tropi o troppi?

CB


Quello che trasforma l’oggetto individuo da complesso in complicato sono le sovrastrutture che ci aggiungiamo da soli […] e che avranno comunque un costo. Chiedendomi chi ne pagherà il conto, la risposta più immediata potrebbe essere: l’individuo stesso. Volando un po’ più alto credo, invece, che il conto lo pagherà la comunicazione.

E’ quello che scrissi riassumendo in sovrastrutture le varie cause dei difetti di comunicazione. Non avendo il tempo per farlo, lasciai che Wiki, la mia assistente culturale, si preoccupasse di entrare nel dettaglio. La pago per questo. Giorni fa, le è scivolato di mano il foglio che si è chinata a raccogliere prima di poggiarmelo sulla scrivania dicendo: “E’ quella ricerca che mi avevi chiesto”. Indossava una gonna corta che, chinandosi, le si vedevano anche le tonsille. Non erano infiammate. Sul foglio, poche righe ma illuminanti:

Nella retorica classica, secondo Heinrich Lausberg, sono classificati come tropi:

Allegoria: il testo sviluppa sensi diversi, uno letterario, l’altro allegorico
Antonomasia: un nome è sostituito da una denominazione che lo caratterizza
Catacresi: sostituzione linguistica dovuta alla mancanza di un termine specifico
Eufemismo: sostituzione di un termine diretto con uno attenuativo
Iperbole: esagerare un concetto spingendolo oltre i limiti della verosimiglianza
Ironia: l’affermazione del contrario di ciò che si pensa
Litote: negazione del contrario di ciò che si vuole affermare
Metafora: resa tramite il trasferimento di significato dovuto alla somiglianza
Metonimia: sostituzione in base ad un criterio di contiguità o logica o materiale
Perifrasi: sostituzione di un termine con un giro di parole
Sineddoche: sostituzione di un termine con un altro che ne rappresenta solo un dettaglio

Ben 11 modi diversi di dire qualcosa che si aggiungono, forse per il solo gusto letterario, al banale e salutare “non menare il can per l’aia” che sicuramente non fa letteratura ma dice le cose senza troppi ed inutili giri di parole. Agli 11 tropi dovremmo poi aggiungerci altre robe che – ereditate proprio dall’arte (ermetismo, surrealismo, astrattismo) – sono diventate sempre più presenti ed ingombranti in un linguaggio più figurativo che esplicito. Sia chiaro che non biasimo queste forme di linguaggio, ma l’abuso che ne facciamo quando una cosa è parlarsi ed un’altra è fare letteratura. Confonderemo solo il barman con la metafora: “aggiungici qualche ciottolo d’acqua” piuttosto che dirgli di metterci del ghiaccio.
Nell’Ecclesiaste si legge che “c’è un tempo per tirare i sassi ed un tempo per raccoglierli”. L’uso dei tropi nel dirsi anche le cose più banali è, secondo me, proprio quello sbagliare il tempo e il luogo. Ancora peggio, come se 11 tropi non fossero già troppi a complicare la comunicazione, è l’uso dei silenzi che sottintendono e cosa c’è di più tropico del sottintendere? Come andare in giro nella propria vita col traduttore in mano altrimenti non ci capiamo.
Quel “devo spiegartelo? Non ci arrivi da solo?”
In realtà, tante volte ci arrivo da solo, ma anche no; col tempo ho imparato sulla mia pelle che quando ho provato ad ipotizzare il motivo di un silenzio, sbagliandolo, all’altra parte ho fornito gratis un motivo nuovo e più forte per incazzarsi ancora di più. Quindi, evitando d’ipotizzare, meglio rispondere: “No, non ci arrivo”, anche perché, noi sesso forte, dialetticamente siamo molto più fragili, infatti, tendiamo a spostare tutto sulla rissa.
La ciliegina sulla torta dei difetti di comunicazione è il pregiudizio. Quello che la fa da padrone; quello che sembra che sta ascoltando le tue ragioni e, invece, lui ha solo 4 sensi perché gli manca totalmente l’udito. Lui non ascolta, ma aspetta solo la tua pausa per infilarci direttamente la conclusione, il giudizio, la sentenza. Il pregiudizio non conosce i preliminari è la sveltina più sveltina di tutte. Lui non sa un cazzo ma, guarda un po’, capisce sempre tutto e, se gli dicessi di chiudere questo post, lo farebbe così:
“Se volete commentare fate pure ma, è tempo perso, so già quello che direte.”

tropi o troppi?ultima modifica: 2019-05-04T11:16:57+02:00da arienpassant

14 pensieri riguardo “tropi o troppi?”

  1. …che stretta al collo…il pregiudizio, secondo me non è vero che gli manca il senso dell’udito, anzi ne sviluppa uno in più o uno tutto suo, per quella “sveltina” che dici li ha messi già tutti in campo, i sensi. E per questo è anche incontrastabile quando si “esprime”. ciao4

  2. io invece penso che quello incontrastabile o incontestabile debba essere il giudizio. Il pregiudizio, invece, “crede” di aver capito tutto e di aver ascoltato tutto. Non a caso, generalmente aggiunge: “ho ascoltato e visto anche troppo”. A differenza del “pregiudizio” che è sempre sommario e di parte, la parola “troppo” non dovrebbe nemmeno esistere in un giudizio. Quindi, meglio “troppo” che “poco”, visto che giudizio e pregiudizio, sempre a mio modo di vedere, impattano, prima che con la giustizia, con la coscienza. Buon sabato 🙂

  3. Il pregiudizio è la forma peggiore di pensiero e, di conseguenza, di comunicazione. Parla e non ascolta, salta alle conclusioni senza partire dall’inizio. E poi ci sono quelli che parlano emorragicamente e non li fermi neppure con un laccio emostatico alla lingua. Comunicare non è solo aprire la bocca e lasciar uscire dei suoni. Se l’altro non capisce non è detto che la carenza sia sua. E’ come una separazione consensuale: la colpa va condivisa. Saluti

  4. La tua osservazione per quanto giusta non mi da l’idea di un che di vissuto sul pregiudizio né sul giudizio, quello che si vive a pelle e non te lo scrolli di dosso per questo sono entrambi abbastanza incontrastabili, anzi riflettendo dirò che forse il pregiudizio è una sorta di fase istruttoria della conoscenza, precedente appunto, mentre il giudizio può essere una condanna definitiva e non sempre giusta… Infine anche il giudice, poi, dice: Ascoltate e viste le parti .. (ci siamo incartati!?:) Buonanotte

  5. “Pre-giudizio” ossia “primo giudizio”. Per non dire prematuro e senza quindi l’adeguata conoscenza. E dura lotta sarà lo scardinare menti inasprite. Ma la speranza è scritta nel nome: “pre”- prima. Che di fatto fa esistere il poi!
    La conoscenza dei tropi è obbligo al non abbandonar mai certe battaglie!

  6. Lasciando a parte una riflessione sulla pesantezza caustica di certi impauriti pre-giudizi (ché la riflessione sarebbe assai lunga e filosofica); lasciando a parte quella malinconia unica e profonda che è la difficoltà di “comunicare” autenticamente (essere capaci di comprendere le incomprensioni…chissà che tropo ho scritto or ora)…ti chiedo: non è fonte assolutamente necessaria l’indicibile?
    Sempre non scontati i tuoi pensieri e piacevole leggerti, monsieur.
    I.

  7. Involontariamente ci siamo focalizzati sulla temporalità: il pregiudizio che venendo prima del giudizio potrebbe avere meno elementi di fondatezza. Esiste però anche un pregiudizio intellettuale e culturale che, poi, è quello che più mi spaventa.

  8. Concordo I., l’indicibile è il bug che trasforma la comunicazione in una fetta di gruviera e, a ragione o a torto, ci va di mezzo anche l’autenticità.

  9. (il dentro non è mai come il fuori. Conosco, come tutti, il pregiudizio e conosco anche il giudizio, in tutti i suoi gradi, per questo temo il pregiudizio più del giudizio perché da quest’ultimo puoi difenderti, l’altro non sempre te ne dà l’opportunità e, ancor peggio, spesso fa del giudizio un nuovo pregiudizio ancora più gratuito, of course). Al contrario di quanto può sembrare ho pochissima fantasia… sì, forse ci siamo incartati 🙂 Buon five.

  10. “Se volete commentare fate pure ma, è tempo perso, so già quello che direte.”

    Visto che lo sai, che to dico a fà? 🙂

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