Settembre 2019: Passengers – ORIGINAL SOUNDTRACKS 1 (1995)

Passengers

 

Data di pubblicazione: 7 novembre 1995
Registrato a: Westside Studios (Londra), Hanover Quay Studios (Dublino)
Produttore: Brian Eno
Formazione: Bono (voce, pianoforte, chitarra), The Edge (chitarra, tastiere, organo, voce) Adam Clayton (basso, chitarra, percussioni, voce narrante), Larry Mullen Jr (batteria, percussioni, sequenza ritmica, sintetizzatori), Brian Eno (sintetizzatori, tastiere, chitarra, voce, cori), Luciano Pavarotti (voce), Holi (voce), Howie B (trattamenti mix, effetti ritmici), Craig Armstrong (orchestrazioni), Paul Barrett (orchestrazioni), Des Broadbery (sintetizzatore), David Herbert (sassofono), Holger Zschenderlein (sintetizzatore)

 

Tracklist

 

                        United colours
                        Slug
                        Your blue room
                        Always forever now
                        A different kind of blue
                        Beach sequence
                        Miss Sarajevo
                        Ito okashi
                        One minute warning
                        Corpse (These chains are way too long)
                        Elvis ate America
                        Plot 180
                        Theme (from the Swan)
                        Theme from Let’s go native

 

 

Bisogna stare attenti a non disturbare
il flusso organico della musica
(Brian Eno)

 

Bologna, 17 luglio 1993: Mac Phisto telefona a Luciano Pavarotti nel bel mezzo del concerto degli U2 in una delle tante tappe italiane dello Zoo Tv. Era uno sberleffo che Bono, nei panni del suo sinistro alter ego, soleva fare, e in quel caso toccò al Maestro Luciano, che stette molto ironicamente allo scherzo. Ed in un certo senso tutto inizia da lì…
Siamo nella prima metà degli anni ’90, e il grande blocco sovietico è caduto. Gli U2 sono reduci dalle registrazioni a Berlino Est di Achtung baby, il capolavoro che li ha proiettati nella musica del futuro, dove non c’è più la tradizione, ma l’innovazione, l’adattamento alle nuove consonanze, nuovi stili di vita, agli “amori di plastica” e ad una realtà virtuale che prende sempre più piede. Tv e consumismo sono fenomeni sempre più incalzanti, e anche le realtà terribili come la violenza quotidiana e la guerra vengono mescolata con terribile disinvoltura nel mare magnum mediatico del tubo catodico. La realtà è deviata, e spesso la sua proiezione è di gran lunga superiore alla percezione della gente comune. Gli U2 sentono che non c’è più bisogno di apparire austeri e rigorosi, come era negli anni ’80, ma invece di indossare maschere e affrontare questa realtà sempre più preda dell’illusione. Ed è così che gli alter ego incombono sulla persona di Bono, tra The Fly, il Million Dollar Man e Mac Phisto, prendendo in prestito da antiche celebrità (da Elvis a Jim Morrison, passando per Lou Reed e David Bowie) e alta letteratura e filosofia (da Shakespeare a Bukowski, dal Faust a Jung). Non si sa più cosa è reale o cosa non lo è, e anche lo Zoo Tv diventa l’espressione massima dello show che elude la realtà, trasportando il pubblico in una dimensione futurista, dove multimedialità e rock’n’roll, anima e costume, verità e bugie, incombono minacciosi. Il pubblico non sa se è spettatore o parte integrante. Ed è questa la mossa geniale degli U2 di quel periodo.
Ed è proprio durante questo periodo che incombe lo spettro di nuove guerra, oltre quelle già in atto, e l’occidente europeo assiste inerme di fronte alla catastrofe umana che sta consumando l’ex Jugoslavia. E fu così che il regista Bill Carter, avendo vissuto diversi mesi a Sarajevo in un regime di emergenza vera, gli venne in mente di girare un documentario chiamato appunto Miss Sarajevo, prendendo spunto dalla vittoria di Inela Nogic al celebre concorso di bellezza. L’allora diciassettenne reginetta aveva celebrato la sua vittoria con un cartellone eloquente che richiamava l’attenzione dell’occidente: “Don’t let them kill us”, ossia “non lasciate che ci uccidano”. Una richiesta d’aiuto senza dubbio alcuno. La bellezza e il terrore messe a confronto. Il ruolo degli U2 doveva essere proprio quello di svegliare la coscienza di un’informazione indifferente, nonostante l’evidente paradosso di una virtualità invadente e una mancanza di solidarietà sconfortante. Ed è qui che alla band irlandese venne l’idea di richiamare il Maestro della lirica Luciano Pavarotti, che già da qualche anno solea condividere il palco con celebrità della musica pop, soprattutto con scopi umanitari.
Terminata la lunghissima tournée che tenne gli U2 lontani da casa per oltre due anni, e che nel frattempo li aveva portati a pubblicare Zooropa, la band decide di prendersi un periodo di pausa rinfrancante, anche se la mente al progetto di Carter resta viva. E fu così che venne immediatamente alla luce un’idea del tutto insolita, quella cioè di seguire un vecchio percorso del buon vecchio Brian Eno di comporre musiche d’ambientazione, scenari ideali per luoghi immaginari, mentali od onirichi, o anche semplicemente reali. Un progetto, quello ambient, che ha portato il genietto artista inglese a pubblicare diversi album, in solitaria o con l’ausilio di altri artisti (da Robert Fripp ad Harold Budd), che di tanto in tanto cercava di rinnovare. E fu così che, dopo quasi dieci anni di collaborazione, dalle registazioni di The unforgettable fire, era giunto il momento di dare spazio a queste divagazioni proprio avvalendosi dell’aiuto degli U2. Il progetto era appunto quello di comporre delle colonne sonore per film immaginari, e per la bisogna U2 e Brian Eno, spinti dalla Island Records, cambiano il loro nome in Passengers, e iniziano a registrare con aria distesa e particolarmente aperta ad ogni forma di contaminazione sonora, cercando di non seguire cliché stantii per una band tanto celebre e celebrata come gli U2.
Nel settembre del 1995, Bono, The Edge e Brian Eno si presentano al Pavarotti & Friends, a Modena, e lì assieme al tenore, suonano Miss Sarajevo, per la prima volta. La canzone si stagliava su atmosfere distese ed eteree, soffici e dolenti nello stesso tempo, emotivamente coinvolgente e commovente, come una sorta di preghiera accorata, un richiamo alla bellezza, ad uno smarrito senso della speranza. In tutta certezza una delle collaborazioni pop più belle che Luciano Pavarotti abbia mai potuto vantare, se non la più bella, nonostante le resistenze di una critica spesso ottusamente chiusa nel proprio snobismo da quattro soldi. Il brano sapeva unire sapientemente le atmosfere ambient di Brian Eno e la melodia dolceamara delle migliori ballate degli U2. Fu questo il trampolino di lancio per l’album che arrivò nel novembre di quell’anno.
Original soundtracks vol. 1 si presentava con quattordici tracce sperimentali, alternando canzoni compiute e tracce sonore, ma mai svilendo un senso di sospensione sonora incredibilmente fuori dal tempo. Il disco si apriva in tal senso con i rumorismi meccanici di United colours, scanditi dal ticchettio del metronomo. Conclusa questa il disco si dipana su atmosfere notturne, che Bono suggerisce di contestualizzare nella Tokyo metropolitana, aprendosi da scintillanti puntelli di Slug, rarefazioni sintetiche e un canto caldo e sensuale di notevole afflato, per poi giungere in uno dei momenti più belli e sublimi di tutto il disco, Your blue room. Assieme a Miss Sarajevo, Your blue room è uno dei brani più “a la U2” del disco, anche se risente tanto delle atmosfere ambient di Eno. Protagonista principale è un organetto da chiesa, che conferisce un lontano climax psichedelico anni ’60, e un Bono in stato di grazia, alternando il suo registro basso nella strofa e un falsetto da pelle d’oca nel ritornello. Nel finale si può ammirare un cameo spoken di Adam Clayton. Un momento da brividi veri, che troverà posto in un film vero e proprio, assieme a Beach sequence, altra traccia del disco, con Bono che si cimenta al pianoforte: Al di là delle nuvole di Michelangelo Antonioni. Always forever now invece si introduce in un’atmosfera metropolitana fatta di rumori e ritmi tribali, richiamando tanto certi Talking Heads quanto citando gli U2 stessi di Zooropa. Brian Eno poi si trova a filtrare la sua voce per A different kind of blue, cercando di aggiornare lo spirito del lontano capolavoro di Miles Davis. Dopo le citate Beach sequence e Miss Sarajevo, il disco entra in una dimensione di introspezione sonora più intensa, dapprima con i campanelli dissonanti di Ito okashi, che vede al canto la cantante giapponese Holi, e poi con i tribalismi futuristi di One minute warning, come una sorta di Blade runner musicale. Terminati questi giunge il blues acido di Corpse (These chains are too long), con Bono che canta come Thom Yorke, dolente e straniante. Mentre in Elvis ate America si torna sulle vecchie tematiche di The unforgettable fire, ma stavolta entrando in una sorta di nemesi rap, omaggiando il re e citando Johnny Cash, tra le altre cose ospite in Zooropa, e che doveva alla band irlandese il suo rilancio sul mercato discografico. Si va verso la chiusura dapprima entrando nelle liquide atmosfere sintetiche di Plot 180, poi nella sospensione di Theme from The Swan, riflettendo magnificamente le attitudini di Brian Eno, e infine nella finale Theme from Let’s go native, con Larry Mullen che suona la batteria proprio come su The fly.
Original soundtracks vol. 1 (ci si è sempre chiesti se Brian Eno e gli U2 avessero in mente un vol. 2 di questo progetto) fu un coraggioso atto di libertà creativa da parte degli U2, e il prosieguo di un esperimento ricco di fascinose sfumature per Brian Eno. Purtroppo non ottenne molti favori da parte della critica, che nella circostanza si dimostrò piuttosto cinica e ottusa, e anche da parte di qualche addetto ai lavori, Larry Mullen in primis, che ha sempre visto in cose di questo tipo una sorta di perdita di identità musicale degli U2. Ci sentiamo in dovere di dissentire da tali considerazioni, tenendo presente che quello dei Passengers resta l’espressione più bella di due realtà, quella di una famosissima rock band e quella di un genio gentiluomo, che si mettono in gioco, e che cercano di cambiare la realtà oscura delle cose con la bellezza della musica. Non sappiamo se ci sono riusciti pienamente. Di certo sappiamo però che è proprio la bellezza (e in questo disco ve ne è parecchia) che salverà il mondo!

 

Gli U2 hanno sempre fatto quella che si potrebbe definire musica cinematica
(Eric Hynes)

Settembre 2019: Passengers – ORIGINAL SOUNDTRACKS 1 (1995)ultima modifica: 2019-09-12T15:52:51+02:00da pierrovox

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