminile Arzeria. Nelle poche tombe sono state rinvenute borchie e collane di bronzo, piccoli e grandi vasi di terracotta, armi di selce, figure di bronzo, una civetta di bronzo e grande abbondanza di monete. Le tombe destinate agli adulti erano a cassa rettangolare, uniformi come dimensioni, scavate nella roccia affiorante, poco profonde e coperte da lastroni di pietra leccese. I bambini, invece erano seppelliti agli angoli dell’abitazione, con il corpo rannicchiato dentro un pithos ovoidale oppure dentro un cratere di produzione locale, decorati a fasce o a motivi geometrici. 

Ceglie Messapica – Chiamato anticamente Caelium, l’abitato di Ceglie risulta circondato da quattro cinte murarie di età messapica, in parte visibili. La cinta più stretta e più antica - composta da blocchi megalitici sistemati a secco, spesso integrati alla roccia a tratti affiorante – fu probabilmente costruita all’epoca dei primi assalti dei Tarentini: Ceglie, infatti, era assieme agli abitati di Oria, Manduria e Carovigno (antica Carbina), il primo ostacolo che Taranto trovava nella sua espansione verso l’interno. Col tempo (V-IV sec. a.C.), i rapporti con la colonia greca tarentina diventarono più ostili e furono erette le altre due cinte– vicine una dall’altra e collegate tra loro da muri a secco e camminamenti – che racchiudevano campi per il foraggiamento della città in caso di prolungato assedio. La quarta cinta, provvista di Specchie, aveva funzioni difensive e avvistatrici. Le testimonianze archeologiche più rilevanti consistono in 37 iscrizioni in lingua messapica e vari corredi tombali del V, IV e III sec. a.C. conservati nei musei di Taranto, Brindisi, Egnazia e Lecce. 

Gallipoli – Plinio menziona la città chiamandola “Anxa”, un termine che ha risonanza messapica. Il suo antico nome è Kallipolis e fu fondata o almeno dominata dalla città greca di Taranto fino al 266 a.C., quando fu conquistata dai Romani. 

Lecce – in epoca romana chiamata Lupiae, la città fu però fondata dai Messapi nel III sec. a.C. Alcuni scavi effettuati a sud di Lecce hanno portato alla luce delle tombe coperte da lastroni incisi con iscrizioni messapiche e contenenti vasi di terracotta e di bronzo, analoghi a quelli rinvenuti nelle necropoli messapiche di Oria, Manduria, Rusce, Vaste e Ugento. I reperti consistono in iscrizioni, vasi di argilla grezzi o smaltati o figurati, giocattoli di bimbi, piccoli idoli in terracotta, ossa lavorate e una piccola statua di bronzo. 

Manduria – Il centro ebbe un ruolo di primo piano nell’antica storia messapica contro i Tarentini. Le tre cinte murarie, in parte recuperate, sono infatti grandiose. La cerchia interna, non molto alta, è formata da grandi blocchi irregolari e risale al V sec. a.C.; quella mediana è più alta e a blocchi irregolari, con l’intercapedine riempita di materiale eterogeneo. Sono visibili anche tracce degli ampi fossati difensivi, delle strade di cinta e di arroccamento, oltre a resti di grandi porte e torri di difesa. Presso le mura sono state scoperte tombe isolate e vaste necropoli, che hanno fornito preziosi reperti. 

Muro Leccese – La città ha origine messapica e doveva essere un paese strutturalmente forte e civilmente avanzato a giudicare dalle mura megalitiche (costruite con massi squadrati e legati nelle sovrapposte corsie orizzontali) in parte ancora esistenti, da numerose tombe e reperti archeologici.

Oria – L’antica Uria (o Orra) era la capitale della Messapia. I ritrovamenti archeologici consistono finora in tombe e grotte contenenti resti di scheletri umani, epigrafi tombali, molti vasi d’argilla di ottima fattura ma scarni di decorazioni, e monete di tipi e periodi vari.< 

Ostuni – Anticamente chiamata Ostuneum, il suo insediamento rispecchia le caratteristiche strategiche, topografiche e strutturali tipiche degli agglomerati messapici, ma dell’epoca è stata rinvenuta soltanto una necropoli che attesta comunque l’esistenza della città. 

Otranto – Secondo lo storico Stefano di Bisanzio, fu fondata con il nome di Hydrûs da coloni cretesi, poi cambiato dai Romani in Hydruntum, toponimo che alcuni storici fanno derivare dal vicino fiume Idro. I Messapi costruirono un centro abitato accanto al porto. 

Patù – In questo piccolo paese vicino a Capo di Santa Maria di Leuca è stato trovato un monumento messapico, la "Centopietre”, che è tra i più importanti resti del promontorio salentino. Probabilmente risalente all’età arcaica della civiltà messapica, non è ancora sicura la sua destinazione: forse era un tempio dedicato a qualche divinità. La Centopietre consiste in un androne formato da enormi macigni e coperto da lastre di pietra a spiovente sorrette all’interno da pilastri su cui ricorre un listello decorativo. Tale monumento, che nel medioevo fu adibito a cappella, ha ancora visibili alcuni tratti di affreschi bizantini. 

Soleto – Nodo viario, Soleto collegava i più importanti centri messapici e, tramite una trasversale, il porto di Roca con Vereto e con il porto Nauna (attuale Santa Maria al Bagno). In epoca messapica, la città era circondata da mura (in parte ritrovate) e probabilmente ospitava officine di arte ceramica. Ciò è presunto sia dai ritrovamenti di innumerevoli avanzi di terracotta grossolana e di stoviglie smaltate, sia dalla vicinanza ai bacini di argilla che ancora oggi alimentano la piccola industria nel vicino paese di Cutrofiano. A Soleto, inoltre, è stata ritrovata una tomba coperta da tre intavolature di pietra, nella quale, accanto a uno scheletro, sono state raccolte due monete messapiche. 

Ugento – La sua fondazione risale a epoche più antiche della civiltà messapica. È quindi comprensibile che i Messapi abbiano trovato una città già florida e abbiano contribuito a elevarne la potenza. Infatti, lo testimoniano i ritrovamenti di resti di mura megalitiche, tombe, armi, monete, vasi, ceramiche, suppellettili e iscrizioni e il fatto che in epoca messapica la città abbia battuto moneta propria. A Ugento, infine, è stata recuperata una statua di bronzo risalente al 510 a.C. raffigurate il dio Poseidone, vicino al luogo dove sorgeva un tempio dedicato al dio del mare. 

Vaste – Di questo centro del Salento la ricerca archeologica ha potuto mettere a punto una serie di informazioni sulla topografia del sito nelle varie fasi del suo sviluppo. Sono stati infatti rilevati tracce consistenti dell’abitato messapico risalente all’VIII-VII sec. a.C. concentrate nella parte centrale e più alta dell’abitato (attuale piazza Dante), riconosciuti l’impianto di capanne a pianta ovale con muretto perimetrale di pietre a secco e rinvenuti diversi focolari e scarichi di ceramica iapigia unita a materiali greci d’importazione. L’abitato messapico di IV-III sec. a .C. sembra si possa riconoscere in strutture a blocchi squadrati e fondazioni di edifici a pianta rettangolare costituiti da più ambienti, disposti intorno a un cortile. I vani avevano probabilmente pavimenti in tufina pressata, alzato in piccole pietre a secco e copertura in tegole. Inoltre, sono state portate alla luce fortificazioni in calcare locale, costituite da due cortine di grosse pietre collegate tra loro da un riempimento interno di tegole, pietre e terra; la parte esterna era rivestita da un muro a blocchi squadrati. All’inizio del III sec. a.C. la cinta muraria, almeno in alcuni punti, fu rinforzata addossando un muro, largo circa 3 metri, a grandi blocchi squadrati. La necropoli ellenistica si sviluppava nell’area periferica dell’antico abitato. All’interno, invece, era situato l’ipogeo delle Cariatidi in pietra leccese risalente alla seconda metà del IV sec. a.C.: a pianta rettangolare, ha una gradinata di accesso e un vestibolo comunicante con due camere funerarie. Degna di nota è la necropoli del IV sec. a.C. – forse utilizzata da un gruppo gentilizio per la qualità e la tipologia degli oggetti ritrovati – con tombe rinvenute all’interno di controfosse scavate nel banco roccioso: i sarcofagi sono tagliati in blocchi monolitici di pietra leccese, prova di un notevole livello di capacità tecnica. Nelle tombe maschili risalta la presenza del cratere e di oggetti con caratteristiche simili a quelli greci; nelle tombe femminili la tipologia più modesta di oggetti, tra i quali ricorre costantemente il tipico vaso indigeno, la trozzella. 

Vereto – Nel noto centro messapico sono state trovate numerose iscrizioni e monete, delle quali due attestano l’esistenza di una vera e propria zecca veretina nel III sec. a.C. Nelle tombe scoperte all’inizio del XX secolo, sono stati trovati due grandi vasi di terracotta (su uno è raffigurata una donna con una falce in mano in mezzo a corimbi di fiori bianchi), pentole a grosso ventre probabilmente utilizzate per custodire resti ossei, piccoli vasi di terracotta, una cintura di rame, un frammento di elmo e altri piccoli oggetti in bronzo. 

Vitigliano - A Vitigliano è stato scoperto un ipogeo di origine messapica, ma il monumento più significativo è il “Cisternale”, analogo alla Centopietre trovato a Patù: sono identici l’orientamento, la forma e il sistema costruttivo della copertura a enormi lastre di sabbione con doppio spiovente. Differente è il metodo di costruzione: la Centopietre si eleva sul piano a grandi blocchi parallelepipedi sovrapposti senza malta, il Cisternale è scavato nel vivo della roccia con sovrapposizione artificiale della copertura. 

Questo testo è tratto da un altro sito di cui non ricordo il nome, per questo mi scuso per non poterlo citare.

I miei antenati pur essendo grandi combattenti non amavano le guerre, amavano la loro terra quanto la loro stessa vita, rispettavano le loro donne e la natura, potessi rinascere e scegliere in che epoca vivere, molto probabilmente sceglierei la loro.Sicuramente si campava molto di meno all'epoca, ma sicuramente con uno spirito diverso, che è morto e sepolto tra le rovine della nostra storia, solo un aspetto credo che sia rimasto nel sangue della gente che vive qui, l'attaccamento alla propria terra.

buona seratuccia

White

 
 
 

Piccole curiosità tra sagre e storia 1

Post n°834 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01
Foto di WHITESHARK01

Uhmmmm stasera si va alla fiera delle trozzelle a Vaste ( http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=2888 e http://www.quisalento.it/pagine/trekkfebb.html  ), antica ed importante città messapica. Messapi... antichi abitanti del salento, poco si conosce sulle loro origini ma tra storia e leggenda si dice:

L’antica terra di mezzo, tra Adriatico e Ionio 

Antico popolo della Puglia, i Messapi hanno origini incerte e una scrittura che si sa leggere ma non decifrare. Poco si sa della loro civiltà e molto deve essere ancora portato alla luce. Le fotografie documentano come sono oggi i luoghi dove vissero: è un invito a visitarli sapendone un po’ di più. 

 

La Puglia – un tempo chiamata Iapigia – vanta tre antichi popolazioni: i Messapi, stanziati a sud di Lecce, i Peucetii, nelle terre di Bari, e i Dauni, presso Foggia e il Gargano.

I Messapi, conosciuti anche con il nome di Salentini e Calabri (Calabria era l’antico nome della penisola salentina), hanno origini controverse, ma tutte le fonti concordano nel ritenere che si tratti di un’etnia non autoctona. Persino l’etimo del loro nome è dubbio: forse Messapi significa “popolo tra due mari” perché si erano stabiliti nella zona a sud della Puglia, tra i mari Adriatico e Ionico, o perché nel loro nome il suono “ap” (presente anche in Iapigi e in Apuli, gli antichi abitanti del Gargano) vuol dire “acqua”, oppure vuol dire “domatori di cavalli” da equorum domitores, come li ha definiti Virgilio.

In quanto alla lingua, è noto un numero considerevole di iscrizioni pubbliche, funerarie, votive, numismatiche, rinvenute in Puglia soprattutto nel Salento, redatte in alfabeto messapico, che è uguale a quello di Taranto e relativamente affine all’odierno albanese: ciò cataloga la lingua nel gruppo delle lingue “satem”, cioè le indoeuropee centro-orientali. Tuttavia, della lingua messapica non si sa molto, o meglio, si sa leggerla ma non si sa capirla perché i simboli, simili a quelli dell’alfabeto greco, formano parole di cui non si conosce il significato.

Origini

Sulle loro origini lo storico greco Erodoto (V sec. a.C.) scrisse che erano originari dell’isola di Creta: “I Cretesi, come navigando giunsero all’altezza della Iapigia; una grande tempesta li sorprese e li gettò a terra; ed essendosi sconquassate le navi, poiché non appariva loro alcun mezzo per tornare a Creta, rimasero lì, fondarono la città di Uria e, mutato nome, da Cretesi divennero Iapigi Messapi. Muovendo dalla città di Uria colonizzarono le altre e molto tempo più tardi i Tarentini, nel tentativo di scacciare gli abitanti di queste città, riportarono una grande disfatta, tanto che questa fu la più grande strage dei Greci che io conosco, di Tarentini e Reggini”. (VII, 170). Quindi, i Messapi erano una popolazione di origine greca, unitaria etnicamente e culturalmente, che affermò le proprie tradizioni sulle popolazioni locali. Seguendo l’ipotesi di Erodoto risulterebbe che la Iapigia Messapia (poi Apulia) si estendeva fra Brentesion (Brindisi) e Taranto verso nord e, a sud, fino al fiume Bradano in Lucania, nei luoghi dove sorgeva la città di Metaponto, il cui mitico fondatore Metapos (o Metabos) sarebbe stato un eroe messapico.Un’altra ipotesi – la più accreditata – vuole che i Messapi siano di stirpe illirica, cioè della costa orientale del mar Adriatico. Contatti tra le due sponde del mare sono accertati fin dall’età neolitica, così costeggiando e attraversando il mare in età proto-storica, attorno al X sec. a.C., i Messapi sarebbero arrivati nella porzione meridionale della Puglia, cioè la penisola salentina, e avrebbero assunto il nome di Iapodes (o Iapyges). Questa la ricostruzione del poeta greco Nicandro di Colofone (I sec. a.C.) “Licaone, l’autoctono, ebbe per figli Iapige, Daunio e Peucezio. Radunato un esercito, essi giunsero sulla costa adriatica dell’Italia, ed avendo cacciato gli Ausoni che vi abitavano, vi si stabilirono essi stessi. Il grosso del loro esercito era formato da coloni illirici aggiuntisi ad essi sotto la guida di Messapio. Essi quindi divisero in tre parti sia l’esercito che il territorio e chiamarono i tre gruppi, dal nome di colui che fu posto a capo di ciascuno di essi, Dauni, Peucezi e Messapi. La regione che si estende da Taranto fino all’estremità dell’Italia divenne il paese dei Messapi, in cui si trova la città di Brindisi; la regione contigua ad essa al di qua di Taranto, divenne il paese dei Peucezi e, ancora più all’interno di questa, i Dauni occuparono gran parte della regione costiera. E all’intero popolo diedero il nome di Iapigi” (Metamorfosi, II). Quest’ipotesi è confermata dai ritrovamenti archeologici: i nomi geografici, le glosse e la lingua delle iscrizioni messapiche rinvenuti in Puglia rivelano l’origine illirica. Probabilmente i Messapi arrivarono a Otranto, punto più vicino all’Albania, intorno all’anno 1000 a.C., per scendere poi fino a Santa Maria di Leuca e risalire fino a Taranto.

Il sud Italia era particolarmente aperto ai contatti con i Greci che la colonizzarono sin dal VII-VI sec. a.C., fondando centri misti dove caratteri e usanze greci e indigeni si fondevano. È quindi probabile che i Messapi, già da tempo dominatori della penisola salentina, accogliessero altri coloni greci, tra cui gli spartani che poi fondarono Taranto. Infatti è stato scritto: “Non è casuale che, mentre le colonie greche sono disposte in maniera capillare lungo l’intera costa ionica fino alla Sicilia, in Puglia l’unico insediamento sia Taranto, lasciando scoperta, o meglio in mano messapica, la costa adriatica con il porto naturale di Brentesion: i Messapi hanno evidentemente un completo controllo del territorio. Ciò risulta più chiaro se consideriamo la distribuzione degli insediamenti, come Gnathia, Carbina (Carovigno), Ostuneum (Ostuni), Caelium (Ceglie M.), Uria/Orra (Oria), Scamnum (tra Latiano e Mesagne), Brentesion (Brindisi), Lupie (Lecce)”.

Storia 

Il brano citato di Erodoto, oltre a menzionare per la prima volta i Messapi, racconta di una cruenta battaglia che Taranto sostenne senza successo contro le città messapiche che l’attaccavano. Clearco, invece, ha scritto che “i Tarentini, spinti dal lusso alla tracotanza, devastarono una città degli Iapigi, Carbina, i cui fanciulli, fanciulle e donne nel fiore dell’età furono raccolti insieme nei templi dei Carbinati; ed essendosi lì accampati, esponevano agli sguardi di tutti, durante il giorno, i loro corpi nudi, e chiunque volesse, lanciandosi come su uno sventurato gregge, poteva soddisfare le sue voglie con la bellezza delle vittime ammassate in quel luogo; e tutti guardavano, ma soprattutto coloro a cui essi meno pensavano: gli dei. E la divinità si adirò a tal punto da fulminare tutti i Tarentini che a Carbina si erano resi colpevoli del misfatto” (Vite, IV). È da un testo di Diodoro Siculo che si conosce la data di questa guerra: 473 a.C.
Le informazioni che si hanno danno più credito alla versione di Clearco in quanto i Messapi, una volta insediati in terra iapigia, la difesero con ostinazione – senza mai tentare di espanderne i confini – dalle continue incursioni dei Tarentini (che ambivano a nuove conquiste) e delle altre popolazioni che popolavano o transitavano dalla Puglia. Formavano quindi un popolo combattivo e indipendente, ma non aggressivo e conquistatore, anche se erano fortemente militarizzati e molto bravi nella tattica bellica e nell’uso delle armi.

Nel 413 a.C., durante la guerra del Peloponneso, il principe messapico Artas prestò aiuto agli Ateniesi contro Siracusa. Così ne scrive lo storico greco Tucidide (V-IV sec. a.C.): “Demostene ed Eurimedonte, mossisi da Corcira con l’esercito passarono lo Ionio fino al promontorio iapigio. Da lì approdarono alle Cheradi, isole della Iapigia e fecero salire sulle navi circa centocinquanta lanciatori di giavellotto iapigi di stirpe messapica. Rinnovata un’antica amicizia con Artas che, signore di quei luoghi, aveva loro fornito i lanciatori, giunsero a Metaponto” (VII, 33).

Dal 343 al 338 a.C. i Messapi combatterono ancora con successo contro Taranto che aveva chiamato in aiuto il re spartano Archidamo III, il quale fu ucciso in un terribile scontro presso Manduria nel 338 a.C.

Intorno al 335 a.C., Alessandro I d’Epiro, detto il Molosso, dapprima intervenuto in appoggio alla colonia greca, operò poi una politica di conciliazione tra Tarentini e Messapi in vista del pericolo sannita. Lo storico latino Giustino ha così descritto il suo atteggiamento: “Essendo dunque venuto in Italia, Alessandro d’Epiro, fece per prima cosa guerra agli Apuli. Ma, dopo breve tempo, venuto a conoscenza del fato della loro capitale, stipulò accordi di pace e di amicizia col loro re. A quell’epoca, infatti, la capitale degli Apuli era Brindisi, città che avevano fondato gli Etoli sotto la guida di Diomede. Questi tuttavia erano stati espulsi dagli Apuli, ed essendosi recati a consultare gli oracoli ne avevano ricevuto il seguente responso: il luogo di cui avessero chiesto la restituzione, lo avrebbero posseduto in eterno. Spinti da ciò avevano dunque inviato degli ambasciatori per intimare agli Apuli, dietro minaccia di guerra, di restituire loro la città. Ma quando gli Apuli vennero a sapere dell’oracolo, uccisero gli ambasciatori e li seppellirono nella città, in modo che vi avessero perpetua dimora. E così, morti, possedettero a lungo la città, secondo il responso. Venuto a conoscenza di questa vicenda, Alessandro, mostrando rispettosa venerazione per gli antichi fati, si astenne dalla guerra con gli Apuli”.

I Messapi furono alleati di Roma nella prima e nella seconda guerra sannitica, ma, durante la terza guerra (299 a.C.), preoccupati della crescente potenza romana, si schierarono al fianco di Pirro nella lotta dei Tarentini contro Roma, ma furono sconfitti nel 280 e sottomessi nel 267-266 a.C. Altre battaglie dovettero succedere perché si sa che nel 225 a.C. i Messapi furono obbligati a mettere a disposizione di Roma il loro potentissimo esercito di circa 50.000 fanti e 16.000 cavalieri. Ma non si assimilarono alla civiltà romana: durante la seconda guerra punica si ribellarono (213-212 a.C.). Ancora una volta sottomessi, il processo di romanizzazione si completò soltanto dopo il 90 a.C.

Una leggenda racconta che il primo re dei Messapi fu Iapige, altri furono Opis, Artas, Messapus, Dasummios, Melemmio. Molto probabilmente, i Messapi erano organizzati in città gestite da oligarchie gentilizie: le dodici più importanti erano unite in una confederazione capeggiata da un re (basileus). Questa confederazione (o Dodecapoli Messapica o Lega Messapica) sembra si basasse su un sacro giuramento che sanciva la fratellanza fra le città, per meglio conservare l’autonomia politica ed economica della regione dalle influenze elleniche.

I Messapi coltivavano l’ulivo e la vite, si dedicavano alla pastorizia, all’apicoltura e all’allevamento di cavalli e cani. I fiorenti scambi mercantili, commerciali e culturali avevano sicuramente favorito il diffondersi di nuovi sistemi agricoli che avevano migliorato, in quantità e qualità, i raccolti e razionalizzato cura e allevamento del bestiame. Quando intorno al 500 a.C. i Messapi furono sconfitti dai Tarentini, questi fecero innalzare a Delfi un donario commemorativo (eseguito da un artista del Peloponneso, Agelada di Argo) che rappresentava donne e cavalli, cioè il bottino di guerra.

 

 
 
 

Post N° 833

Post n°833 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01
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Da non perdere domani ultimo grande evento dell'estate salentina: La Notte Della Taranta, ballate fino allo svenimento eheh. Il programma lo trovate qui: http://www.lanottedellataranta.net/

e per quei pochi eroi che ne usciranno vivi...

Guendalina top club closing party with Ralf

il video: http://www.guenda.dj/home.php

anche questo ultimo appuntamento per i diavoletti e le diavolette della notte

 
 
 

Ancora pizzica

Post n°832 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01
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Questo è il sito web dei signori che hanno infuocato questa serata con i loro canti e le loro musiche... : http://www.officinazoe.com/

 
 
 

The Riviera

Post n°831 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01
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Blu Bay

Post n°830 pubblicato il 23 Agosto 2007 da WHITESHARK01
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