Truncare sas cadenascun sa limba e sa cultura sarda - de Frantziscu Casula. |
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Messaggi del 31/07/2012
Post n°628 pubblicato il 31 Luglio 2012 da asu1000
UN INNO PER I SARDI E CONTRO I BARONES. di Francesco Casula I consiglieri regionali del Psd’Az hanno presentato una proposta di legge perché "Su patriota sardu a sos feudatarios" meglio conosciuto come "Procurad' ‘e moderare, barones, sa tirannia" di Francesco Ignazio Mannu, venga adottato come inno ufficiale ed istituzionale della Sardegna. Esso – scrivono i consiglieri sardisti – "può e deve diventare, alla pari della bandiera e della lingua sarda, un ulteriore simbolo identificativo, espressivo e conservativo dell'essenza spirituale del Popolo sardo e anche uno strumento per conoscere meglio e approfondire la propria storia, la propria cultura e le proprie radici, così come è il caso di altri popoli d'Europa che hanno ritenuto opportuno dotarsi di inni propri come per esempio Els Segadors adottato dal Parlamento catalano nel '93 o Eusko Abendaren Ereserkia nei Paesi Baschi". Si dirà: è ormai datato. Tutt’altro. E’ di una attualità stupefacente. Permangono ancora oggi i Barones prepotenti, i “poveros de sas biddas” che trabagliant “pro mantenner in zittade/Tantos caddos de istalla/A bois lassant sa palla/Issos regoglint su ranu,/ Et pensant sero e manzanu/Solamente a ingrassare. L’Inno è un lungo e complesso carme in sardo logudorese, di 47 ottave in ottonari, – modellato sui gosos – per un totale di 376 versi in cui ripercorre le vicende di un momento cruciale della storia della Sardegna: il periodo del triennio rivoluzionario sardo (1793-96), che la ricerca storica più recente indica come l’alba della Sardegna contemporanea: anni drammatici, di profondissimi sconvolgimenti e di grandi speranze in cui il popolo sardo – oppresso da un intollerabile regime feudale – riuscì a esprimere in modo corale le sue rivendicazioni di autonomia politica e di riforma sociale. L’inno è legato dunque ai momenti più fervidi della rivolta dei vassalli contro i feudatari, quando alla fine del secolo XVIII i Sardi, acquistata coscienza del loro valore contro i Francesi del generale Troguet, vollero spezzare il giogo dei baroni e dei Piemontesi e reclamarono per sé libertà e giustizia. Esso è dunque imbevuto del diritto naturale della “bona filosofia” illuminista antifeudale. Si tratta di un terribile giambo contro i feudatari, anzi, più che un giambo il suo doveva essere un canto di marcia, una vibrata e ardente requisitoria contro le prepotenze feudali. L’andamento della strofa è concitato e commosso, il contrasto fra l’ozio beato dei feudatari e la vita misera dei vassalli è rappresentata con crudezza: l’inno, anche se raramente viene trasfigurato in una superiore visione poetica, dopo tanta arcadia è una voce schietta, maschia e vigorosa e come tale sarà destinato ad avere una enorme risonanza, tanto da diventare il simbolo stesso della sollevazione contro i baroni e da essere declamata dai vassalli in rivolta a guisa di “Marsigliese sarda”. L’inno –che sotto il profilo linguistico, si articola su due livelli, uno alto e uno popolare – non è sardo solo nella lingua, ma anche nel repertorio concettuale e simbolico che utilizza. Infatti, anche se, come abbiamo visto, rappresenta un esplicito veicolo di cultura democratica d’oltralpe, esso è un primo esempio di discorso altrui divenuto autenticamente discorso sardo. Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 31-7-2012
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Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.
Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).
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