Truncare sas cadenascun sa limba e sa cultura sarda - de Frantziscu Casula. |
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Messaggi di Gennaio 2012
Post n°557 pubblicato il 30 Gennaio 2012 da asu1000
La Concordia, Monti e i forconi in rivolta di Francesco Casula Il naufragio della “Concordia”, con il capitano che abbandona la nave e lascia una lunga scia di morti, feriti e dispersi, rappresenta, plasticamente, un incrocio di metafore, segni, simboli e stilemi che raccontano di un Paese che rischia di inabissarsi. Con 4/5 milioni di precari, 3 milioni di lavoratori in nero, milioni di cassintegrati, il 30% dei giovani disoccupati (che in Sardegna supera il 40%). Con la povertà che galoppa insieme all’aumento delle disuguaglianze, mentre il 10% di italiani possiede il 50% della ricchezza. Si dirà: ma adesso tutto cambierà con il Governo Monti. Finalmente ci si risveglierà dalla formalina, anzi dal decerebrato bailamme del talk-show e dell’avanspettacolo. Dopo il dimissionamento forzato del Satrapo/Satiro ormai impresentabile in Italia come in Europa. Troppo invischiato e compromesso nei suoi conflitti di interesse, nei giochi e nei riti pruriginosi e lubrichi del bunga –bunga, insieme ai pretoriani e alle sue olgette (o orgette che siano). Ma siamo proprio sicuri che l’inverno berlusconiano sia finito? Veramente pensiamo che finalmente con il governo dei tecnici sia arrivata la primavera tanto evocata e sperata? O ci troviamo davanti a una vera e propria nuova gelata? Pomposamente Monti ha chiamato il suo decreto “Salva Italia”. Ma quale Italia salva? Certamente quella dei banchieri, ancora oliati, che ricevono dalla BCE 116 miliardi (all’1% di interesse) che saranno usati per speculazioni finanziarie (acquisto di BOT e BTP al 6/7%) e non prestati alle imprese e ai cittadini. Certamente quella dei Baroni (leggi notai et similia) che a fronte di liberalizzazioni risibili, continueranno a ingrassarsi e conservare i loro privilegi di corporazione. Certamente la casta politica: si è autoridotta gli emolumenti del ben 0,34%!; dei grands commis dello Stato, dei top manager: il banchiere Profumo, cacciato da Unicredit, riceve la modica cifra di 42 milioni di euro di liquidazione. Ma l’Italia dei pensionati? Continuerà – per la gran parte – a vivere nell’indigenza. Monti blocca persino le misere perequazioni. Come blocca i Contratti del Pubblico impiego. E sforna una serie innumerevole di tasse, tributi e aumenti: quella sulla benzina e il gasolio è la più odiosa: una sorta di nuova tassa sul “Macinato”. Perché va a colpire, i vecchi e i nuovi dannati della terra: taxisti, camionisti, pescatori, piccoli imprenditori. Per non parlare dei lavoratori delle campagne e dei nostri pastori: taglieggiati dalle banche usuraie e dallo strozzinaggio di Equitalia. Oltre che dall’aumento vertiginoso dei mangimi, a fronte dell’insopportabile e vergognosa remunerazione del latte, inferiore a quella di 20 anni fa. Pastori che non a caso hanno dissotterrato l’ascia di guerra, pardon, i forconi: insieme agli operai. Licenziati da multinazionali che, dopo aver devastato il territorio, s’involano altrove, con il malloppo. Seminando desolazione e disperazione in migliaia e migliaia di famiglie del Sulcis e non solo. Non chiedono privilegi: pretendono solo il lavoro. E qualche risarcimento. E magari, per i Sardi, gasolio e benzina corposamente scontati. O devono tenersi solo l’inquinamento della Saras senza alcuna contropartita? Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 30-1-2012
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Post n°556 pubblicato il 28 Gennaio 2012 da asu1000
COSI’ BOSSI HA STRAVOLTO LA STPORIA di Francesco Casula 150 anni di sfruttamento, Padania libera. Recita così la scritta a caratteri cubitali apparsa nella manifestazione della Lega a Milano domenica 22 gennaio scorso. Una balla colossale. Uno stravolgimento della verità storica. Anzi: un vero e proprio capovolgimento. Tutti gli studiosi, intellettuali e storici seri – di ieri e di oggi – sostengono e hanno documentato esattamente il contrario: avere l’unità d’Italia creato – o comunque accentuato – il divario fra Nord e Sud, favorendo lo sfruttamento di quest’ultimo da parte del primo. Grazie alla politica di tutti i governi post-unitari tutta antimeridionalista e antisarda: dalla tassa sul macinato – che colpirà guarda caso proprio il Meridione e i contadini – alla rottura dei trattati doganali con la Francia nel 1887. Su cui Gramsci – in un articolo del 1919 sull’Avanti, censurato e scoperto fra le carte d’archivio decenni dopo – scriverà :”I signori di Torino, la classe borghese torinese ha ridotto allo squallore la Sardegna, privandola dei suoi traffici con la Francia, ha rovinato i porti di Oristano e di Bosa, ha costretto più di 100 mila sardi a lasciare famiglie e mogli per emigrare nell’Argentina e nel Brasile”. Sempre Gramsci e ancora sull’Avanti ricorderà che “che nel cinquantennio 1860-1910 lo Stato italiano, nel quale hanno sempre predominato la borghesia e la nobiltà piemontese, ha prelevato dai contadini e pastori sardi 500 milioni di lire che ha regalato alla classe dirigente non sarda. Perché – aggiungeva – è proibito ricordare, che nello Stato italiano, la Sardegna dei contadini e dei pastori e degli artigiani è trattata peggio della colonia eritrea in quanto lo stato «spende» per l’Eritrea, mentre sfrutta la Sardegna, prelevandovi un tributo imperiale”? Emigrazione, sfruttamento e colonialismo dunque sono per Gramsci le conseguenze della politica nordista post’unitaria: dal 1867 al 1915 ben 9 milioni di italiani emigreranno, di cui ben il 64% dal Sud. Una politica giocata su un fiscalismo esasperato ed iniquo: il Meridione con il 27% della ricchezza pagherà in quello stesso periodo storico il 32% delle tasse. Ma soprattutto una politica tutta incentrata nella industrializzazione e nello sviluppo del Nord e nell’abbandono del Sud in mano alle clientele e alla criminalità mafiosa gestite dai printzipales, guarda caso sostenitori di quei governi. Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 29-1-2012
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Post n°555 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da asu1000
IL SARDO E SOS TEMPOS MODERNOS di Francesco Casula Su questo Quotidiano, da qualche domenica viene pubblicata un’intera pagina in Lingua sarda. Si tratta, da parte della direzione del giornale di una scelta coraggiosa, anche perché le due pagine con un titolo programmatico significativo “Tempos modernos”, affrontano temi riguardanti appunto la “modernità”: da sa retza (la rete) e dunque i problemi attinenti alla comunicazione on line e all’informatica; alla questione nucleare e la fusione a freddo. Una scelta coraggiosa e quanto mai opportuna anche per cercare di liquidare definitivamente un diffuso luogo comune : essere il Sardo una lingua incapace di esprimere la cultura moderna, da quella scientifica a quella tecnologica, dalla filosofia alla medicina ecc. Si tratta di un pregiudizio non solo diffuso ma, spesso, circuitato ad arte da chi ritiene che la Lingua sarda sarebbe rimasta “bloccata”, cioè ancorata alla tradizione agropastorale, perciò incapace di esprimere la cultura moderna e l’oggi. Intanto non è vero che il sardo sia completamente “bloccato” : termini e modi di dire dell’italiano dovuti allo sviluppo culturale scientifico impetuoso negli ultimi decenni sono entrati nel Sardo, così come termini e modi di dire stranieri – soprattutto inglesi – sono entrati nella lingua italiana che li ha assimilati. Questo “scambio” è una cosa normalissima e avviene in tutte le lingue. E tutti i sistemi linguistici, sia quelli di società “più avanzate”, scientificamente ed economicamente, sia di società “più arretrate” sono in grado di esprimere i più moderni concetti e le più moderne e complesse teorie, prendendo in prestito terminologia e lessico da chi li possiede: come il contadino, che se ha finito l’acqua del proprio pozzo, l’attinge dal pozzo del vicino. A rispondere, a chi parla di incapacità di alcune lingue a esprimere la modernità è l’americano J. Aaron Fishman, il più grande studioso del bilinguismo a base etnica (è il caso della Sardegna) che scrive: “Qualunque lingua è pienamente adeguata a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano. Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un periodo relativamente breve, la lingua precedentemente usata solo a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella tecnologia, nell’Amministrazione Pubblica, nell’Istruzione”. Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 24-1-2012
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Post n°554 pubblicato il 22 Gennaio 2012 da asu1000
QUELLE PAROLE IN SARDO PER I SARDI di Francesco Casula Negli ultimi trent’anni sono state pubblicate in lingua sarda – e parlo solo di quelle censite – circa 100 opere: dai tradizionali Contos ai romanzi, alcuni di gran valore. Mentre negli ultimi 15 anni nella Scuola c’è stato un fiorire di sperimentazioni e progetti di insegnamento del Sardo. Nel contempo vi è stata una produzione di Vocabolari sardi, strumenti indispensabili – insieme alle Grammatiche – per uno studio e una conoscenza scientifica della nostra lingua. Fra i Vocabolari di recente pubblicazione è degno di nota quello di Giovanni Casciu, “Vocabolario Italiano/ Sardo-Campidanese”, edito da Grafica del Parteolla, Casa editrice di Dolianova che, coraggiosamente, da anni investe per valorizzare e diffondere la lingua e la cultura sarda. Casciu, per decenni insegnante elementare, è studioso serio e rigoroso della lingua sarda: il suo nuovo vocabolario si aggiunge a quello da lui pubblicato negli anni scorsi e giunto oramai alle 3° edizione: “Vocabolario Sardo-Campidanese/ Italiano. Ma ecco cosa scrive nella pregevole e corposa prefazione alla nuova fatica di Casciu, Maurizio Virdis, professore ordinario di Filologia romanza all’Università di Cagliari: “Questo vocabolario di Giovanni Casciu viene a colmare una mancanza e sopperisce a una necessità. Si tratta di un dizionario che comprende più di 25.000 lemmi; esso, esemplato sui migliori dizionari italiani d’uso, propone la traduzione sardo campidanese di ciascuna voce in entrata, per molte delle quali sono riportate varianti lessicali diverse, spesso accompagnate da esemplificazione mediante sintagmi o frasi che chiariscono il valore semantico particolare”. E ancora: “Il vocabolario di Giovanni Casciu è dunque uno strumento importante e utile all’interno del dibattito sulla lingua sarda, e nei confronti dei tentativi che si vanno oggi facendo per il recupero, vivo e non solo accademico, di essa; affinché la nostra lingua venga impiegata anche al di là dei limiti in cui sempre più viene ridotta. Recuperare una lingua – e il suo lessico! – è infatti recuperare una libertà e, insieme, cercare di por fine, o almeno di arginare una marginalità. Significa eminentemente stabilire e riconquistare una segmentazione originale dell’universo del significabile, una specola diversa da cui guardare il mondo, un ulteriore e particolare rapporto con la realtà”. Ben detto. Pubblicato su SARDEGNA quotidiano del 22-1-2012 |
Post n°553 pubblicato il 19 Gennaio 2012 da asu1000
L’UNIVERSITA’ DOVE IL SARDO E’ PROIBITO di Francesco Casula L’Università di Sassari, con protervia, insiste: nei Corsi di formazione degli insegnanti, finanziati dalla Regione, si rifiuta di utilizzare il Sardo come lingua veicolare, relegandola semplicemente ai laboratori. Al contrario dell’Università di Cagliari che invece svolgerà il 50% delle ore delle lezioni in Sardo. In sintonia con le linee d'indirizzo del Piano triennale 2008-2010 e del Movimento linguistico, così come si è espresso ad Alghero durante la recente Conferenza regionale annuale sulla lingua sarda. Il comportamento dell’Università sassarese è assolutamente ingiustificabile: per intanto a livello didattico. Le lingue si insegnano e si imparano, parlandole, usandole, praticandole. Insegnare la Lingua sarda – come qualsiasi altra lingua – senza utilizzarla è come insegnare a un giovane a guidare senza mai fargli utilizzare la macchina. O volergli insegnare il gioco del calcio senza mai farlo giocare: una colossale assurdità e scempiaggine. L’uso del Sardo, è previsto solo nei Laboratori. Come se il Sardo fosse una lingua “gerarchicamente” inferiore, incapace di esprimere i contenuti affrontati nei Corsi: come la storia della Sardegna, la letteratura sarda, la filologia, ecc. ecc. Dimenticando la lezione dei grandi linguisti secondo cui “L’insegnamento della lingua come materia a sé, non produce effetti significativi, se la lingua non è usata come strumento di insegnamento di altre materie e come mezzo per l’espletamento delle attività ordinarie, ossia come mezzo di comunicazione nelle situazioni di vita” (Renzo Titone). Di qui la polemica de su Comitadu pro sa limba sarda che denuncia: “Questo atteggiamento autocolonizzante contrasta l'aspirazione all'equiparazione della lingua sarda a quella italiana e quindi è antagonista al processo in corso verso il bilinguismo perfetto, è dannoso dal punto di vista di una politica linguistica di liberazione e sopratutto da quello didattico in quanto discriminatorio e umiliante nei confronti del Sardo rispetto alla lingua dominante. Ciò corrisponde ad una visione museale e da riserva indiana della lingua sarda che, considera ancora il sardo non la lingua nazionale del nostro popolo ma un ammasso di dialetti di valore inferiore a quello della lingua ufficiale dello stato e incapace di veicolare contenuti alti che invece sarebbe meglio insegnare in lingua italiana”. Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 19-1-2012 |
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Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.
Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).
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