Culla al seguito – le mie prime notti da mamma

In questo periodo sono concentrata su quello che è praticamente l’ultimo grande scoglio da superare: le poppate notturne. Queste hanno l’unico vantaggio di farmi pensare molto, visto che mi ritrovo a stare sveglia in silenzio e senza alcuna distrazione per lunghi minuti (da qui escono grandi idee, di cui il papà è spesso la vittima). Per l’appunto durante una di queste poppate, ho ripensato alle notti passate dalla nascita di Jimi e mi sono resa conto che la culla ha errato, seguendo percorsi che rispecchiano la vita e la crescita del suo occupante.

Primo mese: tutta la casa

Ti accorgi solo a distanza di tempo, ripensandoci, che primo il mese da mamma lo passi in uno stato di ovattata incoscienza, in un mondo chiuso e tiepido fatto di passaggi rapidi e dolci dalla veglia al sonno, e passaggi dal sonno alla veglia bruschi ma altrettanto piacevoli, perché è il tuo bimbo che ti chiama.

Sì, in effetti era come se vivessi anch’io come un neonato appena venuto al mondo, desideroso di calma e affetto, riposo e piccole gioie generate da quell’essere con cui avevo già conversato per nove mesi.

Per il primo mese, quindi, il piccolo Jimi è stato sempre con me. La culla di famiglia, a quanto pare con più di cinquant’anni di servizio, è di bambù e le sue rotelle in legno fanno un gran rumore quando la sposti. La portavo costantemente appresso nelle tre stanze, in base alle fasi della giornata. Quando Jimi aveva sonno lo mettevo giù e due minuti dopo anche io ero sdraiata a riposare.

Nel tardo pomeriggio arrivavano i parenti e gli amici, lui si innervosiva (e forse io più di lui sentivo il peso di queste visite) e al momento di andare a dormire per la notte eravamo un po’ sofferenti. La culla a fianco al lettone, spesso restava vuota per la prima metà della notte. Jimi si addormentava in mezzo a noi, poppando voracemente per alcuni minuti: sdraiati di fianco, uno di fronte all’altra, uniti da un piccolo fiume di latte che scorreva senza che quasi ce ne accorgessimo. Ovviamente, di notte non si interrompeva il ritmo delle poppate: ogni tre ore esatte lo stomachino lanciava puntualmente il suo richiamo. Io per non disturbare il papà prendevo il piccolo avvolto nella coperta, mi sistemavo sul divano e lo nutrivo. Stavo poi a cullarlo per molto tempo, lunghi minuti che ogni notte sembravano più lenti, per depositarlo poi nella culla.

Secondo mese: il corridoio

Il problema era il mal di pancia: verso le 2 di notte arrivavano i crampi e Jimi si iniziava a contorcere, scalciando e piangendo. Non potendo fare molto, io cercavo di alleviare il dolore massaggiando il pancino e muovendo le gambine. Dopo circa un’ora finalmente si placava, liberando l’aria che lo disturbava e riprendendo a dormire.

Ora, devo chiarire che ogni volta che il mio bimbo dà segni di insofferenza o dolore, io devo capirne la ragione. Per questi mal di pancia, ho iniziato a pensare che il motivo fosse il freddo: il termosifone nella nostra stanza è infatti piuttosto debole (tanto io ho sempre odiato dormire in stanze troppo calde). Così è iniziato il periodo del corridoio. Ho individuato la postazione più calda della casa dove tenere la culla di notte: il tratto di corridoio vicino alla porta d’ingresso, luogo centrale della casa e vicino al termosifone più grande. Non mi pare che ci siano stati immediati miglioramenti: l’unica immagine che la mia memoria mi propone sono io nell’atrio china sulla culla, a massaggiare il pancino notte dopo notte.

Terzo mese: la cameretta

Appurato che la postazione non era risolutiva, ma che il problema doveva proprio essere fisiologico, abbiamo deciso che il corridoio aveva svariate scomodità: per prima cosa, una volta che avevi messo Jimi a dormire, nessuno poteva più entrare o uscire dall’appartamento. Stesso problema la mattina, quando il papà si svegliava per andare al lavoro e doveva compiere tutta la preparazione in assoluto silenzio (rischiando la mia ira funesta se lo avesse svegliato). Quindi, un po’ per caso e senza pensare che fosse un passo così importante, abbiamo deciso di lasciare il bimbo a dormire dove doveva stare: nella sua cameretta. Tutto procedeva bene, io mi alzavo diligentemente ogni volta che lui mi convocava, lo prendevo e ci mettevamo sul divano per la poppata. Il papà non si accorgeva di nulla, il piccolo restava qualche minuto sveglio prima del mio arrivo (perché da lontano il mio cervello impiegava un po’ a registrare i suoi versetti di richiamo). Ma il tempo scorreva e stavano per scadere i tre mesi. Io mi ero incautamente convinta che, compiuti i tre mesi, il bimbo avrebbe iniziato a dormire più a lungo (magari cinque o anche sei ore di fila) e ne sentivo un gran bisogno. Invece, le ore di sonno erano sempre più frammentate; sempre più estenuanti le passeggiate nella casa immersa nel silenzio e nella penombra. Nessun miglioramento, anzi direi un peggioramento, collegato al peggioramento del mio umore.

Quarto mese: tutti in camera

Un giorno il papà è venuto in soccorso e con una semplice frase ha stravolto di nuovo la situazione: “Forse si sveglia spesso perché si sente solo”. In effetti tutti dicono che i neonati cercano il seno anche per contatto e consolazione, non solo per fame. Ero inoltre convinta che Jimi, pur avendo un serio e robusto appetito, non avesse bisogno di passare la notte a mangiare ogni due ore… e di sicuro non ne avevo bisogno io. Quindi la culla è tornata a passare le notti in camera da letto, al mio fianco. Io ero pronta a intervenire al minimo rumore per cercare di intercettare il risveglio e quindi evitarlo (penso di esserci riuscita due volte in un mese…). Per il resto, avendo accettato la dura realtà che mi aspetterà ancora un periodo indefinitamente lungo di risvegli notturni, ho deciso di rendermi le cose più facili rimanendo a letto per le poppate. Un po’ perché tutte le mamme con figli grandi mi raccomandavano di farlo, per limitare la fatica, e un po’ per aver notato che il papà aveva ormai acquisito la capacità di dormire indisturbato: oltre a una già consolidata resistenza ai rumori molesti, ora non sembra reagire nemmeno alla luce da comodino (eh sì, non sono solo le mamme a sviluppare superpoteri…)

Il vantaggio è che i tempi risveglio-poppata-addormentamento si sono accorciati di molto (ormai ho la procedura consolidata), lo svantaggio è che noi grandi in stanza dobbiamo muoverci come ninja. Sto col fiato sospeso ogni volta che il papà si agita nel sonno… il che mi porta praticamente a temere due minacce al mio riposo, una per lato. Sto iniziando a pensare al prossimo viaggio della culla: il quinto mese la vedrà di nuovo in cameretta, e poi… Jimi è già così grande, credo sarà ora di passare al lettino e di mettere la fidata culla a riposo fino a quando non sarà ora di accogliere il prossimo bebè della famiglia.

Gita col bebè: prove di viaggio con un neonato

Jimi ha compiuto 3 mesi e per celebrare il traguardo abbiamo deciso di buttarci nella prima “gita di famiglia”! Volevamo che fosse, oltre che un piacere, una prova su campo per futuri viaggi più lunghi (prossimamente: un ben più impegnativo viaggio in Sicilia).

Abbiamo cercato di pianificare al meglio, cercando di immaginare come sarebbe stato trasferire la nostra vita di tutti i giorni, più o meno abitudinaria, in un altro mondo.

Il primo elemento definito è stato il mezzo di trasporto: automobile. Il marito ha romanticamente proposto il treno, ma l’ipotesi è durata circa un minuto (motivazioni ineluttabili: inverno, neonato, prima esperienza). Poi si è decisa la destinazione: meta possibilmente nuova anche per i grandi, non in pianura padana per evitare smog e umidità eccessivi, distanza ragionevole (meno di 3 ore da casa). Risultato: Bergamo City (va detto che amiamo i viaggi storico-culturali).

Ottimo, ora scegliamo la durata: si è partiti con l’idea di 4 giorni, un bel weekend lungo in cui il papà spendesse 2 giorni di ferie. Ma la mamma, a cui spetta il gratificante compito delle poppate notturne (ah sì certo anche quelle mattutine, diurne e serali), ha pensato che forse 3 notti fuori potessero risultare troppo pesanti, se le cose non fossero andate per il verso giusto: Jimi è un bimbo di mondo e di giri ne fa parecchi, ma la sera è sempre tornato al suo nido e alla sua culla. Quindi: 3 giorni e 2 notti possono bastare. Abbiamo depennato dall’itinerario il giro nelle valli bergamasche (tanto in febbraio non ci si sollazza più di tanto all’aperto…  sarà per la prossima volta!). Si parte il giovedì e si torna il sabato, la domenica la teniamo come cuscinetto, che male non fa.

Alloggio: per la prima esperienza la prospettiva che mi faceva stare più tranquilla era una bella camera d’albergo, con reception attiva 24h e quindi la possibilità di chiedere qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Purtroppo a Bergamo nessun albergo ci ha convinti (o meglio, quelli che mi convincevano avevano certi prezzi…) oppure erano troppo distanti per raggiungere il centro a piedi. Abbiamo quindi esteso la ricerca ai bed and breakfast (tramite il sempre affidabile booking.com) e abbiamo alla fine trovato una buona soluzione, che comprendesse: parcheggio garantito, posizione centrale in città bassa, prezzo ragionevole e buone valutazioni. La scelta è caduta su un appartamento con cucinino: rinunciamo alle grandi colazioni continentali a buffet che tanto abbiamo amato come coppia, a favore della possibilità di usufruire di microonde, frigorifero e tè caldi a qualunque ora. Pensandoci adesso, devo dire che questa è stata l’unica significativa rinuncia che abbiamo fatto rispetto alle gite pre-bebè.

Bilancio delle scelte di cui sopra: tutto positivo! Riconfermerei tutto. Unico elemento negativo, ma che non dipendeva da noi, il meteo: abbiamo beccato i tre giorni di freddo siberiano, di non so quale depressione artica che ha portato pioggia, nebbia e pure una spolverata di neve il venerdì mattina. Vabbè, diciamo che la cosa ci ha consentito di sperimentare il viaggio anche in condizioni meteo avverse… che consolazione! Il panorama della città alta non era proprio così mozzafiato: visibilità massima con nebbia di circa dieci metri.

Bilancio della squadra famiglia: positivo! Composizione classica con papà pilota, mamma navigatore e bimbo che dorme nei sedili posteriori (noi preferiamo usare la navicella per i viaggi in macchina, piuttosto che l’ovetto). Equilibrata divisione dei compiti di gestione bebè tra mamma e papà, ottimo adattamento del pupo alla vita “on the road”, alla casa provvisoria e alle attività culturali-ricreative.

Ed ora una carrellata di consigli pratici che vorrei condividere con chiunque intenda viaggiare, suddivisi secondo le fasi della giornata di un neonato:

  • Pappa: ho allattato in macchina, al ristorante, al museo, ecc… insomma ovunque scattasse la fame. Non bisogna farsi problemi a riguardo, se lo fate con discrezione ma senza vergogna, nessuno vi darà fastidio. Un trucchetto utilissimo: usare una coppetta raccogli-latte in plastica e silicone: tenetene una sul lato che avete appena usato per allattare, così per la prossima poppata il seno giusto sarà libero e pronto all’uso in qualsiasi momento. Basterà solo sbottonare la camicetta o abbassare la maglietta. Appena finito, lavate la coppetta (se è uscito del latte) e piazzatela sull’altro lato: così saprete già da che lato attaccare il piccolo la prossima volta (io mi confondo sempre!)
  • Cambio: abbiamo scoperto che il fasciatoio è raro da trovare nei locali… anche perché soprattutto nei centri storici lo spazio per le toilette è sempre piuttosto risicato. In quel caso bisogna un po’ ingegnarsi. Trovare un angolo riparato (attenti alle correnti d’aria) o chiedere aiuto. Durante il viaggio: non abbiamo provato gli autogrill, quindi non vi so dire, ma abbiamo trovato ben di meglio: il centro commerciale di Brescia con annessa IKEA. Si sa che i nordici sono molto avanti in questo, infatti i bagni IKEA dispongono di una stanza dedicata ai piccoli, con fasciatoio, lavabo e poltrona per allattamento. E così, nella pausa pranzo abbiamo mangiato tutti comodamente, con ottimi servizi puliti e gratuiti.  In generale conviene portare 2 set per il cambio: uno da lasciare stabilmente in stanza e uno da portare sempre con sé nella borsa del bebè.
  • Nanna: per i sonnellini durante il giorno nessun problema: sia la macchina che il passeggino hanno su Jimi un irresistibile effetto soporifero. Anzi, semmai siamo incorsi nel problema contrario: la seconda notte si è addormentato più tardi del solito, perché aveva dormito molte ore di giorno. Per la notte abbiamo usato la navicella montata sulla base a ruote, in modo da farlo stare in un posto che conosce già. Inoltre ho portato la copertina con cui aveva dormito nella culla le notti precedenti, in modo che riconoscesse l’odore di casa. Le ruote hanno aiutato a cullarlo nella stanza, per addormentarlo più facilmente.
  • Attività all’aperto: avendo il trio, abbiamo portato sia navicella che ovetto. In base all’occorrenza e al momento della giornata abbiamo valutato volta per volta quale dei due usare. Nella navicella abbiamo sempre il sacco, in modo che il bimbo possa dormire comodamente. Nell’ovetto invece lo mettiamo vestito col tutone invernale. In questo modo quando si sveglia può essere preso in braccio anche all’aperto senza rischiare che prenda freddo. È stato fondamentale il telo impermeabile antipioggia! Era la prima volta che lo utilizzavamo, a lui è piaciuto e abbiamo potuto passeggiare anche quando ha iniziato a diluviare (finché non abbiamo trovato un bar che ci ospitasse!).
  • Attività al coperto: visto il brutto tempo abbiamo passato molte ore nei musei. Finché Jimi dormiva no problem… e quando era sveglio lo abbiamo semplicemente tenuto in braccio. Credo che per lui i dipinti e i reperti storici fossero degli enormi giocattoli, perché era concentrato e attento e gli è scappato anche qualche sorriso.

Consigli per la pappa dei grandi: se siete stanchi, un’ottima soluzione per la cena è ordinare cibo a domicilio. Abbiamo mangiato kebab spendendo poco e senza dover uscire nuovamente anche la sera (nessuno dei tre ne aveva voglia). Se andate al ristorante, fate una telefonata per prenotare e specificate che avete un passeggino, così vi riserveranno un tavolo in disparte con spazio adeguato.

Commento sulla città di Bergamo: bella, pulita, ordinata e tranquilla. Ci sono piaciuti molto l’architettura ed i musei (pinacoteca e museo di scienze naturali). Purtroppo Bergamo di sopra sta appunto su un’altura, il che non la rende per nulla adatta al passeggino: scalette, salite, e tutte le vie lastricate con acciottolato o sanpietrini (povero Jimi ha dormito con continui sobbalzi!). In generale, prevedete di incontrare pochi ascensori e tante scale.

Concluderei dicendo che: si può fare! Con tranquillità e pazienza, senza troppe pretese ma con fiducia e le giuste precauzioni, è possibile fare una gita fuori casa anche dopo essere diventati genitori. Rispetto a prima si è meno “liberi” e anche più stanchi… ma come sempre succede con un bimbo, tutto assume il sapore di un’avventura.