Profezie millenarie di sventura

Oggi, primo giorno di ottobre, il sole è sorto, ci siamo alzati dal letto come tutti gli altri giorni e abbiamo affrontato le nostre incombenze quotidiane. Ciò, nonostante qualcuno avesse formulato profezie, dicendo che oggi ci sarebbe stata la fine del mondo.

Già, perché ieri era il giorno della Luna Nera. Secondo gli esperti (quelli veri), si tratta di un normalissimo fenomeno astronomico, che si verifica quando l’orbita lunare porta il satellite tra la Terra e il Sole, per cui la faccia non illuminata della Luna è rivolta verso di noi. É il ciclo di luci e ombre del nostro satellite che va avanti da millenni.

Tuttavia, i teorici della cospirazione si sono ostinati a vedere in questo fenomeno un segnale della fine del mondo. Ma chi sono i teorici della cospirazione? Sono coloro che, generalmente, elaborano teorie alternative e più complesse rispetto a quelle ufficiali per la spiegazione di vari avvenimenti (politici, sociali, naturali), teorie che si pongono in contrasto con l’opinione comune e le verità generalmente accettate, ad esempio in occasione di eventi tragici, come assassini di personaggi famosi, disastri ambientali, atti terroristici.

In questa occasione della Luna Nera, quindi, tali soggetti non hanno perso tempo ad elaborare una loro teoria sulla fine del mondo.

Luna Nera

Riflettevo sul fatto che di profezie sul drammatico epilogo della nostra amata Terra ce ne sono state a iosa nel corso dei secoli. Chi non ricorda la Profezia di Nostradamus che aveva vaticinato un infausto evento all’avvicinarsi del nuovo Millennio? Si parlava di un “Re dell’Orrore” che sarebbe arrivato e avrebbe seminato morte e distruzione. E poi? A parte qualche problema informatico con il famigerato “Millenium Bug”, tutto è andato bene e il Capodanno del 2000 è trascorso serenamente.

Nostradamus era famoso per le sue centurie e quartine profetiche, formulate in modo incomprensibile e prive di precisi elementi identificativi, per cui tali testi potevano essere tranquillamente interpretati in modo da applicarsi a qualunque evento.

Poche le quartine con indicazioni precise, poi ovviamente disattese. A parte il disastro previsto per il passaggio tra il 1999 e il 2000, avrebbe vaticinato il culminare di una lunga e selvaggia persecuzione religiosa per il 1792 (che non c’è mai stata) e la distruzione totale della specie umana per il 1732. Ma a quanto pare siamo ancora qui.

Ovviamente, nessuno può conoscere la data in cui avverrà la fine del mondo, ma di sicuro noi umani, con il nostro comportamento, possiamo cercare di evitare che questo termine si avvicini troppo in fretta.

nostradamus

Vita di metropolitana

Incominciata quasi dieci anni fa, la mia “vita di metropolitana” nella Capitale mi ha sempre offerto interessanti spunti di riflessione.

Il mio ingresso in banchina già suscita una prima domanda cruciale: ma quanto dura un minuto? Almeno quello indicato sul tabellone luminoso sembra protrarsi per un’eternità!

Sempre che io riesca ad arrivare in banchina. A volte, arrivo davanti al cancello e trovo un interessante avviso di chiusura per sciopero. Consapevole che avrei dovuto informarmi prima (ma gli avvisi spesso mi sfuggono), mi affido alla sorte e alla trafila degli autobus immersi nel traffico impazzito, sempre che alcuni autisti abbiano avuto la bontà di non scioperare.

Ma poniamo il caso (fortunatamente abbastanza frequente) che io riesca a giungere in banchina. Non appena il tabellone miracolosamente segnala l’arrivo del treno, ecco che il mezzo comincia a fare capolino …. certo, a volte sfreccia via senza fermarsi, con l’autista che fa “ciaone” con la manina, ma quello successivo si ferma.

A quel punto inizia l’attento studio della varia umanità che popola la metropolitana. Ormai, comunque, si incontrano le stesse tipologie di persone che possono essere tranquillamente divise in categorie.

Anziutto, ci sono gli “Eterni Frettolosi” che temono che il treno sfugga loro di mano ed entrano con furia senza aspettare che gli altri escano dal vagone, travolgendo tutti, con inevitabili improperi.

Poi, arrivano puntualmente gli “Urlatori” che hanno come obiettivo principale quello di fare conoscere a tutti ogni intimo dettaglio della loro vita, tenendo al cellulare lunghi ed enfatici monologhi. In questa categoria, emergono chiaramente il “Professionista” che elargisce con grande cura e meticolosità aspetti della propria professione (inclusi quelli un po’ più riservati!!) e l'”Arrabbiata” che è appena uscita da una non meglio identificata delusione.

Ma ecco che a deliziare il viaggio, spunta all’orizzonte l'”Uomo puzzola” che ha, evidentemente, deciso di scioperare contro ogni forma di modernità e artificiosità, inclusi saponi e deodoranti, per poter serenamente abbracciare in modo autentico Madre Natura (che forse potrebbe decidere di fuggire!).

Intanto, lo “Stanco morto” che non ha trovato un posto a sedere, decide di abbarbicarsi al palo cui dovrebbero reggersi anche altri avventori, schiacciando e scacciando altre manine, mentre la “Mamma Rampante” munita di passeggino con a bordo l’erede ha deciso di puntare qualche piede.

Ecco, però, la mia fermata… alla prossima!

Metro

Il diritto a riappropriarsi della propria vita

Una massima che tutti conosciamo molto bene è “si lavora per vivere, non si vive per lavorare“. Potrebbe apparire scontata ai più, forse, ma di fatto viene molto spesso disapplicata.

Ci lasciamo prendere dalle incombenze lavorative, prolunghiamo l’orario di ufficio oltre l’umana sopportazione, magari ci portiamo il lavoro a casa. Tutto questo, per tentare di raggiungere i nostri obiettivi, ottenere un avanzamento di carriera o semplicemente fare bella figura con il capo che conta su una squadra efficiente, più che altro per alimentare il proprio prestigio. La continua disponibilità genera maggiori aspettative con un aumento delle pressioni e dei carichi di lavoro, il classico serpente che si morde la coda.

A prescindere dalla capacità di raggiungere i nostri obiettivi, il nostro tempo libero diventa inesistente, diviene impossibile dedicarsi ai propri affetti e ai propri interessi.

Ho sempre detestato l’idea di poter essere reperibile al di fuori dell’orario di lavoro: la possibilità che qualcuno possa chiamarmi, mandarmi messaggi o e-mail anche nel fine settimana e che io debba essere costretto a rispondere mi pone in uno stato di continua angoscia, come se mi sentissi perseguitato.

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Tuttavia, poche ore fa ho letto una notizia davvero interessante, secondo cui la Francia sarebbe uno dei primi Paesi ad aver varato una legge che fissa un nuovo principio per tutti i dipendenti: staccare telefono e computer, non rendersi sempre reperibili. In pratica, la legislazione francese avrebbe sancito il “diritto alla disconnessione“, da applicare concretamente mediante accordi tra imprese e sindacati. Principio che dovrebbe essere adottato anche in Italia, sebbene tempi di approvazione del disegno di legge e criteri applicativi non mi siano noti.

La notizia mi consola, ma nello stesso tempo suscita in me alcune perplessità. Il diritto ad essere disconnessi fuori dell’orario di lavoro, anche senza norme specifiche, doveva essere il risultato di una scelta di buon senso di aziende e lavoratori. Questi, invece, sono i primi a “trasgredire“, a quanto pare.

Dunque, siamo al paradosso di uno Stato che deve stabilire per legge cosa non deve fare un lavoratore nel tempo libero. D’altronde, se noi siamo i primi a non pensare a noi stessi.

In ogni caso, mi chiedo cosa accadrà alla resa dei conti: aziende e sindacati riusciranno a trovare un accordo su come i dipendenti devono gestire il proprio tempo libero?

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